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OPERE
DI ''j~i"'r
TORQUATO
TASSO
COLLE CONTROVERSIE
SULLA.
GERUSALEMME
POSTB IN MIGLIORB ORDINE , RICORRETTX
SCLi/ EDIZIONE FIORENTINA , ED ILLU-
STRATE DAL PROFESSORE GIO. R05INI .
VOLUME XXIX.
PISA
PRESSO NICCOLÒ CAPURRO
MDCCCXXII.
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
DI
TORQUATO
TASSO
TOMO n.
PISA
PRESSO NICCOLÒ CAPURRO
HDCCCXXII.
"^m-.t
. T
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO DECIMOTERZO
ARGOMENTO
Nd bel giardin dell'intricato albei^o
Trova Riccardo alla sua diva in seno
La coppia , e fa, ch'indi ei ne volga il tergo
Seco sdegnoso. Adopra incanti appieno »
£ preghi ) e pianti , e '1 segue invano a tergo.
Perchè resti , la maga , ondo vien meno •
Yiva il minaccia , Araldo la incatena ,
Sparìace il tetto, essa ivi resta in pena .
JLondo è il ricco edificio, e nel più chiuso
Grembo di lui, cb'è quasi centro al giro,
Verdeggia un bosco oltra natura ed uso
Di quanti più famosi unqua fiorirò.
Ordine inosservabile e confuso
Di logge intorno i Demon fabbri ordirò,
E tra l'oblique vie di quel fallace
Ravvolgimento, impenetrabil giace.
Per la maggior di cento porte e cento,
Ch'avea queir ampio albergo, entrar costoroi
Dove stridea l'effigiato argento
Su' cardini del fino e lucid'oro.
Fermar nelle figure il guardo intento.
Che vinta la materia è dal lavoro.
Manca il parlar; di vivo altro non chiedi.
Né questo manca ancor, s'agii occhi credi.
6. Gcwf . 7. IL 1
n LA GERUSALEMME
tu.
Mirasi qui fra lascivette ancelle
Favoleggiar con la conocchia Alcide:
Se r Inferno espugnò, resse le stelle.
Or torce il fuso ; Amor sei guarda e ride •
Mirasi Jole colla destra imbelle,
Per ischerno trattar Tarme omicide:
£ 'ndosso ha'l cuojo del leon , che sembra
Ruvido troppo a belle e dolci membra.
IT.
D'incontra è un mare, e di canuto flutto
Vedi spumanti i suoi cerulei campi,.
E r un ordine e V altro in mezzo instrutto ,
Con navi, ed arme, e uscir dall'arme i lampi.
D'oro fiammeggia Tonda, e parche tutto
D'incendio marzial Leucate avvampi .
Quinci Augusto i Romani, Antonio quindi
Trae TOriente, Egizj, Assiri, ed Indi.
T.
Svelte nuotar le Cicladi diresti
Per Tonde, e i monti co' gran monti urtarsi:
Tanto impeto sospinge e quelli, e questi
Ne' torreggia n ti legni ad incontrarsi.
Già volar faci , e colpi agri e funesti
Vedi, e di negro sangue i mari sparsi :
Ecco ( nér punto ancor la pugna inchina)
Ecco fuggir la barbara Regina.
▼1.
E fugge Antonio , e lasciar può la speme
DelT imperio del mondo, ov'egli aspira.
Non fugge no , non teme no , non teme ;
Ma segue lei , che fugge, e seco il tira.
Vedresti lui , simile ad uom , che freme
D'amore a un tempo, e di vergogna, e d'ira,
Mirar, volgendo gli occhi, or la crudele
E dubbia guerra , or le fugaci vele .
CONQUISTATA
▼ II.
Nelle latebre poi del Nilo accolto
Attender pare la grembo a lei la morte;
£ nel piacer d'un bel leggiadro volto
Sembra, ch'il duro fato egli conforte .
Di cotai segni variato e scolto
£ra il metallo delle regie porte.
I duo guerrier, poiché dal vago obbietto
Rivolser gli occhi , entrar nel dubbio tetto .
▼III.
Qual Meandro fra rive obblique e incerte
Scherza, econ dubbio corso or scende, or monta:
Queste acque a'fonti, e quelle al mar converte;
E mentre ei vien , se y che ritorna, affronta:
Tali e più inestricabdi, e men'erte
Son queste vie, ma*l libra in se V impronta,
II libro , don del veglio , e *a breve modo
Degli errori dispiega e solve il nodo •
n.
Poiché lasciar gli avviluppati calli ^
In lieto aspetto il bel giardin s'aperse.
Acque stagnanti, mobili cristalli.
Gigli, rose,, e viole, e bianche, e perse.
Prati erbosi , alti colli, apriche valli ,
Selve, e spelunche in una vista offerse :
V arte, che'l bello e'I caro accresce all'opre ,
L'arte, che tutto &, nulla si scopre.
Stiman negletto in parte il dolce loco,
£ che Natura sta, ch'ivi dipinga.
Di Natura arte sembra , e quasi un gioco.
Che la sua itt>ilatrice assembri, e fìnga.
Ma l'aura, che d'amore inspira il foco.
L'aura, cb'al dolce mormorar lusinga.
L'aura , che sempre vola , e sempre é vaga,
Opra è d'incantk) , e di mal'arte maga.
LA GERUSALEMME
XI.
Vezzosi augelli infra le verdi fronde
Temprano a prova pur lascive note .
Morraora Taura^ e fa le foglie e Tonde
Dolce garrir, mentre l'increspa e scuote .
Quando taccion gli augelli, alto risponde,
Quando cantan gli augei , leggier percuote .
Non di più colpo, che soave vento ,
Ond' accresca dolcezza al bel concento •
SII.
Musica è Taura , el fonte , e'I rivo , ci bosco ^
£ mastre d* armonia le fronde, i rami ,
Scuola d' Amor quel seggio ombroso , e fosco^
Ove ei Febo , e le Muse inviti , e chiami ,
Mentre vi sparge, e miete il dolce tosco,
£ mille tende intorno, e reti, ed ami,
£ vi son di lacciuol forme si care.
Che ventura il cadervi, e gloria appare.
XIIT.
Vola fra gli altri augei con piume sparte
Di color varj un , ch'ha purpureo il rostro,
£ larga lìngua, ond*ei distingue, e parte
Il suo parlar, che più simiglia il nostro:
Questi ivi allor con si mirabile arte
S'udì cantar, che parve un raro mostro:
Tacquero gli altri, ad ascoltare intenti,
£ fermaro i susurri in aria i venti .
XIT.
Deh mira (egli cantò) spuntar la rosa
Dal verde suo, modesta , e verginella ,
Che mezza aperta ancora , e mezza ascosa ,
Quanto si mostra men, tanto è più bella :
£cco poi lieta il seno , e baldanzosa
Dispiega, ecco poi langue , e non par quella
Quella non par, che desiata avanti
Fu da varie donzelle , e varj amanti •
CONQUISTATA 8
XT.
Così trapassa al trapassar d'un giorno,
Della vita mortale il fiore, e'I verde.
Né perchè faccia indietro Aprii ritorno,
Si rinfiora ella mai, né si rinverde .
Cogliam la rosa in sul mattino adorno
Di questo di , che tosto il seren perde .
Cogliam d*amor la rosa . Amiamo or quando
S*ama, e riama, in dolci modi amando.
XTI.
Tacque ; e divaghi augelli il lieto coro.
Quasi approvando, il canto indi ripiglia.
Raddoppia n le colombe i baci loro ;
Ogni animai d^amar si riconsiglia.
Parche la dura quercia, e'I casto alloro,
E tutta la frondosa ampia famiglia,
Par che la terra, e Tacqua e formi , e spiri
Dolcissimi d' amor sensi, e sospiri.
Fra melodia sì molle, e fra cotante
Vaghezze allettatrìci e lusinghiere ,
Già quella coppia rigida, e costante
AWezzi dell'inganno, e del piacere .
Ecco vedea su nel mirare avante,
Tra fronda e fronda, o le parca vedere;
Vedea pur certo il vago , e la diletta,
Ch'egli è in grembo alla donna, essa alFerbetta,
XTI1I.
]|Qla dinanzi al petto ha il vel divisò,
E'I crin sparge negletta al vento estivo :
Langue per vezzo , e V infiammato viso
É rugiadoso, e vezzosetto, e schivo .
Qual raggio in onda, le scintilla un riso
Negli umidi occhi tremulo, e lascivo.
Sovra lui pende ; ed ei nel grembo moU^
Le posa il capo , el viso ai viso attoUe
LIL GERTTSÌlLEMHB
XI«.
E i famelici sguardi avidameote
In lei pascendo si consuma e strugge.
S* inchina, e i dolci baci ella soTente
Liba or dagli occhi , e dalle labbra or 'sugge :
Ed in quel punto sospirar si sente
Profondo sì, che pensi, or Falma fugge»
E'n lei trapassa peregrina: ascosi
Mirano i^ue guerrter gli atti amorosi.
E veggion lei , che le steilanti ciglia
Da lui non torce, e placida il ira^ieggia;
Ma nel sero'biante Venere simiglia,
Che d\\mor (com*è fama) arde e fiammeggia.
La sua gonna or cerulea, ed or vermiglia
Diresti, ed or s' infiora , ed or verdeggia ;
Sicch'uom sem{)re diversa a se lei vede,
Quantunque volte a riguardarla riede .
XXI.
Così piuma talor , che di gentile
Amorosa colomba il collo cinge,
Mai non si mostra a se stessa simile,
Ma'n diversi colori al Sol si tinge:
Ord*accesi rubin sembra un monile.
Or di verdi smeraldi il lume fin^e.
Ora insieme gli mesce ; e varia e vaga
In cento modi occhi bramosi appaga.
xxir.
Dal fianco deiramante, estranio arnese.
Un cristallo pendea lucido e netto :
Sorse; e quel fra le mani a lei sospese,
Ne'misterj d'Amor ministro eletto.
Con luci ella ridenti , ei con accese ,
Mirano in varj oggetti un solo obbietto:
Ella del vetro a sé fa specchio, ed egli
Gli occhi di lei si fa lucenti spegli.
CONQUISTATA 7
XKIII
Latino di servitù, l'altra d'impero
Si gloria , ella in se stessa , ed egli in lei :
Volgi , dicea, deh volgi , il cavaliero ,
A me quegli occhi , onde beata bei.
Conosci r^rme, ond'io languisco e pero,
Nelle mie piaghe, e negl'incendj miei .
Mira più bel , ch'in vetro, o'n gelide acque
L' idolo tuo nel cor , che sol ti piacque .
XXIT.
E s*io ti spiaccio ancor, com'egli è vago
Mirar almen potessi il proprio volto:
Che'l guardo tuo , s^ altrove ei non è pago ,
GioirebI>é felice in se rivolto ,
Non può specchio ritrar sì dolce imago ,
Ne in picciol vetro è un paradiso accolto ;
Ma di sefnbiaaae isi ridenti e belle
Specchio è sol degno il del coli' atiree stelle .
Ride ella al suon di dolci note impresse.
Ne lascia il vagheggiarsi , o i bei lavori ;
Ma degli erranti crini allor ripresse
Con aurei nodi i lascivetti errori:
£ queir anro , ch'Amore avvolge e tesse ,
Tutto cosparse d' odorati fiori:
E'n bianco sen le peregrine rose
Giunse a' nativi gigli , e'I vel dispose .
XXTf-
NèU superbo pavon sì vago in mostra
Spiegala pompa dell'occhiute piume,
Né l'iride sì bella indora, e innostra
Il curvo grembo e rugiadoso al lume .
Ma bel sovra ogni fregio il cinto or mostra,
Che di lasciar giammai non ha costume :
Vario tessuto, e di sua man dipinto
Coir ago, gn^'ii bel fianco adorno ^ cinto *
8 LA GERUSALEMME
ZXTII.
Ivi lusinghe e vezzi a mille a mille *
Erano fatti , ivi susurri , e baci ,
E molli sdegni , e placide e tranquille
Repulse in bel contesto, e care paci.
V'era amore , e desio con sue faville,
Anzi con vive fiamme, e vive faci.
V*era il quasi parlar , ch'in dolci modi
Fa sovente a* più saggi, inganni , e frodi.
XXTIII.
Fine alfin posto al vagheggiar, richiede
Congedo, el bacia, e*n sul partir l'invoglia .
Ella per uso il dì se n'esce , e riede,
E spia d' intorno la vietata soglia :
Egli riman, ch'a lui non si concede
Lasciar loco, o mutare abito e spoglia:
E tra le fiere alberga, e tra le piante.
Se non quanto è con lei romito amante .
XXIX.
Ma quando Tombra con silenzi amici
Copre al furto d'amore i servi accorti,
Traggono le notturne ore felici ,
Con nodi affissi più tenaci e forti .
Or mentre ricercava altre pendici
Armida, abbandonando i suoi diporti,
L' uno e l'altro guerrier, quasi d'agnato.
Usci, di ricche e lucide arme ornato.
XKX.
Qual veloce destrier, ch'ai faticoso
Onor dell'arme vincitor sia tolto;
E lascivo marito in vii riposo
Soglia tra verdi paschi errar disciolto :
Da metallo sonoro o luminoso
Con gran nitrire all'improvviso è volto;
Già già brama Turringo , e brama il corso,
£ scoter del nemico il grave dorso :
CONQUISTATA
ZXZI.
Tal 8Ì fece il garzon, quando repente
Detrarrne il laropò gli occhi suoi percosse ^
Quel sì guerrier , quel si feroce ardente
Spirto pur dianzi allo splendor si mosse ,
Benché tra gli agi , e nel piacer languente,
£ quasi oppresso da letargo éi fosse .
Intanto Araldo oltra ne viene ; e'I terso
£ luminoso scudo ha in lui converso •
ZXXII.
Egli tosto allo scudo il guaito gira.
Onde si vede in lui qual siasi , e quanto
Con barbarica pompa adorno spira
Tutto odori , ed amori il crine, e '1 manto :
£'n vece della spada , avere ei mira
Un chiaro speglio, che gli pende accanto,
Con feminei istromenti, ond'orni, e coma,
Parta, e distingua lunga ed aurea chioma •
XXXIII.
Quàl uom da grave ed alto sonno oppresso,
Dopo vaneggiar lungo , in sé riviene;
Tale ei tornò nel rimirar se stesso ;
Ma se stesso mirar già non sostiene «
Già vede il volto, e timido e dimesso.
Guardando a terra la vergogna il tiene .
Sicché n'andrebbe e sotto il mare, e dentro
Il foco, per celarsi, e giù nel centro.
XXXIT.
Araldo allora incominciò parlando:
Va r Asia tutta, e va l'Europa in guerra :
Chiunque pregio brama, all'ozio il bando
^ Dato , guerreggia nella sacra terra .
Te solo, o figlio di Guglielmo , amando,
Femina avvolge in laberinto e serra :
Te sol delTuniverso il moto or nulla
Muove, egi:egio campion d'empia fanciulli.
le LA 6ERUSALEMBIE
Qual sonno, o qualletu^o ha si supito
Il tuo valore? o qmal viltà T alletta ?
O quale attendi glorioso invito.
Se te nel campo la vittoria aspetta?
Vieni, o guerrier sobliiDe, e sia fornito
Il ben comincio amallo; e Tempia setta ,
Che già crollasti , a terra estinta cada
Sotto la tua fulottivea e invitta spada.
nnrri.
Tacque il giovane socauto e m«sto , e fi^oo
Parve e confuso, e senea motO', • voce*
Ma sdegno usci della vergogna in loco,
Sdegno, guerrier della ragion feroce:
Ed al rossor del vòlto nn nuovo foco
Repente ivi mandò V ira veloce ;
Onde cruccioso egli squarciò l'indegne
Pompe, di servitù misere insegne.
xxxrti.
E la confusion torbida e torta
Lasciando , ei se n' uscì del laberinto •
Intanto Armida della regia porta
Mirò fuggito ogni custode e vinto .
Sospettò prima , e si fu poscia accorta ,
Ch'era il suo vago al dipartirsi accinto:
E'i vede ( ahi fera vista ! ) al dolce albergo
Dar frettoloso fuggitivo il tergo .
XXXTIII.
Volea gridar: Dove, o crudel, me sola
I^sci? ma '1 varco al suon chiuse il dolore ;
Sicché la rotta sua flebil parola
Tornò dolente a rimbombar sul core.
Misera, i suoi diletti ornai l'invola
Forza, e saper del suo sa|>er maggiore:
Ella sei vede , e di morir contenta
E, se noi ferma, e Tarti sue ritenta.
CONQtJISTATA ii
Quante mormorò mai profane note
Tessala maga colla bocca immonda.
Ciò che arrestar può le celesti rote,
E Talmetrar della prigion profonda,
Sapea ben tutte ; e pur oprar non puote
Cb*almen Tlnferno al suo voler risponda .
Lascia gF incanti, e vuol provar, se vaga
Lagrimosa beltà sia miglior maga .
XX..
Corre, e non ha d'onor cura o ritegno.
Ahi dove or sono i tuoi trionfi , e i vanti?
Costei d'Amor , quantunque gira , il regno
Volse e rivolse ( e sol co' cenni ) avanti:
E cosi pari al fasto ebbe lo sdegno ,
Ch'amò d' essere amata, odiò gli amanti ,
A cui fur legge incerta i chiari lumi.
Col variar de' suoi dolci costumi .
XX.I.
Qr negletta, e delusa, in abbandono
Rimasa, segue pur chi fugge, e sprezea .
E procura adornar col pianto il dono ,
Rifiutato per sé , di sua bellezza .
Vassene; ed al pie tenero non sono
. Quel gi<^ intoppo, o quella dura asprezza:
£ per messaggio il grido innanzi invia ,
Per lui fermar nella selvaggia via .
Xtll.
Forsennata gridava: O tu, che porte
Teco parte di me , parte ne lassi ;
O prendi l'una, o rendi l'altra, o morte
Dà insieme ad ambe: arresta arresta i passi:
Sol che r ultime voci a te sian porte,
Non dico i baci; altra più degna avrassi
Quelli da te : che temi , empio, se resti ?
Potrai negar , poiché fuggir potesti ?
I a Là GERUSALEMME
aubiii.
Dissegli Araldo allor : Già non conviene ,
Che d* ascoltar costei , Signor, ricusi ;
Di beltà armata e de'suoi preghi or viene ,
Dolcemente nel pianto amaro infusi :
Qual più forte di te? se le Sirene
Vedendo, ed ascoltando , a vincer t'usi:.
Cosi ragion» tranquilla alta regina
Si fa de* sensi, e se medesraa affina »
sili?.
Allor rimase il cavaliero: ed ella
Sovraggiuose anelante e lagrimosa ;
Dolente si, che nulla più; ma bella
Altrettanto però, quanto dogliosa.
Lui guarda, e'n lui s'affisa, e non fevella :
O che adegua , o che pensa, o che non osa «
Ei lei non mira , e se pur mira , il guardo
Dolente volge , e vergognoso , e tardo .
ZLT.
Qual musico gentil , pria che disnodi
La dotta lingua in alta voce e chiara ,
Con dolcissimi accenti in bassi modi
All'armonia gli animi altrui prepara:
Tal costei non obblia Farti, e le frodi
Anco per doglia , o per fortuna amara;
Ma de' sospiri fa concento in prima ,
Per dispor l'alma, in cui le voci imprima.
XLTI.
Poi cominciò: Non aspettar, ch'io preghi ,
Crudel, te, com'amante amante deve.
Tai fummo un tempo; or sei ricusi e neghi^
E stimi tal memoria acerba e greve.
Come nemico almeno ascolta : i preghi
D*un nemico talor Taitro riceve.
Ben quel ch'io chieggo è tal, che darlo puoi ^
E integri conservar gli sdegni tuoi •
CONQUISTATA
a'oflj, e'ii ciò dileitu e gioja e
i3
Se m'oflj, e'ii ciò dileitu e gioja or senti,
Hon ten vengo a |jrìvar. Godi pur d' esso .
Giusto a te pare, e siasi. Anch'io le genti
D'Italia odiai , noi nego, odiai te stesso.
Nacqui Pagana, usai l'arti possenti,
Acciocché fosse il vostro imperio oppresso.
Te persegui", te presi, e te lontano
Dall'arme trassi in luogo ignoto e strano .
igginngi a quesloancor quel, cli'a maggiore
Onta tu rechi, ed a maggior tuo danno :
1" ingannai, t'allettai nel nostro amore,
Empia lusinga certo, iniquo inganno:
Lasciarsi corre il virginal suo fiore ,
Far delle sue bellezze altrui tiranno.
Quelle, ch'a mille antichi in premio sono
Negate, offrire a novo amante in dono.
Sia questa pur tra le mie frodi, e vaglia
Si la mia grave col])a, o'I mio difetto,
Che tu quinci ti parta , e non ti caglia
Di questo albergo tuo già si diletto.
Vattene, passa il mar, pugna, travaglia,
.Struggi la fede nostra, anch' io t'affretto.
Che dico nostra? ah non più mia: fedele
Sono a te sola, idolo mìo ttiudele.
I Solo, ch'io segua te mi si conceda,
Picciola fra'nemici anco richiesta.
Non lascia indietro il predator la preda .
Va il trionfante, il prigionrer non resta.
Me tra l'altre tue spoglie Ìl campo veda,
Ed all'altre tue lodi aggiunga orquesta ,
Che l'altrui schei-nilrireahbi schernito,
Mostrando me, sprezzata aticelhi, a dito.
i4 LA GERUSALEMME
Sprezzata ancella , a chi si nudre, e serva
La bionda chioma , or eh* a te falla è vile ?
BaccorceroUa : al titolo di serva
Più converrassi un abito servile .
Te seguirò, quando Tardor più ferva
Della battaglia , entro la turba ostile •
Animo ha certo , ho quel vigor , che baste
A portarti, Signor, gli arnesi e Taste •
Sarò , qual più vorrai , scudiero o scudo ;
Nou fia , eh' in tua difesa il cor risparmi *
Per questo sen , per questo collo ignudo ,
Pria che giungano a te, passeran l'armi.
Barbaro forse non sarà si crudo,
Che ti voglia ferir , per non piagarmi :
Donando ogni piacer di sua vendetta
A questa, qual si sia , beltà negletta.
LUI,
Misera, ancor presumo, ancor mi vanto
Di schernita beltà, che nulla impetra.
Volea più dir ; ma Tinterruppe il pianto,
Che qual fonte sorgea di viva pietra .
Prendei^li cerca allor la destra, e '1 manto.
Miserabile in atto, ed ei s'arretra.
Resiste, e vince; ed onde Amor eschide,
Al lagrimoso umore il varco chiude.
LIT.
Non entra Amore a rinovar nel seno
La fiamma più fervente , e meno antica :
V'entra pietate in quella* vece almeno,
Pur compagna d'Amor, benché pudica:
£ lui commove in guisa tal, ch'a freno
Può ritener le lagrime a fatica .
Pur quel tenero affetto entro ristrmge,
E quanto può l'acqueta , e la rispinge •
CONQUISTATA i5
I.T.
Poi le risponde: Armida, assai mi pesa
Di te, si potess'io, come il farei ,
Del mal concetto ardor T anima accesa
Sgombrarti: odj non son> ne sdegni i miei:
Né vo* vendetta, né rammento offesa ,
Né serva tu , né tu nemica or sei.
Errasti è vero, e trapassasti i modi,
Ora gli amori esercitando, or gli odj,
ut.
Ma che? son colpe umane, e colpe usate;
Scuso la natia legge , il sesso, e gli anni •
Anch'io parte fallii; s'a me pietate
Negar non vo , non 6a, eh' io te condanni.
Fra le care memorie ed onorate,
Mi sarai nelle gìoje, e negli affanni :
Sarò tuo cavalier, quanto concede
La guerra d'Asiane coH'onor la fede.
Deh sia del fallir nostro or questo il fine'
£ di nostra vei^ogna; e non ti spiaecia
eh' in quel monte, del Ciel -quasi confine,
La memoria di lor sepolta giaccia :
Ed in parti remote, e'n più vicine
Sola dell'opre mie questa si taccia:
Deh non voler che segni ignobil fregio
Tua beltà, tuo valor, tuo sangue regio.
Rimanti in pace; io vado: a te non lìce
Meco venir: chi mi conduce il vieta.
Rimanti, o va' per altra via felice,
E come saggia i tuoi consigli acqueta.
Ella , mentre il guerrier cosi le dice ,
Non trova' luogo, torbida inquieta.
Già mioaccNioéo in disdegnosa fionté
Torva rigii»da, alfin prorompe all'onte:
i6 LA GERUSALEMME
Nè'n te Lucia s'iocinse; e non sei nato
Di Latin sangue tu: te Tonda insana
Del mar produsse , o'I Caucaso gelato,
E le marame allattar di tigre Ircana :
Perchè m' infingo più ? Y uomo spietato
Pur un segno non feo dì mente umana.
Forse cambiò color ? forse al mio duolo
Bagnò almen gli occhi, o sparse un sospir solo?
Quali cose tralascio? o quai ridico ?
S'offre per mio, mi lascia, e m'abbandona.
Quasi buon vincitor, di reo nemico
Obblia r offese, e i falli aspri perdona.
Odi come consiglia, odi il pudico
Zenocrate d'amor come ragiona .
O Cieli , o Dei, perchè soffrir questi eropj ?
Fulminar poi le torri , e i vostri tempj ?
LXI.
Vattene pur, crudel, con quella pace.
Che lasci a me, vattene, iniquo, omai:
Me tosto, ignudo spirto, ombra seguace.
Indivisibilmente a tergo avrai.
Nuova furia coir angue, e colla face.
Tanto t'agiterò, quanto t'amai:
E s'è destin , ch'esca del mare, e schivi
Gli scogli , e r onde , ed all' Italia arrivi ;
I.XXI.
Prima de' tuoi più cari, egro, e languente,
Piangerai l'aspra morte, empio guerriero,
E, sconsolato bramerai sovente
Figlio d' Armida , e frate al bel Ruggiero.
Or qui mancò lo spirto alla dolente,
Né questo ultimo suono espresse iutiero :
E cadde tramortita , e si diffuse
Di gelato sudore, e i lumi chiuse.
CONQUISTATA 17
Chiudesti gli occhi , Armida; il Cielo avaro
Invidio il conforto a' tuoi martiri.
Apri misera gii occhi : il pianto amaro
Itegli occhi al tuo nemico or che non miri?
O s udir tu '1 potessi! o come caro
T addolcirebbe il suon d'alti sospiri!
Dà quanto ei puote, e prende ( ah tu noi vedi)
Pietoso in vista, gli ultimi congedi.
1.XIT.
Or che farà? dee sulF ignuda arena
Costei lasciar cosi tra viva e morta?
Cortesia lo ritien , pietà V affrena ;
Ma voler più costante il muove e porta .
Intanto quel, eh' a\ea T aspra catena,
Non oblia di canuta e saggia scorta
Il severo consiglio, anzi ei si cela
Per udir chi minaccia e si querela.
I.X?.
Poich'ella in se tornò, deserto, e muto,
Quanto mirar potè dintorno scorse :
Ito se n* è pur ( dihse ) ed ha potuto
Me qui lasciar della mia vita in forse.
Ne un momento indugio, né breve ajuto
Nel caso estremo il traditor mi porse.
Ed io pur anco Tamo, e qui rimango ,
E invendicata ancor m'assido, e piango?
LXTI
Che fa più meco il pianto? altre arme, altre arti
Io non ho dunque? ah seguirò pur l'empio:
Né l'Abisso per lui ripc»sta parte,
Nè'l Ciel sarà per lui securo tempio.
Già'l giungo, e 'l prendo, eì cor gli svello, e sparte
Le membra appendo, a' dispietati esempio;
Mastro è di ferità, vo* superarlo
Nell'arti sue: ma dove son? che parlo?
G. Con^, T. IL %
i8 LA GERUSALEMME
Misera Armida, allor dovevi (e degno
Bea era) alF empio dar crudo martire.
Che tu prìgion V avesti : or tardo sdegno
. T infiamma, e muovi neghittosa ali' ire •
Pur, se beltà può nulla, o scaltro ingegno.
Non fia voto d'effetto alto desire.
O mia sprezzata forma, a te s' aspetta
( Che tua V ingiuria fu ) l'aspra vendetta.
&XTI1I.
Questa bellezza mia sarà mercede
Del troncator dell' esecrabil testa .
O miei famosi amanti, ecco si chiede
Da voi, diffidi si , ma impresa onesta.
Io, che sarò d'ampie ricchezze erede,
Della vendetta al premio ornai son presta:
E s' io pur di tal prezzo indegna sono,
Beltà sei di natura inutìl dono.
txtx.
Dono infelice, io te rifiuto; e'nsieme
Odio r esser regina e l' esser viva ,
E Tesser nata mai. Sol fa la speme
Della dolce vendetta ancor eh' io viva •
Cosi in voci interrotte, e irata freme,
E volge il piede alla deserta riva ,
Mostrando ben quanto ha furore accolto ,
Sparsa il crin, bieca gli occhi, accesa il volto.
I.XX.
Ma dell'ascose insidie uscito Araldo,
La cauta man gli avvolse entro a' capelli ;
Torcendo il viso al viso umido e caldo,
E'i a' preghi, di fede ancor rubelli :
E con quel laccio sì tenace e saldo
Legò le braccia, e i pie fugaci e snelli
Co' nodi d'adamante , e di topazio ;
Ne fece altra di lei vendetta o strazio •
CONQUISTATA 19
Ma la zona , onde intorno andò recinta.
Colla severa man le ha tolto , e disse :
Tu starai qui su questa pietra avvinta
A contemplar le stelle erranti e fisse,
Sin che la mole tua bugiarda e finta
Disfaccia , e segua ciò, eh* il Ciel prescrisse :
Che non ti lega violenza , o forza ;
Ma'l senno, e la virtù , cui nulla sforza .
1.XX11.
Ella, mossa a quel dir, chiamò trecento
Con fera lingua deità d'Averno .
S* empie il Ciel d*atre nubi^ e 'n un momento
Impallidisce il gran pianeta eterno :
E soffia, e scuote i gioghi alpestri il vento :
Ecco già sotto a' pie mugghiar V Inferno .
Quanto gira il palagio , udresti irati
Sibili, ed urli, e fremiti, e latrati.
Lxxttr.
Ombra, più che di notte , in cui di luce
Raggio visto non è, tutto il circonda :
Se non eh' intanto un lampeggiar riluce
Per entro la caligine profonda.
Cessa alfin V ombra ; e i raggi il Sol riduce
Pallidi, né quelF aura anco è gioconda.
Ne più il palagio appare, o pur le sue
Vestigia , né dir puossi: Egli qui fue.
LXXIT.
Come imagi n talor d'eccelsa mole
Forman nubi nelFaria, e poco dura,
eh' il vento la disperde , e solve il Sole,
Come sogno sen va , eh* egro figura :
Cosi sparver gli alberghi , e restar sole
L'ombre, e l'orror, che fece ivi natura:
t^ si vedean tra boschi ermi e selvaggi
Arsi i cipressi, e fulminati* i faggi •
ao
Lh. GERUSALEMME
&XXT.
Avean securo fine i feri incanti,
Onde gli Dei d'Inferno ella costrìnse;
Ma 4 laccio di topazzi, e d'adamanti
Non era sciolto, e quel eh' a* piedi il cinse ^
Disse : Or securì andremo, e tu rimanti,
Perchè senno, e valor cosi t'avvinse :
E vinta infernal fraude, onore avranno
Perfida lealtate , e fido inganno •
'mmm
^»
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO DECIMO QUARTO
ARGOMENTO
Con 8acre note , e sacrificio puro
II pio campo dal ciol soccorso chiede;
Indi Elia assale 9 e scuote inver l'Arturo^
Ma dagli empi difesa , mentre il piede
Muove il Buglion sul dirupato muro.
Lo trafigge Clorinda , ei parte , e riede
Ben dall'Angiol sanato, e perch'annotta.
Cessa, e vuol racconciar la torre rotta.
JVla *I Duce pio delle famose genti ,
Volto avendo alF assalto ogni pensiero,
Fuor le schiere traea , d* arme lucenti ;
Quando a lui venne il solitario Piero;
E trattolo in disparte, in tali accenti
Gli parlò, venerabile e severo :
Tu muovi, o Capitan, forze terrene;
Ma di là non cominci, onde conviene.
II.
Sia dal Cielo il principio; e invoca avanti
Nelle preghiere pubbliche e devote ,
La milizia del Ciel d'Angeli santi.
Che ne dia la vittoria, ella che puote .
Preceda il coro in sacre vesti , e canti ,
Con soave armonia , pietose note :
£ da voi Duci gloriosi e magni
Pietate il volgo apprenda ^ e v' accompagni .
34 LA GERUSALEMME
Quelli ancor, la cui peana, o la favella ,
Insegnata ha del Ciel la via smarrita;
£ la cara di Cristo e fida ancella ,
Ch'elesse la più santa e pura vita :
E le Vergini chiuse in c^sta cella,
Che Dio con alte nozze a se marita :
E quelle, ch'ai tormento invitta Talma
Ebbero, e meritar corona e palma.
Xlt.
Cosi cantando il popolo devoto
Con larghi giri si dispiega e stende;
E drizza al sacro monte il tardo moto ,
Che dall'olive il suo bel nome prende,
Per chiara antica fama al mondo noto ,
In cui poggiando incontrai dì s'ascende •
E quando nasce in Cielo il Sole, o l'Alba ,
Ei primo a'raggi l'aria fosca inalba.
XIII
Tra Talte mura e la sublime costa,
Che d'Oriente la città vagheggia;
Ed al som:no di lei meno s'accosta,
Dov'è il gran tempio, e la famosa reggia;
La cupa Giosafat in mezzo è posta,
E Cedron il torrente entro v'ondeggia.
Per matutine piogge, o per notturne,
Accresciuto da fresche e lucide urne.
«IT.
Ed ora per ombrosa e fresca valle ,
Soave mc)rmora(ldo,or per deserto.
Sparge di lucide acque umido Ciille,
Portando al morto mar tributo incerto.
Questo il buon Re, volte al figliuol le spalle ,
Passò, il pie nudo, e'I capo avea coperto;
E'I varco Cristo, allorch'ai monte ascese,
Là 've l'adorno coro ancor discese .
CONQUISTATA a5
XT.
In quel secreto orror del loco sacro
Ogni anima fedel, temendo, adombra;
Ne di fiorila vista, odi lavacro
Vaghezza qiielF orror dal petto sgombra :
Che per idolo sparso , o simulacro
Nasce vie meno, ovver per tomba, ed ombra.
Ma cresce a ripensar Testrerao giorno ,
eh' in bianca nube il Re dee far ritorno.
XTI.
S'invia lassù l'esercito canoro:
E ne suonan le valli ime e profonde ,
E gU alti colli, e le spelonche loro,
E da ben mille parti Eco rispr>ii«]e:
E quasi par, eh' un bel silvestre coro
Fra quelli antri si celi, e*n quelle sponde:
Si chiaramente rimbombar s^udiva
Cristo, Gesù, Maria di riva in riva.
XTII.
D'in sulle mura a rimirar fra tanto
Cheti si stanno e timidi i Pagani,
I tardi passi, e i giri , e Fumil canto ,
E r insolite pompe, e i riti estrani*
Poiché cesso dell'ordin sacro e santo
La maraviglia , i miseri profani
Alzar le strida, e di bestemmie, e d'onte
Muggì '1 torrente, e la gran valle , e '1 monte .
XTIII.
Ma da quell'armonia sacra e soave
L'oste fedel non si rimove, o tace.
Né si volge a quei gridi, o cura n'have,
Più che di stormo avria d'augei loquace :
Ne da sasso , o da strai s arretra , o pavé ,
(]he giungano a turbar la santa pace
Di si lontano, o'I suon pietoso e dolce,
A cui l'ira del ciel b acqueta e molce •
LA GERUSALEMME
xrx.
Su) duro monte, ovel Signore esempio
Dar volle a' fidi suoi , che seco elesse ,
Tornando al Ciel , dopo'l suo fero scempio^
Lasciò de'piedi alte vestigia impresse :
Le quai poi cinse di sublime tempio
Elena, a cui tal grazia Iddio concesse;
Ma ricusò de' marmi il fino incarco ,
Da terra al ciel riroaso aperto il varco .
XX.
Quivi d'auro e d'argento ornato altare
Di santo cibo al sacerdote è mensa ;
£ quinci e quindi luminosa appare
Sublime lampa, in lucid'oro accensa.
Quivi altre spoglie, e pur dorate e care
Prende Guglielmo, e pria tacito pensa :
Indi con chiaro suon la voce spiega ,
Se slesso accusa, e Dio ringrazia , e prega.
XXI.
Sono ivi i duci ad ascoltar primieri :
Vhanno gli altri le viste intese e fisse.
JMa poiché celebrò gli alti misteri
Del puro sacrificio: itene ( ei disse)
E'n fronte alzando a*popoli guerrieri
La sua sacrata man, lor benedisse.
Allor sen ritornar di poggio in valle ,
Per lo dianzi da lor segnato calle.
XXI f.
Giunti nel vallo, eTordine già sciolto,
Si rivolge Goffredo all'ampia tenda :
£ l'accompagna stuol calcato e folto;
£ '1 lascia poi , perchè riposo ei prenda .
Egli tutti licenzia, iudietro volto,
Se non se i duci, il cui giudicio intenda :
E gli raccoglie a mensa ; e vuol, ch'a fronte
Sieda Giovanni^ e presso il saggio Conte.
CONQUISTATA ay
ZXTII.
Poiché de' cibi il naturale amore
Fu in lor ripresso, e T importuna sete.
Disse adduci il Gran Duce: Al nuovo albore
Tutti air assalto voi pronti sarete :
Quel fia giorno di guerra e di sudore,
Questo sia di riposo , e di quiete •
Cosi diss'egli; e rispondea Raimondo,
Ch'ai destro lato gli sedea secondo .
XXIT.
Delle machine a me la prima cura.
Signor , fu data, ora è condotta al fine :
Talché potrem , come fia notte oscura ,
Portarle alla città viepiù vicine •
Ma da qual lato le superbe mura
Faran con maggior danno alte ruine,
Dubbio son io, benché gli antichi esempi
Siano i medesmi quasi in varj tempi .
XZT.
Da quella parte, ove Aquilone avverse
Porta all'alma città nubi, e procelle^
Il Re di Babilonia il passo aperse
Prima alle genti di pietà rubelle ;
Quando il popol di Dio V empio disperse,
£ fece di Sion le figlie ancelle ;
E s'accampò tra quello stagno e'I colle
Goreh , eh' a Borea ancor la'cima eslolle.
XXTf.
Sull'altro monte sbattendo Pompeo,
Lo qual più verso Borea innalza il giogo,
E fu nemico non crudele e reo ,
E pose alla città men duro giogo .
Ma del Romano duce , o del Caldeo ,
Non scelse Tito poi lontano il luogo :
Quivi s' assise ancor fra torre e torre 9
Né volle in altro lato assedio porre.
28 LA GERUSALEMME
XXTIf.
Oingean tre mura la cittale antica ,
Com'una non bastasse ampia corona.
£ tre mura espugnò fonsa nemica.
Che tutto vince , ed a uuii*uom perdona.
Né di periglio teme, o di fatica.
Che giusta ira del ciel rinfiamma e spronar
£ poi rimase in quel crudel contrasto
La rocca, il tempio^ e'I monte e preso, e guasto,
X«YIII.
Cosi dair Aquilon tre volte offende
Turbo di guerra, e porta ultimo danno:
£d or dair Aquilon, se più contende,
S' oppugni e vinca il barbaro Tiranno:
Dove inalzasti le sublime tende,
£ le machine eccelse al Ciel sen vanno ;
Ne potrà sostener V invitta forza ;
Né dal meriggio , ov' egli men si sforza .
XXIX.
Qui tace , in guisa d' uom, eh' a gloria aspiri ,
£ ponga alle sue voglie un saldo freno.
Ma soggiunge Tancredi: Ovunque io miri
L'ampia cittate, e Tinegual terreno;
Non so donde accampar Caldei , o Assiri ^
Spero presta vittoria, o tarda almeno,
Se pur cede al valore orrida costa ,
£ se machina ancora ivi s'accosta.
XXX.
Onde noi troverem (se dritto estimo)
Più frale e men guardata ogni altra parte;
Dando l'assalto il dì secondo , e primo ,
Donde il Sol nasce, e donde poggia, o parte.
£ sino al sommo portcrem dall'imo
Machine gravi con falica, ed arte:
£ tanto fia più rara e nuova gloria ,
Quanto avrà meno esempj alta vittoria .
CONQUISTATA ag
xxxi.
Però, se guerra a noi l'Egitto iudice,
Più non si tardi, e'n ciò non sia contesar
Ma se'l conte farà d'alta pendice
Alla gran torre di Sion offesa ,
10 spero di tentar ( se ciò mi lice )
Se la torre angolare è ben difesa :
E seguendo i di lui saggi ricordi,
Saremo in varie parti almen concordi.
XXZII.
Ma quel , che già sì caro al grande Augusto,
Vive or la quarta età conduci illustri,
11 secolo novel, più del vetusto,
Ha ( disse ) fatti i suoi guerrieri industri :
Perchè lo spazio è della vita angusto,
E si fa esperta al variar de' lustri :
E savissimo è il tempo, e quasi padre,
O quasi mastro almen d'arti leggiadre.
XXSIIII.
Però , mentre fiorì di Carlo il regno ,
E Tarte militare in pregio salse:
Il mio Signor, che fu d'onor si degno ,
Vinse , espugnò, domò quanto égli assalse ;
Ma più dell'arte, e del sottile ingegno.
Il verace valor si vide, e valse:
E risplendean , quasi fulminei lampi ,
Isuoi guerrieri in mille aperti campi.
XXXIT.
Or la novella etate ( o cosi parmi )
Di minore ardimento è minor possa
Produce i suoi; ne fra le schiere e Tarmi
Fa maraviglie, da valor commossa :
Ch'io spesso vidi (e non vorrei vantarmi)
E rado or veggio orribile percossa ;
Ma più sovente in disusati modi,
Mura, machine , vallo , industrie, e
So hk GERUSALEMME
Ma che dich'io, percosse, o feri colpi ,
0 maraviglie di possanza estrema ?
Quasi natura indebolita incolpi ^
E non più tosto la virtù , che scema •
Qual uomo è più, dove si snervi, e spolpi ^
Che l'ordine non lasci oggi per tema ?
Cui non par grave manto iniquo fascio ?
£ Tarmi, el cibo, e*l vallo a dietro lascio •
E sol talora i tempi antichi , e V uso ,
Ond'ebber gli occhi esperienza, io narro ,
E '1 Re Lombardo vinto , e'ntorno chiuso •
Ma di qual cosa mai si spesso io garro ?
Or qui, per mio parer, saria conchiuso,
Che la parte anco volta al freddo carro
Ed air Orse si tenti ; e non si pecchi
1 nuovi modi preponendo a' vecchi .
ZXXTII.
DogUomi, che tardare in grave assedio.
Ch'ampia cittateomai circonda e serra.
Non può la gioventù , che schiva il tedio ,
E d' Egitto aspettiam vicina guerra;
Ma centra Carlo non v'avea rimedio,
Perchè nemico egual non ebbe in terra:
Onde qui vìnse ancor senza periglio .
Tacque; e'I duce lodò Taito consiglio.
XXTIII.
Allor di trombe udissi un bel concento ;
Ed Evardo alle turbe accolte insieme :
Evardo, la cui voce avanza il vento,
E'I tuono, e la procella, e'I mar, che freme;
Sicché di cento il grido, e cento, e ceiito.
Meo faria rimbombar le parti estreme:
L'assalto pubblicò; riposo e tregua
Dando al travaglio insino al di , che segua •
I
CONQUISTATA 3i
Ancor dubbiala luce, td immaturo
Era nell'Oriente i! auovo giorno,
Né la terra fendea l'aratro duro,
Me fea il pasture a' prati anco ritorno:
Stava tra' rami il vago augel sicuro ,
E 'n selva non s' udia latrato , o corno :
Quando a cantar sonora orribd tromba
Comincia all'arme: all'arme d Ciel rimbomba .
All'arme, all'armesiibito ripiglia
Ogni altra, e'ntiamma l'animose schiere :
Sorge il forte Goffredo, e già non pigliai
La gran corazza, o l'arme sue primiere ,
Ma sua lorica : ed un pedon simiglia
Coll'aUre lucidissime e leggiere;
E quando il leve peso indosso aveva,
L'anticbissirao Duce ancb'eì sì leva.
Questi, veggendo armato in cola! modo
L'invitto Duce, il suo pensier comprese:
Ov'è(gli disse) il grave usbergo esodo?
Ov'è, Signor, l'altro più grave arnese?
Perchè sei 'n parte inerme? io gii non lodo.
Che vada con sì debili difese;
kMa da tai segni scopro altri desiri ,
Ch'a nuova meta ancor di gloria aspiri,
eh che ricerchi tu? privata pedina
Di salilor di mura ? altri le saglia ,
Ed esponga meri degna e nobilalma
Ne rischi ( come dee ) d'aspra bailaglia;
Tu rìpreuttt , Signor, l'usata salma,
E di te stesso a nostro prò li caglia :
L'anima tua , mente del rampo e vila,
2(oÌ Sidvìi e Qou ci atterri empia ferita .
I
3a Lh. GERUSALEMME
Rispose il pio Goffredo : Al Magno Carlo ,
Già vecchio Augusto, disegual soo io ;
Ma s'Orlando vedesti ; a seguitarlo
Lecito fosse, è il mio sommo desio .
Però fatica , e rischio ( e'I vero parlo)
Schivando, in guerra andrei quasi restio
A quella d*alta gloria eccelsa meta ,
Che r anima di morte ancor h lieta.
XLI?.
Taccio , eh* io sono ( e tu sovente il dici )
Povero duce ancor di povera oste .
Dunque poscia che fian contra i nemici
Tutte le genti già mosse e disposte ,
Ben è ragion ( ne forse mei disdici )
eh' alle mura, puguando, anch'io m'accosle:
£ la fede promessa al Cielo osservi :
Egli mi custodisca, e mi conservi.
ZLT.
Cosi disse egli ; e i cavai ier Francesi ,
Quasi mossi a quel dir d'acuti sproni,
£ gli altri Duci ancor , men gravi arnesi
Parte vestirò, e si mostrar pedoni.
Ma i Pagani frattanto erano ascesi
Là dove a' sette gelidi Trioni
Si volge, e piega all'Occidente il muro.
Che nel più facil sito è più sicuro .
XLff.
Però ch'altronde la città non teme
Dall'assalto nemico offesa alcuna.
Quivi non pur il fero Argante, insieme
Col gran Baldacco , i suoi guerrieri aduna ;
Ma chiama ancora alle fatiche estreme
Fanciulli , e vecchi l'ultima fortuna ;
£ van questi portando a' più gagliardi
Calce, e zolfo, e bitume , e sassi , e dardi.
CONQUISTATA 33
XLTII.
E di machine, e d'arme hàn pieno avante
Tutto quel muro, a cai soggiace il piano :
£ quinci, in forma d'orrido gigante ,
Sorge da' fianchi in su Tempio Soldano:
Quindi tra merli il minaccioso Argante
Torreggia ; e discoperto è di lontano :
E'n sulla torre altissima angolare
Sovra tutti Clorinda eccelsa appare.
XftTIII.
A costei la faretra, e'I grave incarco
Dell'acute quadrella al tergo pende :
Ella già nelle mani ha preso l'arco , .
E già lo strai v'ha sulla corda , e '1 tende :
£ desiosa di £efire , al varco
La bella arciera i suoi nemici attende :
Tal già credean la vergine di Delo
Tra r alte nubi saettar dal Cielo .
XLIX.
Scorre più sotto Doldechino a piede,
Dall'una all'altra porta; e'n su le mura ^
Ciò che prima ordinò , cauto rivede,
£ i difensor conforta, e rassecura :
E qui genti rinforza e là provede
Di maggior copia d'arme ; e'I tutto cura.
Ma se ne van l'afflitte madri al tempio
A ripregar Nume bugiardo ed empio •
La Regina Funebria al mesto coro
E' scorta, e nacque già d'un duce Armeno:
Lugeria è seco, ch'i suoi fregi e Foro
Depone, umida gli occhi, e'I volto , e 1 seno y
Il cui gran padre fra T Assirio e'I Moro
Di più regni ed imperj ha il ricco freno.
Or va dolente in veste oscura e negra ,
£ segue T altra turba afflitta ^ egra .
34 LA GERUSALEMME
XI.
Deh spezza tu del predator Francese
L'asta, Signor, colla man giusta e forte ;
£ lui , che tanto il tuo gran nome offese ,
Ancidi, e spargi sotto l'alte porte •
Così dicea ; ne fur le voci intese
Laggiù tra'l pianto dell' eterna morte.
Or mentre il debol volgo e plora, e prega.
La gente, e l'arme il pio Buglioa dispiega.
LII.
Tragge egli fuor l'esercito pedone
Con molta providenzà, e con bell'arte ;
E contra'l muro, ch'assalir dispone
Obliquo, e scevro in duo lati il com parte:
Le baliste per dritto in mezzp pone,
E gli altri ordigni dell' orribil Marte •
Onde in guisa di fulmine si lancia
Vèr le merlate cime or sasso , or lancia .
LUI.
E mette in guardia i cavalier de' fanti
Da tergo; e manda i corridori intorno.
Dà il segno poi della battaglia ; e tanti
Gli arcieri son , che se n'oscura il giorno:
E da machine Tarme al ciel volanti
A'difensori fanno oltraggio e scorno:
Altri v'è morto, e'I loco altri abbandona :
Rara è del muro già l'alta corona .
UT.
La gente Franca impetuosa e ratta,
Allor, quanto più puote, affretta i passi ,
E parte scudo a scudo insieme adatta,
E di quelli un coperchio al capo fassi;
E parte sotto machine s'appiatta ,
Che fan riparo al grandinar de' sassi:
Ed arrivando al fosso, il capo e'I vano
Cercano empirne, ed adeguarlo al piano.
CONQUISTATA 38
LT.
Era quel fosso di palustre limo,
O pur d'acqua, che stagni, umido e molle ;
Ma rhan ripieno, ancorché largo, ed imo.
Le pietre , i tronchi , e le tenaci colle :
L'arditissimo Ermanno intanto il primo
Scopre la testa, ed una scala estolle :
E noi ritien dura tempesta, o pioggia
Di fervidi bitumi ; e su vi poggia .
LTX.
Yedeasi in aria Drogo, altrove asceso y.
Mezza F aereo calle aver fornito;
Segno a mille saette, e non offeso
D'alcuna si, che fermi il corso ardito:
Quando un sasso ritondo , e di gran peso.
Veloce, come di bombarda uscito,
Nell'elmo il coglie, e'I risospinge a basso ,
Gelido più di quel medesmo sasso .
LTII.
Non è mortai, ma grave il colpo , e'i salto,
Sicch'ei stordisce, e giace immobil pondo .
Argante allora in suon feroce ed alto :
Caduto è il primo; or chi verrà secondo?
Che non uscite a manifesto assalto,
Appiattati guerrier, s'io non m'ascondo?
Non gioveranvi le caverne estrane :
Ma vi morrete come belve in tane •
X.TItI.
L'occulta gente a quel parlar non cessa ;
Ma fra ripari ascosa angusti e cavi ,
£ sotto gli alti scudi unita e spessa
Le saette sostenta, e i pesi gravi.
Già gli arieti alla gran torre appressa ,
Machine grandi, e smisurate travi,
C han testa di monton ferrata , e dura :
TemoQ le porte il cozzo, e l'aite mura •
36 LÀ GERUSALEMME
UT.
Gran mole intanto è di lassù rivolta ,
Per cento mani al gran bisogno or proafe.
Che sovra la testuggine più folta
Buina , e par che vi traboccKi un monte :
£ degli scudi l'union disciolta
Più d* un elmo vi frange e d'una fronte ;
£ ne riman la terra sparsa e rossa
D' arme , e di sangue, e di cervella, e d'ossa ,
LX.
L' assalitore allor sotto il coperto
Delle machine sue non si ripara ;
Ma da' ciechi perigli al rischio aperto
Fuori se n'esce, e sua virtù dichiara.
Altri poggia le scale, e va per l'erto :
Altri percuote i fondamenti a gara.
Si crolla il muro, e ruinoso i fianchi
Già rotti mostra all'impeto de' Franchi .
IiXI.
E ben cedeva alle percosse orrende ,
Che doppia in lui l'espugnator montone;
Ma quel volgo da' merli anco il difeude,
Con usata di guerra arte e ragione :
(^h' ovunque la gran trave in lui si stende
Cala fasci di lana , e gli frappone :
Prende in se le percosse , e fa più lente
La materia arrendevole e cedente.
LXII.
Mentre con tal valor s'erano strette
L'ardite schiere alla tenzon mortale.
Curvò Clorinda sette volte ; e sette
Rallentò l'arco, e n'avventò lo strale:
£ quante in giù volar dure saette ,
Tante n'insanguinaro il ferro, e l'ale;
Non di sangue plebeo, ma del più degno ,
Che sprezza quell'altera ignobil segno.
CONQUISTATA 3;
LXIII.
Ed il primo guerrier , ch'ella piagasse ^
Fu il forte Anselmo , onor del suo paese ,
Da*suoi ripari appena il capo ei trasse,
^he la mortai percossa in lui discese :
E cW la destra man non gli trapasse ,
Ilguanu dell' acciar nulla contese:
Sicché inuti*^ all'arme ei si ritira ,
Fremendo ,^ n^uo di dolor , che d' ira .
HIT
Enrico di jialerno in ma al fosso;
E'n sulla scala poi Dudoue 'J Franco;
Quegli mori, trafitto il braccio e'I dosso;
Questi dall' un passato all'altro ca^to :
Sospingeva il monton , quando è percosso
D'Amico il destro, a Ponzio il lato mancia;
Sicché tra via s'allenta , e vuol poi trarne
Lo strale, e resta il ferro entro la carne •
All'incauto Aristeo, ch'era da lunge
La fera pugna a riguardar rivolto ,
La fatai canna arriva, e'n fronte il punge:
Stende ei la mano al loco, ove l'ha colto;
Quando nuova saetta ecco soggiunge
Sovra la mano , e la confige al volto :
Ond'egli cade, e fa del sangue sacro
Sull'arme feminili ampio lavacro •
LXfl.
Ma non lunge da' merli a Palamede
( Mentre ardito egli sprezza ogni periglio,
E su per gli erti gradi innalza il piede )
Cala il settimo ferro al destro ciglio :
E trapassando per la cava sede ,
E tra i nervi dell'occhio , esce vermiglio,
Di retro per la nuca ; egli trabocca ,
£ muore appiè dell'assalita rocca:
38 LA. GERUSALEMME
I.XTII.
Tal saetta costei. Goffredo intanto
Con nuovo assalto i difensori opprime ;
Drizzata avendo all' alte mura accanto
Delle machine sue la più sublime.
Questo è Castel di legno, e s'erge tan*>f
Che potea pareggiar Teccelse cim^*
Castel, che grave d'uomini, e'aroi*to,
'i ra la porta e la torre è al 6ielo alzato.
S'erge avventandola terribil mole
Lance, e quad^^H^^ e quanto può s'accosta :
E come na*^ in guerra a nave suole.
Tenta d'^^nirsi a quella parte opposta; ,
Ma ^^i lei guarda, ed impedir tiò vuole^
J.*urta la fronte , e l'una e l'altra costa,
La respinge coli' aste, e le percuote
Or colle pietre i merli, or ponti , or rote.
LXIX.
Tanti di qua , tanti di là fur mossi
£ sassi , e dardi , ch'oscuronne il cielo.
S'urtar duo nembi in aria, e là tornossi
Talor, respinto, onde partiva il telo.
Come di fronde sono i rami scossi
Dalla pioggia indurata in freddo gelo,
£ ne caggion i pomi anco immaturi:
Cosi gli empj cadeau dagli alti muri.
LXX.
Però che scende in lor più grave il danno ,
Che di ferro assai meno erau forniti.
Parte de'vìvi ancora in fuga vanno.
Della gran mole al fulminar feriti.
Ma quel, che già fu di Nicea tiranno.
Vi resta, e fa restarvi i pochi arditi,
£ mentre avventa in lei macigno, o selce ,
Le oppone il fero Argante od orno, od elee
CONQUISTATA 3^
LXXI.
E da sé la rispinge , e tien lontana
Quanto la trave è lunga, e '1 braccio forte ,
Pronta v'accorre allor turba Pagana,
E de' perigli altrui si fa consorte.
Frattanto i Franchi alla pendente lana
Le funi recideano , e le ritorte ,
Con lunghe falci; onde cadendo a terra ,
Lasciava il muro disarmato in guerra.
I.XXIT.
Cosi il Castel di sopra , e più di sotto,
L'impetuoso il batte aspro ariete;
Onde comincia ornai forato e rotto
A discoprir V interne vie scerete .
Essi non lunge il Capitan condotto
A ruinosa e tremula parete,
Nel suo scudo maggior tutto rinchiuso ,
Che rade volte ha di portare in uso.
LXXIIf.
E quivi cauto in rimirando spia,
E scender vede Solimano a basso,
E porsi alle difese, ove s'apria
Tra le mine il periglioso passo:
E rimaner della sublime via
Argante in guardia, di pugnar non lasso :
Cosi guardava; e già sentiasi il core
Tutto avvampar di generoso ardore .
I.XXlf.
Onde rivolto al suo fedele Unchero, •
Che gli portava un altro scudo, e Tarco:
Ora mi porgi, o mio fedel scudiero ,
Un altro men gravoso e grande incarco.
Che tenterò di trapassar primiero
Su dirupati sassi il dubbio varco :
E tempo è ben , che qualche nobile opra
Della nostra virtute omai si scopra .
4o LA GERUSALEMME
UUIT.
Così ( mutato scudo ) appena disse ,
Quando a lui venne una saetta a toIo,
£ nella gamba il colse, e la trafisse
Nel più nervoso, ov*è più acuto il duolo •
Che di tua man , Clorinda, il colpo uscine.
Tu sol ten vanti, e tuo Tonor n*è solo •
Se questo di servaggio e morte schiva
La tua gente Pagana, a te s'ascriva.
Ma 'I fortissimo eroe , come non senta
Della ferita il duol » quasi mortale ,
Dal cominciato corso il pie non lenta^
E su gli alti dirupi ascende, è sale:
Pur s' avede egli poi , che noi sostenta
La gamba, offesa dal pungente strale.
Però che il grave duol troppo s'inaspra.
Tanto la piaga fu pungente ed aspra •
LXHTII.
E, chiamato Raimondo a sé con mano ,
A lui diceva : Io me ne vo, costretto;
Tu qui in mia vece, o cavalier soprano.
Della mia lontananza empi il difetto .
Ma picciGl'ora io vi starò lontano.
Vado, e ritorno, e si partia, ciò detto:
Ed ascendendo in un leggier cavallo.
Giunger non può , che non sia visto, al vallo.
LXXTIII.
Al partir del gran Duce, allor si parte.
Quasi cedendo, la fortuna Franca :
Cresce il vigor nella contraria parte;
Sorge la speme, e gli animi rinfranca:
E l'ardimento, col fervore in parte.
Ne' cor fedeli , e l'impeto già manca .
Già corre lento ogni suo ferro al sangue,
E delle trombe istesse il suono or langue.
CONQUISTATA 4t
E già tra merli a comparir non tarda
Lo stuol fugace, ch'il timor caccionne:
E mirando la Vergine gagliarda.
Vero amor della patria arma le donne:
Correr le vedi, e collocarsi in guarda,
Con chiome sparse, e con succinte gonne:
E lanciar dardi , e non mostrar paura
D' esporre il petto per T amate mura .
LXXX.
£ quel, ch^a'Franchi più spavento or porge,
E toglie a'difensof d'ampia cittade,
£ che Fulgerio invitto (e se n'accorge
Questo popolo e quel ) percosso cade :
Sublime il trova sua fortuna, e scorge
D'un sasso il volo per l'aeree strade:
E da sembiante colpo, al tempo istesso.
Colto è Bulferio, onde giù cade anch'esso*
LXXXI.
D' Ambuosa il conte ancor percosso e punto
Fu con Eustachio , ed Engerlano ardito :
Nè*n questo a' Franchi fortunato punto
Con tra lor da' nemici è colpo uscito,
(Che o' uscir molti) onde non sia disgiunto
Corpo dall'alma, o non sia almen ferito:
E'n tal prosperità l'orgoglio accresce
Il fero Argante, e i suoi perturba e mesce •
LftXXlI.
E'n guisa tal del suo furor s'accende
Il cavaliero, oltra ogni stil audace,
Che quell'ampia città, ch'egli difende.
Non gli par campo del suo ardir capace :
E si lancia a gran salti , ove si fende
Il muro , e ruinoso il varco face :
Ed ingombra Tusclta, e grida intanto
A Soliman , che si vedea da canto :
'4a LÀ GERUSALEMME
IXX&III.
Solimano , ecco il luogo , ed ecco Torà ,
Che non fa del valor giudicj ingiusti :
Che cessi ? o di che temi? Or costa ftiora
Cerchiam pregio sovran da' più vetusti.
Così gli disse; e l'uno e l'altro allora •
Precipitoso uscia de' lochi angusti ;
L'un da furor, l'allro da onor rapito,
E stimolato dal feroce invito .
I.1JCXIT.
Giunsero inaspettati ed improvvisi
Sovra i nemici; e'u paragon raostrarse;
E da lor tanti ftir guerrieri uccisi ,
Ed arme d'ogn' intorno e rotte e sparse ,
E scale tronche, ed arieti incisi.
Che di lor parve quasi un monte farse :
E mescolati alle ruine, alzaro,
In vece del caduto, ampio riparo.
LXXXT.
La gente, che pur dianzi ardi salire
Al pregio eccelso di murai corona ;
Non che d'entrar nella cittate aspire;
Ma sembra alle difese ancor mal buona :
E cede al nuovo assalto ; e'n preda all' ire
De' duo guerrier le machine abbandona.
Che ad altra guerra omai saran poco atte,
Tanto è'I furor, che le percote e batte.
LXXXYI.
L'uno e Taltro Pagan , come il trasporta
L' impeto suo, già più e più trascorre :
Già'l foco chiede a' suoi seguaci ; e porta
Due pini fiammeggianti invér la torre:
Cotali uscir dalla Tartarea porta
Sogliono, indi sossopra il mondo porre,
Tie ministre di Pluto empie sorelle,
Lor ceraste scuotendo, e lor facelle.
CONQUISTATA 43
LXXXTIT.
Ma l'invitto Tancredi affretta, e move,
£ rinforza all'assalto amiche genti;
Quinci veggendo l'incredibil prove,
Eia gemina fiamma, e i pini ardenti;
Tronca in mezzo le voci, e corre altrove,
Dove i Franchi vedea paurosi e lenti:
Seco Ettorre , e Ramusio al lato destro.
Seco Aristolfo , in guerreggiar maestro .
I.XXXTIII.
E '1 fiero Evardo , il qual coperto e sparso
Di cener vide spesso, e di faville ,
Il bel lido nativo , al foco apparso ,
Corre, e del regno stesso altri ben mille,
Né qui par della vita avaro o scarso
Ottone , o Sforza , o l'animoso Achille :
E pareano onde gonfie al ruco strido,
Ch'Austro sospinga, mormorando, al lido.
LXXXIX.
Qual in corso talor, ch'è dubbio e corto.
Alzar nocchieri audaci accesa lampa,
Quando è nubilo più l'Occaso , e TOrto,
£ freme il vento avverso , e l'aria avvampa ;
Ma poi rispinti al mal sicuro porto ,
Là dentro l'un e l'altra appena scampa,
Che l'Austro il sen rinchiuso anco pertqrba ;
Tal cedean quelli all'animosa turba .
Mentre d'aspra l>attaglia il dubbio stato,
Cosi cangiando la fortuna il volto,
Varia sovente : Il Capitan piagato
Nella gran tenda sua s'è già raccolto,
Con Baldovin, e con Lutoldo a lato,
Di mesti amici in gran concorso e folto ;
Ei, che s'affretta, e di tirar s'affanna
Dalla piaga lo strai, rompe la canoa.
44 li^ GERUSALEMME
XCI.
£ la via più vicina e più spedita
Alla cura di lui vuol che si prenda :
Scoprasi ogni latebra alla ferita ,
E largamente si risechi e fenda «
Rimandatemi in guerra, onde fornita
Non sia col dì prima, ch*a lei mi renda.
Cosi dice; e premendo il lungo cerro
D' una gran lancia , offre la gamba al ferro.
XCII.
E già r antico Erotimo, che nacque
In riva al Po, s'adopra in sua salute ;
Il qiial dell'erbe, e delle nobili acque
Ben conosceva ogni uso , ogni virtute :
Caro alle Muse ancor; ma si compiacque
Nella gloria minor dell'arti mute :
Sol curò torre a morte i corpi frali:
E potea fare i nomi anco immortali •
xeni.
Stassi appoggiato, e con secura faccia
Immobil freme il cavalier soprano:
Quegli in gonna succinto, e dalle braccia
Ripiegato il vestir leggiero e piano,
Or coir erbe possenti invan procaccia
Trarne lo strale , or colla dotta mano ,
E colla destra il tenta, e col tenace
Ferro il va riprendendo, e nulla ei face •
XCIT.
Non seconda fortuna arte , od ingegno ,
E per nessuna via par che gli arrida ,
E dell* aspro martir cresce lo sdegno;
Talché di se medesmo omai diffida.
Ma l'Angelo custode, al duolo indegno
Commosso allor , colse dittamo in Ida :
Erba, crinita di purpureo fiore,
C bave in tenere foglie alto valore .
CONQUISTATA 45
XCf.
£ ben mastra natura alle montane
Capre n'insegna la virtù celata.
Quando sono percosse; e lor rimane
Fissa nel fianco la saetta alata.
Questa , benché da parti indi lontane »
Repente allor portò la man beata:
E non veduta , entro le mediche onde
Di que' tepidi bagni il sugo infonde ,
XCTI.
E del fonte di Siloe i sacri umori,
E r odorata panacea vi mesce.
Ne sparge il vecchio la ferita; e fuori
Volontario perse lo strai se n'esce :
E stagnandosi il sangue , aspri dolori
Fuggono dalla gamba, e*l vigor cresce,
Grida Erotimo allor: L' arte maestra
Te non risana, o la mortai mia destra^
XCTIT.
Maggior virtù te salva: un Angel, credo ^
Medico per te fatto , è sceso in terra ,
Che di celesti mani i segni vedo ;
Prendi Tarme : che tardi ? e riedi in guerra .
Bramoso di battaglia il pio Goffredo
Già nell'ostro le gambe avvolge e serra ,
E Tasta crolla smisurata , e'mbraccia
Il già deposto scudo, e Telmo allaccia^
XCVIII.
Uscì dal chiuso vallo, e si converse,
Con mille dietro, alla città percossa ;
Sopra di polve il ciel gli si coperse ,
Tremò sotto la terra, e parve scossa :
E lontano venir le genti avverse ,
D'alto il miraro; e corse lor per Tossa
Un timor freddo , e strinse il sangue in gelo:
Egli alzò tre fiate il grido al Cielo .
46 LA. GERUSALEMME
XCIX.
E qual repente Taria intorno adombra
Di tenebroso orror turbo spirante;
£ i TTìonti, e'I pian d'alte mine ingombra ;
Non pur volge sossopra il mar sonante :
Teme lunge il cultore all' orrid* ombra
De'solcbi il danno, e dell'amate piante:
Portano innanzi i venti il suono al lida
Volando: tal ei parve al fero grido .
e.
Conosce ogni suo stuol l'altera voce,
E'I grido, ch'infiammò fera battaglia :
E riprendendo l'impeto veloce,
Tenta di nuovo, onde percota, o saglia •
Ma già la coppia de' Paga n feroce
Attende chi s'appressi , e chi V assaglia ;
E difende ostinata il passo angusto ,
L' uno e l'altro rotando il pino adusto.
CT.
Qui disdegnoso giunge e minacciante,
Chiuso nell'arme, il cavalier di Francia»
E'n sulla prima giunta al fero Argante
L'asta ferrata, fulminando, lancia.
Machina in guerra non si pregi o vante
D'avventar con più forza alcuna lancia.
Tuona per l'aria la nodosa trave ,
V'oppon lo scudo Argante , e nulla pavé.
cu.
S apre lo scudo al frassino pungente ;
Né la dura corazza anco il sostiene ,
Che tutte Tarme sue passa repente ;
Alfiu dell'empio sangue a sparger viene ;
Ma si svelle il feroce (e'I duol non sente )
Dall'arme il ferro affisso, e noi ritiene:
E'n Goffredo il rivolge: A te (dicendo.»
Rimando il tronco, e Tarme tue ti rendo.
CONQUISTATA 47
CHI.
L'asta , ch'or porta offesa , ed or vendetta.
Per lo noto sentier vola e rivola ;
Ma già non fere il Duce , ov'è diretta ^
Ch'ei piegando la fronte al colpo invola;
Coglie il fedel Sigiero, il qiial ricetta
Profondamente il ferro entro la gola:
Ne gli rincresce, del suo caro Duce
Morendo in vece , abbandonar la luce .
CIT.
In quel tempo Goffredo ancor.percote
Coll'asta eguale il giovinetto Ilprando,
Che d* Assagurro è figliò ; e 1 piaga, e scote,
El fa cader, come paleo , rotando;
Ma r aspra offesa sostener non puote.
Il suo fido scudier, morto mirando :
• (Jnd' all'altro dicea , eh' è da sinistra :
Arme , o mio fido , al mio dolor ministra .
cr.
£ se non più , ch'io soglio, agghiaccio, e torpo,
Non raccorrò senza vendetta il passo ,
Né l'asta invano io lancerò nel corpo
De'miei nemici al periglioso passo.
Cosi dicendo, atterra Elfingio, eForpo,
Gelidi più d'ogni gelato sasso :
£ sovra la confusa alta ruina
Asceso , muove omai guerra vicina.
CTI.
£ bene ei vi facea roirabil cose ,
£ contrasti seguiano aspri e mortali;
Ma fuori usci la notte, e'I mondo ascose
Sotto il caliginoso orror dell'ali :
£ r ombre sue pacifiche interpose
Fra tante ire de' miseri mortali;
Sicché cessò Goffredo , e fé ritorno .
Questo fin ebbe il sangninoso giorno •
48 LA GERUSALEMME
€▼11.
]Ma prima che riposo altrui conceda ,
Fa indietro riportar gli egri e t languenti ^
£ già non laacia a'suoi nemici in preda
Quei, ch'in guerra adoprò feri tormenti ;
Ma vuol , che la gran mole anco ^en rieda^
Primo terror delie nemiche genti ,
Benché pur sia dall'orrida tempesta
Sdrucita anch' ella in alcun loco e pesta .
CTIII.
Qual gran nave talor, ch'a vele piene
Corre il mar procelloso , e l' onde sprezza :
Poscia in vista del porto, o sull'arene,-
O tra l'onde fallaci il fianco spezza;
Ma porge quivi ancor non dubbia spene
Di risolcar l'Egeo, com'era avvezza ;
Il sovra '1 Udo, ove'! suo corso intoppa»
Chi ribatte da proda, e chi da poppa:
GIX.
Tal la macchina s'apre , e tal da quella
Parte, che volse all'impeto de' sassi,
Ruinosa minaccia in guisa, eli' ella
Kicliiama all' opre ancor gli stanchi e lassi ;
Ma le sommette appoggi , e la puntella
Lo stuol , che la conduce , e'nsieme stassi.
Insin die cento fabri intorno vanno
Saldando in lei d'ogni sua piaga il danno.
ex.
Così Goffredo impone, il qual desia
Di porla in opra avanti il nuovo Sole;
Ed occupando questa e quella via,
Dispon le guardie intorno all'alta mole«
Ma'l suon nella città chiaro s'udia
Di fabrili istromenti , e di parole,
E mille si vedean facelle accese.
Quasi spavento alle notturne imprese.
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
'\
CANTO DECIMOQVINTO
ARGOMENTO
Scopre Arsfte a Clorinda il suo natale,
E un sogno , ed ella un sogno narra : e vìentt
Con Argante notturna al rampo, u* assale
Con ìnceiidj la torre , e '1 fin ottiene;
Ma pugna con Tancredi , ed al fatale
Suo punto giunta , si battezza; avviene,
Ch' ei la conosca ^ piange , e la sotterra .
Giura Argante a lui dar mort' aspra in guerra.
Jiira la notte, e non prendean ristoro
Col sonno ancor le faticose genti;
Ma qui il rimbombo del martel sonoro
Faceva i Franchi alla custodia intenti;
Là tenea desti i Sirj altro lavoro,
Lungo a' ripari tremuli e cadenti ;
£ rintegrando gian le rotte mura :
£ degli egri s' avea pietosa cura .
II.
Curate alfin le piaghe, e già fornita
Era dell'opre lor notturne alcuna;
£ rallentando T altre, al sonno invita
L'ombra, eh' involve il elei tacita e bruna:
Pur non acqueta la Guerriera ardita
L'alma, d'onor famelica, e digiuna;
E sollecita all'opre, ov' altri cessa :
Va seco Argante ; e dice ella a se stessa :
6. Conq. T. li. 4
So LK GERUSALEMME
III.
Ben oggi il Re de* Turchi, e*l nostro Argante
Fér maraviglie inusitate e strane ; ,
('.he soli uscir fra tante schiere e tante,
E vi sprezzar le machine sovrane:
lo (questo è ihsommo pregio, onde mi Tante)
D^alto rinchiusa , oprai l'arme lontane:
Sagittaria (noi nego ) assai felice;
Tanto^sol dunque a donna e non più lice ?
IT.
Qu;)nto me' fora in monte, od in foresta ,
Alle fere avventar dardi , e quadrella,
eh* ove maschio valor 3Ì manifesta
Mostrarmi qui tra'Cavalier donzella?
Che non riprendo la feminea vesta,
S' io ne son degna ? e non mi chiudo in cella?
Cosi parla fra se; pensa, e risolve
Alfin gran cose; ed al Guerrier si volve.
Lungo spazio è, Signor, ch'in sé raggira
Un non so che d insolito e d'auilace
La mia iiiq!iieta mento: o Dio T inspira,
0 r iiom del suo voler suo Dio si face :
Fuor del vallo nemico accesi or mira
1 lumi. Io là n'andrò cM>n ferro e face;
I^ machine arderò: cosi prometto.
La vita alla fortuna e al ciel commetto.
▼I.
Ria s'egli avverrà pur, che mia ventura
Nel mio ritorno a me rinchiuda il passo;
D*iiom, eh* in amor m*e padre , a te la cura
£ delle rare mie donzelle io lasso.
Tu neir Kgitto rimandar procura
Le donne sconsolale, e '1 vecchio lasso:
£ ti mi)va di lor giusta pietade ,
Che n'é degno quei sesso, e queli^etade.
CONQUISTATA Si
VII.
Maravigliando, Argante acceso il petto
Da stimolo sentia di gloria ardente.
Tu là n'andrai (rispose) e me negletto
Qui lascerai fra la volgare ^ente?
£ da secura parte avrò diletto
Mirare il fumo, e la favilla ardente?
Ah, se fui ne' perigli a te consorte.
Or sarò nella gloria , e nella morte.
Tllff
Ho core anch*io, che morte sprezza , e crede
Che ben si cambi colFonor la vita.
Ben ne fcstì ( dissocila ) eterna fede
Con quella tua si perigliosa uscita:
Pur io femina sono; e nulla riede
Mia morte in danno alia città smarrita ;
Ma se tu cadi (cessi il Ciel gli auguri)
Chi fiacche la difenda , o rassicuri?
IX.
Soggiunse ilCavaliero: Indarno adduci
Al mio fermo voler fallaci scuse.
Seguirò Torme tue^ se mi conduci ;
Ma le precorrerò, se mi ricuse.
Concordi al Re ne vanno, il qual fr^'Duci
E fra' più saggi suoi gli aecolse e chiuse:
Argante incominciò: Signore, attendi
A ciò, che dir vogliamti, e 'n grado il prendi.
Clorinda ornai ( né sarà vano il vanto )
Quella machina eccelsa arder pn^mette;
lo sarò seco ; ed aspeitiani sol tanto.
Che stanchezza maggiore il sonno ali ette.
Sollevò il Re le palme; e'I mosse al pianto
Dolor, tema, e desio di sue vendette:
£ lodato sia tu T disse) eh' a' servi
Tuoi volgi gli occhi, e '1 regno anco mi servi.
>5a L4 GERUSALEMME
■ f.
Ne già sì tosto egli cadrà, se tali
Petti fernmei in sua difesa or sono.
Ma qual possalo, donna onorata, eguali
Dare ali* alto tua merto o laude, o doDO ?
Laudi la Fama te con immortali
Voci, e riempia il mondo al chiaro suono:
Premio t'è l'opra stessa, e premio in partqi.
Fia d' esto regno bella e nobil parte •
' xri.
Ma ben voluto avrei, figliuol, piuttosto,
Figliuol di questa età sostegno e luce,
Ch'altri si fusse al gran perìglio esposto ^
£ fattosi de' nostri e scorta, e Duce;
Ma scaltri menti pur ha il Ciel disposto,
£ te il tuo fato all'alta impresa adduce.
Va' fortunato, e non diro già -solo,
£ prendi teco un grosso e fido stuolo ,
XIII.
Si pnrla il Re canuto ; e si ristringe
Or questa, or quel teneramente al seno ,
li Soldan, clu* è presente, e non infinge
I-.a {generosa invidia, ond'egli è pieno;
Disse: Ne questa sp.ida irivan si cinge;
Verravvi a paro, o verrà dietro almeno.
Ah (ris|)ose Clorinda) andremo a questa^
Impresa tutti? e se tu vien, chi resta?
XIT.
Così diss'ella; e con rifiuto altero
Già non osò di ricusarlo \rgante;
Ma n più canuto Re p<irlò primiero
A Soliman cdu placidd sembiante:
O d'intrepido core alto guerriero,
O alto Re, pur sempre a te sembiante:
Te nulla faccia di periglio unquanco
Sgomentò, né mai fusti in guerra stanco.
CONQUISTAtA 5J
XT.
E so, che fuora andando , opra faresti
Degna di te ; ma troppo indegno parme
Che tutti usciate, e dentro alcun non resti
Di voi, che sete i più famosi in arme:
£ mentre fian costoro a' Franchi infesti.
Basta, cred'io, che ti prepari, ed arme,
Per dar ( se d' uopo fia ) soccorso all' opra ,
Degna che nulla età Y asconda e copra .
XYI.
E come al grado tuo più si conviene,
Con gli altri (prego) in sulle porte attendi:
E quando poi (deh non sia vana spene)
Bitorneranno, e desti avran gì* incendio-
Se stnol nemico seguitando viene,
Lui risospingi, e lor salva e difendi.
Cosi dicean senza contesa i Regi;
Ed eran pronti i Cavalieri egregi.
XTII.
Soggiunse allora Ismeno : Attender piaccia
A voi, ch'uscir dovete, ora più tarda,
Sin che di varie tempre un misto io faccia,
Ch'alia machina ostil scappigli, e Tarda.
Forse parte avverrà, che posi e giaccia
Lo stuol, che la circonda intorno e guarda «
Cosi aspettar, sin eh' in orror profondo
Fece silenzio tenebroso il mondo.
XTIII.
Depon Clorinda le sue spoglie inteste
D' argento , e l'elmo adorno, e V arme altere;
E senza piuma , o fregio altre ne veste
(Infausto annunzio) rugginose e nere :
E con minor periglio estima in queste
Occulta andar fra le nemiche schiere.
É quivi Arsete Eunuco, il qual fanciulla
La nudrì dalle fasce, e dalla culla.
m Lh. GERUSALEMME
XIZ.
E per r orme dì lei V antico fianco
D*ogn' intorno traendo, or la segata.
Vede costui Tarme cangiale; ed anco
Del gran rischio s* accorge, o/ella già-:
Onde si svelle il crin, già raro e bianco;
E del lungo servir la dolce e pia
Memoria in lei rinnova, e piange, e prega.
Che r impresa abbandoni ; ed alla il nega.
XX,
Ond'ei le disse alfin: Poiché ritrosa
Si la tua mente nel tuo mal s' indura,
Che ne la stanca età, ne la pietosa
Preghiera, nè'l mìo duol, nè*l pianto cura;
Ti spiegherò più oltre; e saprai cosa
Di tua condìzion , che t*era oscura.
Poi tuo desir ti- guidi, o mio consiglio:
Ei segue: ed ella innalza attenta il ciglio:
XXI.
Resse già d' Etiopia , e forse regge
David ancora il fortunato impero;
E segue dì Gesù la casta legge,
E di Tommaso, ed egli, el popol nero.
Quivi io Pagau, tra le ferainee gregge.
Fui servo, e in pre{j;io sin al di primiero:
Ministro fatto della regia moglie.
Che bruna è sì , ma 'I bruno il bel non toglie.
XXII.
JTarde il marito; e delf amore al foco
Ben dt*lb (gelosia s* agguaglia il gelo;
Si va in guisa avanzatido a poco a poco
Nel toimentoso petto il folle zelo.
Che da ogni uom la nasconde, e^n chiuso loco
Vorria cuprirla aitanti occhi del cielo;
Ella Hag^ii^ia ed umil, di ciò, che piace
Al suo Signor, fa suo diletto, e pace.
CONQUIST\TA 55
XXIII.
D* lina pietoHa istoria, e di devote
Figure la sua stanza era dipìnta .
Vergine, bianca il bel viso, e le gote
Vermiglia, è quivi appresso un drago avvinta
Coir asta il mostro un cavalier percote,
Giace la fera nel suo sangue estinta.
Quivi sovente ella s'atterra , e spiega
Le sue tacite colpe , e piange, e prega .
XXIT.
Ingravida frattanto, e manda fuori
(£ tu fosti colei ) candida figlia.
Si turba; e degl' insoliti colori >
Quasi d*un nuovo mostro, ba maraviglia.
Ma perchè il ite conosce e i suoi furori,
Celarli il parto alfin si riconsiglia:
Ch*egli avria del candòr, ch'in te si vedcy
Ai^omentata in lei non bianca fede.
XXT.
Ed in tua vece una fanciulla nera
Pensa mostrarli, che poco anzi è nata .
£ perchè fu la torre, ove chiusa era ,
Dalle donne e da me solo abitata :
A me servo fedel, d*alma sincera ,
Ti die, temendo di fortuna irata.
Prima , che ti segnasse il foco sacroy
O di fonte immergesse ampio lavacro .
XXTI.
Piangendo , a me ti porse, e mi commise.
Che nel mio ti nutrissi almo terreno .
Chi può dire il suo affanno? e *n quante guise
Bagnò i baci di pianto, e i lumi, e'I seno?
E fur le voci da'sospir divise,
Benché non lenti alle querele il freno?
Levò alfin gli occhi, e disse : O Dio, che scerni
L*opre occulte, e i pensier dell'alma interni:
rì6 , Lk GERUSILEMME
««▼It.
Se puro è questo cor , se membra inflitte
Da tult*allri, ad un serba il dolce letto;
Per me non prego, ch'altre rose ho fattei
.Ond'io dispiaccia al tuo divin cospetto:
Salva il parto innocente, al quale il latte
Nega la madre del materno petto.
Viva, e sol d'onestate a me simigli.
L'esempio di fortuna altronde or pigH •
Tu, celeste Guerrier, ch*umil donsella
Togliesti d'empio drappo a' fieri morsi, -
Se t'accesi giammai lampa, o facella,
S'auro, o incenso odorato nnqua ti porsi.
Tu per lei prega sì , che fida ancella
Possa in ogni fortuna a te raccorsi.
Qui tacque; e'I cor le si rinchiuse e strinse,
E di pallida morte si dipinse.
XXIT.
Io piangendo ti presi, e'n breve cesta
Fuor ti portai, fra fiori e froiidi ascosa.
Ti celai da ciascun nel sonno, e desta ,
Ne di ciò fu sospetto, o d' altra cosa .
Vommene sconosciuto, e per foresta
Camminando di piante orride ombrosa:
Vidi una tigre incontra me venire,
Iwia qual negli occhi avea minacce, ed ire.
X1CX.
Sovr* un albero io salsi , e te sull'erba
I>asciai, tanta paura il cor mi prese.
Giunse Torribil fera, e la superba
Testa volgendo, ivi lo s«;uardo intese:
Dove t'asconde tua fortuna e serba
Già mansueta , e ])Iacida^ e cortese :
Lenta poi s' avvicina, e ti fa vézzi
Colla lingua, e tu ridi, e l'accarezzi.
CONQUISTATA 67
XXXI.
Ed ischerzando seco, al fero muso .
La pargoletta man secura stendi.
Ti porge ella le mamme, e come è l'uso
Di nutrice, s'adatta, e tu le prendi.
Intanto io miro timido e confuso,
Coro' uom faria nuovi prodigj orrendi :
Poiché sazia tu sei, la fera belva
Appena indi si parte, e si riusciva.
XXXIf.
Ed io giù scendo, e ti riculgo, e torno
Dove prima fur volti. i passi miei;
£'n picelo! borgo, quasi in bel soggiorno,
Cel:«tamente ivi nutrir ti fei.
Vi steUi insin eh' il Sol correndo intorno,
Portò a' mortali ed otto mesi e sei.
Tu con lingua tremante anco snodavi
Voci indistinte, e'ncerte orme segnavi.
XXXflI.
Ma sendo io colà giunto, ove dechina
L'etate, omai cadente, alla vecchiezza ;
Ricco, e sazio dell' ór, ch'alta Reina
Mi die, cui tanto uom già canuto apprezza;
Nella patria raccor la peregrina
Vita da' lunghi errori ebbi vaghezza:
£ tra gli antichi amici in caro loco
Viver, temprando il verno al proprio foco .
XXX IT.
E da Tebe a Cirene, ov'io fui nato.
Te p!)rtandone meco, il passo invio;
E giungo in riva al fiume; e circondato
Quinci dall'acque son, quindi dal rio.
Che debbo far? te dolce peso amato
Lasciar non voglio, e di campar desio:
M'arrischio al nuoto, ed una man ne viene
Rompendo T onda , e te T altra sostiene .
58 Lk GERDSALEMBfE
Rapido allora è il corso; e*n mezzo Foodit
In se medesma si ripiega e gira;
Ma giunto ove più volge e sì profonda.
In cerchio ella mi torcere giù mi tira.
Ti lascio allor ; ma t'alza , e ti seconda
L* ac*qua , e secondo T acqua il vento spirar'
£ t'espon salva in sulla molle arena:
Stanco, anelando, io poi vi giunsi appena.
«XXTI.
Lieto ti prendo;^e poi la notte, quando
Tutte in alto silenzio eran le cose;
Vidi in sogno un giierrier,che minacciando,
A me sul volto ignudo il ferro pose •
Imperioso disse: lo ti comando
Ciò, che la madre sua primier t'impose:
Che battezzi l'infante: ella è diletta
Dal Cielo , e la sua cura a me s'aspetta .
xxxwn.
Io la guardo, e difendo; io spirto diedi
D'umanità alle fere, e mente all'acque :
Misero te, s'al so^^no tuo non credi,
Ch'è del Ciel messaggero: e qui si tacque.
Svegliaimi, e sorsi : e di là mossi i piedi.
Come del giorno il primo raggio nacque ;
Ma perchè mia fé vera , e l' ombre false
Stimai , di tuo battesmo a me non calse .
XKTIIt.
Ne de' preghi materni, omìe nutrita
Pagana fosti ; e'I vero a te celai .
Crescesti; e'n arme valorosa ardita,
L*età vincesti e la natura assai :
Fama, e Terre acqtiistastì; e qual tua vita
Sia stata poscia , tu medesma il sai:
E sai non ineii, che servo insieme e padre.
Ti scjjuo ancor fra mille armate squadre .
CONQUISTATA 5»;
xnxtx.
Jer poi sulFalba alla mia mente oppressa
D alta quiete e simile aUa morte,
Kel sogDO s*offeria Ti mago stessa.
Ma in più turbata vista , e'n suon più forte .
Ecco ( dicea) fellon, Fora s*appressa.
Che dee cangiar Clorinda e vita, e sorte .
Morta fia ( mal tuo grado ) : e tuo fia *l duolo .
Ciò disse; e poi n'andò per Taria a volo.
Or odi adunque tu , ch'il Ciel minaccia
Morte al tuo core, a) mio duolo e tormenti .
Forse addivien, ch'om3Ì làssii dispiaccia.
Ch'altri impugni la fé de' suoi pai enti:
Forse è vera la fede; ah giù ti piaccia
Deponer l'arme, egli tuoi spirti ardenti.
Qui tace, e piange ; ed ella pensa e teme,
eh* un altro simil sogno il cor le preme.
«LI.
Visto nel sogno avea con spoglie eccelse
Una pianta,' che spiega i rami al (^ielo;
Qual ned Austro giammai , né Borea svelse ,
Né fece arida ancor la fiamma, e'I gelo :
Qual che sia qtiel coltor, ch'ivi la scelse.
Sembra passar dell'alte nubi il velo:
Passar Olim|>o, Atlante, e Pelio, e Pindo ,
E n'avria maraviglia il Sird, e l'Indo.
Xl.lff.
Tant'alto va, ch'il Sole indi s'adombra,
E discolora i suoi celesti raggi .
L'Orlo, e l'Occaso può coprir nell'ombra ,
Oltra Tobblique strade, e i suoi viaggi:
Quinci la terra , e quindi il cielo ingombra ,
Senza temer d'empia fortuna oltraggi:
Frondcgi;ia dal cipresso, e cedro, e palma.
Ch'ivi risorge, ov'è più grave salma .
6'o LA GERUSALEMME
Correr donne, e fanciulli alFombni santa
Vedeva, e i vecchi -fliancbi a quel soggiorno;
Ed a prova adorar la sacra pianta ,
£ donde nasce, e donde muore il giorno :
Tanta la calca, il suon , la turba é tanta.
Ch'appende statue, e voti a lei dintorno .
Vedea gli Sciti, e gli Etiopi adusti,
El diadema depor Regi , ed Augusti.
XI. IT.
Chiara fontana ancor sorgea d' un monte ,
Mormorando con acqua dolce e frescn;
£ parca quasi tomba il vivo fonte,
Ov' uom si tuffi immóndo, e puro n'esca :
E a chi si bagna in lei Tumida fronte
Par ch'onore, e virtute indi s'accresca , .
Quivi correano , al dolce suon conversi.
Greci, Latini, Assiri, ed Indi, e Persi.'
XLT.
Pensosa a quella vista assai turbarse,
Mirando il sacro fonte, e i sacri rami ,
Percossa dell' indugio ali* acque sparse ,
Quasi aspettando pur, ch'altri la chiami •
E fra imagini tante alTalma apparse ,
Più non sa quel che pensi , o quel che brami:
Quando un gigante si vedeva incontra ,
Pur come imago, che di rado incontra.
XLTI.
E mentre ancor, per vano orgoglio, asciutta
Avea la fronte di quel sacro umore,
Venia col gran gigante a fera lutta,
Disegnai di possanza e di v;ilore:
Sentirsi in breve spazio a tal condutta,
Che le s'apria per debolezza il core,
Il cor più duro già di saldi marmi,
E cadendo perdea le forze e Farmi.
CONQUISTATA fii
3CLTII.
Allor pareale in suon tremante e fioco,
Quasi pentita, dimandar mercede ;
E sovra un carro poi d'ardente foco
Esser rapita al Ciel fra mille prede.
Di chiare stelle fiammeggiante il loco
Timida ancor mirando, appena il crede:
Quando si ruppe il sogno avanti T^lba,
Ch'il suo fosco pensier non anco inaalba.
XLTI1I.
Or Talto sogno a lui rivela , e dice :
Quella fé seguirò » che vera or parme ,
La qual col latte già di mìa nutrice
Sugger mi festi , e vuoi dubbiosa farme.
Me per temenza lascerò ( ne lice
A magnanimo cor) T impresa, e Y arme:
Non se la morte, nel più fier sembiante
Che sgomenti i mortali, avessi avaote.
XLIX.
Poscia il consola : e perchè il tempo giunge.
Ch'ella deve all'impresa il fine imporre ;
Parte, e con quel Guerrier si ricongiunge.
Che si vuol seco al gran periglio esporre :
E co' suoi detti Ismeno affretta e punge
Quella virtù , che per se stessa corre ;
E porge lor (perchè fornito è sempre)
Quel, ch'egli ha misto in disusate tempre.
Di vota canna ad avventar la fiammar-—
Fatto, quasi conocchie, avea gli strali ,
Con ampio ventre, e qu#l selvaggia damma
Mai non trafisse, o in aria uccel coli' ali.
E palle, che poi spazza il foco, e 'n fiamma.
Che di metallo son, ma vote, e frali:
Onde l'ardor si sparge , e si comparte ,
{testando apprese le fiammelle sparte.
04 LÀ GERUSALEMME
LIX,
Parte alcuna di lei rimasa integra
Non SI vedea, ma ruìnosa ardendo;
£ spaventava altrui nell'aria negra
Di quei neri guerrier l'aspetto orrendo.
Etna parea l'ardente terra, o Flegra,
Mentre il vento d' intorno iva spargendo
Cenere e fiamma ; e ne feria lo sguardo
Di qualunque al soccorso era men tarda.
Ma già due schiere de' fedeli al locò ,
Dove sorge l' incendio, accorron pronte.
Minaccia Argante: Io spegnerò quel foco
Col vostro sangue : e mostra ardita fronte:
Pur ristretto accompagni , appoco appoco
Cede , e rivolge i tardi passi al monte •
Cresce più che torrente a lunga pioggia
La turba , e gli persegue, e con lor poggia
I.XI.
Sulla porta angolare il Re se tratto
De'Turchi , cui sua gente allor ctrcofida.
Per raccorrc i guerrier da si gran fatto ,
Quando al tornar fortuna abbian seconda.
Saltano i duo sui limitare, e ratto
Diretro ad essi Franco stuol v'inonda .
Ma l'urta e scaccia Solimano; e chiusa
E' poi la porta, ond'è Clorinda esclusa.
LXÌÌm
Con pochi esclusa fu, perchè in queir ora.
Ch'altri serrò le porte, ella si mosse ;
E corse ardente e 'ncrudclita fuora
A punire \rbilan, che la percosse .
Puntilo; eì fero Argante avvisto ancora
Non s'era, ch'ella sì trascorsa fosse:
Che la pugna, e la calca, e V aer denso
A' cor togliea la cura, agli occhi il senso •
CONQUISTATA 65
Ma poich'intepidì la mente irata
Del sangue dei nemico, e*n se rivenne,
Vide chiuse le porte , e circondata
Se da' nemici, e morta allor si tenne;
Ma perché non credea d'esser mirata j
Nov'arte di salvarsi a lei sovvenne:
Di lor gente s'infinge, e fra gl'ignoti
Cheta s'avvolge, e non è chi la noti^
LXIT.
Poi, come lupa tacita s* imbosca
Dopo oculta rapina, e si disvia:
Dalla confusion , dall' aura fosca .
Ricoperta e nascosa ella sen già.
Ma'l buon Tancredi avvien che la conosca.
Che vi soggiunse allor ch'indi partia;
Come del sangue d' Arbilan si tinga
Vide e segnoUa , e la seguì solinga.
Vuol nell'arme provarla ; un uom la stima ,
Degno a cui sua virtù si paragone •
Va girando colei l'alpestre cima ;
Perocché a quella porta entrar dispone,
Che dalla greggia è detta ; e giunge in prima
Dove col Tali aperte alto Dragone
Chiara acqua sparge entro marmorea conca,
Onde la via non l'è rinchiusa o tronca.
LITI.
Del gran torrente il mormorar dappresso
Ella sentiva: e*n suU'ombros;! sponda
Vide , o veder credea , palma , e cipresso,
£ d*umil cedro ancor la verde fronda.
Turbossi; e di sua morte udiva il messo,
Che fea d'arme sonar la via profonda ,
A cui si volse , e disse : O tu , che porte
Correndosi? rispose: £ guerra, e
66 LA GERUSALEBfMB
LXTlt.
Guerra, e morte avrai ( disse) io noti rifiato .
Darlati, se lei cerchi ; e ferma attende.
Né vuol Tancredi, eh' ebbe a pie veduto
Il suo nemico, usar cavallo; e scende:
£ trsi{;ge Tuno e Taltro il ferro acuto^
Ed aguzza Torgoglio , e Y ira accende,
£ vansi incontra a passi tardi e lenti ,
Quai duo tori gelosi «e d*ira ardenti*
LSTlII.
Notte , che nel profondo ed alto seno
Chiudesti, e neirobblio fatto si grande» ■
Degno d' un gran teatro adomo e pieno,
£ d'un lucido Sol, ch'i raggi spande:
Piacciati, ch'indi il tragga, e*n bel sereno
Alle future età Io spieghi e mande .
Viva la fama oscura , e di lor gloria
Splenda del fosco tuo l'alta memoria.
LXTX.
Non schivar, non parar, non pur ritrarsi
Voglion costor, ne qui destrezza ha parte;
Non fanno i colpi or finti , or pieni, or scarsi:
Toglie l'ombra, e'I furor l'uso dell'arte •
Odi le spade orribilmente urtarsi
A mezzo il ferro; e1 pie d'orma non parte:
j>emprè il pie fermo, e la man sempre è in moto.
Né scende taglio invan, ne punta a vuoto»
ixx.
L'onta accende lo sdegno alla vendetta,
£ la vendetta poi l'onta rinnova:
Cosi sempre al ferir, sempre alla fretta.
Ira nuova s'aggiunge, e piaga nuova.
Più si mesce, ed inaspra, e più ristretta
Si fa la pugna, e spada oprar non giova :
Dansi co* pomi , e già rabbiosi e crudi
Cozzan con gli elmi insieme e con gli tcùdi.
CONQUISTATA 67
IXXl.
Tre volte il Cavalier la donna stringe
Colle robuste braccia ;je(l altrettante
Da quei nodi tenaci ella si scinge ,
Da nodi di nemico, e non d'amante:
Tornano al ferro ; e Tuno e T altro il tinge,
Piagato, stanco, e di sudor stillante :
£ questi, e quella altìn pur si ritira ,
E dopo lungo faticar respira •
LICX11
L*un l'altro guarda ; e del suo corpo esangue
Sul pomo della spada appoggia il peso.
Già deir ultima stella il raggio lingue
Al primo albor, eh' in Oriente è acceso :
Vede Tancredi in maggior copia il sangue
Del suo nemico , e sé non tanto offeso,
Ne gode, e superbisce : o nostra folle
Mente, ch'ogni aura di fortuna estolle!
&xxiir.
Misero, di che godi? oh quanto mesti
Piano i trionfi, ed infelice il vanto !
Gli occhi tuoi pagheran (se 'a vita resti)
Di quei sangue ogni stilla, un mar di pianto.
Così tacendo, e rimiraTndo, or questi
Sanguinosi guerrier cessaro alquanto.
Ruppe il silenzio alfin Tancredi ^e disse
(Perchè il suo nome a lui l'altro scoprisse)
Nostra sventura è ben, che qui si spieghi
Tanto valor, dove silenzio il copra.
Ma poiché sorte rea vien , che ci neghi
E lode, e testimon degno dell'opra :
Pregoti (se fra l'arme han loco i preghi)
eh' il tuo nome , e'I tuo stato a me tu scopra ,
Acciocch'io sappia, o vinto, o vincitore.
Chi la mia morte , o la vittoria onore.
«8 LA GERUS&LEHMB
Rispose la fproce : Indarno chiedi
Quft , cbe bo per uso dì non ferpah
Ma qiiiìlunque io mi sia , tu inoanzi vedi
Un di quei duo, che la gran torre accese.
Arse di sdegno a quel parlar Tancredi :
E'n mal punto il dicesti (indi rìpi ~~
It tuu dire, e'I tacere anco m'alletteihi
Barbaro -discortese , a far veudettjt ,*
Torna l'ira ne' cori : e gli trasporta
Deboli, e stanchi; o tenzon fera e loi^ii'
U*r arte in bando , u'già la forxa è mòrta,.
Ove, in vece d'entrambi, il furor punga.
O cbe sanguigna e spaziosa porla "*
Fa l'una e l'altra .spadit, ovunque aggitiM»,
Kell'armi, e nelle carni: e se la vita
NoQ esce, sdegno tieiila al core unita.
Qual l'alto Egeo, perchè Aquilone, o Noto
Cessi , cbe tutto prima il volse e scosse ;
Noi) s' accheta ei però , ma 'I suono, e 'l mola
Bitien dell'onde più agitate e grosse:
Tal, henclié manchi in Inr col sangue volo,
Quel vigor, che le braccia a'colpi mosse;
Serbaiiojàncor l'impeto primo, e vanno,
Da quel sospinti , a giunger daiino.a danno*
Ma ecco ornai l'ora fatale è giunta «
Ch'il viver di <'.loriuda al suo fin deve;
Spinge egli il ferro entro il bel sen di panta.
Che vi s'immerge, e'I sangue avido or beTe*
E la vi-ste, che dor vago trapunta.
Le mammelle stringea, tenera e leve.
S'empie d' un caldo 6tinie : ella già sente
Morirsi , e '1 pie le manca egro e languente.
CONQUIStATA 6g
LXXIX.
Segue eglHa vittoria ; e la trafitta
Vergine f minacciando, astringe e preme.
Ella , mentre cadea^ la voce afflitta
Alzando, disse le parole estreme :
Parole, eh' a lei nuovo un spirto ditta,
Di pura fé, di carità, di speme,
Che Dio nel cor T infonde; e se rubella
Id vita fu, la vuole in morte ancella .
UCXX.
Amico, hai vinto; e perdono io, perdona
Tu ancora, al corpo no, che nulla pave^
AlFalma sì ; deh per lei prega , e dona
Battesmo a me, eh' ogni mia colpa lave.
lu queste voci languide risuona
Un non so che di flebile e soave ,
Onde il cor gii ammollisca, e glie'l consunii ^
E sforzi al pianto i lagrimosi lumi .
LXUXI.
Tosto egli corse, e Telmo empiè nel fonte,
E tornò mesto al grande officio e pio :
Tremò la man 4 mentre ei la bella fronte ,
Non conosciuta ancora , ivi scoprio .
Raffigurata alle fattezze conte,
Che d'ogni altra beltà lasciaro obblio:
La vide, e la conobbe; e restò senza,
£ voce, e moto: ahi vista, ahi conoscenza}
X.1ÌXXIX.
Non mori già, che sue virtuti accolse
Tutte in quel punto, e'n guardia al cor le miae:
E premendo il suo affanno, a dar si volse
Vita coH'acqua a lei, ch'il ferro ancise .
Mentr'ei la lingua in sacri detti sciolse ^
Colei di gioja trasmutossi, e rise :
E'n atto di morir lieto e vivace
Dir parea : S'apre il Cielo , io vado in pace.
yo LA GERUSALEMME
D'un hel p.iIlore ha il bÌ:inco volto asperso,
Come agirli sanali miste viole:
E gii Dcchl al Cielo aftisa^, e'ri lei coiiverm
• Sembra per la piftatpe'l Cielo, e 'l Sole :
£ la mail nud» e fieilda alzando versa
Il Cavaliero, in vece di paiole.
Gli dà il segQo di pace: iii questa {<
Fassa la Ì>etla Donna , e par che dotUìth ■''
Come r alma gentile uscita ei vedfr, ■" -i '
Balleota quel vigorf ch'avea néocftb^
ETìmperìo di sé liberocede \'
Al duol, gii &tto impetuoso e stolto ,V
Ch'ai cor si stringe; e chiusa in breve tUA
Jj» vita, empie di morte i sensi, e 1 volto.
Già simile all'estinta il rivo langue.
Al colore , al silenzio , agli atti , al MOffiM ■
E ben la vita sua sdegnosa e schiva.
Spezzando a forza il suo ritegno frale.
La bella anima sciotta allur seguiva ,
Che quasi innanzi a lei spiegava l'ale.
Ma quivi allora stuol di Franchi arrivai
Perchè d'acqua ha bisogno, o d'altro t^t:
E colla Donna il Cavatier ne porta ;
In sé mal vivo, e morto in lei, ch'è mcMi.
Affatto ancor nel piano e tardo moto
Non si risente il Cavalier ft*rito;
Ma geme e langue; e quinci a tutirèhotOi
Cb' il suo corso vital non è fornito .
Ma l'altro corpo senza voce , e immoto ,
Dimostra ben. ch'indi è lo spirto uscito.
Così portalo é 1' uno e l'altro insieme ,
Quasi consorti siati nell'ore estreme.
CONQUISTATA 71
LXXZTII.
I pietosi scudjer già sono intorno
Con varj offioj al Cavalier giacente :
E fflk sen riede a' languir!' occhi il giorno ^ .
E le mediche mani e i detti sente .
Ma pur dubbiosa ancor del suo ritorno^
Non s'assicura la smarrita mente :
Sin che intorno mirando^ i servi e'I loco
Altin conobbe, e disse afflitto e fioco i
Io vivo ? io spiro ancora? e gli odiosi
Rai miro ancor di sì infelice die?
Dì, testimon de' miei perigli ascosi ,
Che rimprovera a me le colpe mie •
Ahi man tiQiida e lenta, or che non osi
Tu , che sai tutte del ferir le vie ;
Tu ministra di morte empia ed infame.
Di questa vita rea troncar lo stame ?
X.XKXIXV
Passa pur questo petto , e feri scempi
Col tuo ferro crudel fa' del mio core.
Ma forse u^ta a' fatti atroci ed empj , '
Stimi pietà dar morte al mio dolore ;
Dunque io vivrò fra più dolenti esempj .
Miserò mostro d'infelice amore:
Misero mostra, a cui sol pena è degna
Del suo lungo fallir la vita indegna .
xc.
Vivrò fra' miei tormenti e l'aspre cure
( Mie giuste furie) forsennato, errante.
Paventerò l'ombre solinghe e scure,
eh' il primo error pur mi porranno avante.
E del Sol , che copri le mie sventure ,
Avrò in orrore il lucido sembiante.
Temerò me medesmo; e da me stesso
Sempre fuggendo , avrò la morte appreso .
7» LA GERUSALEMME
Ma dove, o la^Ao me, ti tvtt restaro
Le spoglie , che vestir l'aniino OMI
Ciò , che in hii s^ino i miei furor 1
Dal furor delle fere or (bwe è gaastx»^ *ff ì
Ahi troppo nobii preda , ahi dtrfee p mmt-^
Troppo, e pur troppo prezioso pastot '*»'
Ahi sfortunato , ni cui l'ombre, e le wAwV
Irritar me primiero , e poi te belTff.
Io pur verrò I& dove sete ; e voi •■-■^t/
Meco avrò ( 8* ancor sete) amate ^dgjHtf.','''
Ma s'egh awien, ch'i vaghi membri aaaC^
Stati sien cibodi ferine voglie, ■ '*" _
Vo' che la bocca istessa anco m' ingoi ,
E't ventre chiuda me, che loro accoglM:
Onorata per me tomba e felice.
Ovunque sia , s' ivi giacer mi lice .
Cosi parla quel misero : e gli è detto.
Ch'ivi quel corpo avean, per cui si dole.
Rischiarò allora il tenebroso aspetto,
Qual le nubi un baien , che passi e Tole :
E da' riposi sollevò del letto
L'inferma delle membra e tarda mole:
£ traendo a gran pena il fianco lasso,'
Ei là rivolse, vacillando , il passo.
Ma come giunw e vide in sì bel seno
(Opera dì sua man) l'ampia ferita;
E quasi un C.iel notturno ancor sereno»
Senza splendor la faccia scolorita :
Tremò rosi , eh' ivi cadea , se meno
Era vicina la fedele aita.
O dolce volto, ch'addolcir puoi morte,
E&oa puoi ( disse ) la mia amara aorte .
CONQUISTATA 78
XCT.
O bella destra , ch'il soave pegno
D amicizia e di pace a fne porgesti :
Quali or, bsso, vi trovo? e qual ne vegno?
£ voi leggiadre membra, or non son questi
Del mio crudele e ^igiurioso sdegno
Vestigi miserabili e funesti ?
O, come questa man , luci spietate ;
Essa le piaghe feo : voi le mirate .
ZCTI.
Asciutte le mirate? or corra, dove
Nega d'andare il pianto, il sangue mio.
Qui tronca teparole; e come il move
Suo disperato di morir desio,
Squarcia le fasce , e le ferite ; e piove
Da tutte il sangue, anzi è versato un rio.
E s' uccìdea ; ma quella doglia acerba ,
Col trarlo di se stesso, in vita il serba.
serti.
Posto a giacere, e T anima fugace
Fu richiamata a' suoi odiosi offici.
Ma la garrula fama omai non tace
L'aspre sue angosce, e i suoi casi infelici:
Vi tragge il pio Goffredo , e la verace
Turba v'accorre de' più degni amici:
Ma né grave parlar, ne molle e dolce,
L' ostinato dell' alma affanno or molce.
XCYIII
Quale in membro gentil piaga mortale
Tocca s' inaspra; e'n lei cresce il dolore ;
Tal per conforti umani avanza il male ,
£ viepiù inferma, in medicando, il core.
Ma *l solitario Pietro, a cui ne cale,
Come d*agnel, che langiie, al buon pastore.
Con parole gravissime ripiglia
Il vaneggiar suo luogo, e lui consigli^
74 LA GERUSALEMME
O Tancretli. o Tancredi, o (ìa te steiM*
Troppo diverso, e de' principi •*K»*»r-
Chi 8Ì t* assorda? e qiul nuvol ri ape— p;
Gl'occhi t'adombra, onde yedar iMB pmniF
Questa sciagura tua dej .Cielo è uà ai^MOf<
>pn miri lui? non odi i detti BUei^ '•^
Che ti grida , e richicma allo amai^to
Calle, che pria segnasti, e eh' io im^ditl^
Agli atti del primiero officio 'dcgno.^ .' ' ,'
Di' Cavalier di Cristo ei ti rappellft, • -. •
Che 1a<iciaatÌ, per &rti (ahi i imliiii iiiilighnl)
Drudo di fera doana^ a Dio rubelln: .>
Reconda averaiti, pietoso at^no,
Con leve sferza, di lassù flagella
Tua folle colpa; e fa di tua salute
Te medesm'o mini&tro; e tu '1 rìfiute ?
Bi6uti dunque (ahi sconoscente!) il dono
Del Ciel salubre, e'ncoiitra lui t'adiri?
Misero, dove corri in abbandono
A' tuoi sfrenati e rapidi martiri?
Sei giunto, e pendi già cadente, e proao.
Sul precipizio eterno, e tu noi miri?
Miralo, prego, e le raccogli, e frena
Cieco dolor , che alle due morti or mena .
Tace; e'n colui dell' un morir la tema
Potè dell'altro intepidir la voglia:
Nel cor dà loco a quei conforti , e seema
L'impeto interno dell'intensa doglia;
Ma non così, eh' ad or ad or non gema
E che la lingua »1 lamentar non scioglia.
Ora seco parlando , or colta sciolta
Aoima, che dal Ciel forse l'ascolta .
CONQUISTATA jS
CHI.
Lei nel partir, lei nel tornar del 5>ole,
Chiama con voce stanca, e prega, e plora,
Come usignnol, cui dura mano invola
Dal nido ì figli, non pennuti ancora:
Ch'in doloroso canto afflitte e sole
Piange le notti, e n'empie i boschi, e l'ora •
Alfin col nuovo dì richiude alquanto
I lumi ; e'I sonno in lor serpe col pianto.
CfV.
Ed ecco in sogno di Mellata veste
Cinta gli appar la sospirata amica;
Bella assai più; ma lo splendor celeste
Orna, e non toglie la memoria antica.
£ con dolce atto di pietà le meste *
Luci par che gli asciughi, e cosi dica:
Mira come son bella e come lieta,
Fedel mio caro, e'n me tuo duolo acqueta.
CT.
Tal' IO son, tna mercè: tu me da' vivi
Del mortai mondo per error togliesti:
Tu in grembo a Dio, fra gì' immortali, e Divi^
Per pietà degna di salir mi fesli :
Quivi io beata, amando, godo, e quivi
Spero, che per te loco alfin s'appresti,
Ov'al gran Sole, e nell'eterno die,
Vagheggerai le sue bellezze e mie.
CTI.
Se tu medesmo non t'invidii'l Cielo;
E non travii col vaneggiar de' sensi,
Vivi, e sappi, ch'io t'amo (e non tei celo)
Quanto più creatura amar conviensi .
Cosi dicendo, fiammeggiò di zelo
Per gli occhi , fuor del mortai uso accensi :
Poi nel profondo de' suoi rai si chiuse,
E sparve, e nuovo in lui conforto infuse .
76 LA GEMTSALSIIIME
cni.
£i desto si eonsdla; e'asin cb'aspette ^^
Di medico gentil discreta aita^
Vuol, che sepolte sian quelle dilette
Membra , ch'informò già si nobil vita^
£ se non fu di ricche pietre elette
La bella tomba, e del suo amor soolpiln.
Fu scelto almeno il sasso, e chi gli dirdft
La forma, quanto il tempo ivi conceda •
orili
Quivi da faci, in ordin ludgo acoese«
Con nobil pompa accompagnar la feo 9
E le sue arme a un nudo pin sospese 9
Vi spiegò 9 quasi grapde e bel trofeo.
Ma come prima alzar le membra offiese
Mei di seguente il Cavalier poteo;
Di riverenza pieno e 4ì pietate.
Visitò le sepolte ossa onorate .
cix.
Giunto alla tomba, ove a celeste Divo
Alzar adorno tempio in se prefisse;
Pallido, freddo, muto, e quasi privo
Di moto, al freddo marmo i lumi afSsser
Alfin sgorgando un lagrimoso rivo,
In un languido oimè proruppe, e disse:
O sasso caro ed onorato tanto,
Che dentro bti le mie fiamme,e fuori ilpiaato;
ex.
Non di morte sei tu , ma di vivaci
Ceneri albergo, ov'è sepolto Amore:
£ ben sent' io da te 1' usate faci ,
Men dolci si, ma non raen calde al core.
Deh prendi i miei sospiri, e questi baci
Prendi,' ch'io bagno di doglioso umore,
E dalli tu ( poich* io non posso ) almeno
A lei , che giace nel tuo freddo seno .
CONQUISTATA 77
CXI.
Dalli a lei tu : che se mai gli occhi gfira
L* anima bella alle sue belle spoglie ,
Pietate avrà del mio languir, non ira,
Ch'odio e sdegno nel Ciel non si raccoglie.
Perdona ella il mio fallo; e sol respira
In questa speme il cor fra tante doglie :
Sa , eh' empia è sol la mano; e non Tè noja.
Che se amando lei vissi, amando i'moja.
CXII.
Ed , amando, morrò : Felice giorno,
Quando che sia; ma più felice molto,
Se come errando giro a te dintorno
Àllor sarò dentro al tuo grembo accolto.
Faccian l'anime amiche in un soggiorno^
Sia r un cenere e V altro in un sepolto :
Ciò, eh' il viver non ebbe, abbia la morte,
O (se lece sperar) felice sorte!
CXIII
Confusamente si bisbiglia intanto
Del caso reo nella rinchiusa Terra :
Poi s' accerta, e divolga ; e in ogni canto
Della città smarrita il romor erra ,
Misto di gridi e di femineo spianto:
Non altrimenti, che se, presa in guerra,
Tutta ruini; e'I foco, e i nemici empj
Volino per le case, e per li tempj.
CXIT.
Ma tutti gli occhi Arsete in sé rivolve,
Con flebil voce, e lagrimoso aspetto,
Ch'in larghissimo pianto alfine ei solve
Il duol, che troppo è d'indurato affftto:
E i bianchi crini suoi d'immonda polve
Si sparge e brutta, e fìede il viso e '1 petto,
Or mentre in lui volte le turbe or sono f
Argante parla in lagrimabil suono:
Beo voleVio, quando primier m'accorsi
Che fuor si rimanea la fida scortai
Seguirla immanttneote, e ratto coni ^
Perch'ells ivi noD fosse o presa* o mofte.
Che uon feci, o noa dissi? o quaì noo poni
'Preghiere al Re, che fesse aprir la porta7
Erme, pronte e contendente io laoo,'^'
CuH'imperio afìirend, ch'è qui sopnaò.
Ahi , che s' alton usciva , o dal periglio
Qui la Guerriera ricondotta avrei , -
O chiusi, ov'ella il terren fé Termico,'
Con memorabil fine ì ^omÌ miei .
Ma che poter' io più ? parve al consiglio
Degli uofnini altramente e degli Dei.
Elia muri di fatai morte ; ed Ìo
Quanto conviensi a me già non obblio.
Odi, Oerusalem, ciò che prometta
Argniite; odi '1 tu, Cielo: e s'in ciò manco,
Fulmina sul mio capo. Io la vendetta
Giiiru di fire in Guerrier forte e Frane»),
Che per la costei morte n me s'aspetta :
Nf- questa spada mai depor dal fianco,
Insin, ch'ella a Tancredi il cor non passi,
E le sue membra a* corvi in preda io lassi .
Così diss'egli; e meati gridi e vari
Sia* al Cielo seguir le voci estreme:
E temprò, imnginnndo i pianti amari
La promessa vendetta in quel che geme.
O vani giuramenti! alfin contrari
Gli effetti ivi seguir dell'atta speme:
E cadde l'empio, in tenzon pari estinto.
Sotto colui, ch'ei fa già preso e vinto..
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO decimosesto
ARGOMENTO
Perchè a macchine il Franco ornai non sperì ,
Empie la tei? a di demonj Ismeno .
Quanti van per tagliar, da'moatri fon
Scacciati « sol Tancredi taglia almeno :
Ma pietà tien gli arditi suoi pensieri .
Che vien l'oste d'Egitto, inteso appieno
Da una colomba in modo strano il Duce ,
Manda a spiar gli eserciti , ch'adduce •
Appeena cadde la gran torre accensa.
La qual dianzi espugnò T eccelse mura,
Che di nuov'arti Ismeno in sé ripensa,
Perchè più resti la città secura :
E impedir vuol la selva orrida e densa,
Ch'ebbe già lieta vista, or Tha sì oscura :
Perchè contra Sion battuta , e scossa,
Nuova mole rifarsi indi non possa .
II.
Sorgea in ombrosa valle alta foresta
incontra'! Sol, eh' ali* Orizzonte ascende;
£ spargea d'ogn'iutorno ombra funesta,
Foltissima di piante antiche orrende:
E luce dubbia, t scolorita, e mesta
Vavea nel Torà, che pia ì Sol risplende;
Quale in hubtio Giel talor si vede ,
SeH dì albi notte , o a' ella al di succede •
8o LA GERUSALEMME
III*
Mai quando parte il Sol , tosto ivi adombra
Notte, nube, caligine, ed orrore
Dal monte, che sovrasta, e gli occhi ingombn
D'oscuritate, e di spavento il core :
Ne mai greggia, od armento all'acque, all'oìabB
Guida bifolco mai, guida pastore:
Ne v'entra peregrin, se non smarrito;
Ma lunge passa, e la dimostra a dito •
IT.
Ivi fu già tra V onde e 1 verde monte
V idol sacro a Moloc in valle ameoa ,
Ove il Re di Vitello avea la fronte ,
£ braccia accese alF altrui fiera pena :
10 parlo cose già pia illustri e conte,
Ch' or per la lunga età son note appena ;
Ma sotto r ombre ancora il popolo eaipio
Quel lascivo rinnova antico esempio.
Perché dove tagliò l' infame bosco ,
£ la statu.ì spezzò fiera e sanguigna
11 buon ()sia, al Ciel più scuro e fosco ,
Quel terren si rinselva, e si ralligna:
£ piante ombrose con amaro tosco
Luce vi fan più incerta e più maligna : *
£ s' udia spesso in quel medesmo loco.
Quasi di trombe un suon turbato e reco.
▼I.
Ivi le Maghe accolte sono; e'I vago
Con ciascuna di lor notturno viene:
Vien sovra i nembi ; e chi d'un fero drago
Echi forma d'un cnpro informe tiene .
Consiglio infame, che fallace imago
Suole allet!;ir di desialo bene
A celebrar, con pompe* immonde e sosie»
Il profani conviti, e Tempie nozze .
CONQUISTATA 8i
Tfl.
Cosi credeasi ; ed abitante alcuno
Dal fero bosco mai ramo non svelse;
Ma i Franchi l'atterrar, perch'ei sol uno
Materia diede lor per l'opre eccelse.
Or qui sen venne il Mago all' aer bruno ,
£ della notte alto silenzio ei scelse:
Di quella dico, che primier successe;
£ suo cerchio formovvi , e i segni impresse .
TIII.
E scinto, e nudo un pie, nel cerchio accolto,
Mormorò potentissime parole :
Tre volte volse all'Oriente il volto ,
Tre volte a' regni , ove dechina il Sole ;
£ tre scosse la verga, ond' uom sepolto
Trar dalla tomba, e dargli il moto ei suole ;
£ tre col piede scalzo il suol percosse,
Poi col grido la terra e'i Ciel commosse.
IX.
udite, udite, o voi, che dalle stelle
Precipitar giù i folgori tonanti ;
£ voi , che le tempeste e le procelle
Movete, abitator dell'aria errantr,
£ voi, eh' air alme dispietate e felle
Ministri sete d^li eterni pianti ,
^ Or cittadini dell'Inferno, udite,
£ tu Re, odi , dell'avara Dite.
X.
Prendete in guardia questa selva, e queste
Piante, che numerate a voi consegno.
Com'è il corpo delPalma albergo e veste.
Or sia de' nudi spirti il duro legno :
Onde il Franco ne fugga, o alnien s'arreste
Nei primi colpi , e tema il fero sde^^no:
Disse; e quelle, ch'aggiunse, orrihil note ,
Lingua, s'empia non è, ridir non puote .
G. Coiiy. T.ML 6
82 LA GERUSALEUHE
ZI.
A quel parlar, le &ci, onde s'adorna
II seren della notte, egli scolora i
E la Luna si turba , e le sue coma
Di nube avvolge, e non appar più fooia.
Irato , i gridi a raddoppiai*e ei torna :
Spirti invocati, or non vei) ite ancora ?
Forse aspettate , o neghittosi e lenti ,
Suon di voci più occulte o più possenti ?
zìi.
Per lungo disusar già non si scorda
L'arte, a cui dà la morte ampio tributo :
E so con lingua anch'io, di sangue lorda.
Quei nome risonar grande e temuto ,
A cui né Dite mai ritrosa , o sorda,
Né tracotato in ubbidir fu Pluto •
Ma ecco io già: volea più dire; e'ntanto
Conobbe, ch'ubbidiano al fero incanto.
XITI.
Veniano ionumerabili infiniti
Spirti, parte, chen aria alberga ed erra ,
Parte di quei , che son dei foudo usciti
Caliginoso dell* opaca terra:
Lenti e del gran divieto anco smarriti ,
Ch' impedi loro il trattar Tarme in guerra ;
Ma qui venirne or non si vieta e toglie
Tra* duri tronchi e le silvestri foglie.
XIT.
Il Mago, poich'omai nulla più manca,
Da quel notturno incanto al Re sen riede:
Signor, lascia ogni dubbio, e 1 cor rinfranca
Ch ornai sicura è questa eccelsa sede:
Né rinovar può gente ardita e franca
L'alte. machine sue, cornicila crede •
Così gli dice; e poi di parte in parte
Narra gli effbtti della magica arte.
CONQUISTATA 96
XT.
Soggiunge appresso: Or cosa aggiungo a queste
Fatte da me , ch'a me non meno aggrada :
Quando fia.il Sol nel gran Leon celeste ,
Vibrerà Marte seco ardente spada.
Né potran più temprar l'arsure infeste
Àure o nembi di pioggia o di rugiada ;
Ma 1 Cane insieme uscito , orrida fiamma
Spargerà , che la terra e '1 Cielo infiamma .
XTI.
Ed Orion, già prima in Ciel risorto,
Vedremo allor come sì scopra e mostri ,
Fiammeggiando col ferro adunco e torto .
Ma'l segno, amico a' tuoi nemici e nostri^
Dopo i Gemelli fia nel lucido orto
Caduto, e sparso da'stellanti chiostri.
£ quanto appare in Ciel, tutto predice
Aridissima arsura ed infelice .
xrii.
Qui'l caldo fia, qual nell'adusta arena
Ferve tra Mauri tani, o Garamanti:
Pur a noi fia di men gravosa pena ,
Tra l'acque, e V ombre, e i fior si varj e tanti.
Ma i Franchi in terra asciutta e non amena
Languir vedransi, e non passare avanti.
E perch'arroge all' infelice ardore.
Torcesti il corso al dolce e freddo umore.
XTI II.
Né solo intorbidasti i chiari fonti ,
Ma da marmoree conche , e lucide urne ,
Coir industria de' tuoi , che fur sì pronti
In molti mesi all'opere diurne;
Sotto le valli, e sotto i cavi monti,
Per tenebrose vie, quasi notturne.
In due gran laghi Tacque hai qui condutte ,
Di fiior lasciando l'altre parti asciutte .
84 LA GERUSALEMME
Guerreggerai sedendo; e la fortuna
Moii cred'io, che tentar molto convegoa;
Ma se'l tuo figlio altier, che posa alcuna
Non vuole, e bench'onesta ancor la sdegoii
S'accende , come suol , d* ira importuna;
Trova modo pur tu, eh* a freno il tegna:
Che molto non audrà , chel Cielo amioo
A te pace darà , guerra al nemico •
XX.
Or questo udendo, il Re più s'assecura ,
Sicché non teme le nemiche posse»
Già riparate in parte avea le mura.
Che da montoni T impeto percosse:
Con tutto ciò non rallentò la cura
Di ristorarle , ove sian rotte e mosse :
Le turbe tutte e cittadine, e serve.
Sudano or qui : Topra continua ferve .
XXI.
Ma in questo mezzo il pio Signor non vuole,
Che la forte cittadeinvan si batta,
Se non è prima la maggior sua mole,
Ed alcune delTaltre ancor rifatta .
£ i fabri al bosco invia, che porger suole
Ad uso tal pronta materia ed atta.
Questi air oscura selva andar colKalba ,
Quando l'oscuro Ciel primier s'inalba.
XXII.
Qual semplice bambin mirar non osa.
Dove insolite larve abbia presenti .
O come pavé nella notte ombrosa,
Imagìnandopur mostri e portenti:
Tal uom temea d'estrania orribil cosa ,
Non conoscendo pur quel, ch'ei paventi :
Se non ch'il timor forse a' sensi finge
Maggior prodigio di Chimera, o Sfinge •
CONQUISTATA 85
xxtii.
Torna la turba : e timida e smarrita
Varia e confonde si le cose , e i detti ,
Ch'ella nel raccontar n'è poi schernita,
Né son creduti i mostruosi effetti.
Allor vi manda il sovran Duce ardita
E forte squadra di guerrieri eletti ,
Acciocch' all'altra sia secura scorta,
Quando il timor Tassale e la sconforta.
XXIT.
Questi appressando ove il lor seggio han poster
Gli erapj Deroonj in quel selvaggio orrore,
Non rimirarle nere ombre sì tosto,
Che lor si scosse, e tornò ghiaccio il core:
Pur oltre ancor sen gian, tenendo ascosto
.Sotto audaci sembianti il vii timore ,
E tanto s'avanzar, che lunge poco
Erano ornai dall' incantato loco^
xxt.
Esce allor dalla selva un suon repente ,
Che par rimbombo di terrea , che trema ;
E d*Euro^ e d' Austro il mormorar si sente f
E quel dell'onda , che si rompa e gema :
Come rugge il leon , fischia il serpente ,
Com'urli lupo, e come Y orso frema,
Vodi ; e con alto tuono orribil tromba :
Di COSI varj suoni un suon rimbombai .
HXTI.
In tutti allora impallidir le gote;
E la temenza a mille segni apparse;
Né cotanto valore , o ragion puote,
Ch'osin di gire avanti, o di fermarse :
Ch'air occulta virtù , che lor percuote,
Son le difese loro anguste e scarse.
Fuggono alfine ; un d'essi in questa guisa
Al Duce il fatto di narrar s'avvisa .
86 LA GERUSALEMME
XXTII.
Signor, non è di noi chi più si vantc
Di troncar la guardata orribil selva ,
Ch' io credo (e'I giurerei) eh' in quelle piarij
Ogni mostro d'Inferno or si rinselva*
Ben ha tre volte il cor d' aspro diamante
Bicinto , e fero è più di fera belva ;
Chi intrepido la guarda, e poi s'arrucliia
Là Ve tonando insieme e rugge , e fl^hia •
XXTII t.
Cosi costui parlava ; e Drogo or v*era ,
Fra molti, che Fudian , vicino a sorte :
Uom di temerità superba e fera,
Sprezzator de'mortali , e della morte ^
Che non avria temuto orribil fera ,
Ne mostro estranio, e pauroso al forte p
Ne tremoto, ne folgore, ne vento ,
Ne s' altro porge più tema o spavento •
XXIX.
Crollava il capo, e sorridea, dicendo :
Dove costui non o^ , io gir confido ;
Io sol quel bosco di troncare intendo ^
Che di torbidi sogni è fatto nido:
Già noi mi vieterà fantasma orrendo ,
Non di selva, o d'augei fremito o grido,
O pur tra quei si spaventosi chiostri
D'ir neir Inferno il varco a me si mostri.
XXX.
Tal si dà vanto ; e vèr V oscura e folta
Selva guardata il cavalier s'invia;
£ rimira quel bosco ; e poscia ascolta
Quel, che da lei nuovo rimbombo uscia ;
Ne pero il piede audace indietro volta ;
Ma iutrepido e sicuro oltra sen già ;
E già calcato avrebbe il suol difeso;
Ma se gli oppone (o pare) un foco aceso •
CONQUISTATA 87
XXXI.
Cresce il gran foco, e'n forma d'alte mura
Stende le fiamme torbide e fumanti ,
E ne cinge quel bosco, e l'assicura,
Ch'altri gli alberi suoi non tronchi o schianti.
Le maggiori sue fiamme hanno figura
Di castelli superbi e torreggianti ;
E di machine ardenti anco ha munite
Le torri sue questa superba Dite .
XXXII.
O quanti appajon mostri armati in guarda .
Degli alti merli! e'n che terribil faccia!
De'quai con occhi biechi altri il riguarda;
E dibattendo Tarme altri minaccia.
Fugge egli alfine; e ben la fuga è tarda ,
Qual di leon , che si ritiri in caccia ;
Ma pur è fuga ; e pur gli scuote il petto
Timor, sino a queir ora ignoto affetto .
XXXIII.
Non s'avvede egli allor d'aver temuto,
Ma fatto poi lontan , ben se n'accorse ,
E stupor n'ebbe e sdegno; e dente acuta
D' amaro pentimento il cor gli morse :
E di trista vergogna acceso , e muto ,
Lange da tutti gli altri i passi torse :
Che quella &ccia alzar così orgogliosa
Fra tanti cavalieri ei più non osa .
XXXIT.
Chiamato da Goffredo, indugi , e scuse
Trova all'indugio^ e di restarsi agogna:
Pur va, ma lento, e tien le labra chiuse ,
O gli ragiona in guisa d'uom, che sogna.
Difetto , o fuga , il capitan conchiuse
In lui da quella insolita vergogna .
Poi disse : Ciò che fia ? forse prestigi
Son questi ? o di mal'arte opre o prodigj ?
88 Là GERUSALEMME
XXXT.
Ma s' alcun v' ha, cui iiobii voglia acceada
Di tentar que selvaggi aspri soggiorni;
Vadane pure , e tutto veggia, e nteada,
£ messaggier più certo a noi ritorni.
Così diss'egli ; e la gran selva orrenda
Tentata fu ne* duo seguenti giorni ;
Ma ciascuno affermò che fiero incanto
L'aveva in guardia « e non si die più vanto.
XXXTI.
Era. il Prenze Tancredi intanto sorto
A seppellir la sua diletta amica;
Bench'egli in volto sia languido e smortOi
£ mal atto a portar elmo o lorica;
Ma dappoiché*! timor degli altri ha scorto ,
£i non ricusa il rischio o la fatica:
ChèT cor vivace il suo vigor trasfonde
Al corpo si , che par eh* ornai n*abonde .
X:XXT1T.
Vassene il valoroso , in sé ristretto ,
Tacito e solo al pauroso bosco,
E sostii'u della selva il fero aspetto,
Qual nuovo Inferno spaventoso e fosco :
Ne per tuon sbigottisce il forte petto,
O per belva che spire fiamiia o tosco.
Trapassa : ed ecco in qnel selvaggio loco
Sorge improviso la Città del foco .
XXXTIII.
Allor s'arretra, e dtibbio alquanto resta :
Che giovan qui ( dicendo) o forze od armi?
Fra gli artigli de* mostri. e*n gola a questa
Devoratrice fiamma andrò a gettarmi?
Non mai la vita, ove cagione onesta
Del comnn prò la chieda, altri risparmi:
Ne troppo largo ei sia d'anima grande;
£ tale e ben , se qui la versa e spande .
CONQUISTATA 89
xxxtx.
Pur gli altri che diran? s'indarno riedo :
Qual' altra selva ho di troncar speranza?
Ne intentato lasciar vorrà Goffredo
Mai questo varco : or s' oltre alcun s'avanza?
Forse V incendio, che qui sorto io vedo .
Fia d'effetto minor, che di sembianza.
Ma sia che può ; se fosse ancor Y Inferno ,
lol passo: oh degno ardir di nome eterno!
XL.
Né sotto Tarme già sentir gli parve
Caldo o fervor, come di foco intenso;
Ma pur se fosser vere fiamme o larve,
Mal potè giudicar si tosto il senso:
Perchè repente appena tocco sparve
Quel simulacro; e giunse un nuvol denso ,
Che portò notte e verno, e'I verno ancora
Si dilegua coir ombra in picciol' ora .
X£I.
Maraviglioso e 'n trepido rimane
Tancredi; e poich'il Cielo intorno è cheto.
Nelle soglie di morte ampie e profane
Entra securo, e spia l'alto secreto :
Né più apparenze inusitate o strane ,
Né trova alcun fra via scontro o divieto ;
Se non se il nero bosco orrido troppo.
Che per se stesso a' passi è duro intoppo .
XLff.
Alfine un largo spazio in forma scorge
D'anfiteatro, e non è piant;i in esso.
Salvo che nel suo mezzo altero sorge ,
Qual piramide eccelsa, alto cipresso .
Ei là si drizza, e nel mirar s'accorge,
Ch'era di varj segni il tronco impresso,
Simili a quei , ch'in vece usò di scritto
L' antico già misterioso Egitto*.
go LA GERUSALEMMt
XLIII.
Fra i segni ignoti alcune note ha Acorte
Del sermon di Soria, ch'ei ben possiede :
Tu , che ne' chiostri delFavara morte
Osasti por, Guerriero audace, il piede :
Deh , se non sei crudel , quanto sei forte »
Deh non turbar questa secreta sede :
Perdona all' alme ornai di luce prive :
Non dee guerra co' morti aver chi vive.
XLIT.
Cotai note leggendo , egli era intenlQ
Delle brevi parole a' sensi occulti .
Fremer intanto udia continuo il vento
Tra le frondi del boscose tra i virgulti:
E un suono uscir, che flebile conceuta
Par d'umani sospiri e di singulti ;
£ un non so che confuso instilla al core
Di pietà , di spavento, e di dolore .
XLT-
Pur tragge alfin la spada ; e con gran forza
Percote l'alta pianta: oh maraviglia !
Manda fuor sangue la recisa scorza, •
E fa la terra intorno a sé vermiglia,
l'utto ei s'empie d' orrore , e più rinforzai
Il colpo, e'I fin vederne ei si consiglia :
E quasi d'un sepolcro uscire ei sente
Un sospiroso gemito dolente .
XZ.TX.
Che poi distinto in voci: Ahi troppo (disse)
M'hai tu, Tancredi, offeso, or tanto basti.
Tu del corpo, che meco, e per me, visse»
Felice albergo già , mi discacciasti :
Perch'il misero tronco, a cui m'affisse
Il mio duro destino, ancor mi guasti?
Crudel , dopo la morte offendi i lassi
Spirti , ch'in tomba rippsar non lassi?
CONQUISTATA 91
XLTIl.
Clorinda fui : né sol qui spirto umano
Aspetto il suon della divina tromba ,
Ma ciascun altro ancor Franco ^ o Pagano,
Ch'ai Ciel non può volar, quasi colomba,
Astretto è qui dal suo destin sovrano ,
Non so s io dica , in corpo, o 'n viva tomba :
Son di senso animati i rami e i tronchi;
£ micidial sei tu , se legno or tronchi .
XI.T1II.
Qual infermo talor, ch'in sogno scorge
Drago, o cinta di fiamme alta Chimera ;
Sobben sospetta, e 'n parte anco s'accorge,
Che simolacro sia, non forma vera;
Pur desia di fuggir , tanto gli porge
Spavento la sembianza orrida e fera :
Tal il timido amante appien non crede
A' falsi incanti , e pur s'arretra , e cede .
3IX.TX.
E si da varj effetti in lui conquiso
E lo suo cor, ch'egli s'agghiaccia, e trema,
E nel moto possente ed improvviso ,
Gli cade il ferro, e cresce orrore, e tema: •
Va fuor di sé; presente, e quasi in viso,
Vede la donna sua , che plori e gema:
Ne può soffrir di rimirar quel sangue,
Né quei gemiti udir d'egro, che langue •
Cosi quel contra morte audace core
Nulla forma turbò d'alto spavento:
Ma lui, che debil solo è contra Amore,
Falsa imago deluse, e van lamento.
Il suo caduto ferro intanto fuore
Portò del bosco impetuoso vento ,*
Sin che vinto partissi, e'n sulla strada
Ripigliò poi la sua caduta spada •
9a L4 GERUSALEMME
Pur non tornò; né ritentando ardlo
Spiar di nuovo le cagioni ascose •
E poiché , giunto al sommo Duce^ unio
« Gli spirti alquanto, e F animo compose.
Incominciò : Signor, nunzio son io
Di non credute e non credibil cose .
Ciò, che dicean del bosco orrido e fero,
E del suon paventoso, é tutto vero •
Maraviglioso foco indi m^apparse,
Senza materia in un momento appresa;
Che sorse, e fiammeggiando un muro farie
Parve , e d'armati nrostri esser difeso :
Pur vi passai, che né T incendio m' arse ,
Né dal ferro mi fu Tandar conteso :
Vento era intanto e notte, e poscia il giorno
E la serenità facea ritaruOr
LUI.
Ancor dirò , eh' agli alberi dà vita
Spirito uman , che sente, e che ragiona r
Io il so per prova , e n*ho la voce udita «
6he nel cor flebilmente ancor mi suona r
Stilla sangue de* tronchi ogni ferita ,
Quasi di molle carne abbian persona.
No no, più non potrei (,viuto mi chiamo )
Ne corteccia scorzar , né sveller ramo .
I.IT.
Cosi dice egli; e'I sommo Huce ondeggia
In gran tempesta di pensieri intanto :
Pensa , s'egli medesrao andar là deggia
(Che tal lo stim.i) a ritentar T incanto.
O se pur di materia illr.ì proveggia,
Lontana più, m^ non difficil tanto.
Ma'l pio Romito dal pensier profondo
Il rappella , eh* al core è grave pondo .
CONQUISTATA gS
Lascia il pensiero ardito; altri conviene,
Che delle piante sue la selva spoglie.
Ma chi deir iodegnissime catene
Il bramato guerriero ornai discioglie?
Mentre il mar carco, e le minute arene
Son di schiere , e di navi , e d'auree spoglie ?
Già il nemico possente a turba afflitta
Più s'avvicina , e Fora è in Ciel prescritta .
ITI.
Cosi dicea, quasi di fiamma in volto,
Ancor volanti, e fervide parole,
E'I pio Goffredo a quel pensier rivolto,
Più neghittoso omai cessar non vuole.
Ma nel mezzo del cancro omai raccolto.
Apporta arsura inusitata il Sole,
Ch'a*suo guerrieri, a'suoi desir nemica,
Insopportabil rende ogni fatica .
LTlt. ■
Mentre rinnova pur l'ampia cittade
L'arme contra i nemici, e le difese.
Vaga colomba per cerulee strade
Vista è passar sovra il Signor Francese,
Che non dibatte i presti vanni; e rade
Quelle liquide vie coli' ali tese;
£ già la messaggiera peregrina
Dall'alte nubi alla Città s'inchina .
X.TITI
Quando l'augel di Giove adunco il rostro
Le mosse incontra, e con pungente artiglio ,
£ le s'oppose pur tra chiostro e chiostro ,
E lei fece fuggir tanto periglio :
Quegli d'alto volando al campo nostro,
Dalle mura la spinge, e dà di piglio :
£ già al tenero capo il piede ha sovra .
Ella nel grembo al pio Signor ricovra .
94 LA GERUSALEMME
La raccoglie Gof&edo , e la difende :
Poi scorge, in lei guardando , estrania coati
Che dal collo, ad un filo avvinta, pende
Binchiusa carta, e sotto Tale ascosa.
La disserra, e dispiega, e bene intende
Quella, ch'in sé contien non lunga prosai
A Ducalto salute (era lo scritto)
Manda il grande Ammiraglio, elRe d*E^tlOb
XX.
Non sbigottir. Signor, resisti, e dura
Al terzo di dopo T ottavo , e 1 quin to ;
Ch'io vengo a liberar l'offese mura ,
£ vedrai tosto il tuo nemico vinto .
Questo secreto allor breve scrittura
In barbariche note avea distinto:
Dato in custodia al messaggier volante ,
Che tai messi in quel tempo usò il Levante .
LXT.
Libera il Duca la colomba; e quella,
i '\ ailor fuggi, quando morir più lice ;
C/, n'esser creda al suo Signor rubella ,
T«- ;: oso più tornar nunzia infelice.
IV! 1. i sopran Duce i minor Duci appella ,
r 'or mostra la carta , e cosi dice :
Vedete , come il tutto a noi riveli
La providenza del Signor de' Cieli.
XI. II.
La qual noi fa del gran periglio accorti ,
E Tajuto a'uemici occulto or tiene,
Accio, che a mille rischi , a mille morti
Pronti qui siam , se di morir conviene ;
Benché al vincer piuttosto, animi forti
Preparar noi dobbiamo , e 'nvitta spene :
Se pili gente menasse il Duce infido,
Che non ha fronde il bosco , o arene il lido •
CONQUISTATA gS
IJCIII.
Ma qual d' aquila volo, o di colomba
Veloce è, come la celeste aita ?
Qui dove ebbe Gesù tormenti, e tomba,
Aspettar noi dobbiam vittoria, e vita .
Né vi turbi il romor , ch'alto rimbomba
D' innumerabil turba , od infinita :
Che nostre fian le lor si care salme ,
£ cresceranno a voi trionfi e palme .
XXIT.
Scenderan, sefia d'uopo, incontra gli empj,
Angeli amici da' stellanti chiostri,
A'quai non son Tore prescritte, o i tempi,
Come a noi tutti, ed a' nemici nostri .
Liberarem la Città sacra , e i Tempj ,
£ cadranno d'£gitto i feri mostri :
£ fia di varia gente , e d' una terra,
Vittoria integra, in gloriosa guerra.
LXT.
Tacque; ciò detto: e quel che tutti avanza
D'anni e di senno i miseri mortali :
Non convien (disse) avere altra speranza
Delle cose celesti ed immortali :
Né timor di barbarica possanza ,
Perchè non siamo al numerare eguali;
Ma sperato dal Ciel soccorso, od altro.
Non fa buon Duce meno accorto o scaltro.
I.XTI.
Dunque al romor, che di temenza ingombra
Solo ascoltando l' inesperte genti ,
£gli non si perturba, e non s'adombra.
Per fama di perigli, e di spaventi,
Ma talor mandi, occulto al Sole, all'ombra.
Chi passar fra' nemici ardisca, e tenti :
E dal falso, spiando , il ver distingua ,
Tramutate sembianze» abito , e lingua.
96 LA GERUSALEMME
I.XTII.
E ne racconti il numero, e'I pensiero
( Qii:)nto raccorre ei può ) certo e verace.
So|g;giun^eallor Tancredi: Ho un mio scudiero
eh' a questo officio di propor mi piace ;
Uom pronto e destro , e sovra i pie l^[giero,
Audace sì , ma con grand' arte audace ;
Che parla in molte lingue, e varia il noto
Suon della voce, e'I portamento, e*l molo.
LUTIIf.
Venne colui, chiamato; e, poich'intese
Ciò, che Goffredo, e'I suo Signor desia.
Pronto , e ridendo, alle sue usate imprese
S' offerse , e disse : Or or mi pongo in via :
Tosto sarò, dove spiegate e tese
Fian le tende in gran campo, occulta spia*
Yo' trapassar nel mezzo di nel vallo,
£ numerarvi ogni uomo, ogni cavalla*
LKIX.
Quanta e qual fra quell'oste, e ciò che penn
Queir Ammiraglio, a voi ridir prometto;
Vantomi in lui scoprir gV interni sensi,
E i secreti pensier del chiuso petto.
Così parla Vafrino, e non trattiensi ;
Ma cangia in lunga vesta il suo farsetto,
E scopre ignudo il nero collo, e prende
Sottili, contorno al capo attorte, beade.
LXX.
La faretra s'adatta , e 1' arco Siro ;
E barbarico sembra ogni suo gesto .
Maravìgtiosi , ragionar V udirò ,
E 'n si diverse lingne esser si presto ,
eh' Egìzio in Menfì, o pur Fenice io Tiro,
L'avria creduto e quel popolo e questo.
Egli sen va sovra un destner , che appena
Segna correndo la più molle arena.
CONQUISTATA 97
I.ZXI.
E drizzando il suo corso in ver V Occaso ,
Là Ve i liti d'Assiria il mare inonda,
E là v' è senza selce ornai rimaso
L'antico calle, e l'arenosa sponda:
Dalla via dritta il torse un ampio vaso
Di rozza pietra al suon di lucida onda,
In un bel seggio ombroso, ove i bifolci
Traean sovente all'acque chiare e dolci.
Quivi mentre ei prendea posa, e restauro,
Meschiando il vin di Creta e Tonda fresca;
E sibilar udendo il pino , e '1 lauro ,
Dava al corpo digiuno umore , ed esca :
Vi giunse uom di color sembiante al Mauro,
A cui par, ch'il viaggio ornai rincresca;
Ma r abito a vea greco e V idioma ,
E come Greco lunga e eulta chioma .
LXXllI.
Scese egli ancora al mormorar dell'acque,
Ma vago più del dolce umor di Bacco ,
Che veduto e gustato ancor gli piacque ,
Sicch' empierne bramò le vene, e'I sacco :
Nullo bel ragionar tra lor si tacque,
O di Persia, o d'Egitto, o di Baldacco,
O d'altro regnp, o d'altra parte estrema,
Quasi quivi nou sia periglio , o tema .
Il Greco pronte avea l'argute voci.
Parlando, in raccontar d* Eufrate, e Tigre:
Sapea del Nilo numerar le foci,
E le genti di Libia aduste e nigre :
E'n distinguendo i popoli feroci,
Tartari , e Moschi , usò parole impigre ;
Ma 'n ragionar de' nostri ha quasi intoppo
La falsa lingua, e non discioglie il groppo •
G. Canq. T. IL^ 7
g8 lA GERUSALEUIIB
liner.
Greco d* esser dìcea , che già molti anni
Guerreggiato ha co* Franchi in Asia e tìbId;
E i rischi della guerra, e i lunghi affanm.
Dal primo egli narrava all'anno quinto.
Guata Vafrino il viso, i modi, e i panni ,
Ne presta intera fede al parlar finto;
E mentre l' un contrario e T altro accoppiti
S'accorge ben che quella fraude è doppia.
Ma pur, come già sia verace amico ^
E creda alle bugiarde sue parole,
Deir esercito chiede al suo nemico
Il segno militar, che fu. Dio Vuole.
Il segno, che talor per uso antico
Chieder Tuom dubbio iq guerra all'altro mxit
Non seppe il finto Greco il vero segno ,
£ fé l'altro parlar di fede indegno •
Ma di creder Vafrino anco s* infinge ,
Sin ch*ebro il vede, e di parlar già atancOi
E sovra Terba, che V umor dipiqge ,
Posare il capo, non che'l tergo, o *1 fianco;
£ chiuder gli occhi gravi : allor gli cinge
La spada, che pendeva al Iato manco :
£ mentre il sonno più Vaffrena e lega ^
Col suo cinto, e con altri, egli il rilega.
X,X«TIII.
Poiché s' avide, che non può dar crollo.
Svelle la chioma , e la sua nera barba ,
Come fa della menta, o del serpollo.
Il villan , che li coglie, o lor dJbarba :
Alfin premendo Tuna mano al collo ,
Che parea tinto dove nacque Jarba ^
Gridò: Confessa, mentitor &llace.
Il vero a me, se vita brami, e pace.
CONQUISTATA 99
I.XXIX.
Di', chi sei, donde vieni, ov'era dritto
Dianzi il tuo corso errante e fuggitivo .
£ non mentir, che non sarai trafitto,
£ quinci partirai satollo e vivo .
Nacqui in Cirene appresso il verde Egitto,
S'n Grecia fui lunga stagion cattivo:
£ dall'antica Gaza or ne venia,
D' un esercito alF altro amica spia .
xxxx.
Li rispose colui, fioco e turbato,
Sicch' appena potea formar parola •
Soggiunse T altro: Or di', chi t'ha mandato
Senza timore; e rallentò la gola.
Confessa pure il tuo mestiero usato,
£ dove l'apprendesti, e'n quale scuola.
Alcun dell'arte sua non ha vergogna;
Ma tu ragioni tn guisa d'uom, che sogna.
IXXXI.
Me (disse) l'Ammiraglio a questo affanno
Co' suoi doni ha sospinto, e con promesse.
Perchè brama saper, s'ardire avranno
I Franchi d'aspettarlo ov'ei s'appresse:
O se spiegate pur le vele, andranno
Dove é chi fila ip aspettando e tesse ,
A riveder ciascun la donna, e i figli,
Già stanco della guerra, e de' perigli.
&XXX11.
Yafrin pur chiede: Or senza inganni, o £illi,
Narra dove lasciasti il vostro Duce,
Dove giacciono l'arme; ove i cavalli,
E quante e quali schiere ei qui conduce:
Di' Cora' ogni altro ancor si cinga e valli;
£ guardi^ faccia alla notturna luce :
Quai siano i lor consigli, o i lor pensieri,
£ che si tema in questa guerra, o speri.
-V
•
loo LA GERDS/iLEHMe
LZXXitl.
Di nuovo il timoroso a lui ragiona:
Fuor di Gaza Emiren gli Egizj accampa.
Che di muro, o di vallo altra corona
Non voler dice, in cui si fugge , e scampa:
Arabi, Assiri, Mori , ove risuona
Il mar, han teso, e dove il Udo avvampa;
Ma fra terra Altamor co' Persi alberga ,
Con gV Indi Adrasto , ove il terrea più a* ergL
I.XSTIT.
Questi, che d^ Oriente estremo ag^ionse.
Con sue squadre attendò lunge e *n dispaile^
Perchè dagli altri suo valor disgiunse
Lui , che stimato è quasi un nuovo Marte: '
Ed a' carri falcati ivi congiunse
Destrier, che frena con mirabile arte:
E questi ancor dall' Indiane selve
Gli elefanti conduce, orride belve.
LXXXT.
Non v'ha chi sentinelle, o guardie faccia
Fra tante schiere, o chi si cinga intorno;
Ma si vanta ciascun, ciascun minaccia
A' Franchi morte, e vergognoso scorno.
Copron le squadre la deserta faccia *
DelTampia terra, ovunque appare il «orao:
E'I gran numero par d'orrida turba ,
A quelle arene egual , eh' Austro perturba.
LXXXfl.
Come, s' il tuo destriero affretti e spingi ,
Vedrai domani avanti il Re supremo.
Scioglimi or, prego, amico, o là distringi;
E s ho mentito, mi ritorna al remo.
Vafrin risponde : Tu lusinghi, e fingi;
Ma delle tue menzogne ancora io temo:
£ non farai da me partita , o scampo ^
Per ritornarne spia di campo in campo •
CONQUISTATA loi
Ma r amicizia or te dì giusta pena
Guarda, e sottragge a' più feri tormenti,
Se d'Antiochia, e delF orribil cena
Di Boemondo invitto anco rammenti .
Cosi dicendo, il fere in gola, e svena ,
E la via tronca a' dolorosi accenti :
E r anima crudel, che geme e mugge.
Dalle ferite mormorando fugge.
S.XXXTItI.
Vafrin lascia quel morto; ed a mancina
Drizza il veloce corso in vèr Ponente,
Insin che Gaza si trovò vicina ,
Che fu porto di Gaza anticamente:
Ma poi crescendo dell'altrui ruina,
Città divenne assai grande e possente.
Erano ivi le piagge allor ripiene
Quasi d' uomini sì , come d' arene •
X.XXXIX.
Varie tende scorgea di color tanti ,
Quanti non ebbe mai l'Aprii fiorito .
Mirava i cavalier , mirava i £ainti
Ire , e tornar da quelle mura al lito :
E da cammelli onusti, ed elefanti
L' arenoso sentier calpesto e trito .
Poi nel porto vedeva , o scarche o gravi ,
Sorte , e legate all' ancore le navi .
xc.
Altre spiegar le vele al Ciel sereno.
Altre i remi trattar veloci e snelle ;
E da' remi, e da' rostri il molle seno
Spumar, percosso in queste parti e'n quelle:
Molte lentando al lungo corso il freno ,
Parean lunge portar vere novelle
Dal rosso mare, e donde irriga e frange
I salsi lidi, biancheggiando, il Gange.
io4 LA GERUSALBHMB
▼II.
Abuthanin nipote , all' aspro giogo
Le Provincie vicine indi costrinse ,
Insin là riove la Fenice ha il rogo «
Che tutti un Duce suo le vide e vinse :
E poi fondò nel fortunato luogo , /
Dove Menti di tempio i mostri cinse ,
Il Cairo, eh* il sUo nome ancoriserba.
Novo aversario di Babel superba.
▼III.
Crebbe, volgendo gli anni, il nuovo rito,
^ E Talto Imperio in guisa tal , che viene
Asia, e Libia ingombrando al Sirio litOy
Da' Marmarici 6ni , e da Cirene:
E p.'issa dentro incontra air infinito
Corso del Nilo, assai sovra Siene ,
E quinci alle campagne inabitate
D'aduste arene, e quindi al grande £ofirate.
IX.
A destra, ed a sinistra in se comprende
L'odorata maremma, e'I ricco mare;
E fuor deirEritreo molto si stende
Incontra il Sol, che d'Oriente appare.
Le forze dell'Imperio ancor più rende,
Elfeo, che le governa, illustri e chiare;
Dianzi nemico a'Turchi, e non occulto.
Tanto potea la varia setta e'I culto .
X
Questi e con Turchi , e colle genti Perse
Più guerre feo, le mosse, e le rispinse.
Or vincendo, or perdendo : e nelL' avverse
Fortune fu maggior, che quando ei vinse.
Poi che la grave età più non sofferse
Dell'armi il peso, alfin la spada ei scinse;
Ma non depose il suo guerriero ingegno,
E d'onore il desio vasto e di regno.
conquistata: io5
xr.
Aiacor guerreggia per ministri, ed bare
Tanto vigor di mente , e di parole ,
Che della monarchia la soma grave ,
Non sembra agli anni suoi soverchia mole .
Sparsa in minuti regni, Africa pavé
Tutta al suo nome, e'I remoto Indo il cole:
E gli porge altri volontario ajuto
D'armate genti, ed altri ampio tributo.
XII.
Tanto e si fatto Re l'arme raguna,
Anzi pur radunate omai l'affretta
Contra il sorgente regno, e la fortuna
De' Franchi in gran vittorie ognor sospetta .
E trapassar le schiere ad una ad una
Di rozza turba , o pur di gente eletta ,
E fiammeggiare al Sol dell'arme i lampi
Mira negli arenosi e larghi campi.
XflI.
Egli in gran seggio aurato; a cui per cento
Gradi eburnei s' ascende , altero siede ,
E sotto r ombra d' un gran ciel d' argento
Preme ostro, ed ór col suo superbo piede :
E ricco di barbarico ornamento ,
Si vela, o svela sì , ch'alcuno il vede :
Fan torti in mille fasce bianchi lini
Quasi corona, e quasi corna a' crini.
XIT.
Lo scettro ha nella destra : e per canuta
Barba é più venerabile e severo :*
E dagli occhi, ch'il tempo ancor non muta,
Spira r ardire , e '1 suo valor primiero :
E mostra, s'ei risponde , o pur saluta.
La maestà degli anni, e dell' impero:
Apelle forse, o Fidia in tal sembiante
Giove formò, ma Giove allor tonante.
io6 LA GERUSALEMME
XT.
Nel primo grado 9 destra, ed a sinistm*
Stan due grandi Ammiragli ; e quel più dogDO
Alza la spada del rigor ministra ;
L'altro il sigillo ha, dell' officio in segno:
Custode ei di secreti , al Re ministra
Opra fedele , in governando il Regno ;
Ma quf^l, a cui ciascuno è qui secondo 9
Delle schiere, e dell' armi ha il grave pendili
XTI.
Stanno diece altri a piedi, e son ootanti.
Quanti nel cieU che più di lumi è vago.
Gli alberghi eccelsi delle stelle erranti;
Perchè del Ciel l'Egitto è quasi imago •
D' una parte ciascun par che si vanti
Di quel Regno, ov'è il Nilo ondoso Iago:
E quanti sono ancor dell'anno i giorni ,
Tante città l'Egitto avvien ch'adorni.
Sotto folta corona al seggio fanno
In fedel guardia i Mauritani astati ;
Ed oltre l'aste hanno corazze, ed hanno
Spade larghe e ritorte all'un de'lati.
Così scopria, sedendo, il gran Tiranno
D'eccelsa parte i popoli adunati.
Tutte passando a pie l'armate schiere ,
L'inchinan le sublimi insegne altere.
XTIXI.
Il popol dell' Egitto in ordin primo
Fa di sé mostra ; e quattro Duci or sono ;
Duo dell'alto paese , e duo dell' imo ,
Ch'è del celeste Nilo opera e dono :
Al mare usurpò il letto il fertil limo
Là v'ei si frange con più roco suono :
Si crebbe Egitto; o quanto addentro è posto
Quel, che fu lido a' naviganti esposto:
CONQUISTATA 107
XIZ.
Ma ciascuno de' quattro ha tre soggetti,
£ ciascuno de' tre di trenta è Duce,
E di trenta ciascun guerrieri eletti
Trecento almen d'una città conduce;
E negli ordini suoi divisi e stretti ,
Tutta la gente d'arme e d'or riluce ;
E di tanti color s'adorna e varia ,
Quanti spiega la terra, o'I Sol nell'aria.
XX.
Primiera trapassò la ricca gente ,
Ch'abita d'Alessandria il ricco piano ,.
Da Faro al lido volto all'Occidente,
Ch'esser comincia ornai lido Africano :
Araspe é il Duce lor , Duce possente
D'ingegno più , che di vigor di mano :
E di furtivi aguati è mastro egregio,
E d'ogni arte Africana in guerra ha il pregio •
xzr.
Secondan quei, che posti in vèr l'Aurora,
Nella parte Asiatica albergaro :
E gli guida Aronteo , cui nullo onora
Pregio, o virtù ; ma per fortuna è chiaro:
Non sudò'l molle sotto Telmo ancora,
Né trombe innanzi l'alba anco il destaro:
E dagli agi, e dall'ombre a dura vita
Tarda brama d'onore alfin l'invita.
XXIIt
Quella , ch'è terza poi , squadra non pare.
Ma una grande oste; e campi, e lidi adombra.
Non crederai, ch'Egitto mieta, od are
Per tanti , e pur da una città si sgombra:
Città ,'ch'alle provincte emula e pare.
Di ben cento città lo spazio ingombra :
Del Cairo parlo ; 'indi Tadorno volgo,
Ma pigro all'arme assai , conduce loiolgo-
io8 LA GERUSALEMME
nirr.
E quella insieme avventurosa plebe ,
A cui i vicini campi il Nilo inonda,
Coiracque sue stagnando, e nere glebe.
Onde verdeggi poi, bagna e feconda :
Insin là, dove fu l'antica Tebe,
Nel terren, che di viti ancora abooda
E d'oppio, che richiama il grave sonno
Negli egri e stanchi, che dormir non ponna
XXIT.
Ma Campsone a seguirle genti astri oge.
Che lasciar di lontan paese angusto »
Sino alle parti , ove s' innalza e stringe
Tra gli arenosi colli il suol vetusto,
A cui dappresso si colora e tinge
Al Sole ardente TEtiopo adusto ;
Là sovra il Delta , ove la terra in grembo
Non raccolse giammai tempesta^ o nembo.
XXT.
E dal sereno Ciel giammai non cade
Pioggia, che bagni in quella parte il mondo;
E'nsin là, dove d'alto anco ricade
Il Nilo al precipizio suo secondo,
L'Egizia turba avea sol archi , e spade ,
E loriche di vago e legqier pondo ;
D'abito è ricca, onde altrui vien, che porte
Desio di preda , e non timor di morte .
xxfr.
Poi la plebe di Barca e nuda e 'nerme ,
Quasi dietro Ramon , piissar si vede ;
Che la vita famelica neirerme
Piagge nudrir solca d avare prede.
Con istuol manco reo, ma vile a ferme
Battaglie di Zumara il Re succede •
Quel di Tripoli poscia , e l'uno e raltro
E in guerreggiar girando esperto e scaltro •
CONQUISTATA 109
xxTir.
Gli Etiopi di Meroe indi seguire ,
Di Meroe , che '1 gran Nilo isola face ,
Con Astabara giunto: e Tampio giro
Di due fedi in tre regni era capace:
Gli conducea Canario ed Assimiro,
Re questi e quegli ; è d* Ali ancor seguace,
E tributario ai maggior Re; ma tenne
Santa credenza il terzo, ond'ei non venne.
XXTIIT,
E dietro ad essi apparvero i cultori
Dell'Arabia Petrea, della Felice,
Ch'il soverchio del gelo e degli ardori
Non sente mai , se fama il ver ridice :
Ove nascon gl'incensi , e gli altri odori ,
Ove rinasce l' immortai Fenice ;
Che mentre il rogo fabbricando aduna,
Ali' esequie, al natale ha tomba , e cuna.
XXIX.
L'abito di costoro è meno adorno ;
Ma l'arme a quei d'Egitto han simiglianti.
Ecco altri Arabi poi , che di soggiorno
Certo non sono stabili abitanti ;
Peregrini perpetui usano intorno
Portar gli alberghi , e le cittati erranti :
Han voce femminil, breve statura ,
Grill lungo e negro , e negra faccia e scura .
XXX.
Lunghe canne Indiane arman di corte
Punte di ferro, e su'destrier correnti
Diresti ben eh' un turbine lor porte;
Se pure han turbo sì veloce i venti :
Da Sifante le prime erano scorte.
Aldino in guardia ha le seconde genti ,
Gu^da le terze Aibiazar, eh' è fero
Ladrone micidial, non cavaliero.
\
I IO LA 6ERUSALEUHE
xni.
Venne con gli assassini il vecchio mastro ,
Che tra'Fenici per onor s'elegge :
Al cui fero pugnai non valse impiastro/
Mentre seguiva ancor la falsa legge •
Ed altri, che lasciar la zappa , e'I rattro »
O pure abbandonaro armenti e gregge.
Guida Aldiel, che presso i salsi gorghi
Vote fece restar castella e borghi.
ZXZII.
La fu V'ha è appresso, che lasciate avea
L* isole, cinte dell' A rabich' onde ^
Ta cui pescando già raccor solea
(loriche di perle gravide e feconde.
Sou i negri con lor, sulfEritrea
Marina posti alle sinistre sponde:
Quegli Agricalte, e questi Osbar correrei
Che schernisce ogni fede, ed ogni legge.
XXXIII.
Poi duo Re tributari anco venieno
Con squadre d'arco armate e di qnadrella :
Un Soldano è d'Ormus, che dal graQ seno
Persico è cinto : nobil terra e bella :
E l'altro alla città rallenta il freno,
Ch'è nel crescer dell'onde isola anch'ella:
]VLi q'iando poi, scemando , il mar s'abbassa,
Cui pie securo il peregrin vi passa.
XXXIT.
Ne te , Altamoro , entro al pudico letto
Potute ha ritener la sposa amata:
Pianse, e percosse il biondo crine e*l petto ,
Per distornar la tua fatale andata .
Duntiue(dicea) crudel,più che'l mio aspetto,
Del mar l'orrida faccia a te fia grata? .
Fian Tarme al braccio tuo più caro p^so ,
eh' il dolce figlio a' dolci scherzi inteso ?
CONQUISTATA ut
XXXT.
E questi Re di Sarmacante ; eì maDco,
Ch'egli pregi in se stesso, è il gran diadema;
Così dotto è neirarroe, e così franco
Ardir congiunse alla virtù suprema:
Saprallo alfin (Tannunzio) il popol Franco,
£ dritto è ben, che sino ad or ne tema:
I suoi guerrieri indosso han la corazza,
La spada al fianco, ed all'arcion la mazza .
xxxrt.
Ecco poi fin dagl'Indi, e dall'albergo
Dell'Aurora venuto Adrasto il fiero.
Che di serpente indosso ha per usbergo
II cuojo verde , e maculato a nero :
E smisurato a un elefante il tergo
Preme cosi, come si suol destriero :-
Gente guida costui di qua dal Gange,
Che si lava nel mar, che Tlndo frange.
XXXTII.
Ma neir ultima squadra è scelto il fiore
Della real milizia ; e v' ha que' tutti ,
I quai larga mercede, e degno onore
Ed in pace, ed in guerra avea condutti,
Ch'armati danno altrui tema, e terrore ,
Su gran destrieri , al guerreggiare instruttì :
E'I ciel di ferro, e d'ostro, e d'or fiammeggia,
Mentre l'altera insegna intorno ondeggia .
XXXTII I.
Vanno Alarco fra questi e Tauro a paro ,
Che son quasi giganti, ed Idràorte,
E'I gran Sonar che per l'audacia è chiaro,
Sprezzator de' mortali e della morte.
Rimedon, e Rapoldo, e Fulgo avaro,
E'I ladron de' Fenici Ormondo il forte.
Che visse un tempo, quasi fera in lustra,
Or vecchia infamia in nova guerra illustra •
Il» LA GERUSALEMME
Evvi Orindo , àrimon , Pi^ , Brìmtrte
Cacciator delle fere; evvi Si&nte
Domator de' cavalli : e tu dell' arta
Della lotta maestro^ Aridamante ;
E Tisaferae, il folgore di Marte ,
A cui uon è chi d' a|^agliarai vaate ,
O se in arcione, o se pedon contraata»^
O se ruota la spada , o corre l'asta .
Ma Duce è un fero Armeno, il qtial traggitto
Al paganesmo nell'età novella
Fé dalla vera Fede; ed ove ditto
Fu già Severo y ora Emiren s* appella :
Per altro uom fido , e caro al Re d*Egitto
Sovra quanti per lui calcar la sella ;
È Duce insieme e Cavalier sovrano.
Per cor , per senno, e per robusta mano.
Niun piti rinianea, quando traprovisa
La donna di Seleucia apparve altera ;
Venia sublime in un gran cRrro assisa.
Succinta in gonna , e faretrata arciera :
£ di guerrieri armati in altra guisa
D'acciaio lucente ornò fedele schiera^
Cbe di Bitrin, e d'Accone, e di Berrea,
Di Palmira, e d' Aparaea addotti avea.
Simiglia il carro a quel, che porta il gioniQ,
Lucido di piropi , e di giacinti ;
E frena il dotto auriga al giogo adorno
Quattro unicorni, a coppia a coppia aTtnti:
Cento donzelle, e cento paggi ìatomo;
Pur di faretra gli nomini van cinti ;
Ed a'negri dMtritr premono il dorso.
Che SUDO al giro pronti, e lievi al <
CONQUISTATA ni
XLIIT
In tal guisa il rinato unico augello
I neri Etiopi a visitar s' invia;
Vario e vago la piuma, e ricco, e bello ,
Di raonil, di corona aurea natia :
Sacrando al Sol nel suo felice ostello
La ricca tomba, ove s'infiamma e cria :
S'allegra il mondo , e va dietro , e da' lati ,
Maravigliando , esercito d'alati • '
Na poich'alia è passala , il Re de' Regi
Comanda ch'Emireno a sé ne vegna.
Lui preponendo a tutti i Duci egregi.
Che guerreggiar sotto l'altera insegna:
Quel già presago, a' merita ti pregi
Con fronte vien ;che d*alto grado è degna
La guardia de' suoi Vlauri in due si fende,
£ gli fa strada ai seggio, ed ei v'ascende.
Ed una volta e due per terra sleso ,
Quasi per segno di verace culto.
Adorò lui , ch'in alta sede asceso
Pur ancor gli teneva il viso occulto:
£ quel ferro, ch'ai collo avea sospeso
Col bel pomo lucente, e d'oro insculto ,
Pose in disparte con umil sembianza ,
Come fu de'Soldani antica usanza.
XI.TI.
Allora, quinci il vel ritratto e quindi.
Il Re canuto in maestà s'offerse.
Sicché '1 miraro Assiri, Arabi , ed Indi,
Mauri , Egizj , Eliopi , e genti .Perse :
Tal nube atra talor dispergi , e scindi,
L scopri a noi le tue stelle divei*se ,
' £ i tuoi mostri lucenti, eterno Cielo,
Qual parve il seggio al dipartir del velo •
G. Qm^. T.IL t
ii4 Lil GERUSALEHIpt
Mentre Emiren chinando il capo al^Mtto i
Pur s'inginocchia » il Re così gli dice?
Tè questo scettro, a te, Emiren , oommelh
Le genti; e tu sostieni in lor mia vioa: ■
E porta , liberando il He soggetto »
Su' Franchi V ira mia , cui tutto lice .
Va, vedi, vinci, e non. lasciar de'vinti
Avanzo , e* mena presi i non estinti •
XLTTIV.
Cosi parlò il Tiranno; e del soprano
Imperio il Cavalier la verga prese •
Prendo scettro , Signor, d'invitta mano^
E co'tuoiauspicj torno all'alte imprese.
Dove, tuo Duce , io vinsi : e non inTano
Deir Asia spero or vendicar V offese :
Né tornerò, se vincitor non torno.
Schifando più di morte indegno scorno.
X&K.
Ben prego il Ciel, che s'ordinato male
( eh' io già noi credo ) di lassù minaccia ;
Tutta sul capo mio quella fatale
Tempesta accolta di versar gli piaccia :
E salva rieda l'oste; e'n trion&le.
Più ch'in funebre pompa, il Duce, giacrìa.
Tacque; e col suon della canora tromba.
Di barbarici gridi il ciel rimbomba •
E fra le grida e i suoni in mezzo a densa
E nobil turba, il Re de' Regi or parte;
Poi ne' suoi veli avolto, a regia mensa
Da tutti i Duci suoi siede in disparte;
Onde or cibi , or parole altrui dispensa.
Né lascia inonorata alcuna parte:
Quivi a lui ragionò l'altera donna ,
In cui valore, e castità s'ii
CONQUISTATA ii5
LI.
Gran Re; morto il mio sposo, anch'io ne vegno
Per la fede, ed ardisco a voi mostrarme .
Donna son io, ma real donna: indegno
Già di Regina il guerreggiar non panne .
Se per arte real si merta il regno,
E dansi ad una man lo scettro, e V arme ,
Saprà la mia ( né torpe al ferro o langue)
Ferire, e trar dalle ferite il sangue.
LII.
Così dissocila ; el Re con lieto cenno :
Nobile donna, al tuo valor concedo,
Alla tua fede, ed al tuo grave senno,
Seleucia, che per te sicura io credo :
E maggior doni a tua virtù si denno,
Se fia cacciato d'Asia il fier Goffredo:
E parte non oblio Topre leggiadre
Del tuo marito, e del tuo saggio padre.
LUI.
Fra tanto avea Vafrin la piaggia aprica
Vista di Gaza, e i lidi intorno, el colle,
E gli edificj , ove la terra antica
Fra marmoree ruine al ciel s'attoUe.
Palagi, e tempi, in cui gente nemica
S'accoglie, e'I culto a Dio superba toUe:
Fonti, ed acque, ch'il ciel benigno dona,
E delle mura sue l'ampia corona^
UT.
E tende intorno , e sparsi all'aure erranti
Stendardi , in cima azurri , e persi ,'e gialli ;
E tante udì lingue discordi, e tanti
Timpani, e corni, e barbari metalli;
£ voci di cameli, e d'elefanti,-
Tra'l nitrir de' magnanimi cavalli.
Che fra se disse : Qui l' Africa tutta
TransUta et viene; e qui l'Asia é condutta.
ii6 - LA GERUSALEMME
LT.
E loda pria la sua benigna Sorte ,
Che delle schiere lor nulla gli asconde:
Poscia non tenta vie furtive e torte.
Ne dal più folto volgo ei si nasconde:
Ma per dritto sentier tra r^ie porte
Trapassa ) ed or dimanda, ed or risponde:
A dimande e risposte audaci e pronte
Accoppia, il baldanzoso, ardita fronte.
LTt.
Di qua di là sollecito s'aggira ,
Per le vie, per le piazze , e per le tende: •
I guerrieri, i destrier, Tarme rimira»
L*arte, gli ordini osserva, e i noni appreofe
Ne di ciò pago, a maggior cose aspira.
Spia gli occulti pensieri, e parte intende:
Tanto s'avvolge, e così piano e cheto ,
Che s'apre il varco al ragionar secreto.
LTII.
Stavasi il Capitan la testa ignudo.
Le membra armato, e con purpureo ammanto;
Lunge due paggi avean Telmo, e io sc;udo,
Preme egli un'asta , e vi s' appoggia alquanto:
Guardava un uom di torvo aspetto e crado,
Membruto, ed alto, il quale avea da canto:
Vafrino è attento : e di Goffredo a nome
Parlare udendo , alza gli orecchi al nome.
Parla il Duce a colui : Dunque securo
Sei tu COSI di dar morte a Goffredo ?
Risprmde quegli: Io sono; e'n corte giuro
Non tornar mai, se vincitor non riedo:
Preverrò beh color, che meco furo
Al congiurare ; e premio altro non chiedo,
Se non d'alzar un bel trofeo delTarme^
In Babilonia y e sotto un breve carme :
CONQUISTATA 117
LIX.
[Queste arme in guerra al capitan Francese,
Distruggitor dell'Asia, Ormondo Strassi,
Quando gli trassi l'alma; e fur sospese ,
Perchè memoria ad ogni età trapassi •
Non fia (T altro dicea) ch'il Re cortese
L'opera grande senza gloria lassi :
Ben ei darà ciò , che per te si chiede ;
Ma congiunto l'avrai d'alta mercede.
IM.
Ora apparecchia pur l'arme mentite^
eh' il giorno ornai della battaglia è presso «
Le preparo (ei rispose) e qui fornite
Queste parole , il Duce tacque ed esso .
Restò Vafrino alle gran cose udite
Sospeso e dubbio; e rivolgea in se stesso
Quai sieno ì congiurati, e Tarme false;
Ma r intender da sé tutto non valse •
LUI,
Mille e più vie d'accorgimento ignote^
Mille ripensa inusitate frodi :
E non gli son però palesi e note
Dell'occulta congiura e l'arme , e i modi :
Fortuna alfin, quel che per sé non puote ,
Sciolse al suo dubbitar gl'interni nodi ;
Tornando il vecchio Re, piìa ch'il di s'erga,
Alla gran Reggia, ov'egU in Menfi alberga,
I.XII.
E fra' suoi Mori , ond'è guardata e cìnta ^
Passa per ampi luochi e per illustri ,
Calcando pietra lucida e distinta,
Di gemma in guisa , che si terga e lustri.
Sopra e 'ntorno si scorge aurea, e dipinta f
Con marmi , ed opre di scultori industri ,
£ con alte colonne , in cui s'appoggia
Più d'una luniinosa e ricca loggia .
ii8 LA GERUSALEMME
LXlIt.
Pur da candido marmo i larghi fonti
Versan , come s* udì , i' acque sì chiavé't
Che n hanno invidia i più aublimi naonlii
E'I più bel fiume, che trascorra al mane:
Quivi d*augei non conosciuti, oconti,
Numero grande, e vago, e vartoappara;
Quali giamai non vide il nostro oocatao^
Benché figuri Arpie, Sfinge, e Pegaao.
LXIT.
Ed animali ignoti a* sensi nostri
Vanno intorno al bel seggio ombrooo e ioseo^
Tra le fontane e quei marmorei chioatiit
Senza adoprar artiglio, o dente, o tosco:
Né tanti vide mai prodigj , o mostri , «
Deserta arena, o solitario bosco;
Né penna ne descrisse, o stil dipinse.
Quanti il gran Re quivi nutrinne e cinse.
LXT.
Prima di ciascun*altra al Nil si volse
Quella , che porta lui, mirabil nave ,
Ch'arme, e destrieri in ampio sen raccolse,
Di'logge, e sale, e tempio adorna e grave:
£ di fila d' argento in prima sciolse
Lucenti vele a fresca aura soave :
E fece biancheggiar co' remi eburni
L'onda cerulea, a'raggi ancor notturni •
LXtl.
Poi si mosse Emireuo a suon di tromba ,
Che fea più mormorar Tacque tranquille.
Non che la terra, el ciel, ch'alto rimbomba,
Di chiare acceso e lucide faville:
£ s*inviò verso la sacra tomba ,
Spiegando al vento mille insegne e mille.
Vafrin con gii altri ancor montava in sella;
Ma precorse, portando alta novella.
conq;uistata ut,
Trovò <!el vecchio Eustachio il nobii tìglio
Co' duci, che passaro all'alta impresa,
Che quasi in giusta lance ogni consiglio
Dell'incerta vittoria appende e pesa:
E della guerra parla, e del periglio,
Fra'l nuovo campo eia città difesa,
E disse; Andai , come imponesti , e vidi
Genti nemiche in arenosi lidi.
Ma pria contar nella deserta piaggia
Potrei l'arene, e'n mar turbato l'onde,
£ qual degli alti boschi a terra caggia
Numero delle sparse aride fronde :
Che quel di tante schiere a narrar v'aggia,
Sotto a'cui pie la terra ampia s'asconde;
E sotto le gran tende il ciel s'adombra ,
Tanto di spazio ivi per lor s'ingombra.
lo vidi nel passar l'orribile oste
Quasi occupare il loco a' salsi flutti ,
Mentre le piagge, e le campagneascoste
Ella teneva, e i piani, e i colli tutti:
"Vidi , che dove giunga, ove s'accoste,
Spoglia la terra, e lascia i fiumi asciutti ;
Che non basta alla sete acqua profonda,
E poco è lor ciò, che st miete e sfronda.
Ma sì de'Cavalier, si de' pedoni,
Sono in gran parte inutili te schiere;
Gente, che non intende ordini, e suoni ,
Né stringe il ferro, e dtlontan sol fere .
E son quelli, oltre gli altri, eletti e buoni ;
Che di Persia seguir l' insegne altere :
E di questa anco è via migliore squadra
Quella, che l'Ammiraglio ordina esquadra.
1M L\ GERUSALEMME |
Ella è delta ìnamori^l senz.-i difetto, !
Perrlif non scema il numero ptir d* uno;
Ma s'empie il luco vulo, e sempre eletto
Sutteritra iiom nuuvo, ove ne niaaca alcuno.
Il capitan degli altri, Emiren detto.
Pari ha in senno o vaUir pochi , o nessuno:
E gli comnianda il Re , che senza indugio
CombiUla. e non ti l.i»si alcun refugie.
Né credo già , ch'ai oodo di titV(ll:«>o eì^^ ■
L'esercito infeilel, c'ha nioltO)«dteé|*tl«Ì
Ma tu convien, che le medeiaoini 'giiwjiì
Tanto è del «angue tuo fra lor^eniv^iiM
Cb' i più famosi Id arme , e i più gaglìfvdi,
Thanno incontra arrotato il (erro, «Tire;
E d'appender tue spt^Ue ia Menfi al teiapio
Un ladron sì dà vauto infame ed empio.
Signor (diceva*) in ragionando udisti
Bicor(]ar gli assassìni, orribil nome : -
I quali un tempo fur dogliosi e Insti
Di portar del gran Re le gravi some;
Ora eoo gli altri suoi confusi e misti
Van colle genti soggiogate e dome,
Perch' Anterada lascia, e sue castella
Quel , che per dignità Veglio s'appella.
Questo è un lor mastro, a cui non corniolo cenoi
Né spada gloria die fra'suoi nemici ;
Ma i principi insidiava; e un picciol fisiro
Dava a' suoi congiurali empj Fenici:
£ pur di questa turba or (s'io non erro)
Giunto ha il grande Aromiraglìo a* fidi aaùci
Ormondo, ch'altre volte armò la ij
Incontra te, di crudeltà maestra.
CONQUISTATA tai
Ma sempre senza effetto : or quasi sdegni
L'insidiuso ferri> aver coperto;
IE d^l lor sommo He provìticie e regni
Speri in premio dell'opra, anzi dei roerto;
Prometle d'assalirti : e falsi segni ,
E mentile arme vuole in campo aperto.
' Perchè 'I perfido cor, se più si sforza,
Non lascia fraude per usar gran forza.
Cosi disse Vafrtnn: e i detti suoi
I Mesto silenzio al suo tacer lasciato
Nel magnanimo cor di t;inti eroi,
Bencli'alcuu non vi sia di vita avaro;
Ma soggiunse Raimondo; onde v'annoi
Ho novella più trista, e<luoI più amaro,
E tacerei per non doppiar l'affanno;
Ma 'l tacer non provede al nostro danno,
Goldemaro e Reietto andando al porto,
if Scorta a' Liguri amici amica e fida ,
Coir uno e l'altro stuol da loro scorto ,
Nella campagna fur tra Roma e Lida
Assaliti. Giberto, Aìcardo è morto.
Tanto quivi ahuudò la turba intidn:
Ciascun de${li altri miei lassato or langue,
O sparso ha colta vita insieme il sangue .
loppe, citiate antica e mal secura,
Vota d'abilalor non sì difende ;
Ma in preda lascia le solinglie mura ,
Quasi negletto arnese, a chi le prende:
Né deiili'o al porto omai resiste e dura,
La nostra armata, o la nemica attende;
Ma d'antenne La spogliate e di governo
Le navi, chesprezzaro il freddo verno.
ist L\GGRUS\LEMME
Restano i nudi legni in sull'arena
Del salso lido appiè dell'alta rocca ,
Dove i nostri faran difesa appeua ,
Se Soverchio furor non la dirocca :
Nulla il navigio or de'nemici affrena ,
Bench'ai porto rinchiusa è l'ampia 1
Ma con mille e più vele il mar trascon
Minacciando Tuina a quella torvftv t'^^' a\tf
Così disse Raimondo; e i duci eapOTt? -'-^it l'Hi-
ll variar della fortuna e'I caso ••■■' >!• <i>r
Rivolgeano; tacendo i rischi incertiy ^ lwf\
E'I fin di lunga guerra ancor rimaao. '-it^^>
Ma pensavano insieme i duo B<rf>«ti. . i-
A' freddi regni del lontano occaso ;
E parlando il maggior, ch'in Frisa nacque,
L' altro prima approvò , dapoi noa taoqus:
Io ( diceva) in lontana e dubbia guerra -
Fatto non ho qui d' oro alcuno acquisto, .
Né dì provincia in peregrina terra ;
Né già mi pentodi servire a Cristo.
E bench'il giorno, che la vita serra.
Sia forse assai vicino e mal previsto ,
Non cangerò gìamaì pensieri o voglie.
Per tema di lasciar l'ultime spoglie .
Ma s'avverrà ch'alfin solviamo il voto.
Visitando il Sepolcro e i sacri Tempi;
- Bramo, che mi riporti od Euro o Noto,
Salvo o securo dal furor degli empì.
Al Udo di Provenza, o ai più remoto,
O per benigni o per turbati tempi :
Già stanco di calcare a' stanchi il dono ;
£ vago sol di posa, o d'altro corso .
»
CONQUISTATA laS
Di ben mille destrier, ch'in ampie stalle
Pascer solea , quand' io qui volsi ■ passi ,
La maggior parte p morta : o langue, e falle
Al corso; e i membri ba indeboliti e l.issi:
E'ndarno ornai cerchiamo in monte o 'n valle
L'acque tra verdi sponde e ì vivi sassi .
Qiial mi riporterà cavallo, o vento;
S'all'incendio de'legnì ora io consento ?
Deh concedasi a me, ch'ornai difenda
I L'armate navi da nemico oltraggio,
Perch" lina , lasso , e 'nerme alfin mi renda
(Se nella giusta impresa ora io non caggio)
Alle rive del Beno, ov'io sospenda
L'arme, dopo si dubbio aspro viaggio;
E poriin l'altre i mìei fidi compagni ,
C'han già Tatto di gloria arapi guadagni.
Così diss'egii: ed Ìo restar non bramo :
Il Nomando Roberto allor soggiunge ;
E di te a te stesso or mi richiamo ,
Che la mia terra è dalla tua non lunge:
E di stirpe real secondo ramo
Nacqui , dove i dtio regni a noi disgiunge
L'estrf mo mar, che tutto scevra e parte,
E mi bisognan legni , e vele, e sarte .
Cosi parlar: né fu contrasto alcuno ,
O discorde voler tra'Duci arditi,
Né Ira quegli altri: e consentì ciascuno,
Che vadano ambo alla difesa uniti
Contra il fero nemico ed importuno,
Ch'mgombra i salsi mari, e inaisi liti,
Con mille da Pelu.tio e da Cntiopo
Raccolti legaij e furo al maggior uopo.
•M
Liguri e Leuci aveauo, egli altri insiemB,i
Tratte le curve iiuvi al lido asciutto ,
E quasi scala l'ìnie'e le supreme . < , .'i ui '
Dispnnte in ^radi, e uà muro m oamCnitto
liOntano alquauto dalle rive estniaey -'1^^ '' i
Che non bagna del mar canuto flttCtaf.- ^•-; ^l
E fatta un'ampia fossa intorno ti n
Che sotto l'alta Rocca è più secalo.
All'incontro, ov'il mu ftvmeodo a
Ha fermo Argante i suoi destrier o
Parlando al Duce della turba ingOPJB^! » < ;
Varia di gonne e di confusi acceott ^ .'• •
Che più d'onda marina in sé diaoordtti. 'ia
Quando agitata « da contrarii venti:
E gran premi propon d'argento ed* muto
Al navigante Egizio, al Siro, al Mauro.
Ha Aon osa la turba inerme , avvezza
A combatter nel mar di nave in nave.
D'ampia fossa passar rapida altezza , .
Che quinci e quindi ha'l precipizio; ed hnt
Munita d'alto la sublime ampiezza»
D'acuto palo, anzi d'acuta trave:
Talch'ei medesmo a rimirare è mosso
Dall'orlo del mar vasto, a quel d'un Como.
E'I Ber cavallo, a cui la mano allenta.
Già non ardisce di saltar nel fondo;
Ma gli annitrisce in riva, e si sgomenta.
Egli non già , ch'è senza tema al monda; i^
E di passare a pie s'avisa e tenta ,
Benché dell'arme il tardi il grave pondo:
E, voltoa'suoì, dicea: Non fia, cb'io rì«dft
Senza gloria , o compagni , e senza preda . ^
CONQUISTATA taS
XCI.
Ma pria d'ostili spoglie ornare il lido
Dell'Asia io spero, e le contrade estreme,
Togliendo a' Franchi il ben guardato nido^
Ove han rinchiusa ornai T ultima speme:
E pur che me seguiate , or mi confido,
Ch'audace diverrà chi tarda e teme.
Così dicendo , egli scendea repente
ColFarroe a terra dal corsier possente.
XCII.
Alcun degli altri suoi restar non volle
Assiso allora in sul destrier sublime ,
Mirando lui, ch'a piedi ancor s'estolle.
Di torre in guisa, ch'erga al Ciel le cime ;
Ma dell'arida rena al lido molle
Le genti estreme seguitar le prime :
£ Tinstabil premean salso terreno ;
Ciascuno ai suo scudier lasciando il freno .
XCI II.
E se medesmi ammaestrando in guerra ,
Tutti non assalir diffusi e sparti
Il murp, che le navi asconde e serra ;
Ma in cinque ordini accolti , e'n cinque parti.
Del fero Argante, ch'ogni altezza atterra ,
Segue la prima ì passi , e l'arme, e l'arti:
Ma Celebino, il suo più bel fratello.
Conduce appresso lui l'altro drapello.
XCIT.
Guidato il terzo è poi dal fero Ircano,
Di cui non fu (s' Argante sol ne traggi)
Uom più forte nell'ira, ovver più insano,
O negli alpestri luoghi, o ne' selvaggi .
Gli altri seguian Sanguigno, e Rodoano ,
Di saggio padre arditi figli e saggi:
E'I vecchio genitor reggeva Aleppe,
E molto visse al mondo, e molto seppe.
ia6
Sol Nornudin lasciar non volle il durso
Deirarmato cavallo a' suoi scudieri,
£ torse per l'arene il lento corso
Delle concave navi a'Duci alteri:
Procurando al fiatel certo soccorso
Da' naviganti mal satullieneri ;
Ma non poteo sovra'! destrier éuperho, .
Schiiar d'iniqua morte UfiDe«o«r]Mi>>; i
Né devea rivederle mura eccelse '; t'^ ,-
D' Elia sublime , e del palagio adorno^ .
Ch'eglieUw ingombro, eproprìolilbmigaiflUb
. E'ovano avea sperato un bel rih^afl^i^,* r^i
Ch' atro di guerra turbo il cinse e STelae^
Come sterpar veggiamo abete , od omo ; '
E cadde ove il trafisse orribile asta ,
Qual'uom, ch'indarno al suo destin contnitl.
E dicea , volto al Ciel : Quanto è bugiarda
La speme ch'alia guerra altri conforta .
Già non pensai sì indomita e gagliarda
Gente trovar con sì feroce scorta .
Or ve^o, che per lor si tiene e guard*-
Ogni torre del muro, ed ogni porta :
E non vorranno abbandonar l'impresa,
'E'I muro, ond'i^ni naveancoè difesa.
Ma come in via , e' ha polveroso il suol o ,
Non lascian l'api a chi le turba e caccia
I dolci alberghi , e con stridente volo
Pungon pili volte al cacciator la faccia :
Così de' Franchi ogni condenso stuolo
Averrà che difesa e guerra or feccia :
E partir non vonan dall'alte porte •
Senza vittoria , o senza orrida morta . i
CONQUISTATA la;
Cosi diceva: e vide lunge intanto,
Come sassosa guerra al muro avainpì ;
E del fiero frate! membranJo Ìl vanto.
Pensar non può, cli'alcun s'arretri e scampi .
Pur tratti al segno del purpureo ammanto,
I duci, ohe solcar cerulei campi ,
Tutti scendeano ov'egli asla non vibra ,
Ma r oro già promesso appende in libra.
Quetar parevan l'ire e Ì feri orgogli
De' petti avari , a quel lucente prezzo .
£ld:dio, nato ne' Tìudarii scogli ,
Fu il primo ch'obbligò la fede a prezzo :
Poi ciascun altro a disprezzar gli orgogli
Del mar d'Egitto, navigando, avezzo ;
O pure in quel, che si colora e tigne,
E mostra a' nuovi rai l'onde sanguigne.
Eldalio, e gli altri Duci all'oro tratti ,
Come r ingordo pesce alla dolce esca ,
Serbar volendo insidiosi patti ,
Aspetlavan , eh' il rischio ornai s'accresca:
Né tutti ancor venieno ove combatti
Argante in guisa d'uom, cui vita incresca,
eh' ri lido solitario , anzi deserto ,
Quelle turbe infinite avrian coperto.
Siri, alzando i gravi scudi in alto
Intorno Argante , e Ì minacciosi gridi ,
Vengon del saldo muro al dubbio assalto.
Rimbombando a quel suono i mari, e i Udì:
E centra i figli del crudel Ducalto,
I E gli altri a lor fedeli , a Cristo infidi ,
Lanciavan sassi da lor torri; i nostri
Quei discacciando da'guardati chiostri.
V.
ia8 L\ GERUSALEMME |
Come allor che a' inaspra il verno e *1 Ctslo ^
E Giove tuooa in FÌDtlo,ÌD Pelto,OL*n Fic^,
Sopisce i venti , e 'n nubiloao velo
Ei ricopre del Sol la vista allegra: .
Né cessa di versar la neve, e'I gelo.
Onde la tetra imbianca , e l' aria anoc^gn;
E prima i gioghi , e le superbe fronti -
Tutte nasconde degli eccelsi monti :
Poscia gli erbosi prati , e i luoghi colti ,
£ de' mortali ì magisteri , e l'opre;
E i bei porti del mare, e i lidi incolti,
V E i cavernosi scogli ancor ricopre :
Solo i mari non sono allor sepolti7
./ E r acqua dalla neve al Ciel si scopre :
Così era ascosta attor da viva pietra
L'arena, insin là dove il mar s' arretra .
Ma Norandin , benché de' nembi oscuri
Di pietrosa tempesta abbia spavento,
E de'suoi tristi augni , e degli auguri ,
A cui per lunga usanza è troppo intento;
S'avvicina al fratello appresso a'muri.
Che nulla morte ad incontrare è lento;
£ disse: Ornai concedi al mio consiglio,
Ch altri succeda al tuo maggior periglio.
Tu stanco forse, e tutti stanchi e lassi
Siam del contrasto d' uno e d'altro giorno ;
Sicché ornai dar potremo il loco a* saasi ,
Ed alle turbe, e far quinci ritorno .
Né tacerò ( benché il parlar trapassi
][ tuo divieto, e n'abbia otira^io e acorno }
Che 't Cielo, e t sogni, e un novo augurio io telilo-
Deh non sia quest'assalto a noi l'è
CONQUISTATA lap
CTII.
Volea più dir: ma con turbato sguardo
11 fiero Argnnte riguardollo, e disse:
Iforandino, a me spiace ogni codardo:
£ s'oggi è il di , eh* il Cielo a me prefisse,
La mia morte, o '1 mio fato ornai non tardo:
E non curo di stelle erranti, e fisse,
Né di fantasmi, o di notturni sogni.
E di te stesso tu non ti vergogni?
CTIII.
£ vuoi tu , eh* obbedisca armata destra
Ad uccel, eh* abbia steso al Ciel le piume?
Ma non curo io, eh* egli sen voli a destra
Contra l'Aurora e'I bel purpureo lume,
O nell* oscuro Occasc^a man sinestra :
E seguo mia natura, e mio costume,
Anzi il voler del Ciel, ch'altrui richiama
Col chiaro suon d' una perpetua fama.
cn.
Ottimo augurio è sol quest'uno e vero,
Il difender la patria in guerra armato.
Perchè dunque paventi, animo altero.
Quel risco, ove'l morir tanto è laudato?
Se per difesa ognun del nostro impero
In questa pugna ti morisse a lato ,
Non dovresti temer : e vo' ben dirti ,
Che non hai cantra morte audaci spirti.
ex.
Ma se dalla battaglia oggi tu cessi ,
Ed altri n* allontani , o tieni a bada.
Sicché per tuo consiglio or non s'appressi
Al ben difeso muro, e*ndietro ei vada:
Noi. potresti salvar, purché volessi,
Perch* io 1' ucciderò con questa spada .
Cosi diceva, e gli passò davante:
Seguir gli altri, gridando , il fiero Argante.
.#«
!•■
i3o LA. GERUSALEKIIE
eu.
E la fortuna ia suo favor coavem^
Pareva a' Franchi diventar rubella ;
Perocché mosse dalla parte avversa
Fulmini incontra lor, turbo, e prcx^Ua:
E portò nembo , onde rimase aspena
L' arida rena , e questa parte e quella.
Ma negli occhi de* Franchi oscura polve
É più molesta, e lor dintorno iavolve .
CXII.
In rompendo il gran muro, ogni lor fona
Mostraro i Siri, e tutti i loro ingegni;
E i merli, e*l muro, e quella prima acoiB,
E i primi delle torri alti sontegni.
Si sforzar di tirare ia terra a forza.
Per aprirsi la strada a' curvi legni;
E colle grosse travi eran divelti.
Per opra di guerrieri a prova scelti.
CXIII.
Ma non cedeano il pRs.so ancora i Franchi 9
Opponendo de' buoi le dure ter^a ,
E i gravi scudi; e quasi nulh stanchi ,
Già perciiotean quale a salir più s'erga:
E nella fronte, e negli opposti fianchi,
O'n mezzo il petto, ove la vita alberga.
E quel cFasta, o da palo, in terra affitto
In due lati, cadendo, era trafitto.
CXI?.
Ma i due Roberti, ove girar la fronte
fiaccendeano il valor ne' freddi cori.
Or con lusinghe, or con minacce ed onte.
O miei non vili amici, o voi migliori,
O voi (dicean ) dell'opre illustri e conte ,
Tutti noli hanno in guerra eguali onori;
M;i tutti denuo or fare aspra battaglia :
Che tutti aifin valore, o morte a^uaglia^
CONQUISTATA i3i
C«T.
L'un sia d* esempio alf altro e dì conforto
Tn ftosteoer chi minaccioso assalse,
Anzi lui rispingendo, o vivo, o morto ,
Insino a' curvi lidi, e Tonde salse :
E ritornando i nostri legni al porto ,
Ch'a tenerli securi in se non valse,
.Senza il vostro valor, cui non prescrive
Termine il mar coli' a renose rive,
r.xTi.
Forse averrà, che discicciare osando
Col nemico più lunge ancora il rischio,
Vi dia vittoria il Re del Ciel , tonando ;
Per cui morir, non sol pugnare, «rdisco.
Or qualunque si sia Frisio, o Normando,
Ligure, o Greco, membri il valor prisco:
Ch'ai ritorno bramato altra speranza
Più non riman, ned altra nave avanza.
CXTII.
Così gridando, ivi destaro a prova
L'orribil guerra , e fu Roberto il grande
Quegli « che prima feo mirahil prova.
Là Ve il muro cingeano aspre ghirlande,
Coiitra la gente minacciosa e nova.
Che non sa com'ei fere, e il sangue spande:
Era fra questi il coraggioso Amullo,
Fido amico d'Argante, ancor fanciullo. .
Ed era tanto inver la cima asceso,
Che parea meritar corona e palma:
Quando aventò Roberto il grave peso
D'un sasso, che saria soverchia salma
Ad uom robusto: e'I capo e Tosso offeso,
£ Telmo rotto, aprirò il varco alTalma.
Ei cadde, come quel, ch'in mar profondo
D'alta nave ("immerge, e cerca il fondo*
i33 LAGERDS&LEHMB
Poi coir asta Roberto in giù rispioge
li dispietato Arouzio , e 1 fiero Idai^O'i -
L'un trafitto colà, dov'uom si cingi»,"
L'altro nel petto suo bea colmo e largo.
Dalle tempie Orispon l'arme dipìng».
Oppresso da mortifero letai^ :
Cbe pur Roberto il riversò nel fosso,
E fé cadei^li Iringo, e Frello «ddoMO.
Pur coir asta di lungo e grave Cerro ,
L'iniquo Elfingio in quella orrìbil pugu
Trafisse, e Rinco, e l' infido £naiperro,
eh' all' alto precipizio inanzi pugna;
Talcbè non sol di sangue asperso è il Ceno,
Ma la nodosa lancia, ove s'impugna.
E par, ch'i più ferocia morte scelga.
Dovunque si rivolge il forte Belga.
Già non pugnò il Normando in altro luogo,
Né dal maggior Roberto andò lontano;
Ma parver buoi congiunti al grave giogo.
D'animo eguali e di valor sovrano.
Che fanno i lunghi solchi in duro git^
D'asciutto colte, o'n aspro e forte piano:
E dalle corna intanto avien che larga
Di sudor copia si diffonda e sparga .
Era co' duo Roberti il bel Guglielmo,
Gloria ed onor de' saggitari Inglesi ,
Venuto ; e fino avea V usbergo e 1* elmo,
E lucean tutti d' oro i belli arnesi ;
L'aurea faretra gli portava Antelmo:
Ei saettava, e n'avea molti offesi:
E con quell'arme sue dorate e vaghe,
Facea mortali e'osldiose piaghe.
CONQUISTATA iS»
Ei da luDge mirò salir Sanguigno,
E '1 fé cessar da quella impresa ardita j
Perocché fece il braccio a lui sanguigno
Collo strai, che portò cieca ferita:
Quel non soffrendo il suo dolor maligno ,
Facea di furto ascosa indi partita,
Quasi del suo ritrarsi abbia vergogna,
£ schifi de' nemici agra rampogna.
CXXfT.
Ma sospirando Rodoan si dolse,
Come si fu del suo partir avvisto ;
Pur quello assalto abbandonar non volse^
Né vendetta obliò sdegnoso e tristo :
£ d'un colpo lontan nel ventre ei colse,
E per mezzo trafisse il Greco Egisto :
Poi trasse Y asta : e quel Y asta seguendo ,
Cadde sul volto; e rimbombò, cadendo.
CXXT,
Tanto romore intorno al corpo esangue
Fa col sonoro acciar sassosa terra.
Ma colla fera man, sparsa di sangue,
I sublimi ripari il Turco afferra :
E come quelli, in cui valor non langue.
Parte ne svelle e ruinosa atterra ;
E lascia il muro ignudo al fero crollo;
Ma Guglielmo il saetta , e mira al collo.
CXXTI.
Ed in quel tempo ancor Roberto il Magno
Coir asta gli percote il duro scudo,
Talch'ei s'arretra, e cerca altro compagno,
Già ripfesso il furor d'animo crudo;
Ma sperando di gloria alto guadagno,
Pur si vorrebbe aprir quel muro ignudo^
Deh perché rallentate il vostro, sforzo
( Dice) o compagni, io solo invan mi sforai.
^ ...
1 34 LA CEROSA LEMME
CXXYIf. ^
Ne posso far per entro il muro, o sopra.
Alle nemiche n^ivi il passo e*l calle:
Che la virtù d* un solo invaa s*adopra,
E per soverchio ardir s* inganna e bile;
Ma di molti congiunta è miglior Topri.
Dunque venite alle mie fide spalle
Per r arena, che copre abeti e querce:
Che la gloria al periglio e degna merce.
CXXTIII.
Cosi diss'egli: e, per timor, più forte
Si mostrò; lui seguendo il suo drapello;.'
^ E'n sulle mura, e*n sulle chiuse porte.
Via più si strinse incontra il popol fello
Il Franco : e non cedea con pari sorte
Il loco ; o quello a questo, o questo a qaeDo;
Ne i Siri aprian tra le mine il varco.
Ne rispinti cedean da pietre , o d^arco.
cxxrx.
Ma come duo vicini in luogo angusto
Fauno contesa in mezzo aMarglii prati,
O per termine nuovo, o per vetusto.
D'acuto palo alla battaglia armati:
Così l'usurpator d'imperio ingiusto,
E quel, eh' i proprj regni avea lasciati ;
Di tesor largo, e sol di ghiria avaro ,
Quinci e quindi pnrtia l'alto riparo.
cxxx.
Molti al capo ed al petto, elmo ed usbei^o
liompendo, si pestaro i nervi e X ossa ;
Altri mostrando alle forile il tergo,
Morian repente per crudel percossa :
Pareva a' morti destinato albergo
Quella scura sanguigna orribil fossa;
Mura, porte, ripari, ed armi, e squadre
£ran di sangue tenebrose, ed adre.
CONQUISTATA i55
CXXXT.
Ma la fortuna ( o sia d' ardente stella ,
Che signoreggia in Ciel mirabil face,
O pQtestà di tenebre , e rubella ;
O cieca forza, ed impeto fallace)
All'alto onor delfalta impresa appella ,
Fra ben mille perigli, Argante audace:
eh' un gran sasso, che giacque anzi la porta.
Pur come leggier vello in man si porta .
CXXXII.
Tanto era e tal, che la più forte coppia
Della robusta plebe oscura e ignota,
Se le membra e le forze insieme accoppia.
Noi porria sovra alla stridente rota;
Ma vien, ch'Argante, in cui vigor s'addoppia,
G)lla destra alto il levi, e giri, e scota;
E, dopo molto raggirar, da sezzo
Sovra i duo pie fermato il lanci in mezzo.
LXXXIII.
Stridendo rimbombar divise e rotte
Le porte, e'nsieme i cardini sonanti;
E'I Cavalier, sembrando orrida notte .
Ne' tenebrosi e torbidi sembianti,
O voi , neir ombre sue là giù prodotte:
Ratto sen corse e minaccioso avanti.
Vibrando l'asta; e nulla indi il repulse,
E'n arme spaventose altrui rifulse.
CXXXIT.
fiammeggiava Tacciar con feri lampi,
E folgoravan gli occhi atre faville;
Ne diluvio, ch'inondi i larghi campi,
E porti seco armenti, alberghi, e ville ;
Ne fero incendio, che dintorno avampi,
E Tempi e case accenda a mille a mille ;
Ne di montagna alpestra orrido dorso.
Fermato avria di quel superbo il corso •
Invitava, gridando, a' suoi rivolto,
A passare, a salir , I« turbe impigre ,
Ch'entro inondar, com' un torrente ■
O com' Eufrate si divide e Tigre .
Ogni ordine de' Praochì allor diicìolto,
Rifugiano alle navi oscure e nigre :
Altri neir alta rocca ancor rifugge :
La terra , il mare, il Ciel rimbomba e mngc
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO DECIMOTTAVO
ARGOMENTO
Fra sta^i Argante entro le mara , colto
Dal gran Roberto con gran sasso , cade;
Ma luor portato, a morto pur yien tolto
Dal demon , c'ha nel mar sua potestade •
Spiana invisibil questi il muro , e molto
Timor spai^ ne' Franchi , onde han le strade
Gli empj sicure a i legni , ed alla torre ;
Ma improvriso Ruperto a lor soccorre i
Jyla poiché vide aggiunti il Re superno
Alla bramata impresa i duo Roberti,
A cui dovean nel più gelato verno
Esser delF ampio mare i seni aperti;
Benché nel suo divino alto governo
Non abbian parte i fati, o i casi incerti;
Gli occhi rivolse da quei curvi legni
D' Esperia estrema a' combattuti regni .
II.
Kè sol del Frisio duce, e del Normando,
Rimira le fatiche» e i gran perigli;
Ma i giustissimi Ispani, e di Ferrando,
E di Ramiro i valorosi figli *
P^r cui Spagna dal giogo il capo alzando,
Del regno di Leone oprò gli artigli,
Là Ve domar devea, dal regio soglio ,
D'empj Regi Africani il fero orgoglio.
i38 LA GERUSALKMME,
Il sommo Dio degli altri Dei vetusto.
Che vuol, che di sua luce orjnim s' illuJil
Guardava il nuovo Ite, qiul nuovo Augusto,
eh' ivi regnar dovea tanli anni e lustri ;
Spirando a lui col vero atnor del giusto, ^^
E con pietà l'alte virlutt ilhistri: ^^|
E 'n Alfonso fissò le lantA luoi , i' - -
Quasi men curi in Asia i noitri Duci •.
Ma non fea cieca guardia il gran ^ImU*^^
Quegli, che muover suol lemptrtcaiiì
E quasi eguale al suo tDfernal;ÌintoikS,.
Perturba il mare, e h che l'aria «tat^^s -
E 'n Libano sedendo, or questo, òr qvetto
Lido mirava, e i salsi mari, e i camp* .
Ed Elia, e loppe, e tante navi, el porlo.
Dal giogo, onde scorgea l'Occaso, • r0rto.
Già visto avea di corredale navi,
Ch'uscian di Laodiuea, veloce il eorso.
Benché sian di cavalli , e d'arme grari.
Che danno al figlio di Lucia soccorso;
E 'n varie forme le conteste travi» ■
Le quai rompean del m ir ceruleo il dorso'.
Spiegar le vele da sublimi antenne,
E vittoria volar con auree penne.
Ed or veggendo di colori e d'auro
Avvicinarsi r Aquila dipinta,
Così detta è la prima, onde restauro ■
Potria la gente aver richiu.sa e vinta ^
La Sfinge , l' Idra , l'Orci , e 'I gran CetiMons
Poi Glauco, è la Sirena olire la quintil.
Commossa avrebbe la procella e'I n^mbo,*
Per tuffarle del mar nel vasto grembo; ' *-'
CONQUISTATA iSg
o TU*
Ma dicea fra «è poi: S'io queste immergo,
Lentando il freno a' procellosi spirti,
O lor per T ampio mar porto e dispergo
lofra gli scogli e T arenose Sirtì,
Lunge dal colle, ov'ha securo albergo
Il giierrier, che fuggì gli ombrosi mirti;
Che dell'altre avverrà, già scorte al lido,
Nel periglio comun del mare infido?
▼III.
Propria tempesta a quelle, e proprio risco
Già muover converrebbe in questi mari,
Ch'io di veder turbati appena ardisco,
Tanti han legni da me guardati e cari.
E '1 Signore, ond'io temo e sbigottisco,
Sdegnato, non farebbe il danno or pari;
Ma dnria tutti in preda i legni nostri
Agli abissi , a i diluvj , a i feri mostri.
IX.
Dunque, che fo? tutto ozioso attendo,
Che giungan salve alle bramnte rive;
Vittoriose al Re del Cielo offrendo
Di spoglie ostili i doni, e di votive?
Ma*l gran tridente mio vinto sospendo,
£ torno all'ombre, cb'ei di luce ha prive.
Per non veder giamai, sull'ampio Egeo,
O di Siri , o d' Egizj alzar trofeo .
X
Ma se negli alti fati è sol prescritto,
Che tocchin le famose antiche sponde;
Né d' Arabia le navi , o pur d' Egitto,
Yinceran combattendo in mezzo ali* onde:
lo sono il Duce ancor dell'acque invitto,
£ signoreggio ovunque il mar circonde:
£ le concedo alla vorace fiamma
Del mio fero fratel, che tutto infiamma .
i4o LA. GERUSALEMUS
Così diss'eglì ; e i pie veloci e pronti
Mosse dall'erto giogo, e venne a bauo,
£ l'alte selve, e quei selvaggi monti
Fece tremar col suo teiribil passo:
E tre volte crollò l'orride fronti
D'aspre montagne, e ruppe il vivo sasio
Ma del quarto vestigio il Udo informa,
. Negli consente il suo furor, che dorma.
Or mentre del tumulto il Ci«I muODa ,
E che dal muro ognun rifugge e scampa ,
Al gran Roberto Goldemar ragiona :
Già dentro il muro il Ber nemico accampa;
E già, prese le porte, aspra corona
D'orribil guerra a te dintorno avampa:
Già per le navi son divisi e sparsi
Egizi , e Siri , e non potran ritrarsi .
Noi dobbiam tosto farlo, insieme accolti
I più forti di questo, o d'altro stuolo;
Pria che siam presi in mezzo, e 'ntorao aTTolti
D'erapj nemici , in mnl securo suolo.
Che pochi e stanchi, incontra i feri e molti
Fuor della rocca, avrian di morte il duolo ;
Ma se colà potrem ritrarci in alto,
Soslerrera delle turbe il nuovo assalto.
Cosi diss'ei : né spiacque il suo cnnsiglio
Al magnanimo cor del gran Itoberto :
E benché far bramasse il pian vermiglio
Dell'altrui sangue, esposto al caso infarto.
Pria che lasciar le navi in quel periglio ;
Pur colle schiere si rivolge all'erto :
E seco il buon N'ormando, e'I bel Guglielma^
Goldemaro , Aristolfo , e 'I 6do Antelmo .
CONQUISTATA 141
XV.
Tutti fiacean di lor folta falange,
Qual Roma avria lodala y e Fella , e Sparta,
Ch'impeto alcun non la perturba o frange,
O si fermi in battaglia, o si diparta:
E s'avvieu che si volga , e loco cange,
Non si vede però confusa o sparta .
Cosi appressava allor Germania e Francia
. Scudo a scudo, elmo ad elmo, e lancia a lancia.
XTI.
Lancia a lancia, elmo ad elmo, e scudo a scudo,
E guerriero a guerriero, e duce a duce,
Parean quasi congiunti; e'I ferro ignudo
Splendeva al Ciel con più terribil luce .
Cosi ristretti incontra '1 popol crudo,
Gli ordini densi il gran guerriero adduce :
E vibrando il cimier, V insegna, e Tasta
Ciascun degli altri , ei solo a lor sovrasta •
In tal guisa ordinati, oltra sen-vanno,
Già pronti avendo ad ogni estrema sorte
Gli animi alteri, eh' a temer non hanno.
Senza vergogna e scorno, orrida morte;
Ma pria gli assalta del crudel tiranno
11 figliuol più animoso, anzi il più forte.
Co' Filistei , eh' il suo valor seguirò,
E con quei di Sidone , e quei di Tiro .
XTIII.
Fra' caduti ripari , a loro incontra
fiuinoso venia dal Iato destro.
Come per verno, o per diluvio, incontra,
Che si svella dal monte un sasso alpestro:
E tutto abbatte ciò, eh' a caso incontra
Precipitando per camin Silvestro:
Rimbombando i torrenti , e l' alte selve,
£ fuggoù per timore armenti, e belve .
j4i hk GERUS&LBBfHB
Pur non fuggirò , e non turbare i Fniachi
L'ordine, in cui veotan, condenso e folto;*
Ma r aste acute gli opponeano a* fiaochì ,
Al forte pptto, al minaccioso volto : '
' Uè però awien , eh' egli vacilli, o tBaachì ;
Ma vibrando la sua, TorindaJia colto.
Ed aprendo lo scudo , e la lorica,
il petto gli passò Tasta nemica .
Ma fu ripieno il loco, e si ristrinse .
La schiera, e vi successe il buon Toraldo,
A cui passò r usbergo , e dentro ei spiase
La già sanguigna lancia ; e '1 ferro caldo
Giunse ove il cibo scende, onde l'estiiue.
Pur l'ordine rimase intero, e saldo :
E dove cade l' un , trafitto il ventre ,
Subito awien, cb' il successor rieatre.
Né per timor , ch'altri il disossi, e spoTpì,
Sarebbe alcun dal loco addietro or mosso;
Ma l.inti furo e sì gravosi i colpi,
Ond' Argante è da lor collo e percosso,
die non sarà, ch'il suo ritrarsi incolpi.
Romano Cavniier, Greco, o Molosso ;
Ma pur conforta i suoi con alte voci,
E gli fa col suo esempio ancor feroci.
O Turchi in guerra forti , o popot fido,
(> voi , che già solcaste i salsi flutti ,
Per me passando a sì remoto lido.
Dove lieta fortuna or v' ha condutti :
Durate meco; e'n quel già vecchio nido
I ladroni del mare or fìan distrutti :
Né lungo tempo sosterran la forza
Nostra, e di tutti noi , se più si sforza .
CONQUISTATA 148
zzili.
Cosi parlava; e*n ragionando, accese
Di ciascuno de' suoi gli spirti, e 'I core,
A dimostrar nell'onorate imprese.
Quanto avesser di forza, e di valore.
Fra gli altri Norandin, che tardi intese
A farsi, mentre visse al mondo, onore,
Lo scudo avendo a* suoi nemici opposto,
Air audace fra tei si fece accosto.
E con sublime cor ristretto e chiuso
Sotto il lucente acciar tutto s'accolse,
Allorch* AnteImo,di fallir non uso.
Vibrò Tasta pungente, e *n mezzo il colse;
Ma fragil parve il legno, e'i ferro ottuso,
Talché del vano colpo egli si dolse ,
E si ritrasse disdegnoso addietro.
Dicendo : Il mio troncon simiglia il vetro ,
zzr.
Signore , e d' esser teco ho gran vergogna ,
Se non emenda or questo error la spada .
Cosi se stesso e Y armi sue rampogna •
Ma Guglielmo noi tien, parlando, a bada:
E r uno e T altro in guisa d* uom, ch'agogna
Gloria , e far ch'il nemico a terra cada;
Taciti combattean, colmi di sdegno,
Col ferro a prova , e col ferrato legno .
XZYI.
Guglielmo di sua mano a morte diede
Il feroce Almansor, che d' Alessandro
Tenne gran tempo la superba sede;
Ma nacque dove al mar corre Scamandro :
E condusse di là prigioni, e prede,
E'nsiu dal lido, ove s'innalza Antaudro;
Onde per mezzo de' suoi fatti egregi ,
Fu tra' generi ancor del Re de' Regi .
■44 LA GEBUSALEUMB
Il Britanno Signor coU'asta lunga
Ferì costui sotto il sinistro orecchio ,
£ fé sentir quanto sia grave e puoga ,
Poi la svelse coli' alma al corpi) Tecìdiio.
Qual tronco annoso, cui dal saol dìs^angt
Violenza di ferro, o di Libecchìo,
Cade dal giogo, onde lontano apparse ,
Ben mille aride foglie a terra span*.
Tale indietro cadea, sonando intorno
L'arme dorate, e le dipinte spoglie;
E mentre a lui si fece oscuro ti giorno.
Gemendo, egli membro tenera moelie,
Cb'avea sì dì sua man il vei^lio adorno ;
E questo accrebbe pi ù l' estreme doglie :
Ed ella pur l'amor godea dt furto»
Stimando a' suoi diletti il tempo curio .
Ma colla spada il fido Anselmo intanto
Prima troncava l'asta , e poi la mano
Dell'empio Asarco; indi gli estese accanto
Col terzo colpo il suo fedel germano:
£ della fuga ancorgli tolse il vanto,
E col quarto il mandò sossopra al piano.
Perchè mentre ei volgea l'inermi spalle.
Il colse in parte, ov'il colpir non fitUe.
E tutta quella vena a lui recise ,
La qual dal largo dorso in su trascorre,
£ giunge alla cervice, onde l'ancìse ,
E'I feo cader presso T antica torre.
Ma Niirandin fratunto anch' ei divise'
Colla sua lancia il petto al bruno Ettom
Venuto iaain dall'arenosa pia^ia ,
Ch' iuonda il mare all' isola selvaggia .
CONQUISTATA c45
XXXI.
CI fido 4ntelmo a Noradin converso ,
Ferì lo scudo d'ogni parte eguale:
E di nuovo Tacciar lucente e terso
Sostenne il colpo, che saria mortale.
Il lurco a lui lasciò di sangue asperso
11 braccio, onde schifò l'ira fatale ,
eh' ad altra mano il suo destin riserba
La vita, eh* è si dolce, ancora acerba.
XXXII.
i/1 suo fratello Argante ancor gli punse
11 suo nemico, e Tasta in lui vibrando,
Ruppe ogni piastra, ed ogni acciaio disgiunse,
Pur il ferito braccio allor piagando.
Si trasse Antelmo addietro, e si congiunse
Col buon principe inglese, e colNormando,
Che T amico salvar piagato ed egro ,
Opponendo a quel fiero il tronco integro.
XXXI li.
Ma le schiere de' Turchi apre e scompiglia
Il gran Ruberto, e Tarme incide e parte;
E dappoiché spezzò Tasta vermiglia
Entro le membra d'atro umor cosparte,
Tra il largo naso e le due irsute ciglia.
La dove siedon gii occhi in cava parte ,
Colla pungente spada Alteo feriva,
F. per la via del pianto il sangue usciva.
XXXIT.
£ Tuna e Taltra luce a terra, mista
Col sangue, cadde entro la nera sabbia.
Quegli combattea ancor privo di vista »
Di vita no, con dispietata rabbia:
Sin cheTaniroa sua dogliosa e trista.
Quasi fera selvaggia , uscio di gabbia
Con fier muggito, e'I volto esangue e torvo
Restò per disfamare il cane e '1 corvo .
Q. Conq, r. IL to
■46
LA GERUSALEMME
Ma Roberto rbpoi la punta inomen
Noll'anipin pt-Uo cIlI crudele Alnn
.Che tant'ollre li strada in f;iù s'aperse
Che pervenne del sangue al caldo fonte^
Quinci la spada ad Oribel converse,
E^a»ino al menio gli pnrtia la fronte ,
Talch'Arifan fu d'impruvisa tema
Mosso invano a fuggir l'ora suprema
Ma dove il capo alla cervice è giunto,
Roberto il colse; ed ogni nervo inciso,
Sicch'uopo non saria fascia, né punto.
Pender sul petto fea la testa , e'I viso:
£ come ramo d'alto pin disgiunto , w
Con poca scorza ancor non è diviso: I
Così atleneasi a quel sanguigno tronco
Quatti divelto il teschio, e quasi tronco.
Fra gli altri, cli'a fuggir l'estremo fato
In quel sanguigno assalto allor non valse
Né la forza, e'I furor del Conte irato,
Ismael fu, ch'incauto ivi l'assalse.
Questi varcò sin dall'avverso lato
Del mondo i lidi aprici, e l'onde salse
Là "ve a sinistra i Sol cader fa l'ombra ,
E poco al Mezzogiorno, o nulla adombra
Ne già venne a cercare o spoglia ostile
In nohii guerra, o gloriosa fama ;
Ma nobil moglie . e stirpe alta e gentili
Che la figlia del Re sospira ed ama .
E d'illustrar la sua progenie umile,
E le nuove ricchezze altero ei brama ;
Oro scoprendo , e gemme ancora occui
Pria del sepolto padre a lui sepulte .
1
" CONQUISTATA 147
Ma fera morte al suo desio s'oppose,
»E(1 alle nozze, ond'egli era sì vago ,
Cli'a lui Roberto il ferro iti seno ascose,
E fé di nero sangue in terra un Iago.
Da qutile parli in respirar ventose.
In rui traluce immaginata immago :
E forse ancor dalla vicina sede
Amor cacciò, ch'ivi abitar si crede.
Eucentaffo e Sinan , fidi compagni.
La spada micidiale aggiunse appresso,
Percbè non sia chi si lamenti e lagni
Della sua morte anzi l'onor promesso;
0 tepide ncque d'odorati bagni
Scaldi al foco di mirto, e di cipresso:
Ed amomo prepari, e mirra , e'ncensì
Al corpo ingrato, in cui son morti i sensi.
Ma'I figlio (V Assagor più forte e saggio ,
E l'indomito Ircan , cbe morie sprezza ,
Purdimostran pugnando alto coraggio
Contra la schiera alle vittorie avvezza:
Attraversando lor l'alto viaggio
Di quella rocca alla sublime altezza,
Dove i Liguri suoi Guglielmo aduna,
Con Guimerto, che scorse alta fortuna .
lì Bodoan sotto il pitoso mento
A Cimosco il Frison gran lancia affisse;
Mentre a parlar, più ch'a ferire intento,
Volea, Compagni, dir; ma nulla disse :
I Perch'insieme col sangue u.scia,qual vento,
1 Per U piaga lo spirto, ond'egli visse :
1 fece un mormorar dolente e roco,
PPur come stride umido legno al foco .
»
»
<48
LA GERUSALEMME
E posciach'in Argeo l'impeto ei volve.
Tutto gli ebbe passato il destro fianco ;
E luì disteso entro l'immonda polve.
Trafisse d' Xrim^n l'omero manco :
Ed in preda a colei, che tutto solve.
Fra gli altri morti lui giuó pur niico.
Quegli prendea colla sinistra pnlma
La lorda terra, anzi'l fuggir dell* alma.
Ma v>(tn il ciglio Ircano allor percosse
Bifeo, che nacque ove più gela e verna,
Fra'l Heno e Mosa , e giovinetto et mosse,
Per acquistarsi nome , e fama eteroa ;
Ma l'asta acuta la pupilla scosse, ^^
E dell'occhio passò l'atra caverna ; ^M
E, per la nuca uscendo, il sangue tetro ^
P«fr un colpo spargea davanti, e dietro .
Venne Ramberlo ancor dall'alte sponde
Dell'ima Olandia, e presso d mar palustre:
£ da quella città, eh' è in mezzo all'onde,
Cercando in Asia gloria, ond'eì s'ÌHustre:
Già prima, per solcar l'acque profonde
Dell'ondoso Ocean, fra' Goti illustre
E fra' Norvegi , al porto or si vicino
Sul lido il giunge il suo fermo destino .
Ganfredo ed Ugo avean lasciato insieme
Ulisinga del mar sonante in riva ,
A cui dintorno egli s'aggira e freme i
Con lor di Gravelinga Anton veniva .
Or per l'istessa man, che nulla teme.
Lasciar la carne, che di spirto è priva;
Ma non può il fero Ircan per sua possanza
Chiudere il passo a quel, che tutt'avaaxa-
I
CONQUISTATA
■49
E Rodoano, ed egli , a viva forza,
Kd ogni altro con lor cedea, nspinto.
Al grnn Roberto, che gli alletta e liforzit,
7aicli'il sinistro Iato avea già vinto.
Ual destro invitta è la nemica forza
D'Argante, d'altrui sangue orrido e tinto.
Lo (filai seguilo da feroce turba ,
Già mossa ba la falange, e la perturba .
K V uno verso l'altro allor converte
Iiìe duo gran cavalier l' impeto , e l' ira ,
Onde le squadre avverse ave.ino aperte,
Ma viepiù incauto Argante i passi gira;
E i non ben vinti, e le fortune incerte
Lascia da tergo, ed alla rocca aspira;
E prima in arrivando ei l'asta abbassa
Nel gravissimo scudo, e noi trapassa .
Né già vacilla nel suo colpo ed erra,
Ala la possente man rimase inerme;
Ne mosse il cavalier, ch'in soda terra
J^'iilte vestigia aveva impresse eferme:
Qual aspro scoglio, o torre alla dt guerra.
Fondata in piagge solitarie ed erme,
Clie non si crolli per soffiar dell' Austro,
O per vento, che spiri il freddo plaustro.
Argante, eh' il suo cerro indarno ba rotto,
E l'altro, ond'è percosso integro scorge,
ni quel soverchio ardir, che l'ba condotto,
■ E del suo gran periglio allor s'accorge :
H E si vieu ritirando a' suoi di sulto,
^1 Ov' è chi iniuva lancia in man gli porge:
H Ma Roberto adirato anco il persegue,
H £ più seco non vuol paci , né tregue.
»
Ma contra lui , che rapido s' arretra ,
Mosti^ di sì lontano il fero sde^o : '
Di molti sassi, onde quel suol a' impala,
Perch' alle navi sien fermo ritegno , 0
Lanciando la più grave e dura ptetta.
Pur come dardo , o strai s' STveota al aagao;,
£ nel petto il percosse il grava^Kindo,
Sul giro dello scudo ampio e ribmdo . ' *
E come quercia , ch'orrida proo&llm
Del ciel turbato, e fulmine tonaote,, ''
Dalle radici sue sterpi e divella ;
Così cadéo lo apaventoso Aitate ;
E questa mano in sull'arena e quella
L'asta e lo scudo abbandonò tremante;
£ la terra tremò per dura scossa ,
Tutti gridando alla crudel percossa .
Ma i Fiamminghi lanciar quadrelia , e sassi
Sovra '1 disteso corpo , e noi ferirò ,
Ch'Ircano, e Norandin con pronti pas^,
£ Celebin gli fece intorno un giro .
Alcun non è, che t'abbandoni e lassi
Nel rischio, Argante , o sia Fenice , o Siro;
Ma collo scudo alzato a coprir t' ebbe ,
Tanto del tuo periglio a tutti increbbe .
Dalle pietose man de' fidi amici
A' veloci cavalli ei fu portato.
Che lungeda furor d'aspri nemici,
Eran congiunti al ricco giogo aurato :
E quinci ei fu condotto a' lidi aprici ,
In cui gran padiglione aveaao alzato »
Vicino al sasso, ove cotanto piacque
Andromeda legata in riva all' acque.
CONQUISTATA
ifii
E fra coltre dipinte e molli piume
>Fii posto il cavalier, cli'aiico languii ;
E'I volto sparso dal liquor d'un fiume,
Che seca nidi non lunge umida via:
£ sorgendo a sedere, al dolce lume
X)e' bei .raggi del Sol già gli occhi aprìa.
Ma poi ricadde ; e pur d' orrori e d'ombre
Avvien ch'oscura notte ancor gl'ingombre,
AI» come quei di Frisa, e quei d'Olanda,
E quei , che Leuci già fur delti e Remi ,
E quei, ch'in navìg:indo Ìl mar d'Irlanda ,
Solean prima adoprar le vele e i remi.
^E gli altri, a cui Roberto allor comanda ,
Abitatori già de'Iidi estremi ,
Vider portare il corpo al duro scoglio,
Gl'infedeli assalir con grande orgoglio.
E'I Normando Signor fra tutti il primo
IPu , che d'asta feria l'empio Siracco ;
E sotto il duro scudo aperse l' imo
Ventre, e ciò eh' ascondca il tristo sacco ;
E lui ravvolse in quel sanguigno limo.
Sicché più non vedrà Menfi, o Baldacco,
Dove solca da queste parti a quelle
l'ortar fra due Califfi alte novelle.
E disse rampognando: Or va', racconta
Quei , che tra noi si faccia al Re d' Inferno ;
E come l'uomo in guerra all'iiom s'affronta;
E narra ivi di me pel lago Averno .
Cos'i alla fera morte oltraggio ed onta
Aggiungea per vendetta, e per ischerno;
Perché già il falso raessaggier deluse
I nostri duci, e vera pace escluse.
iSa LA GERUSALEMME
Ma NoraDdin, che veodicar non y
Di lui, come vorrebbe, U 6er dispiqio»'
Fere Albion fra le vermiglie golg> ,
Già di cavallt domatore egregio :
Quel , dove ora non sono o Ap>^t *> nte*
Per cui' Del corso acquiiti oaore, l^pv^^t
Muore a pie tra le navi ; e brama invano
Carro, e destrìer, cbe*l porti ìndi lonttna<
E già di Norandin rigida Parca
L' estreme 6Ia intoruo al fuso accoglie,
Perch'il priocipe Inglese a lai sea vaTCa^
Che d'avernedesiarultimespoglie:
E'n quello spazio, ove le ciglia inarca»
D'acutissima punta in fronte il coglie :
Talch*egli cade, e tosto avvìen che spiri t
Mandando al frate gli ultimi sospiri.
Che rado miior senza vendetta alcuna.
Chi lascia il buon fratel nel caro albergo.
Ma Celebin per variar fortuna ,
Anco non volge al fìer nemico il tergo ;
E i suoi compagni a sé dintorno aduna,
£ dice: Se di sangue or non m'aspergo»
Non curo riveder la patria, o'I padre ,
Né baci aspetto dall'antica madre.
Disse; e passò del buon Gisolfoil braccio»
La parte al fiero Albingo opposta al d(M«o;
L'un colà nato, ove l'acuto ghiaccio
Talor restringe alla Mosella il corso;
L'altro tra' boschi , ove al suo duro laccio
Prese le fere, e corabaltea culi' orso;
E spesso, in paludosa ed ima valle»
Del feroce cinghiai ferì le spalle ;
C0NQIIIST4TA
■ 9)
I
I
Perfiote appresso in sulle cave tempie
Protnlilo, (l'Alemar ministro e donno ;
E nel piau, che del sangue altrui s'adempie.
Luì manda ahciulto iti preda al grave sonno.
Ma qui sorgtuiige il gran Roberto, e l'empie
Turbe il suo incontro sostener non pouuo.
Celebin più non fé', uè far poteva ,
Cb" il nemico maggior di fama il leva .
E'I pallido timore ingombro a tutti
L'animo e'I volto avea di freddo gelo;
E fuggian , paventando, a' salsi flutti,
La destra, cbe parea destra del Cielo.
Orchi narrar potria le strida, e i lutti?
E degli anni squarciar l'oscuro velo?
Percbè sian conte con eterna gloria
La morte de'più forti, e la vittoria?
Dite, voi Muse, che nel ciel lucente,
Fra r auree stelle fate alto soggiorno ,
Qual fosse il primo cavalier possente
Di ricche spoglie in quel contrasto adorno,
Poiché la timorosa e varia gente
Face» precipitosa al mar ritorno;
Roberto il grande fu, che stese a terra
Sciriffo il Turco, assai famoso in guerra.
Duce di quei, che le frondose cime
Di Libano abttaro, e quei paesi;
E lode ebbe vicina a quelle prime
L'.ilto signor de' sagittari Inglesi,
Ch'alzar trofeo di Norandin sublime
Volle, e lui dispogliò d'aurati arnesi :
E'i fero Gazi a lui congiunto estinse,
E dal fianco aurea zona ancor gli sciale.
.54
Arìstolfo, Laiiiéc, e Baia, e Nino, • >
Duci d* Arabi, ancide, e d'IduBei;^ • ■'•'■•'
E Raimondo Biduo aveaoonquùo, '
Tra'PalMiiai uom chiaro, e Nabatei.
Guglielmo e Guimerio, del Tolgo uieiao
Poteaao io terra anco drizsar trofieì ;
Ha non stimaro onor fallace e corto ,
Se pria noo s'acquistaTt il nuve «^ poMbft
Ma più d'ogn'altro in perseguir Tclooe
Si dimostrava il buco duce Nonnandos
E di quei , che fuggian , la man fittoce
Più ne mandava ancor di vita in baado:
Volgeasi a'Iidi dolorosa voce,
E'I mar gonfiava Tonde, alto mu^hiando:
E già d'urli e di strida e di cordogli
Sonar s'udian le pia^e e i duri aco^.
Eldalfio' intanto il cavalier d* Egitto
Trova, che più non giace, e'n coltre ci siede
Che già raccolto avea l'animo invitto
Dal fero colpo, che gran duol gli diede ;
£'1 sudor e l'ansar del corpo aJFHitto
Egtà cessato. e'I suo vigor sen riede:
£ conosce gli amici, e parla, e duolsi
Del caso , onde perdeo gli spirti e ì polai .
Ragiona Eldalfio a lui, come l' inspira
L* Angelo , ch*è vicino, e lunge adopra ;
Quel dico , che destar lo sd^no « 1* ira
Suol d'alto vento, e volge il mar sossopn,
Con tenebrosa potestale e dira ,
Che data, com'ogni altra , è sol dì sopra:
Demonio il chiama angelica favella;
Mal pazzo mondo lui Fortuna appella.
»
CONQUISTATA iSS
O del gran Re de' Regi amico eletto
E genero fedele , osa , e confida ,
Che non fìa sempre al valoroso petto
Il ("ielo avverso, e la fortuna infida.
10 tosto il calle d'appianar prometto
A quella rocca , ove il ladron s'annida ;
E (jiiel muro atterrarli in picciol tempo.
Tu sorgi; e vieni alla vendetta a tempo.
E vedrai sovra 'l lido oni;tÌ discese
Le marittime turbe , ond'é coperto, •
E con giri larghissimi distese
Tosto n'andrau girando in loco aperto:
Talciiè far non potrà da noi difese
Quella rocca, quel fosso, o quel Roberto.
Or segui, ed all'impresa anco t'accingi,
E i cavalli alle navi ornai sospingi.
Cosi diss'egli ; e col suo dire infuse
La Fortuna in Argante ardire, e possa.
Talché più non sentìa di carni ottuse
11 dolor, che lasciò l'aspra percossa:
Né dell'altro pensier ella il deluse,
Che fermò la sua gente in fuga mossa,
Tosto ch'apparve, come suol, maligno
Marte, lucendo di splendor sanguigno.
E quei , che sino allora avean seguito.
Per riportarne alfìn vittoria intiera,
Ora veggendo il cavaliere ardito
Sorto in sembianza minacciosa e fera,
Ch'intorno scorre all'arenoso lito,
Riordinando i suoi di schiera in schiera;
Sbigottiti fermarsi a lui d'incontro,
£ l'animo lor cadde al nuovo incontro.
t56 LA GERUSALEMME
Cosi da'can veloci in alt;» selva ,
O presso a precipizj ed a dirupi.
Fugge il cornuto cervo , e si nnselva ,
E la selvaggia capra all'erte rupi :
Sin cli'appare, e spaventa orrid^i belva,
Lo stormo, che noti teme oglÌ orsi , o i lupi,
Nella terra di Bocco , ovver di Juba ,
D'artigli armata, e di terribil juba .
Disse Aristolfo, di lor tema accorto:
Quii miracolo è questo? o cli'io vaneggio.
Il fero Argante, che ci parve uom rm^rto
Pur dianzi, or vivo e'ncontra arma to il veggio,
Come sia dall' Inferno oggi risorto ,
Per opra del demonio, a farne il peggio
Ma non temiam ; ciascuno a me ristrtaj
Di voi più forti i passi; e lui rispiiiga.
Ma la gente più frale omai dia %'olta
Dopo il mio tergo ; e se n'andrà secura,
Sin eh' ella fia dentro .l' ripari accolta
E tra le navi e le difese mura .
Tacque ; e la schiera feo più densa e full
Che fu suo proprio magistero e cura
Come in far torre, per umano ingegno.
Pietra a pietra si giunge, e legno a legno.
Quivi ordinava a' suoi nemici a frc
Quei, ch'erano più forti e d'arme gravi
Lor ristrìngendo appresso n\ fero (>onU
L'altre genti mandava all'alte navi.
Ma \oY, di trapassar bramose e pronte.
Tardava it fosso alle confìsse travi:
Copriano intanto il Ciel d'orride uulii
Quei, cb'abitaro ove ktiava Anubì .
;iu .
ì
ali.
CONQUISTATA
Ed'altngiù carlean gli acuti strali.
Come in sul tetto grjndine sonora;
»,£ molti di quei colpi eran mortali.
Là ve fiicean entrando anror dimord
E già Eldalfìo avea stese, in guisa d';
Quinci e quindi la genie Egizia e Mora;
E come selva si circonda , o tana ,
Cinger vorrìa la gente ancor lontana.
E i Roberti, e Gngtielrno, e Goldemaro
Al numero cedeano ornai soverchio,
Contra'l qual non restava altro riparo,
Perchè non gli circondi il fero cerchio;
»E l'ordine bramato a vrian più raro,
Se non facean al capo alto coperchio r
Ma nel volger la fronte, e net ritrarsi^
Gli ordini si turbar divisi e sparsi .
Perocch'Eldalfìo i suoi di.stesi, e volli
Avea girando, e coinhattea duppiesso.
Mentre Argante i destrieri ornai raccolti
Sospingea nello stuol ristretto e spesso.
E d'arme saettate a'corpi, a' volli ,
Parte lasciò l'orribil segno impresso,
Parte ancor fissa in terra ingorda sembra
Del fero pasto di sanguigne membra.
Ma innanzi a lutti il gran demonio adombra
I cavalieri, e gli perturba e caccia :
Benché di nube abbia vestite e d'ombra
L' orride spalle, e la terribil faccia:
E scuotendo il tridente, ond'egU ingombrn
D'alte ruine il lido, ancor minaccia
Ricoprir de'gran monti il capo, e '1 dorso,
k Togliendo all'onde tempestose il morso.
i6o L\ GERUSALEMME
Disse: e gli altri, grir])itiilo, atidietro ei las-
che lui seguir, menlre egli sprona e va«
La terra, ov'era il muro, e^iiiile e bussa, i
Se non che di ruine è sparsa ecarra
In parte: ed egli primo ascende e pasiia^<
E punge il suo des tritar tra barca e harcad
Molti a tergo segiiian seguaci , e 'nlon
Perch'a'Frauchi quel sia l'estremo gioriioi
Come fulmine ardente in Ciel l^impeggta.
Fra le nubi tonando,, e scorre avanti;
Turbandoaltrui dalla celeste reggia ,
Seguon poscia col turbo Austri e I^vantiÌ|
E freme il mar sonoro e tutto ondeggia ,
Con on<le curve e rapide e spumanti ;
E l'una dopo l'altra al lido aggiunge,
E quinci s'ode mormorar da luiige:
Così splendean dì ferro i Turchi e i Siri ,
L'un folto sovra l'altro, e quasi adosso, j
Seguendo Argante; e'nfin ne' quarti giri i
Marte egli par , tutto infiammato e rossoj
Di nuovo s'odon pur voci e sospiri
Di chi perctiote e fere , e del percosso ,
E minacciosi gridi, e feri sdegni ,
E si lingon di sangue i neri legni .
E quinci e quindi da sublime parte
Con lunghe aste si fea guerra vicina.
Usando quei dall'alte navi ogni arte
In rispinger gran fiamma e gran ruiiia,
E questi da'cavalli; e sol diparte
Breve intoppo l'incendio e la rapina.
Chi vide mai simil rifugio e scampo »
E tiaval guerra in arenoso campo?
CONQUISTATA 161
iutorno all'altre navi altri seguaci
Del fero Argante fanno aspra battaglia ;
Egli tnedesmo pur cun gli altri audaci
Quella de! gran Koberlu avvien ch'assaglia
Porla dal lido alcun sulfuree faci,
E tenta alcun , come v' ascenda o saglia ;
Me l'uno stuol la nave ancora infìamma.
Uè l'altro indi respinge ardente fiamma.
Boberto fiede allor tra 'I capo e'I busto
L'empio Medonle, e noi percuote invano ,
Percb'egli cade ìu quel sentiero angusto
Col foco, cbe portato avea lontano:
E del fumante pino il tronco adusto
Gittò colla Irem^uite e fredda mano.
Spiacqtie al feroce Argante il fero colpo,
E fra sé disse : Ur mia stanchezza iuoolpo .
£ rivolto al frate!, cut stanca e doma
Tenere e gravi membra il grave peso,
E come sian quell'arme ingiusta soma ,
E in rimirar l'altrui fatiche inteso,
Uii.i e due volte rampognando, il noma:
Cclebin, Celebiii, chi n'ha difeso?
Or tu sano, ed io infermo ancor vivi,imo:
' 've soo gli altri, ch'io sospiro e bran» ?
Ove Ali'ansor, ove Ismael rimase?
La forza di Sanguigno uve lasciasti?
Come torn.ire alle dolenti case,
Senza il tuo Norandino anco pensasti ^
Manc;i alla reggia o inai sostegno e base.
Per vari sanguinosi empi contriti :
E dal summu Sion vacilla e trema,
£ miuacoia ruina a noi suprema .
G. 0>nq. T. II. > •
tfìs LA GERUSALEMME
Disse; e dall'animoso alto fancitilla
Tal ris)v>sta Ìl feroce incontra udia :
Altra volta fu. Argante, il mio irafttiilla
Cessar dall'arme, e soggiornar tra via:
Nessun riposo oggi ritrovo , e nullo
Spazio da respirar, come scita ;
Ma te difesi, e'I nostro onore , e'I regno ,
Tutto'l dì arniato, e son di biasmo indegna-
I compagni, che cerchi, invido fato
Alla nostra vittoria estinti invola,
Fuor che Sanguigno, il qual partì piagalo
Nel primo assalto, e più non fé parola:
Me, del fratello e non d' onor privato,
Questo sol, che m'avanza, oggi consola:
E per seguirti, alla persona stanca ,
Con prontissimi spirti, ardir non manca .
Dunque dove coma odi, o vengo, o vado.
Non fia, ch'in me virtule invan s'attenda,
E pugnerò quanto la forza, e'I grado,
eh* io sostengo fra gli altri, oggi si stenda.
Oltrale forze, ancor se fosse a grado.
Non lece; or fa, ch'il tuo volere intenda.
Cosi di<:e egli ; e placar può nel core
Del suo fratello it disdegnoso ardore .
E l'uno e l'altro, ove più avvampa e ferve
La battaglia, si spinge in mezzo all'anni;
E pria che si ristori, o si conserve
Il lor corpo già stanco, e si disarmi ; ^_
Arder le navi , e quella rocca, e serve ^H
Peosan farvi le genti; e senza marmi, ^M
Dì tanti eroi le membra , e senza spoglìéi
Lasciar di lupi all' affamate voglie .
CONQiriST\TA ifiS
Con si falto pensiero \rganif or libra
L' asta , che molto pesa , e tiinge splende ,
Nel gran Koberto poi l'avventa e vibra,
Nn falla il seguo, e*l suo scudiero offende;
£ ^It apre il duro petto , e sangue imtibra
In luì non lascia, in °uisa il ror gli fende:
IJgon dall'alt;! naveal ciel si volve
Cadendo , e stampa h vermiglia polve.
Guglielmo intanto da vicina proda
Saetta, e l'ampin segno ei già non falle;
Ma percuote ismagnndo , ove s'annoda
Il nero collo nlle sue quadre sp.ille:
Né meritar jxitea piti chi:ira loda.
Ch'appresso \rgante fé sanguigno il calle,
Ed urlando a'suoi pie l'alma feroce
Fuggì d' Inferno alla Tartarea foce .
Il principe dall'arco ìt colpo addoppia,
£ la destra d'( Isbìda al viso aff'ige ,
Talché la piaga d' uno strale è doppia ,
£ manda ancor quell'alma all'atra Strge.
Arglinte. il qua! cader la fiera coppia
Sì vede a Iato, per dolor s'afOige;
Ma "1 terzo colpo a luì dal teso nervo
Venia, ch'ancìse a (ergo ÌI fido servo .
E fu del buon arcier ventura il fallo,
£ gloria , e pregio di sua nobii'arte,
l'erch'in gnel duro e lucido metallo
Le sue quadrella invano avrìa cosparte;
Ma pur temendo Argante, e '1 fier cavallo
Ritratto, si rivolse a quella parte,
£ nello scudo attese il quarto strale,
Ch'ivi si ruppe assai vicino all'ale.
lA GERUSALEMME
E spezzato cadeo nel corto volo
Da scudo ad;)inantin, non che rìsptuto.
Guglielmo allora ebbe vergogna, e duolo
Del colpo vano , e pur vi perde il quinto:
Poi gitta l'arco disdegnando al suolo,
L'arco, onde mille pregi ave» giÀ viiilo;
E cruccioso dtcea: Laggiù rimanti ,
Che uon fia, che per te giammai mi vanti.
Tu m'abbandoni in sull'estremo giorno,
In cui sperai di fama eterni fregi.
Nel maggior nostro risco; e un nuovo scoraa
Non vaglion mille vani anticbt pregi:
Quinci si pon lo scudo al petto intorno,
E spera far gran colpi e fatti egregi
CoM'asta , quai non fece ( e non s' ingai
Strai di Partia, o di losco armata can
1
Ma rimirando i suoi, come s'arrischi
Il giovinetto ancor d'acerba etate,
E come squarci ornai, non pure inciscbi
L'arme, e le membra di sua man piai
S*opposer tosto agli onorati risebi,
E le navi cingean di genti armate,
Talch'un vallo di ferro intorno il chii
E de' nemici ogni pensier deluse ,
Cosi dintorno all'odorate celle,
Ov'han raccolti i rugiadosi odori,
Cingnn l'api Ìl lor re stridenti e snellej
Pungendo chi s'appressa a'colti fiori:
E cercan con ferite assai più belle
Dì bella morte i gloriosi onori ;
Talché più non si gloria il Re degl' Indi
D'aver fidi ministri e quinci e quindi .
CONQUISTATA i65
Ma lor di faci Argante ornai circonda
Fumanti, e mille all'opra accoglie e mille;
I£ non fu a'iegni mai di vento, o d'onda ,
Quanto or di Gamma è riscbio e di faville.
Roberto scorre uUor di sponda in sponda
La sua nave coli' altre, ovesortille
pari fortuna; e da vicine parti
fìtspinge con gran lancia i fochi sparti .
Quanti ei vede portar facelte accese»
lanti ne manda giù percossi e morti;
K dirci colle membra a terra stese
Caggiono , o più, degli animosi e forti.
Ei grida ; Or quai rifugi , o quai difese
lìestauo in altre piagge, o'n altri porti?
(> con quai navi ritornar potremo
(Se perdiam queste) all'Occidente estremo?
Della vostra fortezza or vi sovvegoa,
Compagui , eh' il valor non copre oblio ,
E di me , dt cui già seguir l' insegna
Vi piacque, e dell' ouor.ch'è vostro emÌo.
Non vogliate turbar con morte indegna
Quelli , eh' ora per voi fan voti a Dio:
Né la vostra temenza oggi interrompa
Glorioso ritorno, e nobil pompa.
Ed Argante all' incontro i suoi conforta
All' incendio , alle morti . alle rapine :
Deb struggiara questo nido, e questa porta
All'arme ingiuriose e peregrine,
Fedeli amici » a cui son Duce e scorta ,
E diamo a questa guerra ulltmo fine.
Non cercale al morir tempo migliore,
Che bel lìn fa chi ben pugnando muore.
■66 tk GERUSALEMMI!
Salvi saranno ptisci» ■ (ìgli almeno ,
£ le tenere mogli, e i verchi padrìi
£ quelle, che solean nel carif seno
Voifaucìulli iiudrir, cantile madrf
Godendo i frutti del n»tì» terreno;
£ con abiti voi lugubri ed adri
Pianti sarete, e oon eterna gloria
Lascerete a'nipoti alt:) vittoria .
Così dicendo, ei gli occhi gira, e guar
Le navi , che portar gì' invitti eroi ,
E pens;i qua! primiero intiammi ed arda,
E qual pili esposta sembri a' fochi suoi.
Quella il proprio sigtmreor più non guai
Che già (■ugiielmo espose a' lidi Coi ;
Quel d'Italia dich' io , ch'a prir
Tinse l'arene di sanguigni smalti.
Giaceva estrema nella terra aprica ,
£'1 legno di Tancredi ave.i vicino.
Pur coir insegna de" Normandi antifl)
Che Lilibeo, Hetoro, e'I gran Pachii
Onora. Argante allor l'alta e nemica
Proda prese con man del curvo piaa|||
Là dove ancor tra questa parie e <]uelu
Sì facea guerra impetuosa e fella .
Piastre, e lance spezz.tte, arnesi, e scud
Spade cadute, e strai con rotte pena
Braccia, e gaml>e recise, e capi ignu
Piena avean quella arena, uv'ei sitstem
Sull'arme , che p^treau sonore incudill
I colpi di secure , e <Ìi bipenne;
Né rilassò, ne rallento l' impresa ,
Sinché a quel legno fu la fìjiaioa apprcM
CONQUISTATA
167
I
E'I circondò d'inestinguthil face
Foco inquieto con oscuri lumi;
£ dalla negra pece ardor vorace
Al Ciel diffuse le faville , e i fumi :
£ giunse là, dove riposo e pace
Hanno i vicini monti, e i mari, e i fiumi.
Lo splendor della fiamma oscura e mista.
Talché dal gran Riccardo a ncnr fu vista .
Miiava il Cavatier dal colle occulto
Dell'indomito mar l'onda crudele;
E le aspettate navi al Udo inculto
Giunger vedeva , e già raccor le .vele:
Dall'altra parte udia quasi tumulto,
E suon d' arme , e di grida , e di querele ;
E'ntorno alla gran torre i fochi sparsi
Scorgeva, e da que'Iegni il fumo alzarsi .
E percuotendo il fianco, allor diceva
Al Signor d'Anzio : O mio fedcl amico,
11 mio lungo aspettar nulla rileva
Quei, che manda mia madre, e l'avo antico :
Perchè for tardo ajuto or non solleva
La gente oppressa dal crudel nemico;
Ed io qui tra le piagge inculteed erme,
La vittoria degli empj or miro inerme .
Né senza disprezzar il gran divieto
Del mio liberatore , armar mi lice ,
eh arme celesti , ond'io sia illustre e lieto
( Non so se vero, o falso) a me predice:
Parte alla vista altrui chiuso, e secreto,
Così mi tiene in questa erma pendice:
_ Né potrei, s'io volessi ancora, armarme,
I
ifl8 LA GERUSALEMME
Dunqtie tu muovi; e se discesi in terra
Saranno i miei sulle soliiighe arene ,
Falli tornar colà, dove riserra
Laodicea 'I porto d'umide catene ,
Sin che veggiana quel che d'incerta guerr
Oggi o domani , in questo Udo avviene,
Ch'io sempre non sarò dell' arme ignudoj
O mi provvedi almen d'elmo, e di scudo!
Cosi disse Riccardo, a cui rispose
Ruperto: Deh concedi aggiusti preghi.
Ch'io guidi senza te le tue animose
Schiere, e'I soccorso a'nostri oggi non nÌM
Forse altramente, amico, il Ciel disposo^
E iìa, che la fortuna a noi si pieghi ,
Sìcch' io scacci i nemici , e'I foco estingi
E dappresso i perigli ornai distingua .
E s' in me non bastasse ardire e senno ,
Bastan le tue vittoriose insegne ,
Ch'in ogni parte han vinto, e vincer dennOt
Se giammai foco per valor si spegne.
Questo del nostro amor sia caro cenno ,
Non comandar, ch'io di catene indegne
Carchi rimiri i nostri duci, o morti
Fra gente armata, armato, e ch'io 'I sopporti-
Se non vuoi , che dell' arme oggi mi spogli.
Per non cinger mai più la spada al fianco;
Non far, ch'io soffra i barbareschi orgogli',
E Io strazio crudel d' Inglese o Franco:
Non celerian deserte arene o scogli ■
11 mio disnor , cui non fu pari unquanco^ m
Ma ne rieoneriano ì lidi e l'onde:
Che nulla al tempo, e nulla al Ciel s'asconda
CONQUISTATA
iC()
Tacque; e l'altro soggiunse: Or va', combatti,
E i cari amici, e l'onor tuo col nostro
Difendi: e questi al rischio ornai sottratti ,
E'n sì grand' uopo il tuo valor dimostro^
Poscia non trapassar ( sten fermi i patti)
Ma fa' ritorno a me nel verde chiostro ,
Senza irritar del fìer Soldan la forza ,
eh' a contender con lei più forti sforza.
Non provar la pietà di quel pietoso,
Se pur con gli altri di tornare eleggi:
INoa turbar la sua pace e'I suo riposo ;
Ma'l soverchio de'nostri ardir correggi :
E di raB»ti sovvenga, al mondo ascoso,
E delle sue di guerra amare leggi ,
Ond' in me quasi riuovò gì' imperi
Di Torquato , e di Lucio , aspri e severi .
Cosi diss'egli; e parte al cor profondo
Di tai. parole il buon Buperto inscrìsse :
Parte obbliò, ch'il suo valor secondo
Non stimò ad altro, che d'Europa uscisse,
^ Trattone lui, che par non ebbe al mondo
D'intrepida virtù, menlr'egU visse:
Felice pria con poche spade e lance;
Ma non librò l'ardir con giusta lance .
Sceser dopo tai detti all'onde estreme,
L'iin di lor tutto inerme , e l'altro armato,
Dove fa picclol seno il mar che freme ,
Alle superbe rive ancor turbato:
E quivi sette legni uniti insieme
Può appena accorre in procelloso stato.
Che sette Duci d'arrischiar la vita
, Fermalo avean nella promessa aita.
LA GERUSALEMME
Però fendean con
Del tempestoso
E'I vento, che g
più veloci pini
mar l'instabil suolo;
Alla vittoria alata affretta il voto .
!. porti
(la ritrarsi eran vicini
Verso l'Occaso alquanto, e verso il Polo,
Schifando quei di Joppe, e d'Ascaloaa ,
Dond'Euro spira, od Austro altrui risuoi
Già l'Aquila sublimee l'alta Sfinge
Presa la terra avean co' duri morsi
E l'altre, ch'aura amica a riva spinge,
Tanti indomiti mariomai trascorsi:
E d'arme i lidi ornai corona e cinge
La gente, ch'osa agrari perigli esporsi.
Da sette navi scesa in sette squadre ,
Con lucide armi, e spoglie auree e leg
Achille ti primo fu de' Duci illustri ,
Che de' Begi Lombardi ancor si vanta,
E cento avi racconta, e cento lustri,
Ramo gentil di gloriosa pianta:
Né i nomi antichi c;indidi ligustri
Parvero al Ciel, che lordi nebbia arnniai
Gisuifo, il materno avo, ha nobil sede |
Capua e Salerno, e senza maschio en
Ma di due fìglie fu Lucia la prima,
Che Riccardo portò nel casto seno,
E'I partorì nel fortunatoclima.
Dove Napoli hngna il mar Tirreno :
L'altra s'incinse in lui, che non s' esttii
Per oro, o per castella, o per terreno ;
Ma per sangue gentil , onde riluce,
E per virtù, eh' all' altrui schiere è duo
CONQUISTATA 171
L'altro è Giiistìii , Ha quel Oiustìn disceso.
Che già passò con Relisario iavilto,
Quuiido scosse l'Itulia il grave peso
Del suo giogo crudel , siccome è scritto .
Coflsu il terzo, ch'il nome antico ha preso,
Brama l'opime spoglie; il quarto Afflitto,
Del cui maggior la Tama ancor. non langue*
Che ne' tormenti Fu per Cristo esangue .
Succede il buon Metello al duce quarto.
Che d'azzurro leon dispiega i velli,
Nato col grande Eilorre in un sol parto.
Come di Leda i luci<li gemelli:
Napoli, egià da te iiun mi diparto.
Ch'indi due antiche stirpi ancora appelli ;
Degni d'aspetto in Ciel lieto e benigno,
E di volar presso il lucente cigno.
fielprato il sesto fu, né corse meglio
Altri gran lancia , o riiggirò destriero.
Usci l'estremo il buon Loffredo il veglio,
Non so se miglior duce, o cavalìero:
Dell'antico valor lucente speglio,
£ d'ogni arie più bella, o magistero,
Die questi esempio, onde Riccardo apprese
D'aspirar gioviiittto all'altre imprese.
Seguìan varj destrier con vario pelo,
E con v«rie fattezze, e varj segni ;
Altri vince in candor la neve e"l gelo,
Altri sembra carbon,.ch'alluf6, e spegni;
Altri é d'altro color; ma lutti in Cielo
11 Sol medesmodi portar snn degni.
Non ch'in battaglia il troppo irato Achille;
E p<ijon d'aura nati e di faville.
17»
LA GERUSALEMME
Tutti avean delle genti impresso il nome
E'I segno, a gloria de' guerrieri armenti; 1
Superbi in vista, e con ben culle chioaie ,
D'ostro guerniti, e di fiii'or lucenti.
Con piume sparse ; e chi gli terge e come^
Par che disfidi a leggier corso i venti. ^M
Attraversando il lido al suon di tromba, ^^
E del nitrire il mare, e'I Giel rimbomba.
Brevi fur l'accoglienze, e brevi i detti
Del gran Riccardo: Amici, Iddio vi scorge
Ove il valor degli animosi petti
Meglio in grand' uopo si dimostra e scorge.
A vincere , o morir ognun s'affretti , ^M
Perchè l'ora opportuna a voi sen porge ;^|
Vincer voi senza me potrete a tempo, ^|
Io senza voi già non vivrei gran tempo.
Ma di salvar gli amici a voi concedo ,
Come spero, la gloria : a me non lece ;
E questi, al cut valor me stesso or credo,
Potrà in battaglia sostener mia vece.
Fate, ch'omai conosca il pio Goffredo ,
Ch'in partirlo da lui gran torto ei fece;
Né sol lodi virtù matura e lenta ,
Ma d'averne incolpati alfiu si perita .
La sua fortezza impetuosa or mostri
Ciascuno in opra, ond'io per voi m'esalti;
E s'egli i miei biasmò , gl'impeti vostri
Or laudi ; ite veloci a' fieri assalti .
Disse; e quelli ordinati , a' curvi rostri
Volsero il corso, anzi il finirò a salti.
Là 've mirò il Signor iieiramjuo ed atro
Campo di fera morte, o pur teatro .
CONQUISTATA 173
Ma conservando pur 1' usanza e 't modo
Del secol prisro, ;tnzi nurabil'arte,
L'ordin più folto de'nemici , e'I nodo
D'aspra guerra incide.in da quella parie;
Come cuneo talor, dov'è più sodo
Il tronco alpestro, ivi il divide e parte,
E i duri colpi trapassaro addentro
Del ferreo cerchio al sanguinoso ceutro ,
Quivi era lasso, e mal ferito , ed egro
11 Duce degl'Inglesi , e de'Normandi ,
Tra'suoi, che non servaro ordine integro;
E giacean molti de'feroci, e grandi.
Goldemar, Aristolfo, il sangue negro
Versano , e tu , Kaimondo, ancor lo spandi.
Sol dell'arme gravissime coperto ,
Senza piaga combatte il gran Roberto.
Ma intorno al petto, e le lanose gote,
11 percosso metallo e stride , e squilla ;
Et con lena affannata ornai non puotc
Più respirar , mentre in sudor distilla :
E d'ogni lato son fumanti rote
Della fìamma crudel, ch'arde e sfavilla :
E colla stanca destra il tronco verde
Citta di rotta lancia, e'I cor non perde.
Ma con la spada ancor Guglielmo infermo
Scampa, e quasi addivien, ch'a morte iovole,
Ch'intrepido il ricopre, e saldo schermo
E dello scudo suo la grave mole:
E nell'alte vesligia impresso e fermo.
Dell'altrui morte entro si cruccia e duole;
Ma non sperato è già 'I soccorso aggiunto,
Oadc molti schifar terrìbil punto.
'74
LAGERHSALEMME
Ruperto, in arrivando, orribii piaga
Fa coir asta pungente al fero Ircino,
E deatro al petto it denso or gl'impiaj
Ond'ei tremando si dislfse al piano:
Né medicina a tempo, od arte maga
Sarebbe a'colpi dell'ardita mtiio,
Cb'i suoi compagni paurosi e lassi
Volser di fuga negli amari passi .
Egli da'curvL legni allor rispìnse
La fiamma, che stridea di trave in trave}.
E mal grado di tutti il foco estinse,
£ mezza accesa ivi restò la nave:
£ molti, che il timore in prima vinse
Uscian delle sentine oscure e cave ,
Perchè non serpa e cresca ardore occulta
E grande al Ciel s'ergea grido e tumulici
Qual dal sommo talor d' eccelso monte
L'orride nubi il Re del Ciel disgombra,
E scopre in lui la fulminata fronte,
E i tronchi, i quai lasciano i rami, e l'oml
E i nudi gioghi, e'I contuibato funte,
E tutto ciò, ch'una mina ingombra:
Tal nell'aria serena è quivi apparso
Orror di morte, e foco, e sangue sparsoU
E rimirar que'Francbi, e que' Britanni
Incontra sé, quanti menò già Serse;
E misurar con gli occhi i proprj danni
Poìch'tI fumo i suoi giri in Ciel dispersoi
Con tristo annunzio di futuri danni,
Per tema ancor delle fortune avverse :
Jfé gran conforto di non grande aita
Solleva la speranza anco smarrita .
.,6
Là GERCSALEMME
I
Argante con Eldalfio, il qual pur aiiCOi;
Lei di turbe iniìntte e Ìor circonda
Cedan l'alto rcfugio al Once stanco.
Ritraendosi al mar, cb'il lido iuondai
E quai sul destro lato, 9 jma^ mtl^ «HM»!
Acceadon focbi ìd ar«nqif^«poi94fl4 hidni
Talchè par alto ìacéadict,oinai ^IfVtlbliilj
Lungo il mar fiioiwQt?, e prawa UtfllìJMti
-..(Ida...,
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO DECIMONONO
ARGOMENTO
Giunge l'oste d' Egitto , e guerra face
Gol pio campo per l'acque, il Bnglion teme
Di maggior danno \ ma Ruperto audace
Nell'armi di Riccardo fa l'estreme
Sue prove col Soldano, e morto giace
Con molta gente di Riccardo insieme «
La vittoria i Pagan i all'ozio adesca,
Gli assetati Cristian pioggia rinfresca •
JVlal superbo Emireno aveva intanto
Lasciati i lidi , ove quel mar risuooa ,
Co' Duci, che seguir la speme, e 1 vanto,
Di preda, e di vittoria, e di corona:
£'n selva, a cui die nome antico pianto,
Quando non anco il Ciel lampeggia e tuona,
Giungea per vie rivolte a* salsi flutti,
E tra boschi recisi e fonti asciutti.
II.
Non gli vedeano i Franchi , intenti ali* opre.
Mentre era ancor lontano il Sol dall'onde;
Ma l'antica Sion gli vede e scopre,
Parte Elia col suo giro altrui n' asconde .
Qual gran nebbia, eh' a sera il Sol ricopre^
E tenebrosa sorge, e si diffonde:
Tal l'esercito il Ciel di polve adombra,
E r ime vaili, e l'ampie strade ingombra.
G. Conq, T. U. %%
1 7» LA GERUSALEMME
tir.
Alzano allor dall'alte torri i gridi
Insiiio al Ciel quelle rinchiuse genti.
Con quel romor » che da' ior Traci nidi
Fanno a stormo le gru ne'giorai aigeati;
E tra le nubi a' più tepidi lidi
Fuggon cacciate innanzi a* freddi venti:
Che speme aggiunta fa più ardite e pronte
Le mani al saettar, la lingua all'onte •
IT.
Al grido, al suono, al minacciar, eh* udirò,
Fur volti i Franchi, ove s' innalza e volve
(Già dechinando il Sole in lungo giro)
Candida nube di minuta polve,
Appoco appoco, qual' apparve a Ciro,
In color negro si tramuta, e 'nvolve :
Tutte dintorno le montagne e i campi
Splendono in mezzo d'arme accesi lampi.
T.
Pria lo splendor^ che di lontano abbaglia ,
Rifulge, e quasi spazio accresce al giorno:
Poi veggion l'aste, e d* orrida battaglia
Gli ordini avversi ir dispiegati intorno:
Con piastra aurata, e con aurata maglia
Sono i gran Cavalier nel destro corno ,
I^'ve Emiren con fronte alta e superba,
Il loco, e 1 sommo impero a se riserba .
TI.
D'Arabi appresso più veloci squadre
Vengono, e i Persi con più grave incarco
Seguon d'armi lucenti, e di leggiadre.
Cingendo il monte, ov'è men ampio il varco:
Dall'altro lato in piene schiere, e quadre,
Gente armata passar di strale e d'arco ,
Carri con falci affisse andare avanti
Mirano, e torreggiar gravi elefanti.
CONQUISTATA 179
Ifon sbigottisce alla tarribil vista
De' magna 11 imi Franchi il cor feroce,
Mentre Toste, di turba orribil mista,
£ varia d'armi, e d'abiti , e di voce,
Si fa lorpiù vicina, e spazio acquista
Incontra'l monte, ove s'alzò la Croce,
Quando ebbe del tiranno empio d' Inferno
La sanguigna vittoria il Re superno .
Ma s'è dubbioso a'nuovi rischi , e teme ' ' >'
Dell'incerta fortuna il volgo afflitto.
Il fior de' cavalieri accolto insieme ,
Con giovinile ardire ai Duce invitto:
Dà (grida ) il segno di battaglia ; e freme.
Non avendo timnr d'Asia, o d'Egitto ,
Perchè da nere arene, e d'alte selve
Armino i mostri, e le possenti belve.
JVIa pone agli animosi un lento fi
Di quel saggio Signor la mano esperta ;
Né della notte al tepido sereno
Vuol prova far della fortuna incerta,
Pria che chiuso t nemici ampio terreno
Abbian di fosse alla campagna aperta :
Quelli pronti occupar sublime giogo,
Dove scelse Pompeo sicuro luogo.
Così passar sino alla nuova aurora
La breve notte, e quinci in varj accenti *
S'udia '1 tumulto, e non quetato ancora"'
11 suon discorde d'ìnSnite genti:
Di mar turbato in guisa, e di sonora
Tempesta, allurcbè fan battaglia Ì venti ,
Quindi in tnrslo silenzio, e quasi stanchi
Giacean del guencggiar Latini, e Franchi
tSo LA GERUSALEMME
Poi neir uscir della purpurea luce,
L'osle vicina alla frondosa spouda
Di Cedron il torrente indi conduce ,
£ s'accampa Emireno,esi circonda;
Ma per vie da lor fatte il Franco Duce
Tra larghe fosse i suoi mandava :iir ouda;
Tanta per l'acque esser dovea contesa
lu secca terra, al Sole ardente accesa.
Pria con leggieri assalti e quinci e quiodi
Vìi sangue rosseggiar le rive appena ;
Poi vi trassero Egizj , e Persi , ed Indi
A tinger quelle sponde, e quella arena.
Era Delia stagìou, cb' infiammi, e scindi
Il suol, cui bagna non perpetua vena
E i fonti asciughi, e con gU ardenti stra.1
D'alto saetti, o Sol, gli egri mortali
Quando, usciti da fossi e da caverne.
Spaziavano i Franchi in verde riva.
All'ombre sempre folte, e quasi eterne
Mormorar l'acque udendo all'aura estii
Ed ecco quivi Adrasto, e Tisaferne
E varia turba d'altre geuti arriva ,
Con gli animali , alla cui sete è scarso
Ciò, che dall'urne occulte il fonte ha sparso
Di strali fur coperte e di quadrella
Tosto le rive, e di pungenti dardi ,
Chesilanciai-o in questa parte e'n quella;
Poi s'affrontaro insieme i più gagtiaixli.
In modoantico alfin guerra novella
Gli elefanti facean più gravi e tardi :
E i guerrier più ristretti abbatte e sforu
L'impeto, il peso, equella urribil forza.
1
Ci
.1
CONQUISTATA i8r
Ma tutti Balduino al risco eguali,
Colla presenza, e colla destra ardita,
Gli animi ha fatti, onde non crede a' mali
Alcun , per dubbio di lasciar la vita :
Quando stridendo a lui con rapide ali ,
Di non so donde una saetta uscita.
Fere ilginoocltio, onde lasciar convenne
Quella tenzon, ch'egli primier sostenne.
Tutti fuggiano allor la furia, e'I pondo,
Per tema abbandonando e l'ombiee l'acque:
Molti precipitar nel cavo fondo
D'oscure fosse; alcuno estinto giacque .
T.utoldo il primo, ed Unicbier secondo,
Cui vita senza gloria allor dispiacque,
Le spoglie riportar d'ancisi mostri,
Emuli de'Bomani, a'Duci nostri.
Perocché l'uno all'altro allor rivolto:
Tu e' bai {gli disse) orsi robuste braccia,
E gir potei d' ispidi velli involto ,
Vinto il leon, qual nuovo Alcide, in caccia:
Meco a'nuovi perigli or mostra il volto,
Perseguendo chi altri ancide e scaccia ;
E'n guerra ancor , non pur soiingo in selva ,
Drizza quasi un trofeo d'estiuta belva .
Così gli disse ; e primo ei tronca a terra
Fé la bestia cader, che tutti oltraggia,
Si come torre minacciosa in guerra
Avvien che s' apra alle percosse , e caggia .
Unichier la vicina a prova atterra ,
Ch'ebbe vittoria del leon selvaggia:
Or questa illustre gloria a quella aggiunge,
Poi l'idlre con gran possa e fere e punge.
i8a LA GERl^ALBHIIB
L'esempio, e*l griàit ogni gnerrwr conTOntf
Che Halnuovo timor fu moMo e violo,
Sicch'insierae ferir le fcre avverse;
E quel ferino stuolo indi respinto
Urtò le genti d'India, urtò le Pene,
E l'onda e'I guado di rossor fu tinto;
Così di qua di là la fossa albergo
Diede, e'I torrente, a chi Tolgevm it tergo.
Mal capace era il letto, i passi angasd ,
Torbide fatte Tonde e sangainose ;
Cadean sul guado i Persi, e gì' Indi adotti*
Tra gli elefanti , e 'n sulle rive ombrose :
E tra'cameli, i qnai gir dianzi onusti
Di smisurate some e di gravose,
. Or lievi e scarchi dell' usate salme ,
Tingean dei proprio sangue olivi e pekne.
Quivi cadde fi^ gli altri il gran Serìndo ,
E'n sulle rive die l'ultimo crollo.
Mentre bramato avrebbe il Gange, o l*lDdo>
Al gran camelo suo non ben satollo.
Cadde l'estrania belva appresso all'Indo,
Perch'ad ambo Unichier recise il collo;
Ma quasi integro all'uno, all'altro il meno.
Che di gran colpo egli feri da scbeo .
Grande era sì, ma non egual percossa
A quella, ond'il Signor, degno d'impero:
Pari bestia ferì con maggior possa ,
Troncando (o meravigliai) il collo intero.
Spogliata intanto avean la carne e Fossa
Di Lutoldo i compagni, e d'Unìchiero,
Ed a' corvi lasciando il fero pasto.
Le cuoja ìndi portar senza contrasto .
ì
CONQUISTATA i83
Ma'l Re feroce, e Tisaferne il forte,
Ch'eran più lunge entro l'istessa valle ,
Visla la fuga , anzi 1' orribil morte
De'suoi, dispersi in quel sanguigno calle,
Mossero insieme, e variar la sorte.
Che spesso in piccol tempo alterna e falle:
E dove l'uno e l'altro a prova assalse,
Scampo al fuggir, schermo al ferir non valse.
Né tanto è fera in mar dannosa, o'n bosco,
Perchè d'irsuto cuojo s'induri ed armi ,
E sparga dalla bocca amaro tosco ,
Ed abbia artigli e denti, orribili armi:
Né torbida procella all'aer fosco,
O folgore che passi i monti e i marmi.
Più spaventosa è dell' irata coppia ,
Ch'a perversa ragion tai posse accoppia.
Ecco £ra molti a pie di salto in salto
>l,ucenzio al corso un gran destrier sospìnge,
E da traverso impetuoso assalto
Facendo al Re degl'Indi, a lui si stringe-:
Ei da sella rapito il leva in alto
Colla gran destra, onde il circonda e oinge ,
Ed avanti al suoarcion per forza il corca,
Come ch'egli s' aggiri , o si contorca.
Tutti a lui si volt:iro,il grido alzando
Per maraviglia, Egizj, ed Indi, e Persi;
Ei l'arme insieme e'I Cavalier portando.
Acceso di furor tra'Duci avversi
Trascorre il Campo, e va tra via mirando
Ove cacci il suo ferro e'I sangue versi ;
I Quel pur ripugna, e forza oppone al forte,
I .£ rÌ8p(nge la destra , auzi la morte.
l84 t-A GEBUS^LEMME
Com'aquila, ch'il volo in allo estenJ
Porta il rapito drago al Ciel talvolta,
E i piedi avvinchia, e con gli artigli il preod?:
Quel colla co<la in giri obblrqui avvolta ,
Fischia, orrido le squatnme,e"n van contentir,
Piagato, e 'neon tra lei s'innalza e volta;
Lunge ella vola, e porta il fero mostro, ^h
E '1 preme e punge coli' adunco rostro : ^j^M
Tale ei porlo la sanguinosa preda, ^H
Lieto e superbo, e ne feo strazio e scempio .
Acciocch'ognuit de'suoida lunge il veda,
E segua del Signor !' altero esempio :
Anco i nostri mirar, come succeda
L'inusitata sua vittoria all'empio ,
E sentir dentro farsi il cor di ghiaccio,
Àlgran poter di sì robusto braccio.
Ma Lutoldo, e'I compagno , opporsi osaro
A tanta forza, a (auto rischio , a tanto
Furor, che non trovava altro riparo :
Ne'n periglio maggior più nobil vanto
Eroe farafiso , o nome ebbe più chiaro
Cofttra belva diLerna, od'Erimanto,
O dove morte e vita insieme inforsa,
Faioetico leone, ed orrida orsa.
Lutoldo il primo feritor prevenne
Adrasto, che di corpo ogni altro avanza ;
Né colpo di secure, o di bipenne,
Giamai più grave, o di maggior possanza,
O di spiedo, o di lancia ei pria sosteune,
O d arme note per moderna usanza :
Rotto lo scudo alla percossa e l'angue;
Ma non fu tratto di sue membra Ìl sangue.
CONQUISTATA i8'i
ì con pili Irnif-a spada Ìl Re turbato
'Mostrò del suo furor orribile arte;
■ E quante arme trovò dal manco lato ,
Tutte lasciò di sangue infuse e sparte.
Parli ìl lucido scudo; e '1 braccio armato
lasciò ferito in perigliosa parte,
T.à've s'annoda; e quel dolente e'nfermo
Non può regger Io scudo, o fare scbermo.
Però costretto è di ritrarsi indielro,
Dove ìl fratellu è pronto a far difesa;
E mentre l'uo versava il sangue tetro,
Sol l'altro sostenea la dubbia impresa ;
Ma le sue armi ancor parean'di vetro
Al ferro, che più d'alto e fende, e pesa ;
Onde sen gìo Guglielmo , anch'ei diviso
Lo scudo e l'elmo , e rotto il fianco e'I viso.
Ma l'fedele Unicbier sorte più destra.
Opposto a Tìsaferne allor non bave,
Percbè ferito ei fu presso alla destra,
E nel petto, di colpo assai più grave:
E non gli valse incontra arte maestra.
Schermo intrepido, e cerche nulla pavé:
Talch'a lieto principio il fin riesce
Mesto : e gloria col lutto in un sì mesce .
■ Poi Tìsaferne un Guido e l'altro impiaga,
Che solca sempre ne' perìgli ir seco:
Anzi gli ancide, e fu mortai la piaga,
Che tosto l'un fé monco, e l'altro cieco.
Là dove il sangue intorno a! cor s'allaga.
Fisse it ferro a Fulcone; e del suo speco
L'onda vermìglia uscio per larga strada,
E'utepidissi nel polmon la spada.
LA GERUSALEMME
Feri poscia Eberardo ovedisgiimge
Dell'aurata lorica il sommo, e l'itno
Del lucido elmo; e quivi al collo aggiunge,
Lo qual reciso cadde a! colpo primo ,
E per l'arena andò rotando , e lunge
Restò dal tronco in quel sanguigno limo:
Casto, Gaston, Lamberto ìn varj modi
Abbatte, e rompe della guerra t nodi . ^È
Come due fochi infra virgulti e piante tl^
D'arida selva, e dove scoppia il lauro ,
Spargon la fiamma torbida e sonante.
Crescendo allo spirar d' Austro e dì Cauro ;
O quai due fìbmi , l'un invér Levante
Corre spumoso, e l'altro inverso il Mauro;
Risuona impetuoso, e'n mar si sgombraci)
E la sua via d'altre mine ingombra :
Così de'duo guerrier la forza e l'ira
Strugge il fedele stuol da varie parti, .
E dovunque si volge e si raggira.
Cedono tutte incontra e Tarmi e l'arti:
Fortuna intantoa lor seconda aspira ,
Ed a'Franchi già lassi, e 'ii fuga sparti *
La via di breve fuga ornai precisa ,
E tutta piena è già di gente uccisa.
Sembra quasi di morti orrida tomba
La scura valle, e di sanguigno [lutto
Spuma il nero torrente; e più rimhomb
Al suon dell'armi, all'alte strida, al lutto.
D'Adrasto il grido è qual tartarea tromba,
Ch'orribiI s'ode risuonar ner tutto ,
Sion, ed Aera, e l'uno e i altro Campo
Mosse; e'i raiaor teme» vergogna e scampo.
F CONQUISTATA 187
vecchissimo Duce ancora iidillo,
Beiich'ei itevesse, e nell'obblio giocondo
I lunghi affanni, a cui lo Ciel sortillo ,
Tuffasse iit parte col minor Ititimondo:
Che riportato avea l'alto vessillo,
L'arme, e degli altri arnesi il caro pondo
DoU'infelice impresa, e dall'arena
Tinta di sangue, e tornò vivo appena.
Seco tornaro insieme i due Roberti,
E'I possente \ristoIfo, e'I duce Inglese,
Ch'invan fortuna, e'I lor valore esperti,
Della rocca lasciar l'aspre difese:
Seco volle quel d' Ansa i casi incerti
Anco tentar nelle più dubbie imprese;
£ co' siletizj della Luna amici ,
Taciti si partir da'lidi aprici .
Tacili sì partir per l'aria negra ,
Tutti in pred;i lasciando i nudi legni;
Onde aver non potran vittoria allegra
1 lor nemici, d'altre spoglie indegni:
Però di gente dolorosa ed egra
Pieno era il campo, e lutti udiansi, e adegni,
Quando egli spaventò più orribil suono.
Pur come tuon, ctie segua appresso al tuono.
Ii'antichissimo Duce allor rivolto
All'altro, che si ciba, e parie langue,
Turbossi alquanto; e più severo il volto,
Cui fatto avea la lunga etatc esangue,
Disse ; Che fìa , non so ; ma un grido ascolto,
Che mi perturba, e stringe al core il sangue:
E son tristo indovino (o ch'io m' in^:iuuo),
Di mal vicino, e di presente affanno.
LA GERUSALEMME
E già quasi di vetta assai lontano
10 l'aotevidi, e poi noi tenni ascosto ;
Cliel'acquaerooiljraal Franco, ed al Germaoo
Alfin si vendei'iaii di sangne a costo :
E spesso in debil forte ardire insano
Conobbi, e sospirai luglio ed agosto.
Bramando in nuova età senil cousigUo :
Cbè sofferenza vince ogni periglio.
Or vedrò s'io m'apposi , e s'io predissi
11 vero, e'I meglio , e se di ciò mi calse.
Tu posa intanto ; a cui la piaga aprissi,
E gran fatica al sofferir non valse.
Tacque; e fra tre nipoti indi partissi ,
CoQ un'asta reggendo il passo, e salse
Là, onde vedea nella confusa turba
Chi turbato è fuggendo, e chi perturba.
Come allor che si turba il mar Tirreno,
E freme sotto ancor tacita l' onda ,
Per futura tempesta ei gonSa il seno ;
Non più d' un lato , che dall' altro inonda
Prima, ch'un vento involva il Ciel sereno
E signoreggi ei sol l'acqua profonda :
Esol Je nubi, e'I flutto a certi segni
Muova, e rivolga in duo turbati regni.
Così fra' suoi pensier d'alma turbata ,
Tutto riman sospeso, e nullo il move:
Mentre o pensa d'andar con gente armai
Egli medesmo a far l'ultime prove,
O'I Duce ritrovar dell'oste ingrata.
Ch'ascolta forse altrui consiglio altrove
Questo allìn meglio estima , e questo ele^e,
Cercando lui, che gli altri affrena e regge.
100
I
I
t ;
ì
CONQUISTATA 189
E'I ritroTÒ col suo fratello assiso
Nella sua tenda, ov'altri Duci accoglie;
Da cui rado Ìl voltre ebbe diviso.
Dolente assai delle sue acerbe doglie;
Or visto il veglio con men lieto viso:
Ecco il frutto (diss'ei } che qui si coglie:
Queste produce ( e d'altre ora non calme)
(jueslo 8.icro terren corone e palme.
nia ben tem'io, che meglio alfine osservi
Le sue promesse il minaccioso Argante;
E quasi damme fuggitive, o cervi,
Aliiii d'Asia ci cacci e di Levante;
O ci faccia de'suoi prigioni e servi ,
Come spesso cred'Jo, ch'ornai si vante;
Poic'ha preso le navi, e preso il porto,
E corre vincitor l'Occaso, e l'Orto .
A noi dianzi negò vittoria il mare,
Omega acampo: e di fuggire io temo;
Né riveder le rive amate e care
Spero giammai dell'Occidente estremo ;
Ma possiam qui morir, se meglio or pare.
Senza adoprar fuggendo o vela o remo:
8'allro rifugio, oltra la morte, avanza,
Dicalo chi di vita ba più speranza .
■ Tacque Goffredo; ed ebbe allor risposta.
Ch'ogni mal, fuor che morte, avea rimedio,
Dal Pastordi Cosenza, a lui di costa
Sedente, il qual fuggi periglio e tedio ;
Mutata è ( disse ) la fortuna opposta ,
E noi rainacciu di gravoso assedio,
O di giornata . che vergogna apporte :
Che gran lode è schifare a suoi la morte .
tgo LA.GERIIS\LEMME
Se la vita più lunga ornai ti spiace,
Né puoi sperar, che le tue glorie accres(
E s'odii, senza regno, am:ita pace,
Di noi ti caglia, e pur di noi t' tncresca
Salva noi tutti, e sii Pastur verace,
Teneudo via, ch'a certo fin riesca;
eh' Antiochia n'aspetta, anzi ne chiama,
Ivi regna, se vuoi, con miglior fama.
Se questa pace il Turco a te dinega ,
O'I pauroso Iraperator d'Egitto,
Tutti noi, ch'una fede unisce e lega,
L'offriam , pregando umili, o Sire invittovi
Cosi diss'egli, e per suo dir non piega
Il magnanimo Duce, o per despitto.
Ma di Tolosa allora il saggio Conte
Incontra lui sdegnosa alzò la fronte:
Qual parola crudel t' usci di bocca?
Mentre falsa pietà dimostri e fìngi,
A morte ne conduci , ove trabocca
Timido cor, parte n'affretti e spingi.
Non è secura mai cìttate o rocca
Al fuggitivo: e tu al fuggir n'astringi,
Non a ]uigiiare; e'n piìi lontana terra
Cercar debbiam via più dubbiosa guerra.!
Fuggirem volontari , o mal tuo grado
Farem battaglia, e pugnerem costretti,
Se ti lascia Ìl buon Sir Io scettro, e'I grado
.Se ti fa Duce di guerrieri eletti :
li'n altra vaile, e'n men securo guado.
Mostreremo a' nemici il tergo o'petti?
Cbi prima lascia il vallo , onde egli è cial
Per uso 0 per ragione in prima è vinto. )>]
I
192 LA GEaUSALBBUtB
Dogliomì sol ch'aU'opi-a omui son leato ,
Per trar voi di periglio e me d'af&oai»
AlloT ciò far potea senza spaveato ,
Ch' eran nostri i vantaggi , e loro i danai .
Or di qualcbe ripulsa io sul pavento ,
Che m'hanno in guerra espertoidue tinnai.
Ala sol per tutti ( o pur mi sia concesso }
Di uuovo offro la vita, e'I petto Utesso .
Così rispose; e la sentenza estrema
Disse della milizia il vecchio padre:
Già non dobbiamo aver spavento o tema ,
Dove Duce sei tu d'invitte squadre;
Ma nostra gente indebolita e scema
Ha per soccorso ornai schiere leggiadre;'
Talché render conviene (e tardi parane)
L'arme a RupertOjO'l gran Riccardo ali' arme.
Non devi escluder lui, se tanti accogli
De'suoi guerrieri, oud'ei può far ritorna;
Uè più tra salse arene e salsi scogli
Star (come intesi) in placido soggiorno .
Abbian fine i lunghi odìi, e i feri orgogli >
Che discordia è cagion d' onta e di soorno :
E (se dir lece il vero) ei vai per mille ;
Né fu da' Greci più bramato Achille .
Iluperto d' Ansa era frattanto accorso
Da quella via , la qiial conduce a' alari ,
Sin là 've hanno i cavalli il campo al corso»
E i Giudici alto seggio, e Dio gli altari.
Qui il fratel di Eutoldo al primo occorsOf
Scorge venir con tardi passi e rari ,
Coll'armì rotte, e polveroso , e stanco ,
Traendo appena il mal piagato fianco.
CONQUISTATA tgS
I.XIII.
Spargea sudor dal viso, e sangue misto.
Ma pur non si smarriva il cor gentile;
" PI' ebbe pietà quel d'Anzio, allorché vista
L'ha*cosi concio d'empia mano ostile :
£ pianse i morti in quel famoso acquisto,
£ la fortuna, che mutalo ha stile ;
Ahi, Duci Franchi, come in lutto e'n polve
La vostra gloria si tramuta e volve?
rxiT.
Così morir tanti guerrieri egregi
Dovean senza sepolcro in terra estrana.
Ma tu , che vivo ancor, si degni pregi
D' onor riporti, e di virtù sovrana ,
Dimmi, o Guglielmo: Incontra i negri Regi
Fragil sarà la nostra forza , e vana?
O sostener potrem Tarme nemiche,
Dopo sì gloriose asgre fatiche?
X.XT.
Quel che sarà non so; ma in quel , ch'io scerna
Vane (risponde) fian difese, e schermi,
Coutra i giganti della valle Inferna ,
£ 'neon tra i mostri anco i ripari infermi.
Se non piace al Signor , eh' il Ciel governa.
Che la sua aita il nostro ardir confermi :
In altra guisa omai l'ore del pianto
Son giunte, e'h fumo è sparso il nostro vanto.
I.XTI.
Perchè là 've il torrente inonda e bagna-,
Molti perir de' più famosi in armi ;
£ parte di sua vita ancor si lagna «
Più non sperando onor di bianchi marmi •
Ma tu m'aita, prego, e tu ristagna
Il sangue al sacro suon de' forti carmi ;
Ch'io tardo giungo, e 'n mia salute è lenta
Ogni medica mano altrove intenta.
Q. Ouui. T. IL «3
194 LA GERUSALEMME
X.XTII.
Così disse pregando; e con soavi
Passi r altro il conduce assai Ticino,
Dove del sangue sparso il terga, e lavi.
Tra lucido ostro assiso e bianco lino • '
Curò le piaghe sue profonde e gravi,
A cui fu d' uopo il proveder divino:
E fece opra miglior, che d'arte maga;
Se pura fé di puro cor s' appaga •
LXTIII.
Nell'egro ei mitigò la doglia acerba.
Ma no '1 desio, che dentro il rode ed ange,
Di vendicar de' suoi V onta superba
Contra chi ber solea del Nilo, o *a Gange:
£ fisse nella mente anco riserba
Le sue parole, e l'altrui morte ei piange;
£ gli son quasi dal pensier dipinti
I simulacri degli amici estinti.
LXIX.
Parte del suo Signore oblia V impero ,
Ch'egli guerra non faccia, e sol nspinga;
£ del Soldan, eh' è si possente e fero.
Schivi l'incontro, ove s'avanzi e spinga:
Tanta nel petto gio vinile altero
Può di gloria immortai dolce lusinga,
O quasi forza è pur d' eterna luce
Questo nobil desio, eh' a morte induce.
X.XX.
Questo fermo pensier dal cor avulse
Tutt' altri, e sbandì quasi il dolce sonno;
£ non vi fur per V arme altre repulse.
Per l'arme del suo fido amico e donno.
Ma come il nuovo di nel Ciel rifulse.
Sostenne il peso, e far pochi altri il ponno:
£ fece biancheggiar con auree piume
L'augello imperioso al chiaro lume.
CONQUISTATA ipS
LXXI.
Il grave usbergo, e'I grave scudo io dico.
In cui r aquila i vanni innalza e spande;
E Telmo sostenea del caro amico,
Che sculte d'oro avea ricche ghirlande:
I^ spada no, che fu dal padre antico
Portata in guerra, in guisa è grave e grande:
Né fuor, che'l pio Goffredo, alcun la vibra;
£i sol potea di forza opporsi in libra.
LXUI.
Un'altra spada al fianco allor si cinge
Ruperto, in cui la guardia e'I pomo è d'oro,
E vi riluce impressa alata Sfinge ,
Che si corona di frondoso alloro:
Quinci un possente suo destrier sospinge,
A cui cede nel corso il Trace e '1 Moro ;
Negro, candido un pie, stellato in fronte;
£ gli altri appresso fi condurre al fonte.
LXXIII.
L'asta, (a qual parca nodosa antenna,
Integra, e tinta di color vermiglio,
E trouca già nella famosa Ardenna,
Lasciò con gli altri arnesi il padre al figlio;
Ma dove Marte fere, e non accenna.
La ruppe quel , cui die virtute esiglio :
Quel,ch'in battaglia ogni dur rompe espezza.
Ed ebbe eguale al suo valor bellezza.
I.XXIT.
V è solo il tronco ; e '1 suo fedel ne scelse
Una fra molte la più grave e dura.
Che mai sia incisa nelle cime eccelse
Del nevoso Apennino,o'n selva oscura.
Là'nde affissa pendea , primier la svelse
Questi, che tanto l'alma ebbe secura :
Poi mosse a ricercar dell'acque dolci ,
Fra' seggi de' pastori e de' bifolci.
196 Lii GERUSjìLEHBIB
LXST.
Con gì' Italici suoi la fida scorta
Di que'di Trena egli seguir potea;
Ma venne alF ombra per la via più corta
Dove il lasso guerrier s' attuffi , e bea :
Egli a' fatti animosi altrui conforta 9
Là 've il rischio più certo esser credea;
Ma varie genti all'onde, e quindi e quinci
Trassero pria, eh' a guerreggiar cominci.
&XXTI.
G)si lupi assetati , a cui distilla
Il nero sangue ancor dal muso immondo,
Vengono a perturbar l'onda tranquilla.
Dal sanguigno lor pasto, al rio profondo:
O pur fere diverse, ove sfavilla
Atlante, che sostiene il grave pondo 9
Con bocca aperta , e con spumosa lingua
Sen vanno a' fiumi, in cui l'ardor s'estingOL
X.XXTII.
Disse Ruperto a' suoi: Compagni illustri
Di quel Signor, che pari unqua non ebbe;
Ma innanzi al cominciar di cinque lustri.
Superò il padre, e la sua gloria accrebbe;
Deh fate or , prego, eh' il suo onor s' illustri,
Che nulla invidia far men chiaro il debbe;
Onde chi non degnollo, ed or l'incolpa,
Conosca il torto , e la sua propria colpa ;
X.XXT111.
E pensi : se pon tanto i suoi seguaci ,
Che farebbe il Signore a' suoi congiunto^
Valore impetuoso a que' rapaci
Lupi mostrate ornai, che'l tempo è giunto.
Cosi disse; e lor fece in guerra audaci.
Come il destrìer,che da' suoi sproni è punto:
E nel corso splendean quell'auree penne,
Talch' altri appena il suo splendor sostenne.
CONQUISTATA 197
S.XX1X,
Dicean gli Assiri , mossi al primo sguardo,
Folgoreggiar veggendo , e quasi a volo ,
L' augel sublime i É questo il gran Riccardo,
Che riede in guerra , e con più fero stuolo •
Fu dunque un vano messaggier bugiardo
Quel di Fenicia ; e n' abbiam onta e duolo.
Egli intanto giungea , che nulla mente.
Più di virtù , che di fin' ór lucente .
LXXX.
Nel lucido elmo egli primier percosse
11 dispietato Aman di padre Ebreo,
in Soria nato, e si di sella il mosse.
Anzi di ment(^ che '1 fellon cadeo
Stordito ; e come notte orribil fosse,
Il dolce lume, e seco il Ciel perdeo,
Ch'alfin perduto più non si racquista :
Or giace orbo di mente , orbo di vista*
X.XXXI.
£ nel secondo colpo ei più non falla.
Benché fere più basso , e pur ancide
Sanson, forato il collo ; indi la spalla
Trafìgge d' Absalon , che fugge e stride ,
Benché sia mastro della regia stalla,
E sembri in quella d'Augea un nuovo Alcide.
Né vi poteo condur si cara preda ,
Perch'altrui tanta gloria il Ciel conceda.
&(XXI1.
Poi coir asta medesma in terra abbatte
Jampsone, e Tamerlano, a morte offeso,
Che dal paese, ove le nevi intatte
Non strugge il Sol, d'antica stirpe è sceso .
L' uno né spira più , né polso or batte,
Ma giace della terra immobil peso :
L'altro la morde, e *n sul morir si volve
Calcitrando nel sangue, e 'n atra polve.
LAGERUS\LF.M^IE
Sedea raccolto in ben poliU sella
Decber, e già smarrito il viso e 'I core.
Mentre mirò qiieslii percossa e quella, ,
Ch'empier potea di spaventoso orrore:'
E la sinistra man , tremante anch' ella,
Lasciava il freno: a lui, che tutto smoKi
Fra' (lenti trapassò l'acuta lancia
E gli trafìsse la sinistra guancia.
Com'uom, che siede curvo, e l'onde mira
Da pietra , che sovrasti al suol marino,
Prende il pesce coli' amo , e suso il tira
Colla tremula canna as'vint^ al lino:
Tal preso per la parte, ond'ei respira,
Coir asta il leva, e gilta a capo chino
Sovra l'aperta bocca, indi sei» fugge
L'anima, cb'al partir si lagna e mug;
Rotta l'asta il gnerrier, eh' ìntegra e salda
Restare a'duri col[>i om.ii non puote;
Fa la spada di sangue umida e calda,
Mentr'ei Torildo, e lìubican percote,
Ch'abitò in Aera in sulla verde falda:
E fra l'irsute ciglia, e l'ampie gote
Diviso cade; e'I suol per dura scossa.
Sparso è di sangue, e di cerebro, e d'ossa-
Frattanto non teneva il rischio a bada
I suoi, né di terror aspetto e d'ombre; i
Bench'io lordi saette un nembo cada.
Onde il sereno CÌel par che s'adombre;
Ma qual feria di lancia, e qual di spada,
Perdi' il dubbioso guado a lor si sgombre:
E d'ambo i lati fean sanguigno il calle,
E dì morti coprian l'orrida valle.
I
issa-
i
aoo LA 6ERUSALEHHC
Pria varcato il torrente , Erode ancìse ,
Nigrao , Tenebricante , e Lucifuga ;
Poscia il corso vital d' Eumene incise ,
Di SifoQ, di Smeriglio, e di Felluga:
Die morte a questi , altri il timor conquiae,
£ tor <]isperse tn dolorosa fuga :
£i persegiiilU, e 'a perseguir seguito
Fu dallo stuol de' suoi compagni ardito.
Giovine incauto era trascorso, e vago
Di vittoria , d' onor, d' eterna loda,
Quand'ei scopri, quasi dei 6n presago.
L'empio Soldan, che forza acCDppìa e froda:
Come il pastor, che scorga orribil drago
Strisciar fra l'erba, ove s'avviiichia e snoda,
£ sibilando alzar superba cresta
Gontìo il ceruleo collo, ond'ei s' arresta:
Così riflette dubbio; e'I gran ribello
fien riconobbe alla famosa insana.
Con Amoralto, il Cavalier novella.
La cui virtù d'iniqua legge indegna .
Quasi leon, ch'omai d'orrido vello
S'adorni, e'n tana rimaner si sdegna;
Ma segue il padre, e giù gli artigli e *l mentii
Tinger vorria nell'Africano armento .
Parte mirando uscir d' oscuri aguati
£gli vedeva all'ombra occulta e bruna.
Già più vicini i cavalieri armati,
Sotto r in,segne di turbata Luna :
£ gli altri poi, siccome augelli alati.
Di cui stridente schiera in Ciel s'aduna ,
Tornare in guerra; e sé primiero, o solo,
Onde si volse al suo feroce stuolo.
CONQUISTATA aoi
XCT,
Tide, ch'era seguito, e nulla ei disse,
Quasi d'indugio or si vergogni e penta ;
E quel , che di sua morte in cor descrisse,
Obliando , al destriero il freno allenta;
Ma del suo ardir l'alte parole ha fisse,
In guisa d' uom , eh' il suo dover rammenta:
E'ncontra il Re della spietata turba
Drizza prima il suo corsole lui perturba.
XCTI.
Quinci la Luna, e quindi il Sol fiammeggia,
Nel duro campo incontra lei converso,
Come nel Ciel, ove oscurar si deggia,
E'mpallidir l'aspetto all'aer perso:
E tosto fia, che qui imbrunir si veggia
Di nero sangue orribilmente asperso.
Ahi lagrimosa ecclissi, ahi non felice
Virtù ! quando egual lutto il Ciel predice?
XCTII.
Incominciar l' impetuoso assalto
I duo guerrier , con cento colpi e mille :
Ed ambe fiameggiar le spade in alto ,
E risonar siccome incudi o squille
Quell'arme adamantine; e'I verde smalto
Non però tinser di sanguigne stille ;
Ma sovra gli elmi ogni crudel percossa
Fu grave , e parve Pelio imposto ad Ossa .
XCTIII.
Di fuori il ferro, entro il furore avvampa,
Sicché non bolle più Vulcano, od Ischia.
L'ire, gli odj, le forze insieme accampa
Ciascun contra il nemico, e più s'arrischia:
Né da colpo giammai s'arretra o scampa.
Per la confusion turbata e mischia;
Ma tanto rabbia in lor s'avanza e cresce,
Quanto s' inaspra la battaglia e mesce.
loa LA. GERUSALEMME
XCIX.
Come in valle talor, che cinge e serra ^
D' alpestri monli oscura selva intor^o^
Fanno irati fra sé terribil guerra
Euro, e chi spira onde tramonta il giorno:
Caggion con gran romore i rami a terra.
Percuotendosi insieme il faggio e Torao:
Così genti pugnar di fé discordi ,
Né V* è chi pensi a fuga , o sen ricordi .
Ma'l buon figliuolo, a cui pietà perfetta
Nega la dispietata iniqua legge,
Delle paterne ingiurie aspra vendetta
Già far vorrebbe, e di morire elegge:
E lui, ch'ai padre é infesto, e più 8* affretta,
£*1 suo destriero, e*l suo furor non tegge^
Percuote ove noi copre o scudo, o schermo,
Ed impiaga la piaga al lato infermo •
CI.
Buperto si girò tre volte, ed anco
Feri tre volte, e fece alte ruine,
Terribil più, che si mostrasse unquanco
D*armì, e di genti, ch'incontrò vicine.
La quarta a lui, pur ruinoso e stanco.
Della sua morte apparve orrido fine
Visibilmente, e'n quel gravoso impaccio
Morte, che per ferire alzava il braccio.
cu.
E d' alto cadde, e rimbombò funesta
La fera spada in sulle cave tempie ,
Sicché stordissi alla percossa infesta
Del Re crudel, che'l suo furore adempie.
Fu tratto l' elmo ali* onorata testa,
Ella di piaghe offesa e gravi ed empie ,
Disarmata la mano, e '1 petto, e'i tergo
Del fino scudo, e del lucente usbergo.
CONQUISTATA ao3
CHI.
Così morìsti , o viva gloria o lume
Del nobil regno, e fasti eterno Occaso,
Spargendo d' un purpureo e caldo fiume
Il Sol dell'armi in quelForribil caso:
Anzi volasti al Ciel con altre piume^
Che d'Aquila, o di Fama, o di Pegaso,
Le tue spoglie lasciando al fier nemico,
, Lagriraosa vendetta al fido amico.
CIT.
Ma di quell'auree spoglie altero e lieto
Corre Amoralto alla gentil rapina,
Ch'ai suo valore ornai, senza divieto,
Quella gloria quel giorno il Ciel destina;
•£ i nobili destrier, eh' al bel Sebeto
Bebbero, e si lavar d'onda marina,
Or prende ad acque men turbate e scarse.
In cui più sangue, ch'altro umor, si sparse.
CT.
E sol Circino, al suo famoso Duce
Serbandosi, fuggì con leggier corso;
E scosso il fren , ch'in servitù l'adduce.
Calcitrando superbo, ei die di morso.
Quasi eletto a portare arme di luce,
E 'n vitto Cavalier sul bianco dorso.
Nel di, che quei del Sol (s'altrui si crede)
Ebbero intoppo in Ciel da viva fede .*
CTI.
Ma trasser gli altri, ov'è maggior tumulto.
Che per desio di preda ardente, o d'acque.
Al nobil corpo , che lasciar sepulto
Non vorran senza onore, ov'ei si giacque.
Non era al buon Loffredo il caso occulto,
Lagrimoso e dolente; e più gli spiacque ,
Perchè Ramnsio, al suo cader maligno.
Era in gran rischio, e tutto omai sanguigno.
ao4 LA GERUSALEMME
CTIT.
Correa Achille, e Giustiao a certa mortei
Ne Cosso, né Belprato era piti tardo;
Battean deir altra vita ornai le porte
Ed Afflitto, e Metello, e'I fido Evardo,
Non cercando a un bel fin migliori scorte,
Né ^1 si gran lutto riveder Riccardo ;
Ned altra gloria mai, ned altra palma ,
Che di morir coli' onorata salma •
GTIII.
Ma qual fero leon di tana uscito
Co' figli appresso, in perigliosa caccia.
Se incontra in selva il cacciatore ardito ,
Intorno ailor si volge, e lui minaccia:
Tale il buon vecchio, allor nulla smarrito %
Ma con gran core , e con robuste braccia
Fermò il cavallo al sanguinoso varco.
Sin che ne trasse il sospirato incarco .
CIX.
E qual gran foco , allorché fumo oscuro
Tutto dintorno il Cielo asconde e copre.
Ed Orione involve, e'i pigro Arturo,
E r altre di lassù mirabili opre :
Quivi la pugna ardeva; e Taer puro
Sereno in altra parte il Sol discopre :
E fra lontani da mattina a terza
Si combatte cessando , e quasi scherza .
ex.
Però si volge allor Loffredo il veglio
Al buon Achille, ed a partir l'invita :
Forte guerrier, che fra tutti altri io sceglio
Nel gran periglio, ornai facciam partita:
Che certo di ritrarsi estimo il meglio.
Prima ch'ai tuo fratel la nobil vita
Copra quasi di Marte incendio o nembo.
Che di morti alla terra ha pieno il grembo.
CONQUISTATA ao5
CXI.
Così dìss*egli; ed ubbidiva addetti
De'diioi più saggi il cavalier feroce ,
Con gli altri suoi compagni in guerra eletti ^
Ritratti al suon della severa voce.
E tutti insieme in un drappel ristretti,
Il corpo riportar, cui nulla or nuoce,
O lancia, o strai, benché sia d'arme ignudo;
Pur ciascuno il coprìa del proprio scudo.
CXII.
Fino al torrente poi la turba infida
Preme i fedeli ; e sul partir contrasta.
Empiendo il Ciel di minacciose strida,
E ferendo vicin di ferro e d'asta :
E fulminando , il Re di morte sfida ,
E pone a morte, e'I minacciar non basta ,
Sin là 've quasi misto il sangue all'onde,
Fa lubrico il calar d'antiche sponde.
CXIII.
Come in bocca del porto, ove s'implica
Nel mar il curvo lido, orrido scoglio
Quinci e quindi torreggia , o rupe antica ,
E reprime de' venti il fero orgoglio:
Così allor reprimean l'ira nemica,
Pien d'alto sdegno i Duci e di cordoglio,
Sin ch'i suoi fur passati all'altra parte.
Non cessando mill'arme all'aura sparte.
CXIT.
Non cessan le saette , e i dardi , e i sassi ,
E rado avvien , che scenda il colpo in fallo
Sovra l'armata schiera a'dubbj passi,
Talché rimbomba il lucido metallo.
Alfin Ramusio, e mesti i Duci e lassi ,
Col nobil peso, entrar nell'ampio vallo,
E colla pompa d' infelici spoglie ,
L'Aurea porta il Re superbo accoglie.
3o6 LA GERUSALEMME
CXT.
L'antica porta, in cui lo Sol dispiega
Il primo raggio, e lei n'illustra , el tempiOi
Or s'apre a lui, che giusto il ciel rilega
Dal suol nativo , e qui trionfa or V empio ,
Del pio sangue macchiato , e nulla il piega
Gloriosa umiltà d'antico esempio, '
Ch'ivi portò la palma il Re de' Regi,
Sovra il pigro animai senz'aurei fregi .
CXfl.
£ qui depose umil l'alto diadema
Eraclio , vinci tor de' fieri Persi .
Pur il feilon non ha spavento, o tema.
Né l'hanno i suoi , d' iniqua morte aspersi .
0 alti providenzia , anzi suprema ,
Che piovi il foco, e spargi il mare , e*l versi,
Qual vendetta minacci e grave ed aspra
A chi s' indura in aspettando e 'aaspra?
CXTII.
L'alta vittoria i Siri all'ozio adesca,
£ de* nostri produce onta , e disprezzo .
Godon ne' verdi monti all'onda fresca
1 cari cibi , e le dolci ombre , e 1 rezzo .
Vecchi e fanciulli più lascivi in tresca
Vedi meschiarsi , e Belzebub in mezzo;
Ventilando il pavon tra fonti e rivi.
Ch'ai mormorar lusinga i sonni estivi .
CXTIII.
Soglion così passar l'ore diurne,
£ sotterra cercar più freddo loco.
Fanno il Ciel vergognar l'opre notturne ,
£ i lor sozzi diletti , e'I riso, e'I gioco :
Aprono il corso all'acque, e i fonti, e T urne
Versan fuori il ruscel corrente e roco :
La terra le vivande, e'I mar dispensa ,
Ond' ingombri £miren superba mensa •
CONQUISTATA aoy
CXIX.
Dair altra parte io sanguinose pene
Doleansi i nostri, e'n lagrimoso duolo;
Qual d* Etiopia le più ardenti arene ,
Bolle sotto a lor più l'arido suolo ;
£ Toste inopia d'ogni umor sostiene,
£ de' fonti cercando a stuolo a stuolo.
La fama d'Antiochia or nulla estima,
Verso la sete in quell' estranio clima.
cxx.
Spenta è del Cielo ogni benigna lampa :
Signoreggiano in lui possenti stelle:
Onde piove virtù, ch'informa e stampa
L'aria d'impression maligne e felle .
Cresce l'ardore estivo, e sempre avvampa
Più mortalmente in queste parti e'n quelle.
A giorno reo notte più rea succede,
£ dopo lei peggiore il di sen riede •
CXXl.
Non esce il Sol giammai, ch'asperso , e cinto
Di sanguigni vapori entro, e dintorno,
£i non dimostri, e quasi altrui dipinto,
Mesto presagio d'infelice giorno.
Non parte mai, che più turbato, e tinto,
Non minacci egual noja al suo ritorno,
E non inaspri i già sofferti danni
Con timor certo di più gravi af&nni .
CXXII.
Mentre egli i raggi poi d'alto diffonde ,
Quanto dintorno occhio mortai si gira.
Seccarsi i fiori, impallidir le fronde ,
Assetate languir Terbe ei rimira ,
£ fendersi la terra , e scemar V onde
Ogni cosa del Ciel soggetta all' ira :
£ le sterili nubi in aria sparse ,
Fiamme parean , quando prodigio apparse.
ao8 LA GERUSALEMME
CXXIIX.
Il CìeI minaccia incendio , e nega pace.
Né cosa appar, che gli occhi al me a restaare:
Zefiro nel suo speco ed Euro or tace ,
Cessato è il dolce vaneggiar dell' aure.
Talor vi soffia (e pare adusta face)
Vento, che muove dall'arene Maure»
E gravoso di polve i lumi ingombra ,
Ricoprendo a'bei poggi il verde, e l'ombra.
CXXIT.
Non ha poscia la notte ombre più liete ;
Ma di fiamma e d'ardor son quasi impresie:
E di travi di foco, e di comete,
E d'altri fregi ardenti il velo intesse :
Né pur, terra infelice, a tanta sete
Son dall'avara Lunaalmen concesse
Le sue dolci rugiade : e Terbe, e i fiori
Chiamano indarno i lor vitali umori •
CXXT.
Dalle notti inquiete il pigro sonno
Sbandito fugge; e i miseri mortali ,
Lusingando , ritrarlo a sé noi ponilo :
E la sete é peggior di tutti i mali .
Non cessa di Giudea l'iniquo doano
Di sparger succhi all'acque empj, e mortali.
Onde viepiù di Stige e d' Acheronte ,
Sembra al pio Cavalier turbato il fonte.
cxxTf;
E Siloe, che solcasi puro e mondo
Pur dianzi offrir cortese il suo tesoro »
Or di tepide linfe appena il fondo
Arido copre, e nega altrui ristoro :
Né sol vorrijino il Po, qualor profondo
Seri va con fronte di superbo toro;
Nè'l Gange, o'I Nilo, allorché non s* appaga
Di sette alberghi , e 1 verde Egitto allag;a .
CONQUISTATA 009
GXXTTI.
S' alcun giammai tra le frondose rive
Puro vide stagnar liquido argento;
O giù precipitose ir V acque vive
Per alpe, o'n pioggia erbosa a passo lento;
Quelle al vago desio forma e descrive ,
£ ministra sol esca al suo tormento:
£ r immagine lor gelida e molle
Gli asciuga e scalda, e nel pensier ribolle.
CXXTIXt.
"Vedi le membra del guerrier robuste,
Cui ne camin per aspra terra preso ,
Né grave salma, onde passaro onuste ,
Né domò ferro acuto , o ferro acceso ;
Ch'or risolute, e nel gran giorno aduste,
Giacciono a se medesme inutil peso :
£ viva nelle vene occulta fiamma.
Che in lor si pasce, entro gli spirti infiamma.
Langue il còrsier già si feroce , e 1' erba >
Già desiato cibb, a noja or prende:
Vacilla il piede infermo, e la superba
Cervice dianzi è giù dimessa , e pende :
Memoria di sue palme omai non serba,
Ne più dolce di gloria ardor Faccende;
Ma stima l'auree pompe ignobil soma:
T.into l'empia stagion l'affligge e doma.
Languisce il fido cane ; ed ogni cura
Del caro albergo, e del Signore obblia:
Giace disteso, ed all'interna arsura.
Sempre anelando, aure novelle invia.
IVIa s'altrui diede il respirar natura ,
Perch'il caldo del cor temprato sia,
Or nulla o poco refrigerio ei n'ave,
Si quello, onde si spira, è denso e grave,
o. Coiif . r. //• i4
Tal'era la stagioD , che taatì afflisse
Fidi guerrieri, e si turbato il Cielo :
Quando il Signor, ch'in lui sue Stelle affisM,
E spi^ó l'aria, corne un picciol velo;
£ librando la terra , al mar prescriace
I suoi confini, e temprò fiamme e gelo :
t^itsù dormia (se dirlo a noi convieiui)
Formando i simolacri a' nostri sensi .
Sovra gli occulti lumi , e i lumi ardeatì, .
E l'alio suon dell' armonia superna.
Caligine è lassù d'ombre lucenti ,
In cui s' inroWe il Re , ch'il Ciel gOTenu;
E nell'entrar dell'animose mentì ,
Negando, s'apre; e quivi è pace eterna.
Quivi Dio pose in fulgide tenebre,
E'n profondo silenzio, alte latebre .
E quivi egli di rado a se congiunge -
L'alto pensier, che di volar* ardisca
Sovra le stelle, e trapassar da luDge,
Sin che entrando la nube a lui s'unisca.
Quivi eraallor, che palma a palma aggiunge
II Duce pio, con viva fede e prisca :
E dice, alzando al Ciel le mani , e gli occhi,
Onde la grazia in lui rispleoda e fìocchi :
Padre del Ciel, ch'ai fido Be piovesti ,
E la manna versasti in gran deserto;
Ed alla vecchia man virtiì porgesti.
Onde rompa le pietre, e'I monte aperto
Un fiume versi: or rinnovella in questi
Le grazie antiche : e se ineguale è il mertOt
Di tua pietate t lor difetti aderapi.
Che aon pur tuoi guerrieri incontr'agU em^.
CONQUISTATA aii
Tarde non furon già queste preghiere,
A cui fede e speranza il volo impiuma ;
Ma volando passar preste e leggiere
Hel regno , che non teme ardore e bruma :
Il Re l'accolse, e ie fedeh schiere
Mirò col guardo, onde ogni core alluma-
Disse ( ed ogni parola è più costante ,
Che legge scritta in lucido diamante)
Abbia sin or sofferto, e non sen dolga,
La mia gente per me danno e perìglio ;
Bench'armi incontra il mondo, e i lacci sciolga
Satan, uscito dall'eterno esiglio.
^uovo ordin d'altre cose ornai si volga,
Felice a'fìdi; ed accennò col ciglio,
Promettendo vittoria al Duce invitto,
E scorno all'Asia, ed al bugiardo Egitto .
Mosse la fronte veneranda: e gli ampi
Cieli treraaro , e i lumi erranti e fissi ;
Tremò Olimpo coll'aria, e i s;ilsi campi
Dell' Oceano, -e i suoi profondi abissi :
Fiammeggiare a sinistra accesi lampi
Fur visti, e chiaro tuono insieme udissi:
Segni di liete voci un chiaro suono,
Sovra Sion , ed Aera , il lampo , e '1 tuono .
Ecco subite nubi, o sian di terra
Su volati i vapori, e'n alto ascesi ,
O sia grazia del ciel, cb'omai disserra
Le porte all'acque, e tempra i fochi accesi:
Eoco notte improvvisa involve e serra
Il giorno, e i negri orrori intorno ha stesi :
I Segue la pioggia impetuosa , e pare,
Ch'a terra caggia il Ciel converso in mare.
LA GERUSALEMME
Ckime taloT nella stagiun' estin t '^ *
Se la pioggia dal Cielo a noi dUcende,
Stuol d'anitre loquaci in aeoca rì^a.
Con rauco niormoraT, liete l'atteade:-
E spiega l'ali al fresco umor, aè schiva
Alcuna dì bagnarsi in lui ai rande ;
E là, 've in maggior fonda ci si rmoooglia*
Si tuf]& , e spegne l' assetata voglia : .
Così, gridando, la cadente pion.
Cui la- destra del Ciel pietosa or vena,
Baccoglion lieti , e lor diletta e giova
La chioma averne, non cb'il manto, aspem:
Chi bee ne' vasi, e chi negli elmi a prova,
Chi tien la mano in mezzo all'acque immena:
Qual se ne spruzza il volto, e qua! le tempie,
Altri ad uso miglior l'urne riempie.
Non pur l'umana gente or si rall^ra ,
E de' suoi danni a ristorar sì viene ;
Ma la terra , che dianzi afflitta ed egrt ,
Di sue piaghe le membra avea ripiene.
La pioggia tn sen raccoglie, e si rint^ra,
E la comparte alle più interne vene:
£ largamente ì nutritivi umori
Alle piante ministra, all'erbe, a'fiori.
Ed inferma simiglia , a cui vitale
Succo l'interne parti arse rinfresca ,
E disgombrando la cagìon del male,
A cui le membra sue far arida esca ;
La rinfranca, ravviva, e torna quale
Fu nella suastagion fiorita e fresca:
Talché obbliando i suoi passati afTannì,
la ghirlande ripiglia, e i verdi panni .
CONQUISTATA ai»
CXXIII.
Cessa la pioggia alfine, e torna il Sole;
Ma dolce spiega e temperato il raggio »
Col sereno splendor , siccome ei suole
Tra*! fin d'aprile el cominciar di maggio.
O fidanza gentil, chi Dio ben cole,
L'aria sgombrar d'ogni gravoso oltraggio;
Cangiare alle stagioni ordine, e stato,
Vincer la forza delle Stelle, e'I Fato!
CXI.IT.
Dalle tenebre uscito il Re del mondo,
Alle preghiere omai del Franco duce,
Scosso dintorno ha quelF or ror profondo,
£ fiammeggiar fa la serena luce :
Ed al gran carro, a cui non è secondo
Qual altro più scintilla , e più riluce.
Lega animai pennati, e'I volge, e rota,
Rota sublime in più sublime rota .
CXLt.
Stellato è l'ampio carro, e d'occhi è sparso,
E spirito di vita il muove intorno;
Tardo appo lui, non pur di lume è scarso,
Quel che n'apporta in Oriente il giorno.
Con questo al suo fedel per grazia apparso,
Gira egli il mondo in maestate adorno;
Regni, genti, contese, e tutte quattro
Parti rimira , e non pur Tile , o Battro .
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO FI G ESIMO
ARGOMENTO
Goffredo, in sogno al Giel rapito « mira
Dell'antica Sion il Regno » e i Begi ^
Indi nella Città beata ammira
Di Dio la gloria , e 1 trono , e i canti , e i pr^
D'Angioli , e Santi , ond'ei tanto toipira»
Ch'a sé vittoria, a' suo' guerrieri ograg;!
Perdono impetra . Il padre suo gli scopra
Della futura età le imprese e l'opre •
Usciva ornai dal molle e fresco grembo
Della gran madre sua la notte oscura ,
Aure lievi portando , e largo nembo
Di sua rugiada preziosa e pura :
£ del velo scuotendo il nero lembo ,
Spargea col vivo gel l' estiva arsura :
£ i venticei battendo intorno Tali^
I sonni lusingar d* egri mortali .
II.
£ quegli ogni pensier, ch'il di conduce^
Tuffato avean nel dolce oblio profondo;
Ma vigilando nell'eterna luce,
Sedeva al suo governo il Re del mondo :
£ da stellante seggio al Franco duce
Yolgea lo sguardo più lieto e giocondo:
Quinci un segno mandò tra'] giorno eTombrip
Di raggio in guisa, ond* atro orror disgombra*
]
CONQUISTATA ai5
III.
Non lunge all'aurea porta , ond* esce il Sole,
E porta di zaffiro in Oriente,
Che sol per grazia avanti aprir si suole ,
Che si diserri V uscio al di nascente .
Di questa escono i sogni , ond* egli vuole
Le tenebre illustrar d'umana mente.
Ed ora quel, eh* al pio Signor discende.
L'ali dorate in verso lui distende.
IT.
Sommo Sol, il cui raggio è luce all'alma,
E dolce ardor, perchè non giaccia e geli;
E voi, che sciolti da terrena salma.
Ratti volaste, ov'egli illustra i Cieli;
Qual sia gloria lassù , corona , e palma
Per me, con vostra pace , or si riveli.
Come già lessi; e i gradi, e i cori, e '1 canto^
E ciò, ch'in luce involve il Regno santo.
T.
Lunge siate, o profani, e voi, ch'adugge
L'ombra di morte, e '1 cieco orror d'Inferno,
Che ricercate pur latebre, ed ugge
Al peccar vostro, ed al nemico interno:
E voi, ch'il vano amore infiamma e strugge,
0 l'odio indura al più gelato verno.
Ma chi di santo ardor mi purga il labro,
Se r opre or narro del celeste fabro?
TI.
Nulla mai vision nel sonno offerse
Imagini del ver lucenti e belle.
Più di questa, eh' a lui dormendo aperse
1 secreti del Cielo, e delle stelle ;
Anzi i divini, e quasi in speglio ei scersi
■ Misteri d'opre antiche, e di novelle:
£ 'nsieme gli apparì la terra', e '1 Cielo,
Come in teatro, a cui si squarci il velo.
3i6 LA GERnSALEHUS
Vide repente uscir duo vaghi Amori,
E quinci e quìadi £ar contrario Ìl Tolo,
£ Tua girar con inconsunti errori
La terra, e non partir dairumil suolo:
E l'altro circondar gli eterni cori
Del Ciel sublime , e gir di polo in polo.
Con ali più del Sol lucenti e preste*
Fabro immortal d'alta città celeste.
£ quel facea lassù mirabiropra,
Di chiarissima luce e d' ór sereaa.
Ove notte non é , eh* il Sol ricopra, ,
Nè'I pigro verno i di correnti afireaa.
Questi fra noi , senza mirar di sopra,
A sua voglia formò città terrena,
E d' idoli , e di mostri albergo e tempio:
Tanto è diverso a quel divino esempio .
Egli priraier parea de' sacri monti
Coir aratro segnar la terra intorno.
Ed indur l'ombre dolci a' chiari foDti,
Ove faccia al gran di lieto soggiorno:
E d'alte torri alle superbe fronti
Far gran corona, e'I suo edificio adorno:
E d'aurea pompa ornar la nuova reggia.
Ove pria s'invaghisce , e poi vaneggia .
Quinci d'alto Signor gli occhi lusinga
Bellezza ignuda e senza velo, o gonna.
Perch'air opra crudele il Re costringa.
Col possente desio, eh' in lui s' ìndooDa;
£ par, che penitenza il muova e spìnga
In antro oscuro, ove d' ignobil donna
Pianga l'amore, e i suoi diletti immondi,
E'I sangue sparso, e d'altro umor s*iaoadi.
CONQUISTATA ai7
mi.
E quel raedesmo al maggior tìglro infiamma
Di più iniquo desio più molle core;
£ non si vide mai cervo, né damma
Cercar del rivo al più cocente ardore,
Com'egli il refrigerio a tanta fiamma
Cercando già di non concesso amore :
Parte di donna, che si turba e piange,
Appar l'onesto sdegno, e 1 duol , che l'auge,
TCÌt,
Poscia lume celeste al cor gì' informa,
Quasi pittor delle memorie antiche ,
Del più saggio figliuol la vera forma ,
Con tante sue non pure e non pudiche
Illegittime fiamme, e varia torma
D' estranie donne, e di mal fide amiche;
£ tra quelle lascive e immonde gr€*gge.
Contaminata la paterna legge.
SUI.
Quivi non solo incoronata il crine
Di Faraon la figlia a lui si mostra;
Ma settecento ancor quasi Regine,
Quell'interno pittore ingemma e 'nostra;
L'Idumee, le Sidonie, e le vicine
Cetee col Re canuto iu verde chiostra;
E quelle di Moab figura insieme,
£ le figlie d' Àmon , dannato seme .
XIY.
Di pio, di saggio empio diviene e stolto.
Fra tanti amori il veglio e tanti scorni.
Ed al vero suo Dio Io cor ritolto ,
I falsi adora anzi gli estremi giorni .
Un bosco, un tempio è lor sacrato e colto;
Par che la Diva Astarte ancor s'adorni :
Sembrao ne'sacrificj i fochi accensi,
£ dintorno fumar gli Arabi incensi.
Turbato il Re del Cielo al eulta indino »
Onde onora gli Dei falsi e bugiardi.
Par ch'il mioacci; e con paterno sd^oo
A lui rivolga le parole e ì guardi .
Di manto io guisa alfine è sciuo il regno.
Tanto il giusto furor vien grave e tardi;
E pur sovente e questa parte e quella
Si mostra a lui ritrosa , anzi rubella .
Altari , e statue , e senza luce i boschi
Alzati son sovra ogni eccelso colle,
E Rolto a' rami più frondosi, e foschi.
Dal volgo, nel piacer languente e molle:
£ come al suo splendor sian ciechi, e losclù,
Il vero culto al vero Dio sì tolle .
La plebe in mille colpe erra, e trascorre,
E'n tutto ciò, ch'il Ciel sdegnando abborre.
Più dura poi della macchiata fede
Vendetta par, che lasci il regno afflitto.
Che di regi tesori avare prede.
Fa , dispogliando i! tempio, il Re d* Egitto:
E colle spoglie d'or, superbo ei rìede;
L'altro riman com'era in Ciel prescritto,
Facendo a tanto mal quasi restauro,
Pfegli scudi il metallo, in vece d'auro.
Ma né questo, ned altro iniquo oltraggio,
Né i Regi avvinti di catene e spesse
Volte a morte rapiti, od a servaggio.
Né di vergogna alte colonne impresse.
Par che facciano il volgo al ver più saggio;
Né '1 giogo pur, che gli ostinati oppresse;
Ma ribellante, e'n lungo errar proterro.
Or d' UQ Idolo, or d'altro il vile è serro.
CONQUISTATA %ig
XIX.
Qui*! Dio deir Ellesponto ha speco, e selva,
£ simulacro; e'I Re lasciva madre,
eh' a quei misteri è intentale si riusciva
Fra le spelunche vei^ognose, ed adre.
Là Relzebub risponde , o mostro , o belva
S'adora , e d'alto Ciel sublimi squadre,
O '1 Sol , che pien di scorno il dì riporta ,
O la strada de' segni obliqua e torta.
XX.
Nel tempio istesso, ove il Signore alberga»
Cavalli ha il .Sol, Baal profani altari :
E perch' altri gli atterri, e gli sommerga,
E ne scacci gli Dei d'Averno avari;
Par che di nuove macchie ancor s'asperga.
Né laverian senza sua grazia i mari ;
Ma risorgon le statyie, e'n verde spoglia
Questo e quel bosco inciso ivi germoglia .
XXI.
E fantasmi a fantasmi, e larve a larve
Succeder gli parean , com'onde in fiume;
E sempre ch'una immago a lui disparve,
L' altra s'offerse al più verace lume .
Distrutto il tempio, e rinovato apparve.
Mutata stirpe, a Regi è il lor costume :
E di gente Idumea nel seggio antico
Assiso il Re, del grande imperio amico.
XXII.
Quinci il terreno amor d'augusta lode.
Amor di regno, e di caduca altezza,
Sospinge all' opre nuove il forte Erode,
Che le sue antiche leggi abbassa, e sprezza.
Egli ama , anzi arde, e per dolor si rode,
•Tutto infiammato di morta! bellezza.
Pria sparge il giusto, e poi'l femineo sangue»
È d'amore egro e d'odio, invecchia, e langue.
330 Là GEHtJSALEMME
Poi gli parca veder turbalo il Sole,
Quasi tenebre a tutti Ìl Ciel pareggi;
£ mine minacci eterna mole,
Al vari:ir delle sue certe leggi :
E la terra tremar , eli' egra si duole ,
Bendendo l'aloie aUor celesti seggi :
E i monti al duro crollo , e i marmi ha scìmì,
Ed aperti i sepolcri , e i ciechi abÌHi .
Guerra aspra alGne , e fama ornda e tetra ,
E crudeli vivande, e morti , e scempi ,
E di giustìzia , che vendetta infpetra ,
Vedea Goffredo i più temuti esempjf
Né pietra r.iraaner congiunta a pietra ,
E'I popol già fedel servire agli empj ,
Disperso oltra l'Eufrate, oUra 1* Idaape,
Alla Caucasea porta, all'onde Caspe.
E dove fece il Re del Ciel sanguigna
La sua corona, e fera morte il morse.
Marmorea ( ah vituperio ! ) alzar Ciprigaa
Lasciva Dea net sacro monte ei scorse :
£ la statua di Giove, opra maligaa.
Non lontana apparì, dov'ei risorse :
E dove giacque in fasce, il ver rassembra
Il vago Adon con lascivette membra .
Tali immagini e tante ha in sonno offerte
11 divi» sogno a quel Signor pietoso.
Che le luci dell'alma in sé converte.
Mentre è dall' opre esterne almo riposo .
Quando ecco al Ciel son già , tonando , aperte
L'eccelse porte, ov' aspirò bramoso:
E città nuova or da'celesti regni
Scende, percb'ei v'ascénda, e'I varco iiis^t
CONQUISTATA aai
XXTII.
Come sposa real , eh' in gioja , e 'n festa ,
Le preziose pompe altrui dispieghi,
E'I suo candido seno, e f aurea testa
Di care gemme e d'or circondi e leghi.
Fa colle grazie, di beltate onesta ,
Ch'ogni alma ad onorarla inchini e pieghi:
Cosi parca quella cittade adorna ,
Che di luce immortai mai sempre aggiorna.
XXTIfl.
Al diaspro quel lume era sembiante, •
Ed al cristallo, in cui lo Sol fiammeggia:
Grande ed alto il suo muro, e poscia, od ante.
Maggior non sorse , e solo ei se pareggia .
Dodici porte avea, tre ver Levante,
Tre ver l'Occaso, la sublime reggia.
Tre son volte al piovoso e nubilo Austro ,
L'ultime tre converse al freddo plaustro.
XXIX.
Un Angelo vedeà del sommo coro ,
Che ciascuna di lor guarda e difende ;
E'I nome antico, scritto in bel lavoro,
De' figli d'Israel quivi risplende:
Porte di bianche perle, e piazza ha d'oro:
Tutto è diaspro quanto il muro estende :
Di varie gemme i fondamenti illustri
Sono, ognor saldi al variar de' lustri .
XXX.
Quivi è l'jaspe, il cui splendor rinverde,
E'I ceruleo zaffiro il Ciel simiglia:
E'I calcedonio impallidisce e perde,
Qual lume suol, ch'a leve umor s'appiglia.
Vince il lieto smeraldo il più bel verde,
El sardio sparge ancor luce vermiglia ,
Ma sol di sangue ei si colora e tinge ;
Seco il sardonie i tre color dipinge .
Parea Goffredo a quel piacer contonto.
Oh' ogni altro suo peosìer dal core aTolse;
Quando più lampeggiò senza spaTeDCo
Il Ciel, ch'ai suo valor nou di^repalse:
£luniiaosa, più di puro argento
E d'or fino, alta scala ìndi refulse;
Stesa dall' inie.parti alle superne ,
E tutta fiamtne^ù di luci eteme .
Qual discendea, qual v'ascendea poggiando
De^li Angeli del Ciel sublimi e saelli.
Che non ebber di là contesa, o bando,
E parean mescolarsi e questi e quelli .
Dall'altra parte il santo Amor volando,
Stendea catene dì gemmati anelli : -
Egli fu il mastro ; ei le belle alme avvìnse,
E tutte a 8^ rapite, a Dio le strinse.
Quegli or la scala rimirava , or queste ,
Pur quasi gemme in bel lavoro e nodi ,
D'occulto lume e di splendor celeste
Lucidi, e sfkvillaoti in varj modi .
Non vanti Grecia ornai l'opre conteste
Da' falsi Divi , e le bugiarde lodi ;
E Venere, e'I suo Drudo avvinto or taccia:
Ch'a quesu il mondo stesso e'I Ciel s'allaccia.
Di Goffredo fu ratto al Ciel repente
Lo spirto in sogno; e d'ogn'intorno ei scene
Un bel sereno candido e lucente.
Tutto d'auro e di stelle ivi cosperse :
Simile a quel caridor d'alma innocente ,
A cui nel Capricorno il Ciel s'aperse ;
Se questo è l'uscio, onde varcar si creda
Mente, che peregrina a Dio sen rieda.
CONQUISTATA aa5
Uhm.
Goffredo in quel sublime eterno loco
Maravigliossi, ove il suo amor sortillo;
E dentro al lume di celeste foco
Vide un guerrier, quasi nel mar tranquillo;
E'n suono , a cui saria stridente e roco
Qual più dolce è quaggiù, parlare udillo:
Non riconosci (e lo chiamò per nome)
Il padre Eustazio alle canute chiome?
XLIT.
£i risponder pa^eva : Il nuovo aspetto.
Che di luce e d'onor se stesso avanza,
Pur tardi raffiguro; e dentro al petto
Già sento del mio amor l'antica usanza.
Circondò poi con dolce e caro affetto
Tre volte il collo alfim mortai sembianza;
E tre fiate la divina imago
Rassembrò spirto leve, od aer vago.
XLT.
Sorridendo ei dicea : Come tu credi ,
Non son più cinto di terrena vesta;
Ma nudo spirto , e pura forma or vedi;
La spoglia incenerita al mondo resta.
Qui di città celeste adorne sedi
Il Re superno a' suoi fedéli appresta .
Qui avrai ( ma tardi al tuo desio m'avveggio)
Co' tuoi fidi compagni eterno seggio.
XLTI.
Qui non di lauro, e non di fiori e d'erba,
Ond'il mondo bramò pregi e ghirlande.
Ma di giustizia a te s'ingemma e serba
Corona , o figlio , luminosa e grande :
L'altra, ch'ornar potria fronte superba
Là dove mortai fama il volo spande ,
Rifiuterai , so certo; e non t' incresca ,
Perch'indi la tua gloria in Ciel s'accresca.
%. Cf/^ 7.21. m«
326 LAGERUSALEHBIB
Ma perchè più lo tuo desire avvampi
NelTamor di quassù , più fiso or mira
Questi lucidi alberghi , e i varj campi
Di tante spere, e chi gì* informa e gira,
E degli Angeli i raggi e i chiari lampi:
E'ntanto ascolta la celeste lira,
E d'angelico suon la chiara tromba;
Ecco Dio, che rifulge, e già rimbomba.
XLVIII.
Già sovra '1 $>ole e la stellante ciiiostra
E posto di smeraldo un seggio in alto.
In cui le due Nature il Be dimostra ,
Tinta r umana di sanguino smalto.
LMride santa in giro al soglio inostra '
Segno di pace, e noi perturba assalto .
Seggìon, d'or coronati , intorno i Vegli,
Con bianca stola intra lucenti spegli.
XLIX.
Folgoreggiando uscian del seggio eterno
Fulmini e foco, spaventosi in vista ,
E voci, come tuoni a mezzo il verno ^
Correan per Taria tenebrosa e mista .
E sette lampe avanti al Re superno ,
Il cui santo splendor nulla contrista ,
Spìravan dolci spirti e chiare fiamme.
Onde Talma s'illustri, e*l cor s* infiamma.
I..
E di ceruleo vetro un mar più largo
Di quello, ond'il Centauro a noi penrenne,
O d' altro y che solcasse o Scilla od Ai^o,
O di quanti portaro al lido antenne ,
Ondeggia incontra: e con mill' occhi d* Argi
Hanno i quattro animai dipinte penice :
Ciascun sei ali spiega, e'n varie forme
Par eh' intorno a quel seggio il Ver infonm
CONQUISTATA «47
Pur davanti alla sede un lume accenso
Di sette, come stelle, ardenti faci,
Un aitar d*oro illustra, espira incenso
Odorato di lodi a Dio veraci ,
Da cui perde la Musa, e perde il senso,
Perdono tutti i pensier nostri audaci:
Uè bastar ponno adamantine lingue;
Ma'l suo spirto le spira , e'I ver distingue.
LII.
D* altro hto apparian le spoglie eccelse
Del superbo dragon, che pur contrasta;
E tante stelle al suo cader divelse ,
Da Michel vinto al fulminar dell'asta:
E di chi ribellando in guerra ei scelse,
Sparsa la parte temeraria e guasta ,
Vacue le sedi , e rotti i carri e i vanni , ^
E del gran precipizio antichi danni.
LUI.
£1 trofeo della Croce , e *1 sangue sparso
Dell' uom, che vince, e'I suo morir perdona,
Bai purpurei spargendo, è quivi apparso
Con pungente di spine aspra corona :
CoH'altre sue, che nulla avaro e scarso
Delle sue grazie, altrui comparte e dona,
D'oro e di raggi , e col natio diadema
Di pura umanità gloria suprema .
LfT.
Maria di Sol vestita ha il crine adorno
D'alta corona di lucenti stelle;
E sotto i piedi è l' uno e T altro corno
Delia candida Luna : e quasi ancelle.
Le celesti virtù le sono intorno,
Pure, leggiadre, e graziose e belle.
Ella dagli occhi , e dal suo casto grembo
Versa di mille grazie un dolce nembo .
siS LA GERUSALESnnE
IT.
Serabran gli Angeli eterni auge! volanti ,
E nuove rote fan col terzo giro ,
Varj di nome e d'opre e di sembianti ;
£ i più beati a Dio via più 8* unirò :
E di sua luce han gloriosi animanti;
Men gli altri, che più lunge il Ciel sortirò:
L*un Taliro illustra, e i doni altrui compait»
Transfusi da sovrana ad ima parte.
LTT.
Da coronata fiamma il primo Amore *
Cospnrgea, sfavillando, a' primi cerchi
Più chiara luce, e più soave ardore,
E grazia, che non sct^mi, e non soverchi.
Perchè di grado in grado al sommo onore
L' intimo si pareggi , e più non cerchi;
Ma contento, il Signor, ch'il mondo folce,
Lodi con armonia sonora e dolce.
LflI.
Come fremito d'acque e di torrenti ,
Precipitando per montagna alpestra,
O mormorar de' più sereni venti
Via più rimbomba alla magion silvestn:
[ Così Miai non cessar divini accenti ,
Lodando il Ke d;dla possente destra ,
Delle vendette il Dio nel santo carme ,
Che vince, e dona , e toglie i regni e Tarme.
I.T1II.
Santo Signor, Santo (gridaro) e Santo
Degli eserciti Dio, temuto in guerra;
Piena e la terra di tua gloria, e quanto
Ella nel giro suo circonda e serra .
N'»ii rimbomba eaggendo il Nil cotanto.
Il Nil, ch'esce più volte , e va sotterra :
E se I vicini a quel rimbombo assorda.
E perch'il senso umano e'i suon discorda.
CONQUISTATA aay
Ma concorde armonia con dolci tempre
Da pure menti è su nel Cielo intesa ,
Dove non è giammai chi turbi o stempre
I lumi , o i cori , o faccia alf alme offesa •
Quivi par che misuri il corso, e tempre
II Sol, rotando la sua lampa accesa
Tra fiamme ardenti e lucidi cristalli ,
E faccia al Re del Ciel concenti e balli .
LX.
Con cento nomi, in cento suon diversi «
Il gran Re delle stelle ivi s'adora :
E'n angeliche note i santi versi
L' alta reggia del Ciel fan più sonora .
Tu 1 Bello , e TUn : tu Luce , e luce versi :
Tu Sol , tu stella sorta anzi V Aurora:
Tu foco e fiamma sei, che Talme accendi:
Tu santo Amor, eh' a noi per noi discendi*
I.Xf.
Tu de' secoli il Re: tu seil Vetusto ,
E'I Novissimo: tu Principio e Fine :
E la Giustizia ancor, non pur il Giusto:
Forza, Mente, Ragion d'opre divine :
Mezzo fra'l Padre, e'I peccatore ingiusto,
Che ritogli all'Inferno alte rapine :
Tu Vita , ch'empia morte assorbe e strugge:
E salute, onde l'alma a Dio rifugge .
I.XIT
Tu Verità: tu Via: tu Porta e Tempio:
Sacerdote, ed Agnel: Leone, ed Angue:
Pastor: Medico pio, ch'il fero scempio
Soffristi, e per altrui versasti il sangue:
Tu Imago eterna, e dell'Imago esempio:
Ristoro e Pace a chi guerreggia e langue :
E Pietra, e Fonte, e Fiume, ed umil Verrai:
.Vite d' uve feconda, e Fiore, e Germ« .
a3o LA GERUSALEMME
Lxirr.
Altro, e ristesse : or grande il mondo aocogfi
Nel pugno; or vuoi ch'un picciol corti copia:
Simile, e dissimil, che leghi, e sciogli
Satan rubello : e vai sotterra , e sopra
Il Ciel trionfi; e'I tuo mortai dispogli*
Poi il rendi eterno, e premi il oitrrto e Topn:
Re de* Regi, e Dator di sante leggi ;
Dio degli Dei , che sol puoi tutto e r^gi .
LXIT.
Mentre il sonno al buon Duce i sensi lega.
Degli angelici canti il dolce suono
Sveglia la mente, ond'ella e loda e prega,
E'rapetra a sé vittoria, a' suoi perdono.
L'alta gloria dell'alme indi si spiega,
Ch'ebber d*eterna grazia il santo dono;
E *n nuovo ordine pur diviso assembra
L'altro, che non vestì terrene membra .
I.X?.
Qualdi purpuree rose, e di sanguigne,
Qual di ligustri avea corona a* crini;
Altri il pallor , che V umiltà dipigne,
Nelle viole illustra a'rai divini.
Ma tutte risplendean Talme benigne.
Colla stola di gloria in bianchi lini.
Quasi in manto di luce; e un verde ramo
Mostra ciascun dietro al vetusto Adamo.
LXTI.
Come se in Oriente il eli rinasce,
£ di candida luce il Ciel s'inalba ,
Splendo con bianche e con dorate fasce.
Fra rugiadose nubi, il Sole, o 1' Alba ;
^ Cosi ne'rajTiji p.ir s ammanti e fasce'
La stirpe, nata innanzi il regno d'Alba,
A cui già s'ombreggiava il lumeocctiUo,
Pria che'l vel rimovesse il Re sepulto •
CONQUISTATA a3i
I.XTII
Tronco avea di fin* ór fondato e saldo
La pianta, che sorgea d'alta radice;
E i rami frondeggiar quasi smeraldo ,
Facendo il rogo all' immortai Fenice.
Spirava, ardente d'amoroso ealdo ,
Nel grand'albor di lesse aura felice :
E germogliava il fiore, a cui tranquilla
1/ onda del santo fiume il crine instilla.
LXVIII.
Era da questa pirle alfombre assiso
Il Duce d'Israel co' Regi invitti;
E color, che nel regno in se diviso,
Fur di percossa , o d'aspro giogo afflitti ;
Ma quei, eh' illuminò f Agnello anciso,
Himovendo i sigilli a'nomi inscritti,
Sedeanli incontra ìii coronata chioma,
Famosi Augusti della nobil Roma .
LXIX.
D'eterni seggi, e di colonne e d'arme,
E di scettri e corone il lume abbaglia ;
Né qui sono i metalli impresi e i marmi,
Ne rigido diaspro ancor s'intaglia
D'imprese occulte, e di leggiadri carmi,
O di vago trofeo d'alta battaglia :
Com'ivi sculta è preziosa gemma.
Ch'in sacre note i suoi misteri ingemma.
Nell'alto suo pensier, qual Sole in vetro,
Sembravan fiammeggiarci raggi interni;
E'I padre dir parca : Qual grazia impetro
Teco dall'alto Re de' regni eterni?
Ch'abbi lui visto in pura luce, e Pietro,
li cui splendore appena ornai discerni:
Mira le s;inte chiavi, e mira appresso
Lino e Clemente pur oel giro istesso •
a3a LA GERUSALEMME
IXXI.
Mira i più celebrati in sacra istoria;
Silvestro, a cui d'Italia il don si fece,
dibassai d'invitto Imperator si gloria.
Più del Signor f ch'ivi è di Pietro in vece.
Mira là il Magno, e T immortai vittoria.
Per cui di nuovo trionfando ir lece
Dell'avaro Satin; e l'alma augusta
Traslata al Ciel , ov' ogni grazia è giusta •
LXXlt.
Mira vacue le sedi alte e lucenti,
£ di gloria immortai sacri diademi ,
I^à've poi salirau Paoli, e Clementi,
Ne' secoli più tardi e quasi estremi .
Nel settimo parran smarriti e spenti
I rai del Sol , non che turbati e scemi:
Cieca Roma, orbo il mondo, e preso il tempio^
eh' è di questo immortai sereno esempio.
LXXIII.
Egli medesmo poscia orna e circonda
L'augusta chioma di corone, e d'auro.
Rara clemenza! e di sue grazie abbonda,
E di quel suo celeste ampio tesauro ;
Acciocch'il vincitor la terra, e l'onda
Trascorra, e domi il fero Scita, eU Mauro:
E penitente, anzi gli strerai giorni ,
Più che di gran trioufo il Cielo adorni.
LXKir.
Ma poiché giunto alla sacrata verga
L'ottavo sosterrà di Pietro il manto;
Dal Ciel richiamer.'illa, in cui s'alberga.
Colla (Jiustizia, e colla Ferie accanto :
Pria cerco avendo, ov'il Sol chini , o sterga,
Come suol niessagf^ier del regno santo ;
Che loco in terra <r illustrar non Liscia,
Fra gli estremi del mondo, oud'ei si fascia^
CONQUISTATA a33
Ne Pio, fra gli stellati eterni seggi
Fia più di gran vittoria in Ciel contento ;
Né di mole, ch'Olimpo alta pareggi ,
Sisto air opre laggiù pietose intento;.
Che d'aver dato alle severe leggi
Chi suo rigor contempre, e suo spavento; *
Padre a' Regi e Pastor, sostegno al mondo,
Ministro a Dio, ch'in lui n'appoggia il pondo.
LXXTI.
La Francia, adorna or da natura e d'arte,
Squallida allor vedrassi in manto negro,
Né d'empio oltraggio inviolata parte,
Né loco dal furor rimaso integro:
Vedova la corona, afflitte e sparte
Le sue fortune, e'I regno oppresso ed egro :
£ di stirpe real percosso e tronco
Il più bel ramo, e fulminato il tronco.
LXXflI.
£i solo (oh quanto lunge a' tempi nostri
Trascorro! ) ei solo il Re può dare al regno,
E'I regno al Re: domi i tiranni e i mostri,
E placarli del Cielo il grave sdegno.
E i due nepoti eletti ai lucidi ostri
Chiama, onde l'uno e laltro in prima é degno:
Nunzi, o ministri, e fidi, e gravi, e saggi,
Che spargeran delle sue grazie i raggi.
Z,XXTIII.
Roma, che rimirò nel secol prisco
Duo Soli , e maraviglia e timor n' ebbe ,
Come vedesse in Ciel spavento e risco ,
Tanti Soli scorgendo, or che direbbe?
Nel cui lume affissarti appena ardisco,
Tanto lor gloria al sommo Sol s'accrebbe;
eh' è vivo fonte pur, che luce infonde,
£ rai sparge, e faville in fiume e'n onde.
a34 LA GERUSALEMMB
I.XlCfX.
Quinci ne' sacri Regi ella deriTa:
E se terreno affetto in mezzo è posto ,
Qual Luna suol, ch'ai sommo Cielo arriva,
Ed abbia il maggior lume incontra opposto,
L'augusta gloria imbruna, e fosca e priva
* Quasi d' onor, tiene il suo raggio ascosto.
Questa è Tecclissi in CieU ch'in nubi e*n ooho
La real maestà sovente adombra .
LXXX.
Mira come s offusca ( ahi terra avara ! )
Dianzi nel padre, ed or nel figlio Elnrìco:
Ma volgi gli occhi, ove più bella e chiara,
Bisplende in quel si grande a Cristo amico,
Ch'a'rai del suo Vicario arde e rischiara
11 m >ndo tutto, e lascia il seggio antico*
Quel, fiammeggiante in guisa di piropo,
È Costintino; e*l buon Teodosio è dopo.
LXXXf.
In quel gran seggio , ov'é la santa "Libra ,
In cui la terra in lance, e'I mar si pone,
Giustiniano è quel, ch'il mondo libra.
Tutto di paline adorno e di corone.
Nell'altro Koca : appresso i raggi vibra
Il magnanimo Carlo, e'I primo Ottone.
Oh quante cose astringo in picciol fascio.
Equanti illustri nomi addietro io lascio!
LXIXII.
Perocch'a dipartir n'affretta il tempo ,
Ed il Sol, ch'i mortali omai richiama
Laggiuso all'opre, ove regnare a tempo.
Figlio, dovrai con gloriosa fama :
Poi qui, dov'io meu vivo, e non m' attempo,
Torn.ire al Ciel , che li conforta e cliiauia:
E gran serie [irepara allalma stanca ,
In cui di lucide ali il cigno imbianca.
CONQUISTATA »35
i.xniii.
Tu sei quel cigno, anzi il morir si lieto,
D^un bel presagio, a cui non sorse eguale;
£ dal regno terren senza divieto
Al Ciel dispiegherai le candide ale:
Poscia ( conserva al cor Tallo secreto)
Là dee regnar' lo tuo fratel mortale :
E volta a Dio la faccia, al mondo il tergo,
A (e qui salirà nelTaureo albergo.
L XXX IT.
Perchè di Leda i favolosi figli ,
eh* antica fama uniti in Ciel figura.
La nuova età non lodi infra perigli
Della tempesta , e della notte oscura :
Ma'l vostro esempio, e i vostri alti consigli
Segua, dove minaccia aspra ventura :
- £ gemino voi siate e vivo lampo,
Ch'altrui risplenda in tempestoso campo.
LXXXV.
Appresso gli apparian, quasi congiunti.
Tre seggi e quattro, in cui nessuno asside ;
Ma quasi raggio, che turbato spunti,
La gemma delfestremo ombrata ei vide.
Questi de' sette Regi, a'primi aggiunti.
Avranno ( udì ) Talme devote e fide •
Parte il Ciel si turbava , e fiera pioggia
Cadea di sangue in disusata foggia •
I.XXXTI.
Dir parve il padre, e non col viso asciutto
(Se per pietad^ in Ciel si plora e geme)
Ahi! di regno infelice, e pur distrutto,
Caduta è la corona , e spento il seme.
Non ricercar de' tuoi l'amaro lutto,
E le percosse e le mine estreme.
TSoìì riminir lagfifin le sl^itu** iijninlf*,
Come ciascuna par che pianga e sude.
sjS la gerusalehmb
Poi, qual di tomba tenebrosa, o d*arca,
Uscì dolente e lagrimosa voce,
E di donna sembrò, che si raaimarca:
Preso è '1 Sepolcro , e svelta ia me la Creo
Macchiato il tempio; 'e d'iufedel monarca
Sostegno, orba regina, il giogo atroce.
Tuoni di voci allor quasi lugubri
Scorrean dall' Elesponto a* lidi Rubri.
LXXXTIII.
Di nuovo il Sol con vergognosa fronte
Mirar pareva , e con turbate ciglia
Soffrir gli oltraggi di catene e d* onte,
Di Sion mesta e nubilosa figlia ;
E'n Aera alzarsi, e nell'opposto monte.
Non pili la Croce del Signor vermiglia;
Ma deir Egitto la superba insegna,
E'I trofeo di Satan, ch'è sciolto, e regna.
X.XXXIX.
Poscia di fiero colpo il S.il percosso
Vedeasi in vista spaventosa e negra.
E le stelle cader dal Giel commosso.
Né rimaner lassù la spera integra:
Fervido il mar di Tracia è tinto in rosso;
11 lido el campo ornai simiglia a Flegra:
E schiere di giganti orribìl corso
Fanno, con testa di serpente e d'orso.
xc.
Grande e terribil drago or vola , or serpe
E sparge fiamme, e versa il tosco, e fiscbù
Dintorno alla gentile antica sterpe.
Dove r aquila annida, e pur s* arrischia.
Co' nodi avvolta è la tartarea serpe
A quel sacrato augello in fiera mischia •
Lo scaccia alfiu dal nido ingombro e guaa
E due regni divora : ahi fiero pasto !
CONQUISTATA a37
XCI.
Oltra ì mari, oltra i moati, il fosco, e Taura
Del tenebroso Ciel trapassa e fende
L'auge! volante, e'I nido orna e restaura
Dove ricovra, e*nsino al Cielo ascende .
Ed a due capì alte corone inaura;
L'ali al Borea, all'Occaso innalza e stende,
£ i popoli, e i paesi all'ombra ammanta ,
£ chi d'antica libertà si vanta.
XC1I
Al gran Sol di giustizia il chiaro sguardo,
E i figli coronati a prova affisa,
Al cui volo sublime ogni altro è tardo
Sovra la terra, eh' è dal mar divisa ;
THè vola al segno mai saetta, o dardo ,
Com' ella al Ciel , ne l' è sua via precisa : '
£ mentre gira pur di cerchio in cerchio,
Nulla s'abbaglia allo splendor soverchio.
XC1TI.
Mira Goffredo, e de' guerrieri egregi
Spirti far gli parean lucente rota ;
E per fama ei conosce i nomi , e i pregi ,
S'è pur d'alcun l'alta sembianza ignota.
Quivi Ugon risplendea , da' Franchi Regi
Nato, e Goffredo il zio , l' alma devota :
E della gente d^Azzio a tutti innanzi
Guelfo apparia, che si parti pur dianzi •
XC1T.
Seco girar parean, qual fiamme accese.
L'alme de' prischi eroi, nel Ciel consorti,
Che per l'Italia in onorate imprese
Piaghe soffrirò , e gloriose morti :
E del barbaro orgoglio all'aspre offese,
Fur quasi scogli in mar turbato, t> porti:
Cajo, AureKo, Foresto, il nuovo Ettorre
Centra Attila , e di guerra eccelsa torre.
a38 LA 6ERUSALEUME
HCV.
II luminoso cerchio in giro vol?e
Acarino, il primo Aszo, il pio germano,
Che trionfar di lei , che '1 Yel dissolve.
Con piaghe adorne di splendor sovrano:
Dì sua luce Aforisio ancor s* involve.
Vincitore altri d' Unno, altri d* Alano,
D'Erulo altri, o di Goto; e par che*segua
V^leriano il padre, e'I padre adegua.
XCTf.
Già degli schiavi il vincitore Ernesto
Ancor fiameggia infra 1* eterne luci :
E tu al Lombardo Re grave e molesto,'
Quivi , Adoardo , al pio Signor riluci.
Enrico e Berengario il bel contesto
Adorna ; e dopo gli altri invitti Duci,
Ottone f e i figli; e già con lor rotando
Patrizio, Belisario, Anselmo, Orlando.
XCTIl.
Traslato in maggior tempio, allegro or gode
Americo de' suoi , ch'in terra ei lassa.
Dove le rive il Po distringe e rode ,
La cui forma col mondo ancor trapassa:
Molti Azzi han seco in Cielo eterna lode.
Verso di cui Fumana è vile e bassa.
E 'IVdaldo, e Matilde ancor si vela
Di casta luce, e fra gli eroi s* inciela •
xcvTir.
E tra '1 chiaro caudor del puro latte,
E l'acceso del foco e vivo raggio.
Trionfa or co'Normandi , e non combatte,
iVè v'è sdegno fra lor di vecchio oltraggio.
Aure, o fiamme giammai non fur sì ratte.
Né Sol girando obliquo erto viaggio ,
Come girar parenn Latini, e Franchi,
Pronti, e leggieri a' pensier gravi e
CONQUISTATA 289
XCIX.
Poi vedea quei, ch'alia spietata rabbia
Far coutrasto solean del Mauro infido:
£ spesso gli serrar, quai fere in gabbia,
O vinti gli cacciar di lido in lido.
Ruìdias il primo; è par ch'egli abbia
Compagni di gran norae, e d*alto grido.
Vedea de' Greci alme lucenti e v«ghe,
Contente in Ciel dell'onorate piaghe .
e
Ma pur volger pareva al pio guerriero
Gli occhi già stanchi, e di mirar non sazi,
lii've poi ch'avrà pieno il corso intero
Della vita mortale, e i brevi spazi.
Alma real degnissima d'impero.
Dee seder fra smeraldi e fra topazi .
Quei seggi ( disse il padre } il Cielo estolle
Alla stirpe, eh' all' altre il pregio tolle.
CI.
Dall'Austro il nome,e 'ncontra l'Austro avranno,
Neil' estreme del mondo avverse parti ,
Corone e scettri, oltre il carain dell'anno
£ del Sole , ove i raggi appena ha sparti :
Non fia dell'Occidente empio tiranno,
Che non tremi il valor, e l'armi e l'arti;
£ dal destro d'Europa e dal sinistro
Lato, gloria daranle Ibero ed Istro.
cu.
Kè prole augusta mai sì nobil parto
Di tanti He, di tanti eroi vi scorse,
Com' ella , poich' il sesto appresso il quarto
Vedrà regnar fra le Colonne e l'Orse,
Ed oltre. E te àa'tuoi nulla diparto.
Né d'altro successor la mente inforse.
Ne met^ a quel valor, né pari al seggio.
Né confine ali* imperio in terra io veggio.
a4o L\ GERUSALEU9IE
CHI.
Di questa nascer dee T invitto Carlo 9
Promesso a lei daMumi erranti e fissi ,
Anzi da Dio , ch'altrui vorrà mostrarlo •
Qual raggio suo, dopo Y oscura eclissi ,
Farà più bello il mondo ^ e ciò eh* io parlo,
£ breve stilla d' infiniti abissi;
£ stenderà 1* imperio e quinci e quindi,
Vittorioso, a' Mauritania agV Indi •
or.
Già sin ora tremar gli antri profondi
Veggio d*£rcinta, e dell'antica Ardenna;
£ i regni di Baldacco, e i tempi immondi,
£ l' arca infame di cadere accenna :
£ neir ampio Oceano in novi mondi.
Dove or non spiega il volo ardita antenna:
Muto è ridol bugiardo a plebe inferma,
01 precipizio suo, mugghiando, affermi.
CT.
Carlo, ch'avrà portato il grave incarco
Del mondo, che mina alfin minaccia ,
In quel sarà, e* ha le colonne, e *1 varco.
Perchè d* Alcide il corso omai si taccia :
Benché Lerna spaventi al suon dell* arco,
£ plachi il bosco d'£rimanto in caccia:
Né tanto ei circondò d'estrania terra.
Mostri domando, o pur tiranni in guerra.
CTI.
Né Bacco, il qual frenò dall'alto giogo
Di Nisa al carro suo Torrida tigre :
Né quel, che pose a' Persi il duro giogo,
£ correr fece servi Eufrate e Tigre :
Né Cesare, o Trajan ; che tempo , o lungo
Non manca air opre del valor impigre.
£ dubbi siam, restando ove combatti,
Stender virtù con gli animosi fsitti '•
CONQUISTATA 241
CTII.
Là vedi il trono, e vedi inscritto il nome
Di Ferdinando, e del gran figlio eletto,
Perchè gli empj rispinga, e l'aspre some,
Sin che muoja il dragon da rabbia astretto:
£ di Rodolfo, a cui le sacre chiome
Veder di gloria incoronate aspetto,
£ di tanti altri, a cui virtù divina,
£d origin celeste i Regi inchina.
CTIII,
In quell'età non fia maggior sostegno,
CheU Barbaro crudel ritenga a bada,
D'Alfonso invitto; e quelTimperio indegno
Vincer potria coli' onorata spada :
Nato agli onori, alle vittorie, al regno,
Mostrerà di valor sublime strada;
Ne man più forte o degna ha palma, o scettro,
O si grand' alma in Ciel lucido elettro.
e».
Lasciam le caste e gloriose donne.
Schiera d'un bel silenzio assai contenta;
£ d'alto soglio mira alte colonne,
Onde l'eternitate il Ciel sostenta:
Per cui varchi la fama, e non assonne.
Benché la vita sia caduca e spenta :
Né fora egual sostegno Abila e Calpe
A tanto onore, ovver Pirene ed Alpe.
ex.
LÀ di vittorie e di corone adorno
(Se pur vita mortale in terra è lunga)
Farà veglio Filippo al Ciel ritomo,
Dov'egli gloria alla sua gloria aggiunga;
Poich'avrà sparso il suo gran nome intorno,
Ovunque i regni estremi il mar disgiunga.
Domi popoli, genti, e regi avversi.
Vinti in terra i nemici^ e'n mar dispersi.
G. Còiiy. r. lE. t6
s4a lA GEBDS4LEHMB
Altri salvati, altri d'iocerte e false
Leggi d'error conversi al proprio culto.
Ed illustrato io mnxo all'onde aalae
Coir arme, e colla fede il vero occulto;
Là dove Alcide a trapassar noa valse ;
Nè'l Greco^cbe fu errando ìa mar i
O nave, ch'afferrò eoa duro morso
Asia, od Europa, o sciolse attroade il cono.
Veggio sul lido estremo al polo alxarsì ,
Plori pur su quelli, onde fu domo Anteo:
E'ii fiammeggianti Bielle altrui mostraru
Xa Croce, eterno al He del Ciel trofeo.
Veggio altri lumi a' naviganti apparsi,
Foiclip Boote, e'I carro in mar cadeo.
IVIa ciù Diimmerge, e scaccia infida turba,
che tutti i Di>stri lidi umai perturba?
Angelo par che tenga al freno avvinto
Euro con Austro, e che gli schiuda e sciol^
Angel certo è , di zona in guerra acciaio ,
E dà vittoria ove secondo ei vol^ ,
L'altro ha la verga; e d'ostro e d'or dipinto,
Par che sparga le nubi , o pur le accolga.
11 terz<j cui tridente arde e sfavilla ,
E fa l'onda turbata, epoi tranquilla*
Pajono isole, o selve, in torbida onda
U'alber volanti; e'I mar s'innalza, e mufge.
Chi tante navi prende, e parte affouda?
Altre n'infiamma, e vincìtor distru^e?
Vola intorno a'trofei di sponda in spooda
L'aquila imperiosa, eì leon rugge :
Cen;a il drago crudel speco , o latebre:
Copre Bizanzio ed Asia orror funebre.
CONQUISTATA i43
exr.
La Regina del mar di lucido ostro
Lieta risplende, e mille tempj alluma;
E de' sacri animai gli artigli , e '1 rostro
Loda, e quel suo, eh' i vanni al volo impiuma.
£ Partenope ancor del vinto mostro
Canta la fuga, e'ncende odori , e fuma :
Roma rinova le sue antiche pompe
Al glorioso, che l'incontra, e rompe.
■ CXVl.
Di Gedeone ancora il puro vello
Quivi i sacri misteri alfin rinova .
Ma qual pria narrar debbo, o questo o quello.
Di tanti eroi, che'l porteranno a prova?
E i nomi ignoti di splendor novello
Farà lucenti in bella etate e nova?
Te, Cosmo invitto, al tuo splendor conosco »
O saggio fondator del reguo l'osco.
CXTII.
Tu , e' hai del mondo il nome , e'I Ciel riempi
Della tua fama, e'I fai più adorno e chiaro,
A' tuoi figli darai sublimi esempj
Da sprezzar Dite, ed Acheronte avan>;
Vincendo quei, che negli antichi tempi
Statue, o colonne alla giustizia alzaro:
E mentre lieto corre e TArbìa, e l'Arno^
Catenato il furor si rode indarno .
CXVIII.
Ma Ferrando , al cui saggio alto governo
Placate ubbidiran la terra, e l'onde^
Men in sue squadre, e nel furore esterno
Di gente mossa a guerreggiar altronde,
Meno in tesor, che nell'amore interno,
E'n se medesmo, e'n sue virtù profonde,
* Fonderà quel potere , ond*ei corregge
Toscana , a se di se corona e legge •
Del Bavarico duce invitta prole
Par ch'io Germaoia il primo i
E gloriosa , e più chiara chel Si^e,
La veggion de* nemici i lami inlerai :
E dell' imperio la gravoM nH^
Ili lei scateni avrà costanti e feriBÌ ■
E*n prisca aohìltà pace tninqnilla »
E fede, J:fae ood teme, e non TacHlli^.
Degli Avali il valor non lun^ io i
Come illustre rìspleade, e (^iaroa
1d monte, in lido, in tempettoao gorgo,
E vincitore in varie pirtiaccampa .
Quidel buon Dona, il ve^iu, ancoriii'a
Ch'in mezzo all'oqde par lucida lampa
D'eterna gloria; e'n sommo grado il ginagc
Audrea il nipote, e palme a palaie l
Sarà terror dell' Aflricana piaggia
Il gran Ferrando, e dell'algente Beno;
Là dove fugga sanguinoso, e caggia
L'empio, mordendo il suo natio terreao,
Mon avrà man più forte, alma più aaggii,
Cittati, e regni, a cui ristringa il (reno;
Ma di Cordoba il nome, e dì Cardona
Con altissime laudi al Qel risuona.
La gloria di CoDSalvo, altrui molesta.
Il buon Duca di Sessa ancor lusinga ;■
E col suon de' trofei virtù sideata,
E poggia a'primì onori a,\Ba solinga .
Né di Zuniga il merto o cessa , o reata ,
Dove all'eccelse imprese alcun s'accinga;
Ma di Zuniga il nome, e di Miranda
Awien che glorioso l' ali spanda .
\
CONQUISTATA a45
Né quel di Feria , o dei suo Duce , adombra
Futura età, né fìa meo chiaro il grido :
O pur quel di Toledo, onde s'ingombra
D'Affrica quasi , o pur di Spagna il lido :
Altri regge l'Italia ; e scaccia e sgombra
Altri, Malta salvando, il Trace iiiBdo:
Qual varca l'Albi algente, o duve il lasso,
Che serri ad un de' nostri il duro passo?
Ahi, chi tanto valore in vane imprese,
E'n periglioso campo oscura a torto?
Ch'altrove quelle insegne alfìn distese,
Sariao temute dall'Occaso all'Orto.
Cessin (sangue real) sì gray^ offese:
E gilta l'armi , o tu correggi il torto;
O le rivolgi incontra 'I fero Trace,
Dando a' popoli tuoi salute e pace .
Tu , Carlo , tu primiero a tanti sdegni
Fon fìne, e queta le discordie antiche,
Tu , che prendi i gran Regi , e doni i regni ,
Ed in gelate parti, e'n parti apriche;
Tu, che di perdonar, vincendo, insegni,
E premio stimi il Ciel d'alte fatiche,
A cui , vivendo ancora, il calle aprirti
Potrai d'Olimpo infra divini spirti.
Ma Filiberto vince, e vince in modo ,
Che d'eterna vittoria hn pace i frutti:
E tra possenti Regi ordisce il nudo,
Per cui torna d'Europa in festa ì lutti.
L'armi di Guidobaldo, o l'arme io lodo,
U'I senno, o quei valor, eh' è luce a tutti?
U la gloria del padre io più subtimo,
U lui felice più d'un figlio estimo?
>46
Già per le vie dell' avo al Cielo upifS"
Il magnanimo figlio in più Tvnlì aisaì;
E fra'R^r, e fra l'armi ».^>leikdee«pin
La fama del suo onore , e spiega i vanni:
Novo Alessandro all'Oriente or gira
T>a nobil destra ; e gravi e lunghi af&oai
Sostien poi nell'Occaso', e'I vince « doMi'
Più d'altri non si gloria Italia, o Rosa.
Gloriosa colonna all'empia fona
De' Barbari io mar sembra orrido acogltn»
Tra fulmini di guerra; e si riaforaat
E frange di quegli empj il duro of;gog^(
Al nome sol dell' onorato Sforza ,
Verga l'eternità più lungo foglio .
Segue Vespesiano alti ve^tigt.
Sempre lunge da'laghi Averni , e Sti|p..
Chi potrebbe tacer l'invitte posse
Di Luigi , o di Carlo , altera coppia ?
Cadran le schiere a quel valor percoMe ,
E le mura, ove il ferro i risebi addoppia:
E i gran giganti alle feroci sofMne,
E ciò, che la possanza e l'arte accoppiai
E dove quel valor percote, o'ncoDtra,
Non fia forza , o furor securo iacoatim.
Chi d'un altro Ferrante il core, e'I senno,
O la man larga all' oro , allo stil pronta,
O quanti seco in un silenzio accenno
Di progenie, ch'ai Ciet poggia e sormonta?
Potrian chiuder Ìl passo a Pirro, a Branno,
E fare ad AnnibàI vergt^aa ed onta ,
Que valorosi , ch'alzeranno in guerra
L'Orsa sublime in Ciel. sublime in toan..
CONQUISTATA x47
ex XXI.
Veggio Onorato pur col vello d*oro,
E gli altri suoi , che l'Aquila d'argento
Dispiegheranno; ai trionfale alloro
Già veggio Pietro, il valoroso, intento ;
£ lungo il Reno, o sovra il mar sonoro.
Col Duce suo fra cento squadre e cento.
Veggio. Sa velli e Conti, e quindi e quinci;
E te, che TOrso alla Colonna avvinci.
cxxxir.
Ecco de' regni, che divide il mare.
Partendo i monti con sentiero angusto.
Due regie stirpi, e gloriose e chiare.
In cui riluce lo splendor vetusto:
E nell'una e nell'altra a prova appare
Cortesia , largita degna d' Augusto.
E Luigi di qua dal breve golfo
Scenderà da Guglielmo, e da Aristolfo.
CXXXIIf.
Co' figli di valor, di gloria adorni.
Fra' quali or fonda Alfonso in salda pietra;
E fia ch'Italia al prima onor ritorni.
S'ella mai grazia d'adorarlo impetra.
E Carlo, a cui p.ir che Venosa adorni
Armi, e coroue, e la f.imosa cetra.
Quei l'insegna dal Cielo, e'I gran cognome
Avrau da genti sparse, ancise e dome.
CXXXIT.
Gli Africani trofei, le spoglie , e l'armi ,
Le vittorie d'Epiro, ovver de'Sardi ,
Non pur fian degne de'sublimi carmi
Ne' tempi fortunati a venir tardi ;
Ma n'intagli Jerace i bianchi marmi,
In cui l'antiche imprese altri risguardi.
Ma sol Giovanni io scelgo, e solo ardisco
Di farlo paragone al secol prisco .
L'un suocero, d'onore e d'anni «ntioò^
Duce sali d'Eraclea; alfin del-«ono.
Gì' Insubri reggerà dì Carlo anioa «
Gran tempo inoanu a lui ael Ciel
Principe l'altro fia nel suolo ■piicx>
Ove it foco de' monti infiammm il
Né d'altri più Sicilia allor si vanti ,
Benché molti Jeroni onori e canti. ■
Saria più degna d'tmmorUleatato
Ijì fé di lui, che Bisignano oDoitt ,
E tutta Europa , oud'^li al Cìd tradato
Celesti grazie all' alta stirpe irrora .
Quel di Stigliano, e di Sulmona a lato,
A cui virtù corone e scettri indora ;
Coppia degna è del Ciel , ch'in varie tonm
Parche le vie sublimi a'Bgli infomie.
Fia in quei di Capua alta fortuna ad alta
Virtù congiunta, il che di rado arvieoe :
E benché ingiuriosa Italia assalta ,
Ora i monti varcando , ed or l'arene ,
La nobiltà, eh' i gran principi esalta.
Il pregio antico, e'I prisco onof mantìeoe.
Ha nel Prence di Conca al sommo poggia,
E splende adorna in disusala foggia .
Chi il buon Prence d' Avella, e i saggi e fiwti
Cavalier di quel sangue alzar potrebbe.
Se fìandi sua virtuteal Cielo scorti.
Col grand' onor, ch'a pochi unqua si àMtà
Debbo a'Romani, o debbo a'GrecL opporti,
In cui Io studio pregio all'armi accrebbe i
O di Napoli gloria e di Nocera ,
Successor d'Alessandro , e prole alum?
CONQUISTATA »4g
CXXXIX.
Oh ! quanti Duci di lontano io veggio ^
Come gran lumi in lucido sereno :
Quel d'Atri, al cui splendor poichi io pareggio,
Pien di Blosofia la lingua e*l seno.
Quel di Termoli è seco in alto seggio,
£ rCosso, che Fortuna ha sotto il freno:
D'alto intelletto il Sangro eccelsa torre ,
Due Spinelli, il Ghevara, il novo Ettorre .
E quel d' Eboli ancora, a cui Fortuna ,
Che le cose quaggiù confonde e mesce,
Non toglie la sua luce, e non l'imbruna ;
Ma scemando i tesori, i merti accresce.
E quel di Massa appo Tantica liUna ,
E quel, che nello scudo ha l'onde, e'I pesce.
E non men ricchi di virtù, che d'auro.
Lo Spinola, il Piueltò, e quel di Lauro .
CXLl.
E'I gran Loffredo, il qual fra'Belgi e Celti,
Nell'arme splenderà con vivo raggio,
Quand' i bei gigli d'or fian quasi svelti,
E Francia afflitta da crudele oltraggio.
E i Capeci con altri a prova scelti
Animosi guerrier d'alto coraggio:
E'I cortese Pignone, e'I Gambacorta,
Coir alta sua progenie alfin risorta .
CXL1I.
E di Circello, e d'Ansa altri Marchesi,
E'I figlio, indegno di fortuna avversa ,
Gli animi avranno al vero onore accesi,
E '1 Conte di Loreto , e quel d'Anversa .
Fra' ca va lier magnanimi, e cortesi
Risplende il Manso, e doni e raggi ei versa.
Ma cieco obblio già non asconde e copre
Del buon Duca di Sora il nome e l' opre .
Boma , ch'a tutti gli altri fama or tolUy -
L'arme, e quel mansueto allo govomo
Tu loderai ne' più sublimi colli*
Ne tremerà Giaevra, e1 lago Avemo.
' Tu, Bonel, tu, SfuiMrato, e ta, ch'e
Scala celeste, avrai l'onore etemo,
Aldobrandino, asceso in d^no grado ,
Purgando de ladroni il varco e1 gawlo.
E lu-Micbele, io cui sì cara a^iunge
Viriate, e'n verde età gran pregio acquato.
Ob qual novo splendor veg^o Ìo da luogt,
Cui nulla oscura nulle alfine attrista 1
Cesare quegli 6a, ch*in sé congiuoge
Senno e valor, così pensoso in vista ;
Degno, che serbi iu lui virtule amica
La stirpe d'izzio, e ta sua gloria aatica .
Ma Vincenza all' Olimpo it cor parerla.
La fede al Cielo, e U sua fama al maodo;
Né mai il più degno alla stellante r^^ta
Salse , o sprezzò d' Inferno orror profondo:
Non quel , dì cui si canta , e si van^gia.
Che p >rtas.-ie d' Atlante il grave poado ;
Non Enea, ch'i nepoti all'ombre scorge;
Ma più vera pietà l'illustra e scoi^.
l'ietà , giustizia , fede , amiche scorte
Saran del nobii Duce a certi passi :
Cipsi I' uom vince la seconda morte,
£ sale al Crei, pria che la spoglia ei lassi.
Fama mortai , che le Caucasee porte
Sorvoli, e quel gran monte indi trapassi »
Ed oltre il Gange nuoti , alfine è aulla :
Spesso è meglio il morir ignoto ia culla.
CONQUISTATA *St
GXLTII.
Che gioverà , ch'ai suo volare estenda
L'angusto spazio Carlo , o*I gran Filippo,
Oltra le mete ? e sia chi i nomi intenda?
£ nel marmo gfintagli altro Lisippo?
A chi r invido sguardo altrove intenda,
£ paja cieco a tanta luce, o lippo?
Tu volgi gli occhi ; e dimostrolle a dito
La terra, cinta d'arenoso lito.
CXLVIIf.
Quanto è bassa cagion d'alta virtude?
£ d' eterno valor vano contrasto ?
In picciol giro astretto, e in erme e nude
Solitudini è chiuso il grido, e*l fasto.
Lei, com'isola, il mare inonda e chiude;
£ lui, eh* ora Ocean chiamate, or vasto,
Nuirha, fuor che tai nomi, altero e magno;
Ma è bassa paludp , e breve stagno.
CXI.IX.
Cosi r un disse ; e V altro a terra i lumi
Volse, quasi sdegnando: indi sorrise,
Che vide a un punto sol mar, terre e fiumi.
Che qui pajon distinti in mille guise,
£ disdegnò che pur all'ombre, a'fumi ,
La nostra folle umanità s'affise;
Servo imperio cercando, e muta fama ,
De miri il ciel, eh' a sé n'invita e chiama.
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO FIGESIMOPRIMO
ARGOHKHTO
Goffivdo, aperto il •agno t'nai',
Riccardo al conipo, n'I norto
K) cha TÌoniiMno alfin* pnr
Far l'otaquie inporbo, oad*!
L'alto TiJw non mai piik oditi
Gli «TOT confeui a Piatro , «1 , eha
A aa vicin (onte, vool
Ondo armato dal Ciel beo
llSol,cberaltecime a'monti indora ^
E dipinge le nubi a sé diotorno ,
Dopo la bella e rugiadosa Aurora,
Al suo corso immortai facea ritorno.
Quando al Signor, che taato il Cielo ona
Disparve il sogno all'apparir del giorno;
Ond'ei riprende le purpuree veste,
Non obbliaodo il suo peusier celeste.
£ r onorata spada appende al Banco ,
Il cui pomo di gemme e d'or riluce;
E poi s' invia dove, dagli anni stanco.
Ancor prendea riposo il vecchio Duce:
E qualunque altro sia , Latino o Franco ,
Od Inglese o Germano ivi riduce.
Dagli Araldi canori a suon di tromba
Chiamati ; e tutto intorno Ìl Ciel i
CONQUISTATA aSS
Poictiè Goffredo il suo consiglia accolto
Vide là 've s'accampa il buon Giovanni,
Ben riconobbe al perturbato volto
Il dolor di ciascuno, e i proprj affanni .
E'n questa guisa ebbe il parlar disciolto:
Se celeste virtù non face inganni.
La vittoria épromessa al valor nostro.
Come all'alma presaga in sogno è mostro.
Dunque ciascuno il suo timor disgombre,
E speri in Dio, ch'i suoi fedeli affida.
Bencbè del rampo ingiusto spazio ingombre
L'oste crudel, che ne minaccia e sfida :
Né pensi di seguir fanlasme, ed ombre,
O'I vaneggiar d* immaginata guida j
Ma d'animosa fé la vera scorta.
Ch'in magnanima impresa altrui conforta.
Vera scorta è la Fede, e sol verace
È la speranza in Dio, né d'altra or calme:
E vera vista ancor d'eterna pace
È quella, che lassù promette all'alme .
Dunque crediam ( né Sa il pensiero audace)
Che ci serbi nel Ciel corone e palme.
Là 've pur vidi, e di vedere io cheggio,
A' miei fìdi compagni ornato il seggio.
Sei forse dubbio in perigliosa guerra
Stender virtù con gli animosi fatti f
O di restar nella promessa terra
Timor ti vieta , ove per lei combatti ?
Chi cerca altra salute agogna, ed erra,
■Sperando tregue insidiose e patti ;
Il'ercbè già in noi , non pur salute e scampo,
MalregDoèposto;epressoèiigiorooe'lcanipo.
Così disa'fgli; e^rima a lui i
De' guerrieri Nomuadì il Ducè-to^ttOi
Chi di fu^ir per altra via pn^KM*^
O di campar, dod gioDga Ù fi* •)
Ed io , che di solcar V onde •_
Sperai, &oendo d' Asia onai Cra^ttD*
Morire ianaazi , che partirmi or i
Se a* Barbari non rompo il davo a
Certa vittòria ia prtoia » o morte, arreiBa
10 co miei tutti , a cui l'iadugio iacraUw;
E'I fine ornai di questa tmpm* MtTMMr .
11 valor di ciascuo mostrai doftiabbe ;
Non biasofiare il timor, che nulla i*teino ,
Se non quell* indugiar, ch'i rischi seonèbe.
E tempo fora ornai, se ben riguardi ,
D' aver qui viuto ; e dubbio é il TÌnccr Unii.
Qui tacque; e sciolto alla sua lingua 0 freno,
L'antichissimo Duce a lui si Tolse :
Roberto , d'alto cor natura appieno
Tebbe fornito , e'n te sue doti accolse :
Mè'l più ardito fra noi « di seno ia seno
Varcando il mar, le vele al vento aciolM;
£ fra giovani sei d'alto consìglio ;
Ma di gran forza è d'uopo in gran periglio.
Però i miei detti non aver tu a sdegno ,
Che di vecchiesza sol mi glorio e vanto,
E degli anni, il cui peso ancor aostc^o**
- Me stesso onoro, e chi mi siede accanto;
Né i messi disprezzar del sommo regnò.
Che quasi un messaggier del regno santo.
Mandalo è il sogno: e quel, ch'ai Duce appuft
Non Ra menzogna di mentite larve.
CONQUISTATA a55
\I.
Se d*altrui fosse, io*l crederei deluso,
D*una e d^ un'altra sua turbata imago;
Ma pio Duce sovran col raggio iufuso
E nel sogno divin del ver presago .
Sia dal cor dunque ogni timore escluso,
Né gran turba ci turbi, o'ocanto, o mago ,
Ch'ei vincer debbe; e come par ch'accenne,
Torna vittoria a lui con auree penne.
XII.
Dai Ciel dovrà tornar, che non altronde
Spiega r Angel custode il santo volo ;
£ tutte coprirà le piagge e Tonde
CoITale, e Tarenoso instabil suolo.
Ma s*a grazia del Ciel virtù risponde,
Non si neghi pietà d'acerbo duolo;
£ non si lasci , ove percote il flutto ,
li gran Riccardo in cosi estremo lutto.
SUI.
£ non si neghi a noi la tida aita ,
Che sol può darne il suo possente braccio ,
£ quella destra in ogni impresa ardita.
Che rompe Tarme, quasi vetro o ghiaccio.
Tul consola, Goffredo, e tu Tinvita .
Questo sol modo io veggio (e più noi taccio)
Quanto giudicio uman quaggiù discerne:
Gli altri son noti alle virtuti eterne.
XIT.
Ma ponno assicurarti antichi esempj ,
Ch'io stesso vidi. Il glorioso Augusto,
Che gloria fu de' più felici tempi,
Volea di Spagna al lor paese adusto
Scacciar gli Arabi, e i Mori iniqui ed empj,
Ch'avean seguito il lor tiranno ingiusto:
£d eran più, che le minute arene
Tra le piagge de'Mauri e di Cirene •
LA GEnUSALCMUB
Era col fier tiranno empio gigante,
CLe Ferrati cliiamò quel secol prisco.
Grande così, ch'ai Mauritano Atlante
Quasi (l'altezza pareggiarlo ardisco:
Tutti fiiggiaiio al suo furor davaute ;
Solo s'espose Orlando al dubbio risco :
E seco in fiera lulia, e'n fier duello
Contese, e contrastava il gran rubetlo-
Appre
lalona i
I duro camp
'onore a morte corre,
pirvc ardente lampo,
Qual uora, che per
Tornò al periglio . t
Che fieda eccelso monte, od alta torre
Ebbe vittoria aIGn , non solo scampo,
E si polè fra' nostri indi raccorre; i
Ma tutti gran timore ancor perturba
Dell' Affricana innumerabil turba .
Pur it gran Carlo i suoi schierati a fronte
Lor pose, e die la tomba i primi segni.
Eran tutte le schiere a morir pronte , >
Sperando giuria ne' celesti regni;
( E parlo cose già più illustri e conte)
Allorché frondeggiar gli aridi legni ;
L'aste, e i (ronchi, dico io, recisi e svelti.
Di quei, ch'il cielo avea chiamati e scelti.
L'aste tronche fiorirò, e fu dimostro h
Questo segno dal Ciel d'alta vittoria : fl
Né di sì raro e sì mirabii mostro fl
Serban 1' età più antiche alta memoria .
Speri con fede eguale il secol nostro ,
Ma in periglio minor più certa gloria :
Che la bramata palma il Ciel le serba
Di Babel, e di Menfi emp.
il Ciel le serba ^^È
npta e superba . ^H
CONQUISTATA 287
XIX.
Questo d'antico senno, e grave e saggio,
Parlar s'udì : Tre* furo i messi eletti
Da consolar l'indomito coraggio
Nella tempesta de'nojosi affetti .
Quel, che sprezzando l'usurpato oltraggio,
Al sommo aggiunse de' suoi onor perfetti :
Tancredi io dico, eM buon Loffredo insieme,
Con Eustazio, de'Franchi onore e speme.
XX.
Ala sovra un suo destrier, quasi volante ,
Belprato era precorso a' saldi lidi ,
Dove non lungealle silvestri piante,
Freme percosso il mar con raschi stridi :
Qui Taltro, che fuggi maligna amante,
Avea i suoi alberghi solitari e fidi .
E qui solca sulla marina pietra
Cantar d'antiche imprese a suon di cetra.
XZI.
Allor suonando ancora o cetra, o lira,
Onde consoli il suo ingrato riposo.
Mille pensier diversi in sé raggira,
Sol di sé certo, e pur d'altrui dubbioso:
Quando già presso il cavalier rimira
Venir, non aspettato , al loco ascoso.
Sparso di pianto, più che di sudore ;
• E scritto avea nel viso il suo dolore.
XXIT.
E disse sospirando : Oimé dolente.
Che fia non so, né dovinar vorrei.
Ma se l'aspetto di colui non mente.
Dolor m'apporta, e lagrimosi omei : .
Che fu predetto (e bene il serbo in mente)
Amarissimo pianto a' giorni miei;
Chiudendo il mio fedele in morte i lumi,
£ i miei versando pur fontane e fiumi •
O.Con^.T.IL 17
Di sua vittoria, o del suo daDQO
Ma piti vicin Belprato omni discioglie
La dolorosa lingua »1 duolo acerbo :
Ahi , che Kiipcrto è anciso; e d'auree sj
Lieto or trionfa il vlncitor superbo,
O figlìuol di Giigliifimo: e'ii tante dogt
PenltHia a me, s'iu vita ancor mi serbo
Ferito è il bel Kamusio, e sparso ilsan
Haa gli altri Duci : Affliuo afflitto or U
Così disse Belprato; e'I seno e'I viso
Tutto d'amare lagrime s'asperse;
Ma di Riccardo, a quel dolente avviso
Nube atra di dolor gli occhi coperse ,
£ cadde in sullo scoglio, ov'era a&sÌ50
£ la cetra gittando in mar sommerse;
E t* armonia rivolse in mesti accenti :
Pianger seco pareano il mare e i venti
FlebiI coQcento all'arenosa ^
Facean, senza mostrargli
Runerto Vari» riiiu»_ » l*ai...
CONQUISTATA aSg
E fra spelunche ancor dolenti ancille
Pianti facean, che non rimira il Cielo,
E mille voci di dolore e mille,
Squarciandosi la gonna, e'I bianco velo:
E parean fonti, ch'il dolor distille ,
Gli occhi, o ruscelli al dileguar del gelo:
Quelle, dico io, che seguitar la madre
Fra l'ombre ascose più solingheed adre.
Quivi Lucia, che quasi spira e vive
Cull'alma sol del suo gra n figlio amato ;
E quasi senza lui di luce ha prive
Le luci, e mira il Cielo e'I Sol turbato;
Venne pur dianzi alle selvagge rive,
Varcando un breve mar sul carro alato,
Con sue donzelle, e con santi atti eschifi:
E le fu il vecchio Autumedone e Tifi.
D'abito e di sembianze e di costumi
Divina sembra, e d'immortal famiglia;
Nelurai di Tirrena un glauco lume
Splende, e'I ceruleo manto al mar simiglia.
£ Sebezia , che nacque tn riva al fiume,
riii dell'Aurora è candida e vermiglia .
V'è Mergeilina e Silvia, e Dafne e Glori,
Che guaste han le ghirlande , e aparsi i fiori .
Alba ed Albina dalle mani eburne.
Che variau, d'or tessendo, Ì bianchi lini,
Lasciati aveano ancora i fonti, e l'urne,
Da'foschi uscendo a'iucidi confini :
E Lucia seguitar per vie notturne
Crisi e Griselda con dorati crini :
1 E con bocca di perle e di coralli
Ifisìda e Spio, c'han dolce il canto e ì balli.
E non ba tregua di sospir col Sole .
l'ulte eran fide in quel dolor compagne ,
lustrando A cavalier pietate onesta;
Ma la madre al tìgliuol , che geme e pi
Pose la man sovra la bionda testa :
Figlio (dicea) perché t'affliggi e lagne
Fuor d' ogni stit? qiial maraviglia è qtn
Che i un l'altro iR'mico uccìda in gurr
E morte d' un mortai Irionfi in terra ?
Tu, che del padre tuo primier sniYristi
La morte, e come Ìl tempo 'dUti richie
£ la mia soffrirai, ch'agli alti acquisti
Taggiuasi la mia antica e nobil sede:
Perchè di questa , oltre ragion , t'attris
Caro 6gliuol dell'altrui lutto erede ,
E col tuo pianto h mia vita struggi ?
Caro figliaol , che m'al)bandoiii e ftigj
Dopo tanti anni di penosa ^
Non mi passare il cuor co
CONQUISTATA
i6i
Così diss'ella ; e con dolenti note
Non conobbi (et rispose) il male e'I danno.
Quando i'geroea con lagrìraose gote
Della morie paterna il primo alfanno;
M;i questo colpo in guis» il cor percuote,
Clj'a pianto eterno il mio dolor condanno.
Conosco, ahi lasso, la prevista piaga;
Ma di sempre languir l'alma s'appaga.
Sempre dorrommi, e sèmpre amore e sdegno
IMi roder.in qiiest' alma afflitta ed egra.
Dove era l'ardir mio, l'onor, l'ingej^no,
Quando egli cadde, e la mìa forza integra?
Non potria d'Asia , o d' Oriente il regno ,
Darmi del suo morir vendetta allegra ,
Cirio dovea ritenerlo, e seco armarme :
Ei mori col mio nome , o pur coll'arme .
Ma falso, o vero sia quel, che predisse
IA me di mia ventura il vecchio antico.
Che mi dafan le slcJle erranti e fìsse
Regno , o vendetta pur d'un caro amico :
Sia l'imperio di quello, a cui *l prescrisse
Il Ciet benigno, o sia d'empio nemico,
Ch'io la vendetta eleggo armalo, o'nerme.
Queste sorti sol tian costanti e ferme.
_^Nè spero di veder la patria e '1 monte ,
Ove in gran sede me Fortuna afiìse,
Se prima in guerra io non mi trovo a front*
A quel fellon, ch'il mio fedele ancise :
Ch'invendicato ritornar dell'onte
Non debbo, altrui cedendo arme e divise.
Né d'altre spoglie ornar gli altari, o i tempj,
Le mie lasciando, e vergognosi esempj .
afia LA GERUSALEtMV
Madre, perchè di me si parli ,• o sfsrivs
Con mìo disnore e con etema offesa,
Nel bel regno naliTo; o'n gnella riva.
Donde l'alta progenìe è in lai t'
Ecco chi salvo de' perìgli. arriva ;
Ma'I compagno mori nell'alta ìmp
E l'armi ancor lasciò di li dal mare ,
Onde qualche Meschita adoma appare.
£i più non dice ; ed ella a lui ragiona:
Ben ne' tuoi detti, o figlio, ancor dimoitri
D'esser d'alta progenie, onde riaafHia
Dal mar gelato il nome a* lidi nostri :
Cosi Rollone ebbe d'onor corona.
Ch'in Italia prìmier passò de' «ostri :
Cosi vinse Roberto (e ben fu giusto)
Enrico Imperadore, e'I Greco AAgusto .
Così nell'alta sede il sacro e saggio
Gr^òrio, di corone il crine adomo.
Ripose in luterano; el grave oltraggio
Ei vendicò di Roma , e '1 grave scorno
Del Campidoglio acceso. Altro viaggio
Fé quegli , e vergognoso a' suoi ritorno .
Così poscia il trofeo sublime ed alto
Drizzò d'Alessio, domo in nuovo assalto.
Così ì nemici il tuo gr.in padre eatinse
Con quella, senza pari, invitta forza;
Dì Puglia i Greci, e di Sicilia ei spinse.
Vittorioso, i Sarnriiii a forza:
E liberò mezza l'Itulia, e vinse
Noi coir amor, che gentil core sferza :
Là 've fondare i suoi Norraandi Aversa,
Contra l'antica Capua, a Roma a
CONQUISTATA a63
Ivi regnò mio padre, illustre sangu*
De' Longobardi misto a quel diTroja,
La cui fama immortale ancor non lingue,
Perchè la carne sia caduca e muoja;
I Ma stanco per vecchiezza, e non esangue,
I Lasciò dei governar la grave noja
" Al suo genero amato , e mio consorte,
Che te fece, e Ramusio , anzi la morte.
Pur l'avo tuo sostiene il grave incarco
Degli anni , e fa per te preghiere e voti,
Che fanciul trapassasti il duhhio varco
Dell' Ellesponto in Asia a' rischi ignoti:
E se qui d'alto imperio il cìkI t'è parco,
Di tua stirpe ahri regni, altri ncpoli
Spera che tian del Ciel doppia colonna,
Nell'alma terra, che d'imperio è donna.
E'n questa al tuo Ruggier, ch'in teneri anni
Vorrà seguir la tua onorata insegna ,
Lascerai pur (tempra gli amari aff.nint)
k Famosa e uohil sede , o non indegna.
£i glorioso in morte al cielo i vanni
Spiegherà, dove il Re trionfa e regna ,
Cli'a'premj eterni dalla fragil vita.
Pur coir esempio del suo duol, n'invita.
Altro Ruggler, che nell'etate acerba
Fulmin<! sembra di valore ardente,
Pentito di vittoria alla e superba , '
Ad Onorio s'atterra ; e d'or lucente
La corona ha da lui , eh' al pio riserba ,
E la trasmula d'una ad altra gente
Il Vicario di Cristo : ei Re s'appella
D'Italia , e doma poi gente rubella.
ìSi LA GERUSALEMME
A' regni , che divide il corso , e l' onda
Del tempestoso ranre, i gioghi imposti
Scote, ed innalza iti questa e 'ii quella sponda
Le chiavi , e i segni per timore ascristi.
Wè regni illustra il Sol , quant' ei circondl'fj
Pari fra gì' Indi, e gli Etiopi opposti <
Di gloria, dico, e di valor, che lasce
Fama iramortiil nelle contrarie fasce.
Poi nel seggio, che Pietro in Roma scelse,
E mal fora traslato in altra parte,
Guglielmo il successor, ch'altri divelse
Malgrado pur del buon popol di Marte,
Potrà riporre. Ecco l'imprese eccelse,
Ecco de' tuoi l'armi pietose e l'arte;
Prender da Cristo il giogo, e'mporlo agli einj
Salvare i Pastor sacri , e i sacri Tempj. i
Né mancherà nella famosa prole ^
L'alto valor, ch'oggi ttitt'altri avanza, <
Perchè vacilli la superba mole |
De'duoi bei regni, e la mortai possan^^'l
Ma passerà, come per nubi il Sole ,
Nel parto eletto della gran Costanza ;
E'n quel della seconda anco s'offusca: i
Più lieto in Aragona alfin corrusca. I
E benché vera luce i nomi illustri
Di Carlo e di Roberto, invitti Regi,
In due Sicilie avran nepoli illustri , '
Arislolfo e Serlon, fra'Dnci egregi
Né perderanno al variar de' lustri
Dell'origine antica i chiari pregi :
Ch'il regno è nel valor di nobil alma
E'I manto e la corona è grave salma
la, ■
J
CONQUISTATA a65
LI.
Ma s'altro calle ti Ciel non mostra aperto
Di Carlo iavittoal glorioso impero,
E del fìgliuol , che merlo aggiunge a merlo,
Regnando in questo e'n quell'altro Emispero:
Quanto in gran tempo Italia avrà sofferto
D<il Tedesco, dal Franco, e dall' Ibero,
Piace con tal mercede , o Re superno ,
Che sol concedi all'alme il Regno eterno.
X.II.
Così scorta parlò. Ma'I Veglio onesto
Tutti condusse alla roagion secreta.
E Riccardo il dolore, all'alma infesto,
Non scema per conforto, e non acqueta^
Anzi piangendo , e sospiroso e mesto.
La morte accusa, e chi il morir gli vieta.
Quivi giungeano intanto i tre messaggi.
Già raccogliendo il Sol gli estremi raggi .
LUI.
E disse il buon Loffredo a lui , che afflìtto
Gli era già sorto, e lagrimoso incontra :
Siam vinti, o figlio di Guglielmo invitto.
In gran battaglia, com'a' forti incontra :
E'I Signor d'Ansa ivi cadeo trafitto
Dal Soldan, che dà morte a quanti ei scontra:
E'n noi rivolto ogni mortai periglio,
Fa delle spoglie tue più altero iL figlio .
UT.
E'usuperbito di terribii possa.
D'assalirne entro il vallo ancor minaccia .
Di Cedron l'alta riva, e l'onda è rossa ,
Dove i Franchi ebber prima orribil caccia :
Ne per secrete vie d'oscura fossa
È chi securo il varco al fonte or faccia;
Ma quella cieca strada, e l'erbe e l'ombre
Sou di troncate membra, e d'armi ingombre.
aB« LA GERUSALEMME
E nella selva ogni demon s'annida ,
Onile spe'iso rimbomba il tuono e'IIamp
Guerrn dall' altra parie indice e sfida
L'Ammiraglio superbo in duro campo;
Ma'l buon duce Goffredo in Dio confida
Vittoria aver, non cbe salute e scampo;
Ed al già chiesto onor l'invila e prega.
Tu al suo giusto pregar t'inchina e pieg
L'animo dal dolore ornai solleva,
E da noi risospingi i di funesti,
Cliè'l sempre sospirar nulla rileva,
E peggio 6a, s'aita virtù non vesti;
Perchè lucente, più ch'ei non soleva,
Il tuo valor rispleuda a' vinti e mesti :
Cosi negli anni dell'etate acerba
Gloria immortale il Cielo a te riserba .
Tacque. E rispose al Veglio il gran Riccardo;
Tardi prega Goffredo, e tardi invita,
Poich'il Signor, per cui mi struggo ed ardo
Perduta ha in guerra la sua nobii vita. ,
Misero me, che pur son pigro e tardo
Alla vendetta ornai, non ch'ali' aita:
Né dar più a tanto danno alcun restauro
Può corona immortai di gloria , o d' auro!
Allor dovea, con più loilato esempio,
Mentre visse Ruperto , a sé chiamarmi :
Or non bramo altro onor, ma tomba, o tempio
E sculti al fido amico i bianchi marmi:
Ma pur verrò dove il superbo e l'empio
Trionfa, e del mio lutto ha spoglie ed anni;
Perchè '1 pietoso diiol non m'arda e stetnpre
Ma nel sangue crudel s'appaghi e tempre.
CONQUISTATA
267
Cosi detto, e risposto, allorch' imbruna
L'aria serena dell'estiva notte ,
L'aita donna lasciando in venie bruna,
E le donzelle a lagrimar condotte;
f Partir co'raggi della bianca Luna
Da spechi, ed ombre -il vero amiche e dotte.
Filagliteo gli guida, il saggio e scaltro.
Pur quasi un lume, il qual conduca all'altro.
Già sparito era in Ciel jMarte e Sntnrno,
Ed ogni fiamma più lucente e bella,
Onde sia sparso il bel seren notturno;
Sol fiammeggiava V umorosa stella
( Omai languendo allo sjtlendor diurno)
Che facea rosseggiar l'Alba novella:
Quando vider due campi, e mille tende,
E 'n quello entrar, eh' alto soccorso attende.
Ciacca nel gran feretro il buon Rnperto,
Lavato già de'sanguinosi umori:
Bianca porpora il veste, e "I tien coperto
Candido vel, contesto d'aurei fiori:
Spirava dalle (>Ìaghe il fianco aperta,
E 'I petto e 'I capo , i preziosi odori :
Facean dintorno duol , lutto e martiro
I suoi compagni in lagrimoso giro.
Quai' Africana e coronala belva ,
Di spaventoso adorna orrido vello.
Eugge, trovando entro t'oscura selva
ILa tana vota, e'I depredato ostellu;
Tié vede il cacciator, che si rinselva
Co' figli, od orma di sentier novello,
Onde sì voIgH alle lasciate luntre:
Tal qui fcospira il Cavaliere illustre.
aS8 L,\GraU>\LEM\IE
E (lice sospirando: \lu d'irò caso ,
Oiid'ìl mìo altero v;»iito ornai si scornii
Cosi al buon p.idie OHon lunjje rimasai
Il figlio viiicitor, per me, ritorna?
Questa è la pomp;i, ond'ìl felice Occaso
Tìi spoglie Orientali ogt;i s'aciurna?
Di queste prede all'eia j^rave e stanca
Letizia ei porge, e'I suo vigor riofraac^
In tal guisa la fede al veglio osservo ?
E mie promesse adempio, e sua sperasi
Quando tanto valor conapagiio e servo
Mi fé la cortesia, che tutto avanza.
Misero mondo, instabile e protervo:
Or, salvo pianto e diiol, nulla gli avana
Gli' ogni nostro pensier torna fallace,
Né promessa è quaggiù ferma e verace.
Ahi, ch'era meglio assai nel forte punto
Morte bramata io non avessi invano,
Fedel mio caro; e'I cor reciso e punto
Fosse dal ferro , e dall' istessa mano,
Che vivo rimaner da te disgiunto
Con tal vergogna, e per dolore insano}.
Perchè d'eterni> duol nell'alma i colpi
Impressi io porto, onde me solo tncolf
Né spero più, che d'Oriente il Soie
A me rìsplenda con lucenti rai.
Né ch'il Ciel mi rallegri, o mi consolflì-
D'altro piacer, che di vendetta ornai.
E so ben che lassù pielà si vuole;
E forse il mio disdegno a sriegno avrai;
Ma compiaci al dolt.r, eli' io tengo a frt
Ch'abbia conforto in vendicarli almei
CONQUISTATA «Cg
IXTII
Alma cortese , e dalF empìreo Cielo
Al mio dolor di tua virtiite inspira.
Così dice piangendo; e'I bianco velo
Discopre, e le ferite asperge, e mira:
Tutto tremante, e colla man di gelo
Il tocca, e bacia, e quasi l'alma ei spira ;
Ma già saliti erano i preghi avanti,
E le meste parole, e i tristi pianti.
LXflII.
E virtù suso in Ciel santa e soave,
Ch'unio con pace eterna il chiaro mondo,
Pria ch'aspra lite infra '1 leggiero e grave,
L' aria in guerra partisse, e'I mar profondo:
Questa medesma al santo Amor la chiave
Volse : ei vesti d'Adamo il fragil pondo.
£ facendo la terra al Cielo amica ,
Lieto fin pose alla discordia antica.
LXIX.
E questa al Padre eterno offerse i preghi,
E le sue lagrimose alte querele ;
Perchè da' duri lacci omai disleghi
L'alma dolente al Cavalier fedele :
Ne dal suo corso la giustizia or pieghi ,
Che minaccia vendetta al Re crudele:
E disse: Insieme al mio pregar t'inchina,
Padre del Cielo, e tu del Ciel Regina.
LXX.
E non dirò ch'io d'ogni eterna mente
Unii già i cori, e nell'unir distinsi:
E di lor fei corona alta e lucente.
Onde di gloria e di splendor ti cinsi :
O che le sfere più veloci e lente
Di nodi, quasi adamantini, avvinsi :
Ch'é tuo l'esempio, e'I magistero e'I modo,
£d io dell' opre tue mi vanto e lodo.
a^o LAGERUSALEBOIB^
E'I moodo, che laggiù si*mesoe.« Tari*,
Ebbe da te costanti e ferme leggìi
Però il foco e la terra, e1 mare e VaiÌM,
Pascon tante concordi amiche ypggi.
£ s' ivi la contesa a me contnurìa
Usurpa i tempi, e le cotone e i aegp;
Maraviglia non è , eh' audace turba
Mosse anco in Cielo, ed or laggiù pertoiti.
Ma tu, che desti a lei dal Cielo esigUo,
Oud' ancor mostri i precipizj e i «alti.
Serva il mio loco ove mandasti il fi^io;
CoQgiungi i fidi tuoi tra i feri aaaaki,
E volgi al mio guerrier pietoso il ciglio,
PercU' il suo onore e '1 nostro oome cesili:
E'I nodo ordito in Ciel, se i cori iavolTe,
Non disciolga colei, che tutto or soIto.
Mira, Signor, quanto è l'affanno ìateroo,
A cui s'è dato il Cavalier in preda,
E com'ei langue; e dal martire etemo
Guardalo tu, percb' egli a te sen rìeda
Lieto, quando che sia , né varchi Avemo,
Come d'altrui pnr che si canti e creda;
Se giusta pena ingiusti amici afflige :
Ma salvo ascenda dal oocchier di StÌM .
Così dicea con lagrimoso volto
Virtù, ch'in terra umana, in Cielo è Din,
Non pur celeste : e '1 suo parlare accolto
Fu dal Signor, ch'i giusti preghi udiva.
E già Riccardo ad onorar rivolto
La frale spoglia, che di vita è prìva^
Le sacre preci aggiunge al pianto eatr«no,
E '1 canto , eh' è de' morti onor aupremo*
CONQUISTATA ayi
£ là. dov'egti il suo dolor ilistilla,
Non hanno ^li allrì il viso, e ^ti occhi asciutti:
M<] 'ri SUOI) lugubre omni dolente squilla
Par ch'i Duci raccolga a' mesti lutti.
Pria doppio ordine lungo arde e sfavilla,
Con mille accesi lumi innanzi a tutti :
Poi sulla coltre sua purpurea e d'oro
Portato è il corpo appresso il santo coro.
11 serico vestir dorato e bianco
Intorno a' freddi membri adorno vedi:
La spada ancor gli avean ricinta al fianco;
Ma r elmo col cimier gli giace a' piedi .
Seguon Riccardo appresso, e 'l Duce Franco,
Duo Ruberti, Aristolfo, il buon Tancredi ;
£ gli altri, c'ban dell' armi il pregio e '1 vanto:
Tutti con lungo e con funebre ammanto.
Poscia cento destrler coperti a negro:
E portan gli scudier, dogliosi in vista,
Ben cento insegne, in cui vessillo integro
Non si vedea , come il valor l'acquista :
£d auree spoglie, onde un trionfo allegro
Già far crcdean, con varia preda e mista :
Archi, faretre, scudi, arme sanguigne ,
E corone di querce, e di gramigne .
Con volto umano poi Mamistra, e Tarso,
Ed Atene, che palma aggiunge a palma,
E di nove altre è il simulacro apparso ;
E par eh' intrecci insieme oliva e palma;
CidnoedOronte ancor, che l'urna ha sparso.
Erano al portator non leve salma:
E r Eufrate , e 'I gran Tauro al duro giogo
Si vede ivi inchinar l' orrido {{iogo .
"9
>a, e 'l <^sl(H
Éflhiettt." •*-:
«7» LA GERUSALEMME
Chìudf^Do alfìn la mesta pompa, e *l
Della gloria morul, doIenCì I
Che TÌnser guerreggiuido ogki^i
Or l'aste e l'arme areano omàb'i$làigéà*''
E seguir lagrìmando il corpo'ifttMIjr, **^':
Per cui già fur d'alta ntloria alfeere;-
Eran mute le trombe, o par languead», '
Il rauco suon quasi n' U8CÌA ^^màgaaéùi"-
E giuuser tutti incontra al tempio —cw.
Là 've s'ascende ad alta mole e poggia!
Maggior di quella, ove al suo mal Iftnva
Fé Costantino, e 'n meno osate foggia:
Perchè meta, o colonna, o sttnalaero.
Tanto no» adornò teatro, o I<^ìa .
Due porte area, per cui si Tarchi e monte,
E'n ciascuna di lor due statue a Iroate,
Che pajon le virtù con varie gonne .
Quale ha lo specchio, e quale in man la spit
Versa umor l'altra dell'antiche donne;
L'ultima rompe il marmo, ove digrada:
E fra quelle di cedro alte colonne
( Siccome effigiarle al mastro a^^da)
L'altre virtù son 6gurate a* sensi »
£ sostengon poi tutte i lumi aoceasi.
Scolpite son nella sublime parte.
Ch'in giro volge, le Virtù supreme.
Fede , e Speranza ; e chi da lor diparto
Morte talora, ivi fiammeggia insieme.
Mei sommo impressa è con mirabirMte
L'Eternità, che del suo fin non teme:
Del mezzo il gran feretro ingombra il anffl*.
Che ricoperto è pur d'oscuro da<^.
CONQUISTATA a;»
1.XXXIII.
Mete, e colonne intorno^ e varie imprese
Fé l'avversaria della morte iniqua.
Sovra rìsplende il Ciel di fiamme accese,
£ la strada v'aj^par del Sole obliqua.
L'arme del Cavaliero in alto appese.
Come poi l'inalzò progenie antiqua,
Vi pose : e'a lor da fiamma oscura e mista,
L'Ardea sen vola al Ciel sublime in vista.
I\)scia eh' al suon della canora voce
Silenzio fu da' Sacerdoti imposto;
E'n arca, cui segnò purpurea croce,
Queir onorato corpo alfin riposto:
Sol vi rimase il Cavalier feroce,
Che fargli maggior tomba avea proposto :
£ l'alta mole pareggiar vorrebbe
Di lei , che del suo fido il cener ebbe .
LXXXT.
O quelle pur de' più superbi Regi ,
eh' i marmorei sepolcri al Cielo alzaro :
£ brama di Corinto i mastri egregi,
£ i metalli , e di Smirna opre e di Paro.
Ma poscia invidiosa a tanti pregi
Trovò r empia fortuna , e '1 mondo avaro.
Questo peusier tenea nel core ascoso;
Ma disse Pietro al Cavalier pensoso :
I.XXXTI.
Quanto dèi , figlio, al Re, eh' il mondo regge!
Tratto egli t ha dall' incantate soglie:
£i te smarrito agnel fra care gregge
Or riconduce , e nell' ovile accoglie:
Te il pio Duce sovran campione elegge,
£ pronto esecutor di. giuste voglie .
Tu, pria ch'ardito muova al fero assalto.
Vesti, invitto Signor, virtù dall'alto.
O. Conq. T. IL %^
274 li^ GERUSALEHMB'
Ma sei delle caligini del mondo ,
£ della carne ancora in guisa asperso.
Che rindo el Gange, e FOcean profondo
Non ti potrebbe far candido e terso :
Sol la grazia divina il core immondo
Può render puro . Adunque a Dio conTCffH),
Riverente perdon richiedi , e spiega
I tuoi peccati ascosi, e piangi , e prega.
LXXXTIll.
Cosi disse : e 1 guerriero a' pie dimesso
Tutti scoprigli i giovinili errori ;
Poich'ebbe pianti entro al suo core isteaio
I suoi sdegni superbi,. e i folli amori.
E fu il perdono a quel Signor concesso
Da lui, ch'in tenebrosi e sacri orrori
Sovente i casti membri affligge e spolpa^
E lega e scioglie di pentita colpa.
LXXXIX.
Poi gli diceva : Un monte assai vicino ,
Coronato di palme, il capo estolle ,
Là dove per secreto aspro camino
Poggiar si può, quasi di colle in colle:
Sorge ivi un fonte sacro, anzi divino,
eh' alle fonti del Sole il pregio tolle.
Ed a quel di Cupido, e di Rodona^
Ed a qual più famoso anco risuona.
xc.
Ma i principj, chel Nilo asconde e cela
Sotto altro Ciel, son meno ignoti al senso;
Perchè dell'ombre ei s'incorona e vela,
Là 've il devoto orrore è folto e denso.
Sacra fama ed occulta a me rivela
La maraviglia, ove condurti io penso:
Questo al Ciel volge un rio lucente e vaco;
Né si vanta di lui marina, o lago .
CONQUISTATA 17$
Primo è di cinque, a cui talor ricorre
Turba gentil, ch'alto desire accende;
Ma dove Y onda inverso '1 mar trascorre ,
La maggior parte avvien che smonti e scenda^
Chi bee del primo, alfin tutt' altro abborre,
£ fugge ogni piacer, che l'alma offenda:
Nè'l perturba dolor, ned ira infiamma,
Ne di terreno amor lasciva fiamma*
XCII.
Ala Tun nel cor s'estingue, e T altro il foca
Della gloria divina avvampa e ferve
Contra il valor, ch'io per condurti invoco;
Ne temer genti al ver nemiche e serve ;
Ma di venir sii pronto al sacro loco,
E fa' del mio parlar dolci conserve:
Che ce n'andremo occulti al volgo i usano ,
Ne potrà rimirarci occhio profano.
xeni.
Quinci al bosco n'andrai fra larve erranti,
£ tra fantasmi pur vani e bugiardi.
Là dove iudarno superar gl'incanti
Tentaro i più feroci e i più gagliardi •
La Croce scaccerà mostri e giganti;
La Croce fia che t' assecuri e guardi /
Dalle schiere d'Inferno, e quindi e quinci .
In questo segno pur combatti, e vinci.
XCTT.
Era nella stagion , in cui non cede
Libero ogni confin la notte al giorno;
Ma l'Oriente rosseggiar si vede,
£ r altro Ciel d' alcuna stella adorno ;
Quando drizzar ver gli alti poggi il piede,
Con gli occhi alzati contemplando intorno
Or notturne bellezze, or matutine,
Immortali e celesti, anzi divine.
376 LA GERDSALEMME
XCY.
Pensava il pio guerriero: o quante belle
Luci il tempio del Ciel sparge, e ragana!
Ha il suo gran lume il di , Taurate stelle
Spiega la cotte , e la sua algente Luna ;
Ma non è chi vagheggi o queste o quelki
£ miriam noi torbida luce e bruna,
eh' un girar d'occhi, un balenar di riso.
Scopre in breve confin d* un bianco viso.
xcvr.
Così pensando, alle più eccelse cime
Ascese, ed ivi inchino e riverente
Alzò il perisier sovra ogni Ciel sublime,
E le luci fissò neir Oriente .
La prima vita, e le mie colpe prime
Mira con occhio di pietà clemente.
Padre e Signore; e di tua grazia or piovi,
Perch'il vetusto Adam spogli, e rinovi.
CXTII.
Prega in tal guisa, e già gli sorge a fronte
Con aureo manto la vermiglia Aurora;
£ i suoi capelli, e del frondoso monte
Le verdi cime a quella luce indora :
£ ventilar nel seno, e nella fronte.
Mormorando sentia lo spirto, e Torà,
Che sovra '1 molle. crin scuotea dal grembo
Della bell'Alba un rugiadoso nembo .
XCTIII.
Bagna l'estivo gel le chiome bionde,
E quella quasi d' ór tenera piuma ;
Come anzi il nuovo Sol, l'erbose sponde
Sparge il Ciel di rugiada, e Taria alluma:
O come vago augel tra fronde e fronde
Si spruzza l'ali , che di novo impinma ,
£i giungendo fra l'ombra, ivi si spazia
Di piacer in piacer , di grazia in grazia.
CONQUISTATA a-jj
XCIX.
E poscia vede il fonte occulto, e l'acque
Viepiù bel di cristallo, e più d'argento:
£ del sacro silenzio all'ombra ei giacque.
Dove devoto bebbe , e fu contentor:
£ di ciò, ch'invaghia la mente, e piacque,
Sentì il primo desio nel core spento,
£ d'ogni altro dolcior fastidio e scherno :
O maraviglia del sapere eteì*no 1
e.
Fra nembi intanto di splendor celeste,
Che tutti risplendean di raggi e d'auro^
L'angeliche virtù leggiadre e oneste
Portar d'arme di luce ampio tesauro:
Là 've di care pietre in un conteste
Scorge una Croce infra la palma e'I lauro;
£ l'appoggiaro a' lucidi giacinti.
Quasi immortai trofeo de'vizj estinti.
CI.
Come del Ciel negli alti e chiari campi
La Croce sfavillò di fiamme e d' ostro ;
£'l vero segno altrui con vivi lampi.
Regnando Tempio Greco , allor fu mostro:
Cosi da nube, che sonora avvampi.
Coir arme è scesa in quell'ombroso chiostro,
£ rilucea tra la fontana e 'l verde ;
Ed ogni luce ivi s'abbaglia e perde.
CTI.
Roma, quali arme avesti, e quali schermi.
Quando regnò d* Egeria il vecchio amante,
Benché la vecchia fama il caso affermi
Di quel celeste scudo, e pur len vante.
Da opporre a queste in solitari ed ermi
Colli portate, e fra l'ombrose piante?
Là 've Riccardo è già rivolto al suono
Dell' onor lieto , e del celeste dono .
a;» LA GERUSALEMME
CHI.
Ne sazio di mirarlo^ or questa, or quella
Parte dell' arme in mano ei prende, e pion;
L'elmo, che vince la sanguigna stella,
Che d'ardore e di fiamme il c;*in rinova:
£ la corazza, che fiammeggia anch* ella.
Quasi gran luce, che nel CieL si mova :
£ dello scudo le mirabiFopre,
Nel cui gran magistero il Ciel si scopre.
CIT.
Quegli , che fece Arturo, ed Orione ,
Die '1 lavoro, e l'esempio al Cabro accorto;
£ fra r altre di stelle auree corone ,
Il Sol, che gira il suo camin distorto.
Parte la Croce le contrarie zone,
£ squadra il mondo dall'Occaso ali* Orto.
Disse Pietro: O figliuol del pio Guglielmo,
Questa è d'alta speranza il lucido elmo.
CT.
Scudo è di fede , e di giustizia usbergo
Questo. Cosi di luce, o pur di gloria,
Pietro t'arma la fronte, e '1 petto el tei|;o,
£d onora de' tuoi l' alta memoria ,
Che difeser di Dio quel santo albergo.
Per cui degna è d'onor giusta vittoria:
Di queste Augusti, Regi, o Duci illustri
Fien pochi adorni in cento e cento lustri.
CTI.
Qual gloria è d'oro incoronar le fronti
Là dov'egli da' suoi parte e disgiunge?
Cosi diceva ; e que' frondosi monti
Maravigliarsi allo splendor da lunge :
Maravigliarsi il gran torrente e i fonti.
Ove quel lume inusitato aggiunge
D' oro e d' elettro ; e la profonda valle •
Mirò sparso di raggi il nero calle .
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA .
CANTO VIGESIMQSECONDO
ARGOMENTO
■
Riccardo il bosco degl'incanti scioglie ,
Onde n'ha premio , e per pagar la morte
Del caro amico, a' Turchi, a' Siri toglie
Mille e mill'alme in terra , e 'n acqua . Il forte
Argante uscito , i foggitÌTt accoglie
A nuova guerra: Celebin le porte
Batte di morte : Il Re , che '1 gran periglio
D^alto vede, richiama i suoi col figlio.
v-4ome d'alta virtù radorni e vesta,
£gli médesmo riguardando ammira:
Poscia verso l'antica atra foresta
Con secura baldanza i passi gira.
Era là giunto, ove i men forti arresta
Solo il terror, che di sua vista spira:
Né gli sembrava quello orrido bosco ,
Ma lieto , verde, ameno, ombroso e fosco.
TI.
Passa più oltra, ed ode un suono intanto,
Qual roco mormorar di lucide onde,
E di musico cigno il flebil canto,
E'I lusignol, che plora, e gli risponde:
E quasi di Narciso e d'Eco il pianto,
E Taura sospirar di fronde in fronde:
E lire e cetre, ed arpe e versi in rime :
.Tanti e si varj suoni il suono esprime !
a8o LA GERUSALEMME
III.
Il Cavalier, pur come agli altri airvieae»
N' attendeva un gran tuon d'alto sparento;
E n ode poi di Ninfe , e di Sirene ,
D*aure, d* acque, e d'augei dolce concento:
Onde maravigliando il pie ritiene ,
E poi sen va tutto sospeso e lento;
E per via trova un vago, e picciol fiume,
Che si copre del Sole al chiaro lume.
IT.
I/un margo e l'altro di quel rivo adorno
Spira soavi odori , e lieto ride :
-Ei distende il suo torto e freddo corno
Dintorno al'bosco, che nel grembo asside:
Ne pur gli fa quasi corona intorno ,
Ma i verdi calli un suo ruscel divide;
Bagna egli il bosco, e '1 bosco il Guoieadombraif
Con bel cambio fra lord' umore e d'ombra.
Mentre mira il guerrier dove si guada , •
Gli apparve un ponte , ch'è d'intagli e d'oro,
Maraviglioso in vista; e larga strada
Par che prometta a più ascoso tesoro .
Passa, e passato appena, avvien che cada
Dagli archi il ruinoso aureo lavoro;
Onde sei porta via Tonda repente.
Fatta d'un picciol rivo ampio torrente .
▼I.
Ei si rivolge, e con spumose corna.
Quasi per lunga pioggia, o nevi sciolte.
Vede che gonfio gira, e'n se ritorna ,
Con mille rapidissime rivolte.
Desio di novità nulla distorna ,
Sicch'et spia tra le piante ombrose e folte;
E'n quelle solitudini selvagge
Sempre a se nuova maraviglia il tragge.
CONQUISTATA a8i
TU.
Dove In passando il suo vestigio ei posa,
Par ch'ivi sorga un foniche un fior germoglie.
Là s'apre il giglio , e qui spunta la rosa ,
Ol bel giacinto con cerulee foglie:
E sovra, e 'ntorno a lui , la selva annosi
Parea ringiovenir T antiche spoglie.
S'ammolliscon le scorze, e si rinverde
Nelle fronde, e ne' rami il fresco, eU verde.
▼III.
Rugiadosa di manna è l'alta fronda,
E stilla dalle scorze il dolce mele :
E di nuovo ode pur quella gioconda
Strana armonia di canti , e di querele •
Ma'l coro uman, ch'a'cigni, all' aura, all'onda
Facea tenor, non sa dove si cele :
Non sa veder chi formi i chiari accenti ,*
E faccia d'alto suon varj concenti.
IX.
Mentre ei pur guarda, e fede il cor dinega.
A quel , ch'il senso gli offeria per vero;
Vede un mirto non lunge, e'I passo ei piega
Dove giunge nel mezzo un bel sentiero:
L'estranio mirto i rami inalza, e spiega
Più della palma, e del cipresso altero :
E sovra tutti gli arbori ei frondeggia ,
Com'ivi il bosco abbia l'ombrosa reggia .
Fermo il guerrier nel voto spazio, affisa
A maggior novità gli occhi e le ciglia ;
Pianta gli appar, quasi gemendo incisa,
Ch'apre feconda il cavo ventre, e figlia;
E n'esce fuor vestita in strana guisa
Ninfa, d'età cresciuta, o maraviglia!
E vede insieme poi cento altre piante
Cento ninfe produr dal sen pregnante •
a82 Lk GERUSALEMME
ZI.
Quai le mostra il teatro, o quai dipiDte
Miriam selvagge Dee Ira fag^i, e pini,
Nude le braccia, e rabito succinte.
Con bei coturni, e con disciolti crini:
Con tai sembianze si vedean le fiate
Figlie del bosco, avvolte in bianchi lini:
Se non ch'in vece d'arco, o di faretra,
Chi tien viola , e chi liuto , o cetra •
zìi.
£ tosto cominciar canti e carole,
£ di se stesse una corona ordirò ,
£ cinsero il guerrier, che pare un
Com'è rinchiuso il centro in anspio giro :
Cinser la pianta insieme, e tal parole
Nel dolce canto risuonar s'udirò :
Ben caro giungi in queste selve amene,
O della Diva nostra amore, e spene!
XTII.
Giungi aspettato a dar salute alfegra.
D'amoroso pensiero arsa e ferita .
Questa selva, che dianzi era si negra.
Stanza conforme alla dolente vita ,
Vedi , che tutta al tuo venir s'allegra ,
£'n più leggiadre forme è rivestita .
Tal era il canto; e poi dal mirto uscia
Un dolcissimo tuono, e quel s'apria.
XfT.
Come all'aprir d'un rustico Sileno
Maraviglie vedea l'antica etade;
Così quel mirto dall'aperto seno
Imagini gli mostra e belle e rade:
Donna dimostra, il cui splendor sereno
Quasi parea d'angelica beltade.
Mira il guerriero, e riconosce il viso,
Ond'ebbe d'aureo strale il cor diviso.
CONQUISTATA a85
XT.
Quella lui mira in un lieta e dolente »
E mille affetti in un sol guardo misti:
Poi dice : Io pur ti veggio, e più lucente
Pur f itomi a colei , da chi fuggisti.
A che ne vieni? a consolar presente
Le mie vedove notti, e i giorni tristi?
O vieni a mover guerra, a discacciarme?
Che mi celi il bel viso, e mostri l'arme?
XTT.
Giungi amante, o nemico? il ricco ponte
logia non preparava ad uom nemico,
Ne gli apriva il ruscello , i fior , la fonte ,
Sgombrando appronti passi il duro intrico
Togli questo elmo omai, scopri la fronte,
£ gli occhi agli occhi miei, s'arrivi amico:
Giungi i labri alle labra, il seno al seno,
Porgi la destra alla mia destra almeno .
XTII.
Seguia parlando; e'n bei pietosi giri
Volgea lo sguardo , e scoloria i sembianti.
Falseggiando i dolcissimi sospiri ,
£ i soavi singulti, e i vaghi pianti :
Talch'incauta pietate a quei martirj
Intenerir potea gli aspri diamanti;
Ma'l cavaliero accorto omai, non crudo.
Più non attende, e stringe il ferro nudo.
Sfili.
Yassene al mirto. Àllor colei s'abbraccia
Al caro tronco , e s'interpone, e grida :
Ahi, non sarà mai ver che. tu mi faccia
Oltraggio tale , e l' arbor mio recida •
Deponi il ferro, o dispietato, o'I caccia
Prima nel petto all'infelice Armida .
Per questo sen, per questo core al mirto
Sol passi, e scacci l'amoroso spirto.
i86 LA. GERUSALEUME
xxTir.
Cuoja dipintele tele, in cut germoglia
O vite, o Celso; e'I rode augello , od aspe.
L' ago vi figurò fior , frutti , e foglia ,
Con qual fil prezioso il Sere inaspe ,
E con qual più lucente in aurea spoglia ,
L' intesse abitator delFIndo Idaspe :
Ed odori d* Arabia, e gemme aggiunge
A ciò, che nera man orna e trapunge.
XXTIII.
Da' doni, e dal lavor di seta, e d* auro ,
Alla battaglia il cavalier si volse ; ^
E pria ch'il Sole inchini al lido Sfauro,
Vendicar vorria Tonta, ond'ei si dolse.
Tutti gli altri prendean cibo e restauro
Nei lunghissimi giorni; ei nulla volse.
Tre di piangendo, e del suo duol si ciba;
Ma nel dolor grazia del Ciel deliba .
xxn.
L*altro si prova al salto, e prova al corso.
Nell'armi, che non fur opre mortali;
E gli par eh abbia al petto, e'ntomo al dorso,
Quasi da girne a volo e piume ed ali.
Poi vede il gran Circin si pronto al mono,
Cui non sarian correndo i venti eguali,
Quando si scioglie l'animosa turba
Da' cavernosi monti, e'I mar perturba.
Candido è quel destrier , ne macchia il tinge,
Quasi puro armellin, che schiva il £aingO|
E par che voglia dir, mentr egli ringe.
Con dolorosa voce: Io tecoil piango.
11 guerrier su vi monta, e'I gira, e spinge;
Poi dice : Tu sei pronto , io pur rimango;
£ poich'è morto il mio fedel diletto ,
Nuovi all'ingiuria mia compagni aspetto.
CONQUISTATA a85
XXIII.
Tornò sereno il cielo, e l'aura cheta ,
Tornò la selva al suo p rinfilerò stato,
Kon d'incauti terrìbile, né lieta,
Piena d'orror, ma dell'orrore innato .
Ritenta il vincitor, s'altro più vieta,
Ch'esser non possa il bosco ornai troncato :
Né trova incontro ; e fra sé dice: O vane
Sembianze! e folle chi per lor rimane!
XXIT.
Quinci s'invia verso le tende, e'ntanto
Colà predice il solitario Piero :
Già vint' è della selva il nuovo incanto,
Già sen ritorna il vincitor guerriero:
Eccolo, e come un Sol , ch'indora il manto
Di bianca nube, umilemente altero.
Quel dall' arme spargea fiammelle e raggi,
£ segnava di luce ernii viaggi.
XXT.
£ con mille sonori e lieti gridi
Raccolto ei fu dall'animose squadre:
Andai ( lor disse ) a quella selva : io vidi :
Vinse la Croce ombre maligne ed adre ,
£ le scacciò da' tenebrosi nidi
Con queste mie lucenti arme leggiadre:
Lìbera é omai d'incanto e da fantasma
La terra , che d' antico error si biasma .
XXTT.
Ma gii, Goffredo onor devuto e grande
Gli fa co' doni in disusato stile.
Due gli manda di fiori auree ghirlande,
Ch'ei vinse in giostra , e d'or cinto, e monile:
Urne d'argento, onde l'umor sì spande,
Quasi da fonte: e ricca preda ostile
Di torte spade, e di faretre, e d'archi.
Ch'ebbe espugnata Marra, e Biblo ed Archi.
288 L4 GERUSALEMME
Così ali or tutti al suo venir turbarsi
E Siri e Turchi, e'I popol nero e'I bianco,
£ cercar di fuggirne , o di ritrarsi
Da quella luce, non veduta unquanco:
£ i primi già fuggian tremanti e sparsi
Lungo il torrente assai cresciuto, ed anco
Sin nella tenda, ov*il possente Adrasto
Non sperò di trovar duro contrasto.
XXXTI.
Era già sorto ; e con feroce sguardo ,
Cbiedea: Qual fuga è questa? e chi gli scaedi?
Rispondea Doldechino: 11 gran Riccardo
Forse sarà dalle possenti braccia ,
Di cui non è più fiero, o più gagliardo.
Da' nostri lidi insino al mar, ch'agghiaccia.
Tu medesmo vedrai, pria eh* egli aggiunga,
Come d'asta e di spada e fera , e punga.
XXXTII.
E far prova potrai di tua possanza,
E della sua, e' ha sì propizia sorte .
Vedrò (l'Indo dicea) com'ei s'avanza :
Poi giudici saran Fortuna e Morte :
Ma Riccardo di fiamma avea sembianza,
Che fra le nubi va per vie distorte ;
Mentre per Taere impetuoso turbo
Tutto il rivolge ornai dal chiaro al turbo.
XXXTIIT.
Tauro è nel primo incontro allor percosso.
Che pari ha quasi al Re statura e membra:
Rompe la dura lancia il naso, e l'osso,
E trapassa la parte, ond'uom rimembra;
Talché di ruinoso alto colosso ,
Di quel gran colpo la caduta assembra.
Se d'alta base alfin lo scuote e svelle
Violenza di spirti, e di procelle.
CONQUISTATA aSg
Coir impeto medesmo eì spinge a terra
Pirga , Àsimar , Bospeo, Feronio, llargo ,
Gangetìco, Rodalto; e spezza e sferra
Ciò, che jÌQCoutra ìiisino al dubbio margo.
Cento altri e cento ancide ; e'n breve guerra
Ornai vince il furor di Troja e d'Argo;
Sin, ch'ebbe contra il Re degl'Indi adusti ,
Fra quelli spazj , a tanta gloria angusti.
XL.
L' Indico Re colla terribii forza
La sua fortuna, e'I Cavalier prevenne;
Ma passar non potè la dura scorza
Dello scudo, ch'il colpo aspro sostenne:
Ei, come nave, che si piega all'orza.
Si torse ; e si fiancar le dure antenne ;
Ma Riccardo , il destrier rotando a destra.
La spada ha già nella fulminea destra •
XLl.
S'I fere in raezzo, e gli divide e frange
(Come dal ciel discenda ) il duro usbergo.
E tutto apre del petto al Re del Gange
Le sanguigne latebre, e'n«ino al tergo:
Onde l'alma crudel s* affanna ed ange ,
Cacciata a forza dal nativo albergo:
Precipitoso il corpo allor trabocca ,
Come suol rimbombar caduta rocca.
XLIT.
Dintorno a lui la fera gente e n^ra
Percote,e sforza; e braccia incide, e fronti,
E fra la turba atterra estinta, od egra,
Balduc , Bolfengo , Amardo a morir pronti.
Più eh' a fuggire: e come avvenne in Flegra,
Pajon monti di strage imposti a'monti :
Ei colla spada folgorar sull'empio
Stuolo, e far doloroso e giusto scempio.
e Conq. r. IL «9
ago LA GERUSALEMME
Qual nell'aja il cavai si gira, e calca
L'orzo, che sotto i pie sì franga e peste:
Tal sovra i morti il gran giierrier cavalca.
Per quelle vie, di cieco orror funeste.
Sotto il destrier nella confusa calca
Rompe corazze e scudi, ed elmt e teste:
IVlacctìia al corsier la sella, e Tarnii stesie
La sanguigna di morte orribil messe.
XLIT.
Angelo par , che folgoreggi e spiri ,
Come allor, che Dio volle aspra vendetta,
Sovra (^aldei discese , o sovra Assiri ,
Con quella spada, che non taglia tn fretta.
Tutti fuggian sin'agli ondosi giri
Del torrente, che gonfio il corso affretta;
Ma dell'ampio Cedron V onda transvena
Partì lor fuga, onde fer via diversa.
XLT.
Una parte di loro indietro evolta
Vèr la città , eh* in più sereni giorni
La pompa trionfale a vea raccolta ^
E d'auree spoglie empj tiranni adomi:
L'altra cadea precipitosa e folta
Sovra le rive e gli umidi soggiorni:
£ Tonda raccolgea di cerchio in cerchio,
La gente spinta da timor soverchio.
XLVI.
Chi qua, chi là nel gran torrente ondeggili
O con impeto avverso, o con secondo;
E gridando delParmi il peso alleggia;
Giù l'acqua volge elmi e loriche al fondo:
E quasi di cavalli orrida greggia ,
L'empie, e d'uomini e d'arme il grave pondo
Neil acque ei spinge il suo destrier d'^ua salti
Facendo a' fuggitivi un fero assalto*
CONQUISTATA syi
XLTII.
E fero pasto al magro iugordo pesce
Prepara di sanguigne atre vivande;
Mentre gli empj persegue, e turba, e mesce
Là 've il torrente è più sonoro e grande .
Cedron tutto rosseggia, e spuma, e cresce
Sovra le rive, alfin s'innalza , e spande,
E'nonda (ch'altra via gli è chiusa e tronca)
Quella trista di morte orrida conca .
xLfiri.
Par eh' egli sol vittorioso occupi
Ambe le rive , e la divisa valle :
Nuotan molti fuggendo all' erte rupi ,
O sotto gli archi del marmoreo calle :
E braman pur spelunche, antri e dirupi ,
Mentre han la morte alle fugaci spalle ;
0 di trovar fra l'acque aperto e scisso,'
Per lor refugio, almen l'oscuro abisso •
M.XIX.
Non ritrovava intanto o pace, o posa.
L'alma inquieta del feroce Argante;
Ma del fin della guerra ancor pensosa ,
Mille forme d'orrore avea da vanta:
Il rischio de*fratei, l'età gravosa-
Del vecchio padre , ed, anzi il fin, tremante :
1 preghi della moglie , e i teneri anni
Del figlio, il proprio onore, e i lunghi affanni.
Del suocero le voglie, assai diverse
Dalle paterne, e l'odio grave antico
Delle due genti, a guerreggiar converse
Contra il comune lor aspro nemico :
E'n variando le fortune avverse
Vera gloria non cede al finto amico :
Ned al proprio fratel lasciarla agogna ,
E teme in altrui laude onta e vergogna .
ng^à LA GERUSALEBIBIB
LI.
Però venia dal fonte alF ampia porta.
Aspettando de* suoi vere novelle,
A cui fé Doldechin l'usata scorta;
Parte ii grido saliva all'auree stelle ,
Quando del suo pensier Liigerta accorta ,
Con molte rincontrò dolenti ancelle,
Dalla gran torre incontra lui discesa.
Che movea frettoloso a dubbia impresa.
LII.
Una di lor portava in braccio il figlio.
Che poco anzi lasciato avea la culla,
E pargoleggia ancor nel gran periglio ,
E deiraltrui dolor sa poco , o nulla :
Bello era come rosa , o fresco giglio;
E spesso del gran padre il duol trastulla ,
Che Giordano il chiamò : le genti dome
Saimansar il dicean , con regio nome.
LUI.
Tacito rimirando il fero padre ,
Come soleva, al pargoletto arrise •
Piangeva appresso la dolente madre :
£ presa quella man, che tanti aacise,
E spesse volte alle nemiche squadre
Della vittoria alto sentier precise.
Disse: Questa virtù, che gli altri affida,
Signor mio caro, a morte alfin ti guida .
LIT.
Abbi pietà del tuo figliuol diletto ,
Che non conosce la miseria umana,
E di me, dal paterno e caro aspetto,
E dalla patria mia tanto lontana ,
Che lascerai nel mal secnro letto.
Vedova sconsolata in terra estrana ,
La qual, priva di te, vorrei la morte,
Pria che di real sangue indegna sorte •
CONQUISTATA agS
LT.
Più caro mi sarebbe andar sotterra ,
Lasciando tante mie serve meschine,
Che senza te, di lagriraosa guerra
Veder cattiva il già temuto fine;
E rimaner neir infelice terra
Fra morti, e dolorose alte ruine:
Ne , fuor che la tua vita , altro convene
A tanti affanni miei conforto e spene.
ITI.
Tu marito, tu padre, e tu fratello ,
Di tua presenza al mio timor soccorri .
Non so qual di lassù fiamma, o flagello
Strugge le squadre, ove tu incauto accorri.
Deh ! noi tutte difendi, e'I fido ostello ,
Tra queste integre ancora eccelse torri ;
E raccogli la turba anco smarrita:
Forse ne salverà maggiore aita .
LTII.
Così diss' ella ; e '1 Cavalier turbato :
Non t'affligga, mia cara, amata cura,
Della mia fine, e del mio dubbio stato,
Oltra modo ( dicea) doglia, o paura:
Ch*io non andrò pria ch'il prefigga il fato.
Per man dermici nemici a morte oscura;
Ma contra il Ciel non ha riparo, e schermo
11 vile, oì forte ; e'I mio destino è fermo.
I.TI1I.
Torna dunque all'albergo, o mia fedele;
E deir ancille tue pensier or prendi ,
Ed a' lavori pur di bianche tele ,
O pur di seta , e d' ór , pudica attendi .
Noi cura avrem della tenzon crudele ,
Uomini usati in guerra accasi orrendi;
Io più d'ogni altro , che produsse, e pasce
La sacra terra ,che uudrimmi in fasce.
394 I'^ GERUSALEMME
LIX.
Così alla donna il Cavalier rispose :
A baciare il figliuolo indi èrivolto.
Ma deirarmi lucenti e spaventose
Quel rimirando il fero padre avvolto.
Fuggi il paterno aspetto, e 'n seno ascose
Della bella nudrice il capo e *1 volto ;
Onde la cara madre, ed egli insieme
Bidon di lui, che semplicetto il teme.
Ei discoperto già delFelmo il viso ,
Tra le braccia il barobin lusinga ^ e molce;
£ della bocca il desiato riso
Bacia, che rende il travagliar più dolce:
£ poiché da se Tebbe alfin diviso.
Prega, in vece di lui, chel nìondo folce,
Falso profeta: onde nel Ciel dispersi
Furo i suoi preghi, alla giustizia avversi.
z.xr.
Dammi, spirto di Dio, che viva, e cresca
Questo mio figlio, e che di me sia degno:
Degno degli avi antichi anco riesca ,
Che nell'Asia acquistarsi imperio , e regno:
£ col tuo nome, e col valor accresca
Questo , a cui son difesa , anzi sostegno:
£ spoglie di nemici in guerra morti
Sanguigne, e gloria alla sua madre apporti.
LXII
Così pregò di sua fortuna in forse ,
Ma di vano sperar gonfiato e pieno;
£d alla cara madre il figlio porse.
Che l'accogliea nell'odorato seno.
Poscia al maggior periglio il passo ei torse,
Al suo feroce ardir lentando il freno:
£d usci per la porta all'acque opposta,
Ond'ebbe il nome in suir altera costa.
CONQUISTATA agS
X.SIIT.
Del ferro sostenea V usato incarco
Sovra il destrier con mille arcieri avanti*
Gli scudieri portargli e lancia ed arco ;
E gran faretra empier d^armi volanti .
£i Riccardo mirò sul fero varco,
Non lunge a' fulminati empj giganti,
Clie del gran ponte i passeggiati marmi
Tenendo, risplendea di luce e d'armi.
LXfT.
Tutte già tinte avea Tonde tranquille;
Or da quel lato ingombra il ponte, e guarda
Colla spada alta, che, sanguigne slille
Spargendo, par ch'ella fiammeggi ed arda.
Perian nel gonfio corso a cento, a mille
La turba, eh' a fuggir fu pigra e tarda:
E i suoi guerrier lungo le torbid' onde
Van quasi a caccia in quelle antiche sponde.
E molti allor, come il timor gli scaccia ,
D'una nell'altra morte, a lui sospinti
Venian, fuggendo alle famose braccia
Del gran Riccardo, e vi giaceano estinti.
Egli senza perdon fere, e minaccia
I petti e i visi, di pallor dipinti:
Non si muove a pietà, ne prego intende ;
Ma tutti in braccioamorte agguaglia, e stende»
LXT1.
Fra gli altri , sua mercè pregando , inarra
Di Kodoano il frate, e di Sanguigno.
Afar, ch'oprò già spesso o rastro, o marra,
Fuggir credendo il suo destin maligno;
Ma preso colla madre intorno a Marra,
Trovò pielà nel(«avalier benigno:
E donato da lui pervenne in Kodi,
Donde partissi , usando iugauni e frodi .
agfi LA GERUSALEMME
E com'era di lui nel Ciel prescritto.
Indi fuggi la libertà promessa;
E seguendo il romor d' Asia e d'Egitto,
Tornava a ritrovar la morte istessa.
Ben il ravvisa ÌI Cavalier invitto,
Com'il dolente al suo furor s'appressa
Che gìttato avea l'asta e'I caro scudo,
E delle solite arme è qiiasi ignudo.
Non vedeva al fuggir guado, né riva ,
Stanco anelante, e dì sudore sparso;
Però mesto, e tremante a'piè veniva
Del glorioso vincitor di Tarso ,
Che mirar quasi crede ombra cattiva;
E disse: Qual vegg'todi nuovo apparso?
Forse risorgeran dal cieco Inferno
L'alme, che già mandai nel duolo e(era<
Posciachè l'Asia in me discioglie i servi,
Ch'io già pensai pacificarmi in tutto;
Né gli ritiene in lungo error protervi
Del mar canuto il tempestosa flutto:
Ma ben questi vedrà , com'io conservi
I fuggitivi in cosi acerbo lutto .
Cosi dice; e previene i tardi preghi.
Mentre quel pensa , ove s' inchini e pieghi -
Tardi tendea la mano inerme, esangue ,
Supplicando il meschino a'piè disteso.
Che giù scendea su gli occhi il caldo saiigiU
D'aspra ferita , onde fu a morte offeso :
Talché non prega più , ma geme e langue;
Pur non lasciò il ginocchio , u's' era appresoi
Vivi (ei dice) se puoi, ch'a te perdona
Ruperto, e' ha di gloria in Ciet corona,
dona I
irona, il
CONQUISTATA 397
LXXI.
Ma Tempio Omar, che nome e patria e fede
Mutar già volle, or non vacilla e manca;
Né dispera il morir, né vita ei chiede ,
£1 timor volge in rabbia, e'I cor rinfranca:
' £ con due spade impetuoso il fiede,
Sapendo come Taltra usarla manca:
Perch'il fellon d'ambe le mani é destro,
Possente e fiero, e di ferir maestro.
Lvxir.
Ma Telettro, del Ciel lucente dono,
£ Tauro eletto, il suo furor non prezza ;
£ de' colpi è fallace il pondo , e'I suono;
El ferro stesso ivi si piega, e spezza.
DalTaltra parte, qual fulmineo tliono,
Stride la spada, alle vittorie avvezza,
E '1 fere in testa, e poscia a mezzo il ventre
Vien che per doppia via passi , e rientre .
LXXIIT.
E qual da sacco, che si squarcia , o solve,
Caggiono sparse allor T interne parti;
Caliginosa notte i Lumi involve
Del corpo, che perduto ha Tarme e Tarti;
£ gittato é nelT onda , e T onda il volve,
eh' un altro lago fa d'umori sparti.
Sicché mareggia, e spuma insino al basso,
£ morte al morto mar precide il passo .
LXXIT.
D'arida sete intanto accesi, e molli
Di sangue, e di sudor gli altri fuggirò;
E piene avean la costa, e i poggi , e i colli,
Con men sinistro fato il Turco, e'iSiro.
Perchè Fortuna non atterri, o crolli
Quel di T imperio lor, volgendo in giro ,
La maggior parte si raguna ; e densa
É intoi^no Argante, che fuggir non pensa.
apS LA. GERUSALEMME
Qual alpestre dragon damaro losco
Pasciuto, nudre Tira iu se raccolta;
£ con terribii guardo , intorno al fosoo
Delle latebre sue si muove, e volta;
E Tuom di ferro armato aspetta al bosco, ,
Nelle sue lustre, e uella rupe incolta:
Tal ei riserba ancor T aulica rabbia.
Superbo in vista , e con secure labbia .
LXXfl.
E dice fra suo cor: S' indietro io torno, ,
Che ne diranno i vecchi, e V umil plebe?
Qual odio al padre aggiungo ? e quale soono?
Che parve altrui, quasi Creonte a Tebe.
Ritornò Soliman di spoglie adorno,
£1 suo lume all'estremo ancor non ebe:
Il mio s'oscura (otmè!) per breve caso,
E'I mio nome fatai giunge all'Occaso.
LXXTIT.
Or che sarà , s' io mi nascondo e serro ,
Ed Emireno invoco a darmi aita ?
Ma sia che può, già nel morir non erro:
Fallo è restar senza F onore in vita.
Ajutimi, se può, la destra e'I ferro,
E questa schiera in sì grand' uopo ardita.
E'ntanto pur vedea con fero sguardo
L'espugnator delle città, Riccardo;
LXTTIII.
Che già, lasciato il ponte, agli alti poggi
Appressarsi parca primiero, o solo .
Argante disse a'suoi : Lasciam, che poggi
Questo superbo, e'I suo feroce stuolo:
E se vi pare, andiamle incontra; ed oggi
Abbia fin d'Asia, o pur d'Europa il duolo,
Prima, che i pochi sptrsi in un raccolga,
E più securo il corso a' suoi rivolga.
CONQUISTATA ayj)
LXXIX.
Benché di luce ei si circondi, e copra,
£ forza abbia di ferro , e man di foco :
Man di foco e di ferro , il petto alF opra
Non mi farà parer tremante e fioco.
Or la vostra virtù per me si scopra ,
Amici, e non si bia.smi il tempo e '1 loco :
Ch' anch' io son de'Bedtichi; e nulla sterpe
Da questo regno ancor V eccelsa sterpe .
LXXX.
Son di rea! progenie > e non rammento
La nostra antica istoria, e 1 regno prisco ;
Ma come cento fur saette, e cento.
Onde s'elesse il Re nel dubbio risco.
Questa non è minor guerra, o spavento;
Ma con voi tutto spero, e tutto ardisco.
Pur di quel sangue, onde ciascuno inscrisse
Le quadrella , ed a' Persi il cor trafisse .
LXXXT.
Già non vogliam mostrar le spalle ignude ,
Ma'l petto armato al mio nemico, e vostro;
Né tornare alla salsa alta palude,
Ò de' gelidi monti al duro chiostro :
£ non possiam, ch'il varco a noi si chiude.
Io di vittoria il calle a voi dimostro.
Dunque ciascuno omai rimembri, e speri
L'alta origine prisca , e i nuovi imperi •
LXXXII.
Così diss'egli: e tutti il suono accese
Delle parole al periglioso affanno.
Ma vago Celebiu d'altere imprese,
L'ultimo figlio del crudcl tiranno.
Prima lasciò la somma parte, e scese
Dove mirò de' suoi l'orribil danno.
Poi si penti, che già vicino è giunto
Al gran Pciccardo, e dai timor compunto.
Ed in fuga cangiò l'assalto audace;
Ed a' suoi non potendo omai raccorsi.
Alla torre di Siloe, a cui soggiace
L'altra porla, volgeva obliqui i corsi:
Come scampa talnr cervo fugace ,
Del gran veltro latrante i feri morsi,
eh* il prende , o jure , e già tra' feri denti
Crede d'averlo, e morde l'aria, e i venti.
Ciascuno alzava a quella vista il grido:
Risuonavano il Ciel, le valli e l'acque;
Ma tardo era ai soccorso il volgo in6do,
Benché del suo perìglio a tutti spiacque.
Quel tornar non potendo al dolce nido,
Correva all' ombra, ove sovente ei giacque:
E temendo una più di mille spade.
Fuggiva, e rifuggia l'ohUque strade.
Carri, o cavalli mai non fur st presti
Al corso, ove sia posto o premio o palma.
Come un fuggir, l'altro seguir vedresti ;
Perchè non son qui pregio, o cara salma,
Ricchi panni d'argento e d'or contesti;
Ma del figlio del Re la vita , e l'alma.
Riccardo tal l'estima, e vuol ch'ei pera:
E lunge sgrida or questa, or quella schiera.
Vieta l'offesa a' suoi; gli altri spaventa
Dalla difesa, e minacciando il segue.
Non è la fuga per fuggir più lenta ;
Ma l'uno, e l'altro par che si dilegue .
Ma già Riccardo il giunge , e già s' avventa ,
E vien di' il passi omai , non pur l' adegue ;
Chè'I rapido Circin non stima intoppo;
L' altro al suo corso alfìn par tardo e zoppo .
CONQUISTATA 3o»
LXXSTII.
Siungeano in loco solitario ombroso,
ÌA dove Siloe niorraorando sorge;
Siloe mirabil fonte, ancor famoso,
Che giova agli occhi, ond'uom poi chiaro scorge,
£ suol due giorni aver pace , e riposo,
Ch'acqua non versa; e'I terzo anco risorge:
Era appunto quel dì cresciuto al colmo,
£ '1 tributo spargea tra '1 faggio , e V olmo .
Z.XXXTIII.
D'opre maravigliose alta Regina
Bellezza alFumìl loco, e pregio accrebbe :
De* marmorei lavacri opra, o ruina
Or non riman , dove bagnossi, e bebbe.
Qui di fuggir la morte omai vicina,
A Celebin, eh' è disperato increbbe ,
Onde movea con feri colpi invano
All'assalto inegual Tardila mano.
Z. XXX IX.
Poco dalle belle armi , e fiamma ei trasse ,
Sangue non già per animosa prova :
Ne sé da maggior forza alfin sottrasse,
Comunque che si copra, o volga , o mova.
Convien che per l'usbergo al cor tra passe
La spada, eh' i suoi colpi in lui rinnova,
£ cacci l'alma nell'eterno esiglio.
L'alma, che non temea maggior periglio.
xc.
Come del morto Cavalier s' avvide ,
Al trar dell'elmo, all'oscurar degli occhi,
£ delle guance, che più bianche ei vide
Di fredda neve , che gelata fiocchi ;
Duolsi di lui, ch'acerba morte ancide,
Pria che la meta in giusto spazio ei tocchi:
E di conforme età la bella imago
Mosse d' alta vittoria il cor presago .
3oa LA GERUSALEMME
XCI.
E disse: Altra vendetta, io bramo, e cerco,
Altra me n' .offre pur fortuna ingrata.
E se gloria maggiore oggi non merco,
Tu la m' impetra in Cielo alma beata .
Cosi diss'egli; e volse i lumi a cerco,
E vide r aria di saette ombrata ,
E fera pugna sotto un fosco nembo,
* eh' alla terra copria V orrido grembo •
XCII.
A' suoi ricorse in perigliosa parte,
E parve in aita rupe accesa fiamma ,
eh' i cavernosi monti apre, e diparte,
E scuote le radici, e 'I giogo infiamma.
Chi dianzi si vantò d'ardire, o d*arte.
Or di vero valor non ha più dramma
Centra il suo sforzo, anzi il bestemmia, e fi^
Mentre ei percote, atterra , ancide, e stru^
xeni.
Egli, che tutto vince, e poi disdegna
L'alme, e le forze al suo valor nemiche,
Pur come fosse altra vittoria indeena
Delle sue gloriose alte fatiche.
Di Soliman la spaventosa insegna
Cerca, e Torf^oglio dell'imprese antiche;
Ma non In vede fiammeggiar , mirando.
Né può saper dove l'incontri, o quando.
XCIT.
Nè'n queir ardor quel di dispiega , o mostra
Alcun le sue lucenti, ed auree spoglie;
Né d'altra pompa la vittoria inostra,
Ma'n più secura parte allor s'accoglie.
Te, ohe t'opponi Argante, e quasi in giostri
Sdegno maggiore a morte allor ritoglie :
Tre volle ei chiama Soliman, tre volte
Poh gli altri in fuga, e par che nulla ascolb
CONQUISTATA 3o3
XCT.
Dalla sublime torre i bianchi velli
Mostra il Re veglio lagrimoso intanto ,
Ed Argante richiama, e i suoi fratelli.
Con alta voce d* angoscioso pianto.
Mancato è de' feroci , al Ciel rubelli,
Il superbo orgogliar, l'ardire e*l vanto;
Sol difeudon le torri, e l'alte mura.
Con folta pioggia di saette, e scura.
XCTT.
Qual d'Ocean ne' procellosi regni
Quando si turba in Ciel l'Occaso e l'Orto,
Son talor rotti per tempesta i legni,
Antenne , vele, sarte appresso il porto :
Tal di guerra apparian gli orridi segni ;
Puniti gli empj , e vendicato il torto:
£ di più forte man ferite impresse,
£ rotte membra, e smagliate arme, e fesse.
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO FIGESIMOTERZO
ARGOMENTO
Fogge al mare Emiren : GroflTredo assale
Con nuovi ingegni l'assediate mura ,
Di fiide armato , cui Tajuto è tale
Del Ciel j che 'n proda la città sicura
Riman de' nostri . Il Re con molti sale
Torre alta , u' salvo sia. Goffredo cura
Gli egri , i morti sotterra , e purg a i tempj .
Muor per Tancredi Argante, e '1 piangon gli empj.
Vassi airaQtica selva, e quindi è tolta
Quella materia, che'l buon mastro elesse:
E benché oscuro fabro , arte non molta,
£ rozzo all'opre il magistero avesse;
Viepiù dotto è colui, ch'a questa volta
Le dure travi, e'I molle vinchio intesse :
E le macchine eccelse in varia forma.
Di monte in guisa, egli compone, e forma.
II.
Guglielmo fu, di cui fra'Duci illustri.
Ch'ornar d'alti trofei l'antiche sponde,
Dopo lungo girar d'anni, e di lustri,
Genova ancor si gloria, ed ha ben donde,
Che le bell'arti mai d'ingegni industri
Non fur più chiare in terra, o 'n mezzo Tonde,
Per altro Duce; e mai non vide il Sole,
Per fin si giusto, in guerra antica mole.
CONQUISTATA 3o5
Uff.
Questi non sol faceva allor comporre
Catapulte, baliste ed arièti,
Ond*alle mura le difese torre
Possa , e spezzar le sode alte pareti;
Ma d' opra via maggior mirabil torre
Di pin tessuta, e de' più luoghi abeti;
E quel di fuor contra lanciata fiamma,
Dur cuojo avvolge, e più che dura squamroa.
IT.
Si commette la torre, e ricompone.
Con sottili giunture in un congiunta;
E la trave, che testa ha di montone.
Dall'ime parti sue trapaswsa, e spunta:
Lancia dal mezzo un ponte, e spesso il pone
Sovra alcun muro opposto a prima giunta:
E fuor da lei, su per la cima, n'esce
Torre minor, che suso è spinta, e cresce.
Per le sublimi vie spedita, e destra,
55ovra rote volubili e correnti
Correr tosto potrà la terra alpestra ,
Gravida d'arme, e gravida di genti.
Maravigliosi allor d' arte maestra
Erano tutti, alle grandi opre intenti:
Altre torri sorgeano al tempo istesso.
Pur come suole il poggio al poggia appresso.
TI.
Altri frattanto avean condotto a riva
D'ampie, e profonde fosse alto lavoro;
E precisa la strada, onde s'arriva.
Già dall'acque escludean l'Egizio e '1 Moro.
Emirén mal le turbe ornai nudriva ,
£ di fredd' acque avea scarso ristoro :
Anzi la terra i vivi umori ha secchi^
Ed arbori spogliati, ignudi stecchi.
G. Con^. T. IL *•
LA GERUSALEMME
ì pui
1 tra r i
A sua voglia spiegar cotaote squadre;
E biasma il piano angusto , e i scarsi f
Della citià, de' Regi antica niaHre.
£ perchè quei paesi a lui son conti.
Sa dove meglio, i suoi raggiri, o squadre:
E vuol silo cangiar d'orrida guerra,
ScegUeiulu presso il mar più larga terra.
Cedeva
r la cbia
lllK
all'.
ncor
E stava sotto il mare il dì sepulto,
Quando ei Ih terra, ch'occupata ingombra
Vacua abbandona, e con minor tumulto
Pu? mentre lascia l'ampie tende, esgoml
Teoer non puote il suo partire occulto
E'I nuovo Sul cu'prirai rai scoperse
La quasi fuga , a quelle genti avverse.
1
Eran passate omai le prime schiere
Dell'esercito vano, e quasi il mezzo;
E'n quelle squadre, di vittoria altere,
Mon è senza spavento alcun disprezzo;
Quando ecco Ettor, che già scompiglia, e fere
Quelli , cii'or sono al dipartir da sezzo ;
£ ferma i primi, e d'impedirgli ei tenta,
£ i lunghi ordini estremi e turba, e lenta
Atterra ei di sua man Rabone il Itppo ,
E Mineo il grande, ed Alapeno il forte;
E tre fieri fratei, eh' in cima all' Ippo
Prima albergare, ivi dà in preda a morted
Venne Gerréo da Gerra, e da Sosippo
Ocelì» e Geme alla mcdesma sorte;
E Gordian da Gorda, e'nfin da .Salma
Salmiro: e vi lasciar la vita e l'alma.
CONQUISTATA 3o5
Questi non sol faceva allor comporre
Catapulte, baliste ed arièti,
Ond'alle mura le difese torre
Poss.? , e spezzar le sode alte pareti;
Ma d' opra via maggior mirabil torre
Di pin tessuta, e de' più hiof^hi abeti;
E quel di fuor contra l:incìata fiamma,
Dnr cuojo avvolge, e più cbe dura squamma.
Si commette la torre, e ricompone.
Con sottili giunture in un congiunta;
E la trave , che testa ba di montone ,
Dall'ime partì sue trapassa, e spunta:
Lancia dal mezzo un ponte, e spesso il pone
Sovra alcun muro opposto a prima giunta:
E fuor da lei, su per la cima, u'esce
Torre minor, che suso è spinta, e cresce.
Per le subtimi vie spedita, e destra,
Sovra rote volubili e correnti
Correr tosto pntrà la terra alpestra ,
Gravida d'arme, e gravida dì genti.
Maravigliosi allor d' arte maestra
Erano tutti, alle grandi opre intenti:
Altre torri sorgeano al tempo istesso.
Par come suole il poggio al poggio appreso.
Altri frallanlo avean condotto a riva •
~(' ampie, e profonde fosse alto lavoro;
'sreoisa la strada, onde s'arriva,
■dftU'iKt-'que escludean l'Egizio e '1 Moro.
Al le turbe oinat nudrìva ,
^gCNjue awa scarso ristura :
i Ila secchi (
li stecchi.
LA GERUSALEMME
Chi die tanti seguaci a' Duci nostri,
Tanti quasi guerrier lontani in vista?
Tu gli raccogli forse, e tu dimostri
D'alto il terror, ch'i paurosi attrista.
De' lor grandi animali , e quasi mostri ,
Pavé la turila, eh' è sì varia , e mista.
O maravigliai! e breve spazio inganna
Gti occhi dolenti, ch'il timore appanna.
Così quando faceano aspre contese
Cartago e Roma, di trionfi adorna,
11 Duce Mauro, che l' Italia offese, •
A cui nuovo AunibàI tardi ritorna ,
E i suoi guerrier teraean le faci accese,
Che Oammeggiar tni le selvagge corna,
Mentre i tauri scorrean di monte in moaU
Spargendo incendio dall'irsuta fronte.
Goffredo intanto, a cui l'ampia rapina
Le stanche genti sue ristora. e pasce,
L' ultimo assalto alla città destina,
E vuol ch'ogni altra cura ornai si tasce
£ terribil minaccia alta mina I
Alle sue nuove, ed all'antiche fasce; i
Mentre il tiranno pur le mura inalba
Là Ve men le difende orrida balza.
Disse Goffredo a' suoi; Tempo non parrai
Di rit;trdar, pnìch' bau ristoro i lassi;
E beucbè dura strada io veggia all'armi
Inverso l'Austro, e fra virgulti e sassi;
Fur vince la virtù le pietre e itnarmi,
E'n viepiù duro monte aperse i pa»SÌ :
E ben quel muro, ch'assecura il sito,
Men dovria d'arti e d'opre esser fornito.,
CONQUISTATA 809
XIX.
Raimondo, tu sarai fra tutti il primo,
Che da quel lato omai le mura offenda;
Ma lo sforzo de' miei quasi dallMmo,
Vo' eh' alla porta Aquilonar si stenda :
E quella torre ancor sul duro limo ,
Ingannando i nemici, ivi s'attenda:
Poscia coir arte, onde s'inalza e move,
Trascorra alquanto, e porti guerra altrove.
XX.
Tu moverai, Tancredi , al tempo istesso.
Non lontana da me, la torre armata ;
Poi della giusta guerra il fin promesso
Speriam da Lui, da cui vittoria è data.
La santa man, che muove il Cielo, e spesso
Scuote la terra, al suo Fattore ingrata,
Le mura può spezzar , qual frale scorza,
Dove pur non bastasse umana forza.
XXI.
Dd al gran nome suo l'opre nemiche,
E ciò ch'arma, e rinforza empio tiranno,
Qual di Gerico già le mura antiche,
A suon di chiara tromba a terra andranno.
Ma voi prendete omai d'aspre fatiche
Breve ristoro, e di sì lungo affanno:
.Sinché d'alta vittoria il Ciel v' onori,
E di più lunga pace al fin ristori .
XXII.
Del di, cui dell'assalto al dì successe,
Gran parte orando il pio guerrier dispensa:
E'mpon ch'ogni altro i falli allor confesse,
E prenda il santo cibo a sacra mensa .
Poscia le genti, ed arme ivi più spesse
Dimostra, ove adoprarle egli men pensa:
Ed al Pagan deluso, ove men teme,
Mostra l'assalto^ e le sue forze estreme.
3iu LA GERUSALEMME
ZXIII.
La notte (perchè all'opre il di non basta)
Muove la torre sua , eh' altri noi crede ,
Ove è men curvo il muro, e men contrasta,
Per sua natura, anzi s'arrende , e cede:
E Raimondo dal colle ancor sovrasta
A quella d'alti Regi antica sede.
Tancredi le sue insegne al Ciel dispiega
Dal lato , eh' all'Occaso inchina e piega.
XXIT.
Ma poiché furo in Oriente apparsi
I rai , che vibra rosseggiando il Sole ;
S' awidér gl'Infedeli (e ben turbarsi)
Che la torre non è , dov' ella suole :
£ miran quindi e quinci intorno alzarsi
Una, ed un'altra spaventosa mole:
E mille in forme strane allor son viste
Macchine, al cui furor nulla resiste.
XXT.
Non è la turba ostil più tarda, o lenta.
All'ostinata, fera, aspra difesa;
Ma dove il Duce la minaccia, o tenta.
Le sue trasporta, e poco or teme offesa.
Goffredo, che non lunge aver rammenta
L'esercito nemico a tanta impresa,
Ugone, Irpin, Procoldo, e seco appella
Clotareo, e gli dispone armati in sella.
xxTr.
Guardate (disse) voi , che mentre ascendo
Colà, dove quel muro appar men forte,
Schiera non sia, che rapida movendo.
S'atterghi agli occupati, e guerra appor!
Tacque ; e già da tre lati assalto orrende
Muovon le valorose e fide scorte ;
E da tre lati il Re le genti oppone.
Che nel morir la speme alfin ripone.
CONQUISTATA 3ii
xxTir.
Egli medesroo al corpo ornai tremante
Per gli anni, e grave del suo proprio pondo^
L'arme, che disusò gran tempo avante,
Circonda, e seco ha '1 suo fìgliuol secondo .
Solimano a Goffredo , il fero Argante
A Tancredi ; ei s' oppone al buon Raimondo:
Altri le mura dispogliar dall' empie
Difese tenta , e '1 fosso appiana , ed empie •
XXTIII.
La maggior parte è degli esperti arcieri.
Che fanno di lontan piaghe mortali;
Talch'adombrato il Ciel par che s'anneri
Sotto la nube di pungenti strali.
Ma con forza maggior colpi più feri
Neveniaa dalle macchine murali:
Indi gran palle uscian marmoree , e gravi ,
E con punta d'acciar ferrate travi.
XXIX,
Fulmine pare il sasso, e rompe, e trita
L'arme, e le membra in guisa a chi u'è colto.
Che gli toglie non pur l'alma e la vita,
Ma la figura ancor del proprio volto :
Non si ferma per grave ampia ferita
L'asta, e del corso al colpo avanza molto,
Ch'entra d'un lato, e per l'opposto il passa,
Fuggendo, e nel fuggir la morte ei lassa.
XXX.
E pur non sì ritira o vinta, o stracca
La forza ancor delle nemiche genti ,
Ma centra le percosse o piume insacca,
O lana stende, o cose altre cedenti.
Non trovando contrasto, in lorsi fiacca
L' impeto, e fa suoi colpi e vani e lenti;
Quelle, ove miran più la calca esposta.
Fan con l' arme volanti aspra risposta .
3i9 LA GERUSALEMME
S'è fatto tnuaozi , e per timor non cessa
L'assalitor , «be da tre parti or move.
Chi va sotto coperchi , iu cui la spessa
Grandine ^i saette indarno piove:
E chi le torri all'alte mura appressa;
E v' è chi le percole , e le rimove .
Tenta ogni torre di lanciar un ponte :
Cozza il monton colla ferrata fronte .
Ma s'apre spesso or questo lato, or quello
A' gran colpi di sassi , e di macigni :
E rimangon di torre, o di castello
Botte le travi, e i cavalier sanguigni .
Tante fur di quel volgo, al Ciel rubello.
Le forze e l'arti, e i dispietati ordigni:
E sembra la vittoria ancor dubbiosa ;
£'1 fero Argante pur minaccia ed osa .
Non è questa Antiochia, e'I btijo e l'ombra
Cotanto amica alle Cristiane frodi.
Vedete chiaro il Sol, cui nulla adombra:
Noi desti, ed altra guerra in altri modi .
Qual da voi nuova tema or caccia e sgombra»
Il desio di predar con tante lodi ?
E sì tosto cessando or sete stanche ,
Per breve assalto, o Franchi no, ma Franche.
Cos'i dicea , quando abbagliò repente
Un chiarissimo lume i lumi infermi
Della mortai terrena , e cieca gente ,
Che contra 'I ver non ha ripari , n schermi.
Poi fu veduto n.i Cavalier lucente
Scender da'poggi sotitarj ed ermi ,
Al cui splendor men chiaro il Sol parrebbe.
Non ch'altri, a cui sua luce ìl Cielo accrebbe.
CONQUISTATA 3i5
XXXT.
Soliman ed Argante, e'I volgo folle,
lo lui non volse il guardo oscuro e losco,
Perch'ei grazia di se largir non volle ^
Onde s'illustri il tenebroso el fosco.
Prima Goffredo gli occhi a' raggi attolle:
E del Ciel (dice) i segni ornai conosco .
Poi Raimondo, Tancredi e'I gran Riccardo,
Più lieto a maggicr luce alzò lo sguardo .
XXXTI.
E volgendosi a quei, ch'aUrove furo
In altre imprese già guerrier famosi,
Disse: Ascendiamo al più superbo muro,
E non Siam di vittoria omai dubbiosi,
Perch'aita celeste al fin securo
Fai più temuto calle a' più animosi :
Scudo aggiungiamo a scudo, onde ricopra
L'un laltro in guerra, etorniamprontiairopra.
XXXTI T.
Giunsersi tutti insieme al breve detto,
E'I grave scudo alzar sovra la testa ,
E gli uniron così, che duro tetto
Facean contra T orribile tempesta,
fiotto il coperchio il fero stuol ristretto
Va di gran corso , e nulla il corso arresta ;
Che là dentro ha securo il capo, e'I tergo,
Com'animal, che porti il proprio albergo.
XXXTI II.
La veloce tesludo al muro aggiunge.
Sicché 1 pardo sarebbe allor più lento .
La scala a'merli il Cavalier congiunge,
Eseguon lui cento guerrieri e cento.
Strai, lancia, o trave non lo scuotevo punge.
Né danno pietre , o spaldi a lui spavento.
Disprezza ogni periglio, ogni percossa:
Sprezzeriai s'ei cadesse, Olimpo ed Ossa.
3i4 LA GERUSALEMME
XXXIX.
Una selva di strali , e di ruine
Sostien sul dosso, e sullo scudo un monte.
Scuote una man le torri al Ciel vicine,
E r altra guarda la terribil fronte .
Ma nulla offender può Tarme divine:
Grand' è l'esempio all'opre illustri e conte.
Chi qua, chi là sua scala al muro appoggia,
E per la dubbia via combatte , e poggia •
XL.
Muore alcuno, altri cade; ei più sublime
Sale, e questi conforta, e quei minaccia .
Tanto è già su, che le tremanti cime
Afferrar può colle distese braccia.
Gran gente allor vi trae , l' urta , e reprime ,
Cerca precipitarlo , e pur noi caccia .
Mirabil vista in periglioso assalto ,
Resiste a mille un sol librato in alto.
XLI.
E resiste , e gli offende, e si rinforza ,
E come palma suol, cui peso aggreva ,
Suo valor combattuto ha maggior forza ;
E s'inalza rispinto, e si solleva ,
E vince alfìn tutti i nemici, e sforza
L'aste e gl'intoppi, che d'incontra aveva :
E sale il muro, e'I signoreggia , el rende
Sgombro , e securo a chi da tergo ascende.
XLII
Ed ei medesmoal suo minor germano,
eh' era già quasi di cadere in forse ,
Stesa la vincitrice amica roano,
A salir da quel lato aita porse .
Altrove al Duce degli Eroi sovrano
Eran varie fortune intanto occorse:
Che non pur tra' nemici ivi si pugna ;
Ma le macchine fanno orribil pugna .
CONQUtSTATA
I mormorar»' lidia dell'eri
tpie
*CT cai sì turba Stige, e't lago A
note,
verno
E'I Ciel parea oscurarsi; e negre roie
Far nelle nubi il gran Pianeta eterno:
MOuando un gran sasso in mezzo lor percuote ,
^Bie mandò l'alme al doloroso Inferno,
^P)ve dell' altrui colpa è giusta pena :
E de' corpi restò figura appena .
Ha co'suoi di Germania , o pur di Francia,
1 torre, dall'incendio omai secura,
nrvicina Goffredo, onde si lancia
1 ponte ornai .siili' espugnate mura.
Utri oppone all'incontro o spiedo , o lancia:
Ulri quel passo di taf^liar procura;
t di gravi sectirc i colpi addoppia . *
iorge improvvisa un'altra torre, e scoppia .
■igran mole crescente oltre i contini
^'più alti edifìcj in aria passa
jlttonitia quel mostro ì Saracini
■llestàr, reggendo la città più bassa.
Ma't Turco, benché d'alto in lui ruini
Di pietre un nembo, il loco allor non lassa ,
TJè di tagliare il ponte ancor diffida ;
Egli altri, che lemean rincora, e sgrida.
Allor si fé vicino al sommo Duce
L'Angel, che già percosse Ìl fero drago,
E fiammeggiò di si divina luce ,
Cb'ei non sostenne la celeste immago.
Ecco già l'ora, che vittoria adduce:
Disse Goffredo al suo pensier presago,
Non cliinar , non chinar gli occhi smarriti ,
Hira con quante forze il Ciel t'aiti.
3i8 L\ GERUSALEMME
Mira di luce, e di splendore acceosaU
L'esercito immortale; e parie ascolci
Ch'io dagli occhi torrolti il nuvoi denso
Di quella uniatittà, ch'intorno avvolta ,
Adombrando l'appanna il mortai senso,
Sicché Don vede alma dal vel disciulta:
E sosterrai per breve spazio almeno ,
Di pure forme lo splendor sereno,
Ecco di quei, che guerreggiaro a Cristo ,
L'anime, a cui nel suo trioufo apparse,
Che teeo sono al Ha dell' alto acquisto,
Per cui già il sangue lor si spese, e sparse
lÀ 've ondeggia la polve, e'i fumo misto I
Son d'alta mole alte ruine, e span
E'n quella folta nebbia Ugon combalte,
E delle torri i fondamenti abbatte .
Ecco Guelfo, e Guidon , che l'alta porta
Aquilonar con ferro e fiamma assale .
Ministra l'arme a' tuoi guerrieri : esorta
Ch'altri su' monti ; e drizza , e tteii le scalea
Quel, ch'èsul colle, e'I sacro abito porta,
E la sua mitra è alle piii degne eguale,
h'I pastore Ademaro, alma felice.
Vedi, eh' ancor vi segna, e benedice .
Cosi diss'egli; e mille spirti, e mille
Goffredo vide, e riconobbe i mostri.
L'alme poscia sparir, come faville ,
O lumi affissi agli stellanti chiostri.
Spari l'Angelo ancor, ch'a lui scoprille,
E qual raggio volò fra' Duci nostri.
Tende l'arco il gran Duce, e dov'ei scocci
Siro, o Turco gucrrier cade , e trabocca .
CONQUISTATA Sig
lean l'arme e !e fiamme e i feri ardori
grand' arciero, e ben di ciò s'avvide,
•to viepiù de'suoi celesti onori;
vittoria mirò , che pur gli arride .
lUtoldo, e'I buon Guglielmo, invitti cori,
.veva a tergo, e t'emulo d'Alcide
Eustachio alato, ch'il tardar disdegna,
rende l'ohorala e sacra insegua.
primier Goffredo il ponte al varco
Con saldo pie, che non s'arresta, o falle,
E rifuggi l'empio Soldan dall'arco,
Cedendo al pio Guerrìer l'angusto calle.
Portava Eustachio il venerato incarco
Del gran vessillo all'onorate spalle ,
seguito da color, ch'a prova scelse:
£ sul muro piantò l' insegne eccelse.
trionfale insegna in mille giri
Uleramenle si rivolge intorno:
£'atanto a lei par che risplenda, e spiri
L'aura più riverente, e'I Ciel più adorno:
Ch'ogni dardo, ogni strale invan si tiri,
faccia dechinando Ìndi ritorno :
Par che Sion , par che l' opposto monte
L'adori, e'nchini la devota fronte.
ior tutte le squadre il grido alzare
|)etla vittoria altissimo , e festante.
E replicarlo i monti in suon più chiaro,
Che rimbombò d'Occaso, e di Levante ,
Al Mezzogiorno : e vinse ogni riparo
Tancredi , opposto a lui dal fero Argante.
IGittò suo ponte, ed innalzò veloce
Sull'alte mura la purpurea Croce .
3io LA GERUSALEMME
Onde Raimondo a'suoi dall'altra parte
Gridò : Compagni , è là città già presa .
Vinta ancor ne resiste? or soli a parte
Non sarem noi dell'onorata impresa?
Ma'l Re cedendo alfin , dì là si parte>
E lascia disperata aspra contesa;
£ come belva al suo covil rifugge :
Di rabbia intanto, e di furor st strugge .
Entra vittoi^oso il Campo tutto
Su per le mura, e per l'antiche porte.
Gli' è percosso, caduto, anw, e distrutto
Giò, che lor s'opponea, rinchiuso, e forte.
Volan le fiamme e l'arme, e'I duolo e'I lutto,
E segue il cieco orror l'orrida Morte;
Ristagna il sangue in gorghi , e'n rivi inonda,
Cerca il timor latebre, in cui s'asconda.
Sta sulla porta Aquilonar, ch'ondeggia
Viepiù ch'ogni altra, di quel sangue ingiusto,
E'nvia le fide genti all'alta reggia.
Nell'impeto confuse, Ugon vetusto:
E nell'arme lucenti ivi fiammeggia.
Come nel balenar vapore adusto;
E (Iella morte altrui firtto vermiglio,
Quivi è Ramboldo, e v'èConone, c*Ì figlio.
Gherardo e Casto, e'I "suo Caston da Beri ,
E'I gran Berton, degni d'elerna fama;
£ Tommaso di Feria altri guerrii'ri ,
Co'più lontani amici invila, e chiama.
Per la porta dell' \ustro or son primieri
Raimondo, che vendetta a tempo brama ,
E Rodolfo, e di Sabra il fìer Guglielmo,
Equel, ch'in mitra poi cangiato ha l'elmo.
CONQUISTATA 3ai
X.XTII.
E quindi, e quinci uniti in lungo stuolo,
Parte imbraccia lo scudo, e'I ferro stringe,
Trascorrendo il sanguigno orribii suolo,
Che fra le morti il pie ritarda, e tinge .
Di calle in calle, e d* un in altro duolo ,
Fugge la turba, eh' il timor sospinge:
Qual tra Scilla e Cariddi i rischi alterni
Fuggon le navi a* tempestosi verni.
LXTfflI.
Ila per le vie, ch'ai men sublime colle
Portan verso Oriente al vecchio tempio,
Tutto del sangue ostile orrido e molle,
Riccardo corre, e caccia il popolo empio.
La spada fiammeggiando in alto estolle
Sovra gli armati, e fa più fero scempio.
É schermo frale ogni elmo , ed ogni scudo:
Securo è quel, eh' è più dell'arme ignudo.
LXIX.
Sol contra il ferro il nobil ferro adopra ,
E sdegna negl'inermi esser feroce;
E quei , ch'ardir non armi , arme non copra.
Caccia col guardo , e coli' orribii voce .
Vedresti di valor mirabil'opra ,
Come or disprezza, ora minaccia, or nuoce;
E con periglio disegnai fugati
SoD fra la plebe vii guerrieri armati.
I.XX.
Pria col più debol volgo anco ritratto
S'è folto e grande stuol del più guerriero
Nel Tempio , che più volte arso e disfatto,
Pur si nomò dal fondator primiero;
Ma di marmi e di cedri e d'or già fatto
Fu da quel Re con nobil magistero;
Men bello, e ricco allor, pur saldo, e forte
Era di torri, e di ferrate porte.
G.Conq.T.lL 9t
3aa LA GERUS ALEMIVIR
La porta spaziosa apriva il passo
Incontra*! Sol, qu.indo tramonta , e cade.
L'aurea dairOriente; e'n vivo sasso
Lesse il nome d'Omar la nuova etade.
Quivi da varie parti il volgo lasso
Fugge il furor di peregrine spade :
V'è già Tancredi intorno, e già raccogli»
Le schiere intente all'onorate spoglie.
LXXII
Ma giunto dove scorge insieme accolte
L* amiche squadre il Cavalier sublime.
Il trova chiuso; e varie intorno, e molt#
Difese sovrastar dall'alte cime.
Alza il feroce sguardo, e ben due volte
Tutto il mira da parti eccelse, ad ime;
Picciol varco cercando, ed altrettante
Circonda lui colle veloci piante .
JLXXIII
Qual lupo predatore all'iier bruno
Le chiuse mandre insidiatido aggira,
Che d'atro sangue ancor lungo digiuno
Vorria far sazio, e Todio il m:)ve, e Tira :
Tal egli intorno spia, se passo alcuno,
Piano od erto , die siasi , aprirsi mira .
Contra la prima porta alfìii si ferma :
Teme dallo la turba , il core infoila.
In disparte giacca ( qnal che si fosse
L'uso, a CUI si serbava) antica trave:
Né così alte mai, né cosi grosse
Drizza l'antenne sue spalmata nave.
Tancredi insieme, e'I gran Guerrier la mos5
Con quel poter, cui nessun pondo è grave.
Ruggir le porte, e lor s'aprirò avanti ,
Svelti dal sasso i cardini sonanti.
CONQUISTATA 5a3
LXXV.
Rende misera strage atra, e funesta
L'alta magion , ch'a Dio ne' primi tempi
Fu sol albergo in terra; e quinci è desta
V ira ne' cor pietosi incontra gli empj .
O Giustizia più irata, ove men presta
Del tuo volere eterno il corso adempì !
Di quei, che già roacchiaro il tempio sacro,
Tu facesti nel sangue ampio lavacro.
X.XXTI.
Fine gemme lucenti, argento ed auro
Son preziosa a' nostri, e cara soma ;
£ vario d'Oriente ampio tesauro.
Quanto adornar di sé l'antica Roma,
Quanto appagar potria Y infido Mauro ,
E quei, ch'il Re d'Egitto affrena , e doma :
E breve ora sgombrò quel , ch'in molti anni ,
Man rapaci adunar d'emp j Tiranni .
tXXTII.
Il fier Soldano intanto alla gran torre
Ito se n'è, che di David s'appella;
E qui fa de' guerrier l'avanzo accorre ,
E chiude intorno e questa strada , e quella:
Ducalto senza indugio ancor vi corre ;
Il Soldan , com'il vede, a lui favella :
Vieni, o stanco Signor, vieni , e là sovra
[Nella rocca fortissima or ricovra .
LXXTIII.
Che da furor di gente aspra , e nemica ,
Guardar potrai la tua salute , e'I regno .
Oimè (risponde ) oimè! la Terra antica
Distrutta cade , e'I furor passa il segno:
ìicorno è la vita mia, non pur fatica .
Vissi , e regnai ; non vivo più , né regno .
Ben si può dir: Noi fummo. A tutti è giunto
L* ultimo dì , r inevitabil punto .
3a4 LA GERUSALEMME
LTXIX.
Come pastor, che già fremen^lo intorno
Il venfo e i tuoni, e balenando i lampi ^
Vrfla oscurar da mille nubi il giorno.
Ritrae le greg^^e dagli aperti campi,
E sollecito cerca ampio soggiorno ,
Ove l'ira del ciel sectiro scampi:
E col grido drizzando, e colla verga
Lemandre innanzi, agli ultimi s'atterga:
LXXX.
Cosi il fero Soldan quel veglio stanca
Fa «lentro ritirar da'loclii aperti.
Con un dentanti figli, a cui pur anco
Qualche speme riman de' casi incerti:
Perchè venia n Cam mi Ilo, e'I Duce Franco,
Con gran rimbombo crarme, e i duo Roberti
Egli, che vola avea l'ampia fnieira ,
Ultimo cede, e tardi al fin s'arretra.
LXXKI.
Mentre qui sostener Torribil guerra
Ei spera, in guisa d'un incendio ardente,
L'ira del vincitor trascorre, eri erra
Per la città, già presa alfi^ccidente .
Or chi giammai dell'espugnata Terra
Potrebbe appien l'immagine dolente
Ritrarre in carte? od adeguar parlando.
Tanto orror, cosi atroce e miserando?
LXXXI1.
Ogni cosa di strage intorno è pieno.
Vcdeansi quasi in monti i corpi avvolti :
IJi i feriti su' morti, e qui giacieno
Sotto morti insepulti egri sepolti.
Fuggian , premendo i pargoletti al seno ,
Le meste madri co'capegli sciolti:
E'I predator fra spoglie e fra nipine.
Le veigini stringea nel lungo crine .
CONQUISTATA 3a5
* LXXXIII.
Le quai con guancia smorta , e scolorita ,
Pàrean colombe fra pungenti artìgli:
Molte , credendo d' allungar la vita,
Fuggir su* tetti gli ultimi perigli:
Onde col padre suo d'alto ferita
Cadde T inerme famigliuola , e i figli,
Misero precipizio! e non rimase
Servo, o Signor nelle dolenti case.
LXXXIY.
Ma Tinfelice Argante, all'ore estreme
Vicinissimo omai> la morte agogna:
Nulla di se, della consorte ei teine,
Che di lasciar solinga ha gran vergogna:
Brama, s'altro non può, morire insieme;
£ se medesmo più ch'altrui rampogna:
E ver la torre delle donne, il corso
Drizasa con pochi amici al lor soccorso.
LXXXT.
Ma come sua fortuna i ]>assi scorge,
Perchè dal fine anzi'i morir non erri ,
Giunge là u'egual torre al ciel risorge;
E pria che dentro si rinchiuda, e serri ,
Pur s'avvien in Tancredi , e pur s'accorg€
Della sua morte, al fol^^orar de' ferri:
E grida a lui: Così la fé, Tancredi
Mi servi tu? così alla pugna or riedi ?
LXXXTI.
Tardi riedi, e non solo : io non rifiuto
Teco in nuova tenzone anco provarme,
Benché piuttosto incontra me venuto
Quasi mastro di macchine tu panne.
Fatti scudo de' tuoi, trova in ajnto
Nuovi ordigni di guerra, consolile arme:
E di lor quindi ti circonda, e quinci,
Uccisor delle donne ; e così vinci •
3a6 LA GERUSALEMME
X.XXXT1I.
Sorrise il Cavalier: e pieno il riso
Fu d'amarore; ed ebbe a lui risposto :
Tardi è il ritorno mio ; ma pur avviso
Che frettoloso ti parrà ben tosto :
E bramerai- che te da me divìso,
O Talpe avesse, o fosse il mar frapposto .
L' uccisor delle donne or te disfida.
D'eroi micidiale; e'n guerra affida .
LXXXT1II.
Ripiglia i detti audaci il Turco ardito:
Ornai tu eleggi il campo o'n alto, o'n basso,
O'n loco pieno d'arme, o'n più romito;
Che per tema, o svantaggio io non ti lasso;
Cosi detto, e risposto al fero invito,
Muovon concordi alla battaglia il passo.
L'odio i nemici accoppia , e difensore
Fa l'un dell'altro, il bel desio d'onore.
LXXXIX.
Presso alla torre, ove alle donne estrane
Nuovo, e femmineo albergo al ciel s'alzava,
Mello fa quasi due città lontane,
Mello vorago già profonda, e cava.
Moria dalla man destra a lei rimane,
Col fonte, che le gregge inonda, e lava:
Sion dalFaltra: in mezzo un voto calle
Steso è per l' adeguata , e piana valle .
xc.
Restò la fera coppia ivi solinga;
E più dell'altro il Saracin sospeso ,
Che perduto ha lo scudo , in cui rispinga
I colpi ostili, ond'è via men difeso.
Tancredi in guisa d' uom , ch'onore astringa,
Del suo gittò per terra il grave peso :
Poscia incontra s'andar con fero sguardo,
Che ben conosce l'un l'altro gagliardo.
CONQUISTATA 3a7
XCM.
E di corpo Tancredi agile, e sciolto,
E di man velocissimo, e di piede.
Sovrasta a lui con ampia fronte, e molto
Di smisurate membra Argante eccelle.
Girar Tancredi, o stare in se raccolto.
Per avventarsi , e sottentrar si vede:
£ colla spada sua la spada ei trova
Del suo nemico, e la respinge a prova.
KC1I.
Ma disteso, e diritto il fero Argante
Dimostra arte simile, atto diverso.
Quanto egli può va col gran braccio avantc,
E cerca il ferro no, ma '1 corpo avverso .
Quel gli sembra d'intorno augel volante,
Questi gli ha il ferro al volto ognor converso:
Minaccia, e'ntento a divietargli ei stassi
Furtive entrate, e subiti trapassi.
xciir.
Così guerra naval, quando non spira
Per lo piano dell'onde o Borea, o Noto,
Fra due legni ineguali egual si mira,
Che Tun d'altezza vai , Taltro di moto:
L'un con volte, e rivolte assale, e gira
Da proda a poppa, e l'altro resta immoto;
E quando il più leggierpiù s'avvicina,
D'alta parte minaccia alta ruiua .
XCIT.
Mentre il pio (]avalier l'aggira, e tenta.
Battendo il ferro, che si vede opporre,
Vibra Argante la spada, e gli ap[>resenta
La punta agli occhi ; e {li al riparo accorre;
Ma lei rapida e grave e violenta ,
Cala il Pagano, e'I difensor precorre,
E'I fere al fianco; e visto il (iafico infermo,
Grida : Lo schermitor vinto è di schermo.
3a8 LA GERUSALEMME
HCT.
Il Cavalier fra'l suo disdegno, e Tonla,
Si rode, e lascia ogni arte, ond'uom si guardi;
E'mpetuoso il suo nemico affronta,
Come perdita stimi il vincer tardi :
£ quella spada, eh' è al ferir si pronta ,
Gli drizza all'elmo, ov^egli s*apft& a' guardi.
Ribalte il colpo Argante, el tiene a bada;
Ma Tancredi già viene a mezza spada •
XCTl.
Pendere alfin lasciò d'aurea catena
La spada , e sotto al Cavalier si spinse ,
£ Fabbracciò con affannata lena.
Tancredi ancor lui presse, e lui ricinse :
Ne con più forza dall'adusta arena
Sospese Alcide il gran Gigante, e strinse,
Di quella, onde facean tenaci nodi
Le valorose braccia in varj modi.
xcTir.
Tai le rivolte furo, e tai le scosse.
Ch'ambo calcaro il suol col grave fianco.
Argante (o sua ventura, od arte or fosse)
Sovra ha il braccio migliore, e sotto il manco.
Ma la man , eh' è più atta a dar percosse,
Impedita soggiace al meno stanco.
Ei, che vede il periglio, e vede il tempo.
Si scioglie; salta in pie; percuote a tempo.
xcriir.
Sorge l'altro più tardi, e'I colpo in prima ,
Che sorto ei sia gli agi^rava il capo inchino:
Ma come all'Euro la frondosa cima
Piega, e'u un tempo la solleva il pino:
Cosi lui sua virtute alza , e sublima ,
Quando era quasi al ricader vicino .
Qui s'inaspra la pugna, cavvien ch'ella abbia
Meno d'arte e di possa, e più di rabbia.
CONQUISTATA Sag
XC1X.
Esce a Tancredi in più d'un loco il sangue;
Ma ne versa il Pagan quasi torrenti .
Già nelle sceme forze il furor langue,
Quai lumi in poco umor via meno ardenti .
Tancredi, ch'il vedea col braccio esangue
Girar i colpi ad or ad or più lenti ;
Dal magnanimo cor deposta Tira,
Placido gli ragiona, e'I pie ritira :
e.
Cedimi, uom forte, e riconoscer voglia,
Non la vittoriosa alta fortuna ,
Ma '1 vero Dio : che più onorata spoglia
Acquistar non potrai sotto la Luna.
Terribile il Pagan più che mai soglia ,
Tutte le furie sue desta , e raguna:
Risponde: Or dunque il meglio averti va n te ?
Ed osi di viltà tentare Argante?
CI.
Usa la sorte tua, che nulla io temo,
E'ncontra me tutte le forze accampa.
Qual le tremanti fì:imme, anzi Testremo,
Di notte rinforzò lucida lampa:
Tal riempiendo d'ira il sangue scemo,
Di furor nuovo or più orgof^lioso avvampa :
E di morte illustrò Tore propinque.
Come chi vita, e non virtù relinque.
C1I.
La man sinistra alla compagna accosta ,
£ con ambe congiunte il ferro abbassa .
Cala un fendente, e benché trovi opposta
La spada ostil, la sforza, e via trapassa ;
Scende alla spalla , e giù di costa in costa,
Molte ferite in un sol colpo or lassa.
Se non teme laucredi, il petto audace
Non fé natura di timor capace.
33o LÀ GERUSàLESIME
Ciri.
Quegli rorribil colpo addoppia invano,
£ l'ire colle forze al vento ba sparte,
Che d.'il colpo Tancredi andò lontano ,
Girando il passo alla contraria parte.
Tu dal gran peso tuo tirato al piano ,
Cadesti, Argante, e non potesti aitarte.
Per te cadesti, avventuroso intanto,
Ch'altri non ha di tua caduta il vanto .
CIT.
II cader dilatò le piaghe aperte,
E'I sangue espresso dilagando scese.
Punta la manca in terra , e si converte
Il disperato all' ostinate offese.
Renditi, ( grida ) e gli fa nuove offerte ,
Senza nojarlo, il vincitor cortese.
Ma quegli, non risorto anco, piagarlo
Tenta di nuovo colpo, e potria farlo.
CT.
Turhossi allora il pio Guerriero, e disse :
Giusta pietate è il non usarla or teco.
Poi la spada gli fisse, e la rifisse
Per la visiera al già latrante , e cieco .
Moriva Argante, e tal moria qual visse;
L'alma fuggia di Plulo al nero speco;
Ma nella mv)rta , e spaventosa faccia
Più terrihil la morte ancor minaccia.
rvi.
Devoto il Vincitore Id(li(> ringrazia.
Gir alla vittoria a tanto ardir succeda :
E pre;;a lui, che grazia aggiunge a grazia.
Perdi' ei salute, oltra Tonor conceda.
Poi là s' invia, dove trascorre, e spizia
L' Italico guerrier di preda in preda ,
Anzi di morte in morte: e passo passo
Per le già corse vie muove il pie lasso.
CONQUISTATA 33i
crii.
Tafrino incontra, e gli altri a diece a diece,
A cento a cento, e la sua schiera stessa,
E quel, che tanto valse, e tinto fece,
Che di lui cerca, e da tutt' altro or cessa;
EU bel Ramusio, e chi di padre in vece
Gli era in onore, al vincitor s'appressa :
Né' può bramar più cari , a cui s appoggi ,
Parenti e servi, insin ch'ai sommo ci poggi.
CTTIf.
Altri Telmo gli porla, altri l'usliergo.
Altri le spoglie del Guerrier crudele.
Ch'ingombra quel sentier col nudo tergo.
Sinché manto l'accolga, o fossa il cele.
Già risonar s udia '1 dorato albergo
D^alte femminee strida , e di querele:
E correan tra marmoree alte colonne ,
Timide e meste e lacrimose donne.
crx.
Tancredi incontra alberga, ov'ci difenda
Quelle infelici da nemico oltraggio:
E vuol eh' il grande scudo ivi s'appenda ,
Coir armi illustri in quel breve paraggio.
Sulle porle del tempio avvieu che splenda
L'altro, che pare un speglio al vivo raggio.
N'alzar milT altri iu Moria antica e sacra
Di Dio magione, e'n Sion mille, e'n Aera.
cxx.
Tre monti d'arme ha circondati, e presi
Vittoriosa gente , e 'n lor soggiorna.
Pajon leoni in Cicl, di stelle accesi,
Draghi, orsi e tauri con dorate corna.
Ed aquile, gli scudi iu lor suspensi ,
E Torrida vittoria bau fatta adorna.
Con varj altri di fama, e d'onor degni,
E di gloria im mortai lucenti segni.
33a LH. GERUSALEMMI!:
CXI.
L'umil plebe fedel, che scosse il giogo
D'aspro servaggio, e le catene ha rotte ;
Quando temea che ferro, o laccio, o fuogo
Recasse agli ocelli lor perpetua notte:
Lieta rimira pur di luogo in luogo
L'arme e le genti, a trionfar condotte:
E Pietro loda, e gli s inchina umile,
Mentre è lunge il Pastor del sacro ovile.
CXII.
Le tue promesse , o Pietro , a te ricorda ,
Che non spargesti lor d'oscuro oblio.
Te chiama padre il suon, ch'insieme accorda;
Te suo liberator, te santo e pio.
Purgan poi la città macchiata , e lorda,
Di nuovo ornando i sacri Tempj a Dio.
Ma gli altri Duci accoglie il sommo Duce,
Già declinando la diurna luce.
CXIII.
E lieto dice, e con real sembianza:
Esaltate ha il gran Dio Tarme pietose;
Ma più dell' opra , che del giorno , avanza :
Pur siam già presso al fin , eh' in terra ei pose,
Quasi celeste; e gli empj han qui speranza;
Ma più nell'oste, che da noi s'ascose:
Or d\\scaIona a noi minaccia, e manda
Sfide ed Araldi; e'ntanto a lor comanda.
CXIV.
Ed offre di battaglia indi non lunge
Gran campo, e guerra de' perigli estrema.
Ma per disfida, che disprezza, e punge,
(Se meco osate voi) di nulla ho tema.
Di vittoria in vittoria il Ciel congiunge
Gli animi nostri alla tenzon suprema.
Or pensiam eh' il nemico è presso; e scarso
Il tempo; e rasciughiamo il sangue sparso .
CONQUrSTATA
333
k curate quei, c'baii fallo acquisto
jt questo regno a voi col sangue loro,
|bé non eonviensi a'Cavalier di Cristo
i desio di vendetta, e di tesoro .
roppo,ahì! troppo di male oggi s'è visto,
fatto preda abbiam d'argento, e d'oro.
lembrate ch'oggi è il sesto, e sacro giorno,
jh' il Re sofferse, onde Svitar» ha scorno.
i eliceva ; e'nlnnto il Ten)pio immoiido
^r si nettava, e i voti alber^^hi, ei cilii,
«r qnei, che già soffili- più grave pondo,
Ihe d'oprar remo, o di cavar metalli:
tsangiiinosi corpi al cii])o fondo
lortali fiir di teneliro^ie valli:
terch'odor grave alla città non surga ;
\ nell'aperto CÌel si sparge, e purga.
quel d' \rgante si conserva , e dona,
*erchè riceva alfin gli onori usati,
là ve al femmineo pianto il Ciel rtsuona
D'alte grida, e di tremuli ululati.
Lngeria, che sperò scettro e corona,
Dra accusa le stelle, e't Cielo, e Ì fati,
ET crin si squarcia, e batte palma a palma,
jlentre è portata a lei sì cara salma.
(come vede il suo marito anciso,
* cui pudico il peno anco riserba,
Spargendo il pianto sovra il morto viso.
Bacia la faccia, ancor fera, e superba;
Fosti, giovine ancor, da me diviso,
(Dice) caro Signor, per morie acerba;
£ lasci me col tuo più caro pegno,
Vedova, e serva, e presa al giogo indegno.
334 LA GERUSALEMME
CX1X.
Nella tenera elate è il figlio ancora,
Cbe generammo al lagrimoso duolo,
Tu ed io infelici insieme; e più m'accora,
Cb' in grande stirpe, e quasi estremo, e solo
Non vedrà gli anni, in cui virtù s onora,
Né Talta fama tua , che spazii a volo,
Ne dell'avo il bel regno, o regio nome
Lieto il farà tra vinte gènti, e dome.
e XX.
Ma di tua madre, o figlio, a' lidi estrani'
Seguirai sulle navi il duro caso:
Ed in atto servii Franchi , o Romani ,
Ne' regni inchinerai del nero Occaso,
Anzi Signor superbo : o se rimani ,
Spietata pena avrai d'esser rimaso.
Da gran torre rotato, o d'alte rupi ,
A pascer di tue membra i corvi, o i lupi.
CXXI.
Feri nemici irati al debil figlio,
Misero Argante, anzi'l morir lasciasti;
Al vecchio genitor morte , od esiglio,
All'orba madre ignudi membri , e guasti:
E senza fine a me lutto e periglio,
E pensieri d'amor dolenti e casti :
Ne prima ebbe da te baci, o parole,
Ond' io, piangendo, il mio dolor console.
CXXII.
Cosi dice ella; e'I volto, e'I seno aspersi
Avean di pianto le donzelle insieme;
Quando lutti fra lor nuovi , e diversi.
Incomincia la madre, e plora, e geme:
Argante, nessun duolo egual soffersi
Pari a quel, che per te m'aggrava e preme:
Ch'eri di tutti i figli a me più caro.
Di cui mi priva empio destino avaro.
CONQUISTATA 355
CXXTII.
r animo, di valor, di fatti egregi ,
Tutti vincesti, e di reale aspetto;
Da*SoIdani onorato, e da aiti Regi,
Spaventoso a' nemici, a' tuoi diletto.
Difendesti la patria; e palme e fregi
N'avesti, or n'hai trafitto il viso e'I petto:
E col tuo regno cadi, ond*io presaga.
Sento al dofente cor prevista piaga .
CXXIT.
^1 mio senil consiglio a te non calse,
O del materno duolo, o del cord«)glio;
Ma contrai Ciel giammai non vale, o valse
Terrena forza, o pur terreno orgoglio:
O mondano grandezze incerte, e false!
Per gran prosperità viepiù mi doglio,
Fra superbe, nemiche, irate squadre,
Misera vecchia, serva , ed orba madre.
CXXT.
losì dicea nel lutto; e già non tacque
Nicea neir angoscioso aspro dolore,
Nicea, dalla fortuna in riva all'acque
Condotta prima , e dal suo vano amore:
£ ritornata poi, siccome piacque
Al suo destin dal periglioso errore :
Or come l'altre il crin si svelle , e frange,
£ come l'altre sospirando or piange.
«XXTI.
'u giaci. Argante; Argante, oimè, sei raorto^
O arti mie fallaci , o falsa spene!
A cui più l'erbe omai raccoglio, e porto
Dall' ime valli, e dall' inculte arene?
Non ti spero veder mai più risorto,
Per mia pietosa cura . A cui s'attiene
Più questa vita mia nojosa, e schiva.
Nel duro esigilo , e di sostegno or priva ?
536 LA GERUSALEMME
CXXTXt.
Deh chi m'affida, ahi lassa , e mi consola
Nel caso estremo, e neirorribil fine?
Chi il padre amato, e 'l mio fratel m' invola,
Già morti? o fera morte avranno alfine?
Sola io non sono al mio dolor; ma sola
Veggio, dopo la prima, altre mine.
Altri incendj, altre morti : e grave, e stanca,
Quest'alma al nuovo duol languisce, e manca.
CXXTIII.
£ piangendo cosi, comraove al pianto
L' altre sue meste, e dolorose ancelle.
Poscia involgono Argante in ricco manto
Colla tenera mano, e queste e quelle:
Dell'arme sue gli van mettendo accanto
Le' già più care, e più lucenti e belle ,
Ed archi, e strali , e preziose spoglie,
eh' oscura fossa in sen profondo accoglie.
e XXIX.
Scettro e corona appresso, e prede ostili,
Segni della passata ampia fortuna,
E della cara mano opre gentili :
Gittanvi-ancor coli' adombrata luna
E di candide perle, e d'or monili,
E ciò, ch'ai rogo la Fenice aduna.
Chiude l'avara terra ingrato dono,
E geme de' lamenti al flebil suono.
cxxx.
Eran sepolti altri Guerrier sotterra ,
( Pur con>e è 1' uso ) ed altri accesi , ed arsi;
Né di lor tomba in lagrimosa guerra
Tempj, o Meschite, o di lor pompa ornarsi:
E fuor del cerchio , che tre monti or serra,
Splendon quei roghi, ardon quei fuochi sparsi.
Enon, e Giosafat luce, e fiammeggia:
Di valle in valle il fumo al Cielo ondeggia.
LA
GERUSALEMME
CONQUISTATA
CANTO FIGESIMOQUJRTO
ARGOMENTO
Sotto Agcalona coli' Egìzio il Franco
Ha fiera pugna , e stragi d^empj ei face.
Cede Ormoudo al Buglion , Tisafrrne anco :
Riccardo il figlio | e Solimano audace
Anciai , in mar combatte ognor più firanco •
Spento Emiren, preso Altamoro, in pace.
Ya al gran sepolcro il vincitor dell'empio ,
Dona le spoglie , e scioglie i voti al tempio •
Cjrià riportava il Sole i d\ correnti,
E col Leon Nemeo volgeasL intorno;
E con gli strali suoi, di luce ardenti,
Dall'Orizzonte saettava il giorno:
Quando vittoriose altere genti
Trasse Goffredo , oltre l' usato adorno,
E là drizzolle, ove l'antica sponda
ly Ascalona nemica al mar s'inonda.
II.
£ mossi al mover suo pareano intanto
E valli e monti: e trombe a prova e squille^
Co] sacro suono, e colf altero canto.
Tutte fean rimbombar Tonde tranquille.
Giàl Pastor col suo coro in aureo manto
Seguian gli altri devoti a mille a mille.
Qui nel Tempio s' udiano i preghi e i carmi;
Eia tremar la terra al suon dell'armi.
C. Conq, r. i/. 1»
338 L4 GERUSALEMME
Iti.
Appresso al fiume, che nel mar discende,
£ lascia a destra la città vicina,
Alzò Goffredo le sublimi tende.
Allorch'air Occidente il Sole inchina:
£ quivi il tempo a lui promesso attende,
In cui Talta vittoria il Ciel destina:
£ come apparve la purpurea luce.
Trapassa l'onde al guado il sommo Duce.
tv.
Era il giorno, ch'ai Sol si scoloralo,
Oltra'l corso immortai, gli ardenti raggi;
£ vinto il Re del Ciel Satan avaro.
Drizzò '1 trofeo de' sostenuti oltraggi.
Ma questo d'Oriente uscia si chiaro.
Come brami tardar gli alti viaggi.
Gloria e splendor gli accrebbe, e senza velo
Volle mirar l'opere illustri il Cielo.
Goffredo già passato il picciol fiume,
In ampia valle scende, e quinci arriva
Al salso mar, che di canute spume
Sparge, fremendo, l'arenosa riva.
La fama precorrea con ratte piume,
Spn ridendo il Siion, che Tlndo e *1 Mauro udiva:
£ di terrore erapiea quel lido, e'I porto
Colle sue trombe, anzi l'Occaso, e l'Orto.
TI.
L'Ammiraglio superbo, e pien di sdegno,
Che fortuna sì dubbio il fin sortisca.
Disse: O di Babilonia antico regno,
Ov'è la gloria tua temuta e prisca?
Ben è dell'onor tuo disprezzo indegno,
Che tanto incontra te Goffredo ardisca.
Con poche schiere: e nell'aperto campo
Credea trovar da noi rifugio, o scampo*
CONQUISTATA SSp
TU.
Io non credea che d'aspettar securo
Fra'suoi ripari, e le profonde fosse,
£i si tenesse, o dentro al vecchio muro,
Ch'una e due volle a suo poter percosse.
O fatto ha della mente il lume oscuro,
E male estima temerarie posse :
O fame il caccia , quasi estrania belva
Dal suo covile , e dall' antica selva .
▼III.
Cosi die' egli; e con minacce, ed onte.
Pur accresce de' suoi l'orgoglio insano.
Ma già gli viene imperioso a fronte , -
Colle sue schiere, il Vincitor soprano:
E r ordinanza sua , larga di fronte ,
Di 6anchi angusta, spiega in largo piano:
Stringe in mezzo i pedoni, e rende alati
Coir ale de' cavalli entrambi i lati .
IX.
Nel corno destro alluoga il Duce Franco
Sul lido il gran Roberto, il buon Raimondo,
Prccoldo, Irpin , Clotaro , il vecchio stanco ,
Ramboldo, a pochi di valor secondo;
Con Roberto, il Normando: ei regge il manco,
Dov'è maggior della battaglia il pondo.
Perch'il nemico, che di gente avanza,
Quinci di circondarlo avea speranza .
X.
Qui Cammillo, Aristolfo, e qui dispone
Ettorre, e l'altre schiere a prova elette :
E gente a pie ne'Cavalier frappone.
Usa a pugnar nelle mortali strette.
Poscia , di palme degna e di corone
Quasi una terza schiera appresso ei mette,
E Riccardo ne fa Duce e maestro.
Opposto de' nemici al corno destro .
34o L4 GERUSALEMME
ZI.
E dice : La vittoria è in te riposta , ^
eira tauti illustri in arme oggi comandi.
Tieni pur la tua schiera alquanto ascosta
Dietro quest'ale spaziose, e grandi :
£ potendo il nemico urtar di costa,
Rompi r ordine ostile, e spargi , e spandi ,
Ch'egli vorrà (s'il miopensier non falle)
Ferirci affianchi, e circondar le spalle.
XTI.
Quinci sovra un corsier, di schiera in schiera
Parca volar tra Cavalier, tra fanti.
Scopria la maestà del viso altera,
Fulminava negli occhi , e ne sembianti .
Confortò il dubbio, e confermò chi spera,
Rammentando all'audace i proprj vanti.
Le prove al forte ; a questo e pregi, e palme.
Prede promise a quello, e care salme.
XIII.
Fermossi alfine, ove l'invitte, e prime,
£ più nobili schiere avea raccolte :
£ d'alta parte incominciò sublime,
Co' detti, ond'è rapito ogn' uom, eh' ascolte.
Come in torrente dall'alpestri cime
Soglion qui derivar le nevi sciolte:
(>osi correan volubili, e veloci
Dalla sua bocca le canore voci.
XIT.
O degli empj nemici aspro flagello,
E domator del lucido Oriente !
Ecco l'ultimo giorno, ecco già quello,
Che pur tanto bramaste, ornai presente.
Ne senza alta cagion , eh' il suo rubello
Popolo or si raccolga , il Ciel consente.
Ogni vostro nemico ha qui congiunto.
Per fornir molte guerre in un sol punto.
CONQUISTATA 341
XW.
Noi raccorrem molte vittorie in una;
Ne fia'I rischio maggior d'alta fatica.
Non temiate di caso, o di fortuna.
Sì gran turba mirando , e si nemica :
Cbe discòrde fra sé mal si raguna,
E fra gli ordini pur se stessa intrica.
Pugneran ^ochi : e do' più arditi, e scaltri ,
Mancherà a molti il core, il loco agli altri.
Xfl.
Quei, ch'incontra verranci, uomini ignudi
Fian per lo più, senza vigor, senz'arte;
Che dal lor ozio, e da' servili studj ,
La violenza or allontana, e parte.
Le spade ornai tremar, tremar gli scudi,
Tremar veggio l'insegne in quella parte:
Conosco i dubbj moti, e i suoni incerti:
Veggio la morte loro a segni aperti.
XTII>
Quel Capitan , che d'ostro adorno, e d'oro,
Trae fuor le squadre, e par sì fero in vista.
Vinse forse talor l'Egizio o '1 Moro;
Ma'l suo valor non fia eh' a noi resista.
Che farà ( benché saggio ) in tanta loro
Confusione, e sì turbata, e mista?
Mal noto é ( credo ) e mal conosce i sui ;
Ed a pochi può dir: Tu fosti: Io fui.
XTIIT
Ma sommo Duce io son di gente eletta,
E già gran tempo guerreggiammo insieme:
E poscia un tempo a mio voler 1' ho retta.
Di qual di voi non so la patria , e'I seme?
Quale spada m'é ignota, o qual saetta,
(Benché per l'aria ancor sospesa freme)
Non saprei dir, sé Franca, o pur d'Irlanda?
E chi la pon sull'arco, e chi la manda?
34a LA GERUSALEMME
XIX.
Chiedo solite cose. Ognun rassembri
Quel medesmo, eh* altrove io già Tho visto;
E coir usato zelo ornai rimembri
L'onor mio, Tonor suo, Tonor di Cristo.
Ite, atterrate gli erapj; e i tronchi membri
Calcate, e stabilite il primo acquisto.
Ma perchè tardo ciò, eh* il Ciel dimostra?
Avete vinto, e la vittoria è vostra.
XX.
Parve, che nel finir, fiammelle e lampi
Scendesser verso lui dal Ciel sereno;
Come talvolta da' cerulei campi
Scuote l'ombrosa notte aureo baleno:
Ma questa è luce, ond'ei più chiaro avvampi.
Quasi la mandi il Sol dal proprio seno:
£ girandogli al capo i giri illustri,
Del sacro regno pareggiaro i lustri.
XXT.
Ma se cosa del Cielo aprir cantando
Presontuosa può lingua mortale;
Angel Custode fu , eh' a lui girando.
Corona fé collo splendor dell'ale:
E rilucer vedeasi a quando a quando.
Pur come fiamma, a gran diadema eguale.
Trasse Emiréno intanto orride squadre ,
Per negra polve, al Sole oscure, ed adre.
XXIT.
Egli ancor qtjinci e quindi avea distese
All'esercito suo le lunghe corna;
Siccome Luna suol mostrarle accese.
Quando di nuovo a fiammeggiar ritorna:
E per sé il destro in grande .spazio ei prese,
E per la gente sua , cli'è meglio adorna:
E concesse il sinistro al Re de' Persi ,
Che lascerà di sangue i lidi aspersi.
CONQUISTATA 343
XXIII.
Quesli ha'l fioldano Ormus; e i più lontani,
Che deir India lasciar fervido il suolo,
Coir Ammirdglio, son Regi Affricani,
E Siri, e Tisaferne, e 1 regio stuolo .
Là dove stender può ne' larghi piani
L*ala sua destra', e più spedito il volo ,
Quinci le 6onde, e le balestre, e gli archi,
Esser tutte dovean rotate, e scarchi.
XXIV.
Così Emirén gli schiera ; e corre anch' esso
Per le parti di mezzo, e per gli estremi;
Per interpreti or parla , or per se stesso ;
Mesce lode e rampogtie , e pene e premi :
Talor dice ad alcun : Perchè dimesso
Mostri, o guerriero il volto? e di che temi?
Che puote un contra cenla? io mi confido
Che fugargli potrò coir ombra al grido.
xxr.
Ad altri : O valoroso, andiamo avante
Con questo cor, con questa faccia ardita.
L'immagine in alcun , quasi spirante,
Desta nelTalma, e la virtù smarrita :
Come la patria in femminil sembiante.
Parli, o la fimigliuola sbigottita:
Credi (ei dicea) che la tua patria spie<2[hi.
Per la mia lingua, le parole, e i preghi.
Guarda tu le mie leggi, e i sacri tem[)j
Fa eh' io del sangue mio non bagni, e lavi.
Assecura le vergini dagli empj,
E i sepolcri, ov'han Tossa i padri, e gli avi.
A te, piangendo i lor passati tempi.
Mostra n le bianche chiome i vecchi gravi:
A te la moglie le mammelle e'I petto,
La cuna e i figli, e 1 maritai suo letto.
344 LA GERUSALEMME
XXTII.
A molti poi dicea: L* Asia campioni
Vi fa dell'onorsuo: da voi s'aspetta
Contra que'pochi e barbari ladroni^
Di mille offese alfin crudel vendetta.
Cosi con arti varie, in vari suoni ,
Le varie genti alla battaglia affretta .
S'appressavano intanto e quinci e quindi
Egizj , Persi, Sirj, e Mauri ed Indi .
■fi-
XXTItl.
Mirabil vista fu d'alto spavento ,
Quando l'un Duce, e l'altro a fronte venne:
Veder, com' ogni schiera a passo lento
Di miTover già, già di ferire accenne :
Sparse ondeggiar l'altere insegne al vento,
E ventilar ^u'gran cimier le penne:
Arme, imprese, colori, e'I Sol, ch'avvampa,
E quasi anch' egli a guerregjjiar s'accampa.
XXIX.
Sembra d'arbori densi ampia foresta
L'un campo, e l'altro, in guisa d'aste abbonda.
Son tesi gli archi, ed ogni lancia è in resta :
Girasi a cerco ogni rotante fionda.
Il feroce destrier s'aggira , e pesta
Il negro piano, e l'arenosa sponda;
Gonfia le nari, e spira il fumo, e morde:
Tanto è il suo sdegno a quel furor concorde,
XXX.
Bello in si bella vista è il grande orrore;
Ed esce dal timor nuovo diletto:
Né men le trombe orribili, e canore
Muovono il cor nell'animoso petto.
L'esercito fedcl vince d'onore,
D'animo, e di virtù , non pur d'aspetto :
E canta in più guerriero , e chiaro carme
Ogni sua tromba; e maggior luce ha l'arme.
CONQUISTATA Wi
XXXI.
'ér le trombe de' Franchi il primo invito t
Aisposér l'altre, e cominciar la guerra.
S'inginocchiar sino ali* estremo lito
Tutti i Fedeli, e poi baciar la terra.
Decresce in mezzo il campo; è già sparito :
E già il nemico il suo nemico afferra .
E'I corno estremo già percote, e punge ,
£ la parte di mezzo intanto aggiunge .
XXXIT.
*ema la terra al periglioso assalto .
Risuonan l'arenose , e curve sponde:
El pian si tinge di sanguigno smalto;
E gran nube di strali il Sole asconde .
Sì leva gonfio il mar^ mugghiando , in alto,
E fanno in lui contesa i venti e Tonde.
La Natura paventa, il Ciel rimbomba,
Come sia tutto spirto e voce e trom!>a.
XXXIII.
ve, ch'avete in Ciel l'alto governo
Dflle Spere, girando, in sé converse.
Chi primier meritò l'onore eterno,
Primier ferendo allor le genti avverse ?
Il formando Roberto al fero Esterno ,
Innanzi a tutti gli altri il petto aperse:
Quel cade, e col gran corpo il suolo ingombra^
Mentre a lui cieca morte i lumi adombra.
XXXIV.
>berto colla destra allora stringe,
Rotto avendo il troucon la buona spada;
E tra gli Egizj il suo destricr sospinge,
E '1 folto della schiera apre, e dirada:
Coglie llapoldo ov\»i s'affibbia, e cinge.
Onde avvicn clic trafitto a terra ei cada:
Poi fer la gola , e tronca al crudo Alarco
Della voce e del cibo il doppio varco.
346 LA GERUSALEMME
XXXT.
E d' un fendente Orindo, Orgeo di punta,
L* uno atterra stordito , e l'altro uccide .
Poscia il pieghevol nodo, ond' è congiunta
IjSì manca al braccio, ad Arimon recide.
Liìscia, cadendo, il fren la man disgiunta;
Su gli orecchi al destriero il colpo stride;
Ma quel, che sente in suo poter la briglia ,
Fugge attraverso, e gli ordini scompiglia.
XXXTI.
Conoscer non si può (tant' oltre è scorso)
Di qual parte egli sia ; mi punge , e fere;
Esprona il suodestrier, ch'il freno, o'I morso
Non sente, e turba le nemiche schiere.
Come il torrente con veloce corso ,
Inonda i paschi , e le campagne intere ,
Accresciuto da piogge, e da p'ocelle ,
E l'opre de'coltori ei porta, e svelle:
XXXTtl.
Cosi strugge costui l'iniquo seme
Degli empj, ed apre a'suoi seguaci il pasfto.
Ma i nomi oscuri, ch'in silenzio or preme
L'età, quasi vetusta, addietro io lasso.
I suoi nemici allor ristretti insieme
Cercan di por tanto valore a basso :
E de'Normandi suoi l'invitta forza
Seco s'aduna, e lor rispinge , e sforza ■.
XXXVIIT.
Ma Tisaferne non crollata torre
Sembra di guerra, e ben fondata altezza;
Onde l'impeto ostil, ch'in lui trascorre,
Nel duro scontro egli reprime, e spezza:
Ed ancide Gerlone, ancide Astorre ,
Cbe men la vita, che la gloria apprezza :
E, rompendo gran lancia a|)press() il ferro,
Gli lascia dentro il corpo aflisso il cerro.
conquistata; 347
XXXIX.
£ dalla spada poi non (unge ucciso
Brunellone il membruto, Ardonio il grande:
L'elmetto all'uno, el capo appar diviso,
Che pende, e stilla a due contrarie bande:
Trafitto è l'altro ove ha principio il riso:
E'I suo misero cor dilatale spande:
Di sua morte ei ridea, pianger volendo,
Orribilmente, e trapassò ridendo.
XL.
Ormondo intanto, alle cui fere mani
Era commessa la spietata cura ,
Con false insegne, e portamenti estrani,
Guida i compagni allor d'empia congiura.
Così lupi notturni, a' fidi cani
Talor sembianti, entro la nebbia oscura
Vanno alle mandre, e spìan,comeinlors'en tre,
Timida coda ristringendo al ventre.
XLI.
Gìasi appressando; e, non lontano al fianco
Del pio Goffredo , i suoi guerrier divise.
Ma come avvicinar l'orato , e'I bianco
Egli mirò delle sospette assise :
Ecco (gridò) quel traditor, che Franco
Or si dimostra in sì mentite guise ,
Co'Fenicj ladroni; e l'empia turba,
Sol colla voce il Cavalier perturba.
XLIX.
Poi colla spada il piaga ; e'I fero Ormondo
Non fere e non ìa schermo , e non s'arretra ;
Ma come d'Idre, e di Ceraste immondo
Abbia il Gorgon su gli occhi, or gela, e'mpetra:
E di miU'aste ancor sostiene il pondo :
Da mille spade alfin la morte impetra.
E Tira, che lui spenge, e i suoi consorti,
Toglie l'alma non sol, ma il corpo a' morti.
348 LA GERUSALEMME
XLIII.
Come di sangue ostìl si vede asperso.
Spinge Goffredo il suo destriero , e'I volve
Là Ve non molto lunge il Duce avverso
Le più ristrette schiere apre, e dissolve ;
Ma'i fero stuol al suo valor disperso ,^
Va come all'Austro TAffricana polve:
Altri ei fere, altri uccide, altri discaccia
Sin là, dove £mirén»grida,e minaccia.
XLIT.
Comincian qui le due feroci destre
Contesa, qual non arse in riva al Xanto.
Ma fanno altrove aspra tenzon pedestre
Ponzio, Ermano, Cantelmo, Amico intanto,
Ed Engerlano: e di battaglia equestre
Raimondo, e quel di Frisa ha gloria, e vanto,
Appresso il mare, ove l'arena è rossa,
E sparsa d'arme ornai , di membra e d'ossa.
XLT.
Il forte Re de' Persi, e'I gran Roberto
Fan crudel guerra, e sin ad or s'agguaglia.
Ma Raimondo non ha nel rischio incerto
Paragon degno di crudel battaglia.
Ma del Soldan d'Ormus il viso aperto ,
Tutte l'altre arme sue gli rompe, e smaglia.
Ugon , Procoldo, Irpino il salso lido
Trascorre, e pone a morte il volgo infido.
XLVI.
Tal'era la battaglia; e'n dubbia lance
Col timor le speranze eran sospese ;
Pien tutto il campo è di spezzate lance,
Di rotti scudi, e di smagliato arnese.
Di spade affisse alle sanguigne guance,
Al ventre, a' petti; altre cadute, e stese;
Di corpi altri supini, altri co' volli.
Quasi mordendo il suolo, al suol rivolti.
CONQUISTATA 349
XLTII.
Giace il cavallo al suo Signore appresso,
Giace il compagno appo il compagno estinto,
Giace il nemico appo il nemico ; e spesso
Sul vivo il morto, e'I vincitor sul vinto.
Non v' è silenzio, e non v' è grido espresso;
Ma 8* ode un flebil suon roco, indistinto:
Fremiti di furor, mormori d' ira ,
Gemiti di chi langue, e parte spira.
XLYIII.
L*arme ricche d'argento, e di lavoro ,
Faceano or vista tenebrosa e mesta.
Son tolti i lampi al ferro , i raggi all'oro:
Luce, o vaghezza a' bei color non resta.
Quanto apparia d'adorno , e di sonoro
Sugli elmi, e su gli scudi, or si calpesta.
La polve ingombra ciò, ch'ai sangue avanza:
Tanto i campi mutar sorte, e sembianza!
XLIX.
Ma Tisaferne volto al fero mastro,
Che tutto spira ancor furore e rabbia.
Vedendo estinti i suoi, che tolse al rastro,
Quasi d'onrata impresa ei più non abbia
Speranza, e'ncolpi il Ciel , ch'in si duro astro
Ivi il condusse alla sanguigna sabbia ;
Gli disse: Adunque noi già tardi, e stanchi,
Cediam nel primo sforzo a' Duci Franchi?
X..
Deh , se giammai d'onor ti cale, o calse,
Andianne contra lui, che vince , e sforza
Tutt' altri : e senza Tarme occulte e false ,
Ci basti , e senza fraude ardita forza .
Cosi diss'egli; e l'uno, e l'altro assalse
Il pio Goffredo , a cui cedeva a forza
Il superbo Emireno, e i suoi rispinti :
£ del suo vincitore han gloria i vinti .
35o LA GERUSALEMME
ti.
Ma Tempio Veglio il suo pensier maligno
Già non oblia , né qui da sé discorda :
E, non avendo altr arme, od altro ordigno
D'alma crudel, d* avaro premio ingorda,
Fere al Duce il cavallo ; e*n lui sanguigno
Fa due volte il suo tronco : e non si scorda
Già del ritrarsi, o degli usati modi;
Né cerca più onorate, e chiare iodi .
X>TI.
Il ferito cavallo a terra cade ,
Dopo non lungo spazio; ahi duro caso!
E quel mastro crudel di feritade
Mandar la nobii tita al mesto Occaso
Pensa : e con cento lance, e cento spade
S'avvicina al gran Duce a pie rimaso.
Tisaferne e Brimarte ancor l'astringe:
Gran corona di ferro intorno il cinge •
LUI.
Ma non rimase il fido Eustachio in sella,
Ch'il possente fratello a piedi ha scorto :
E sua fortuna , o sia propizia , o fella ,
Soffrir vuol seco , o vincitore, o morto :
E Lutoldo, e'I Germano insieme appella,
Ed Unichier già del periglio accorto ;
E co'due me.ssaggier, Lamberto e Pirro,
E'I gucrrier di Bertagna, inculto il cirro.
I.IT.
Cento e cent' altri a prova allor vedresti
Lasciar la sella volontari , e'I freno ,
Dove il gran Duce a' suoi nemici infesti
Ripugna, e del lor sangue il suolo ha pieno:
Ch'ai vincer seco, ed al morir son presti ,
E voglion palma nella morte almeno.
O d'invitto valor mirabil'opra,
eh' in gran periglio più s'avanzi , e scopra !
CONQUISTATA 3!>i
L9.
L'Arabo intanto, e V Ktiópe e'I Siro,
die Testremo volgean del destro corno,
Giansi stendendo, e dispie<>;ando in giro,
Per far da tergo a' nostri oltraggio, e scorno.
E gli arcieri, ch'il loco ivi sortirò,
Piover facean saette a lor d'intorno :
Quando Riccardo, e'isuo drappel si mosse,
Quasi vento rinchiuso , e tuono ei fosse .
l.Vl.
Assimiro di IVTeroe infra Tadusto
Sluol d'Etiopia ebbe grafi pregio , e loda .
Riccardo trapassò Torrido busto.
Là dove il nero collo in lui s'annoda .
Poich'eccitò della vittoria il gusto
L' ira del vincitore ivi trasmoda ;
"Uè Si temuto è in erto monte , o'n bosco
Orso, drago, leon per rabbia, o tosco.
Qual tre lingue vibrar l'empio serpente ,
O folgore , che d'alto a terra caggia ,
Suol con tre punte aprir la nube ardente ,
£ fulminar montagna aspra e selvaggia :
Tal fra' nemici ei fiammeggiar repente
Con tre spade parea nell'alta piaggia ;
E d'ogni colpo uscir tre lampi accensi:
Quanto abbaglia il terror la mente, e i sensi l
X.TIII.
Gli Affricani tiranni, e i negri Begi,
L*un nel sangue dell'altro a morte ei stende;
Achilde il segue, e gli altri Duci egregi,
Che d'emulo valor l'esempio accende:
E cade con orribili dispregi
L'infedel plebe, e sol se stessa offende :
Ne guerra y'è, ma gente a morte esposta :
E quinci il ferro, indi è la gola opposta •
35s L.4 GERUSALEMME
X.IX.
Qual vento , ch'abbia incontra o selva , o colle
Doppia nella contesa il corso e Tira;
Ma poi con spirto pili sereno e molle ,
Per le vacue campagne ei passa, espira;
O qual fra scogli il mar spuma, e ribolle,
£ per l'aperto^ onde più quete aggira:
Tal per contrasto è quel furor soverchio.
Ma scema allor che rotto é il fero cerchio.
LX.
Poiché sdegnossi in fuggitivo dorso
Spender tant'ire ,c tanti colpi invano;
Volse alla gente a pie veloce il corso ,
Ch'ebbe l'Arabo al Banco, e TAffricano:
Or nuda è da quel lato; e chi soccorso
Dar le doveva, o giace, od è lontano.
Vien da traverso ; e de' nemici inerrai
L'armato Cavalier, tremanti, e'nfermi.
X.XI.
Gli ordini rompe : e la tempesta , e'I vento
Più tardi atterra la matura messe :
Non cento lingue adamantine, e cento,
Colle voci d'acciar sonanti e spesse.
Narrar potrian l'orrore, e lo spavento,
E'I fero scempio delle genti oppresse :
O come il viucitor, ch'orno, e celebro.
Sparso di sangue, e d'ossa, e di cerebro.
X.XXf.
Trapassa il duro campo ; e'n vece d' erba
Calca Tarme, e le squadre al suol pareggia.
L'orride insegne in lui morte superba
Spiega come in suo regno; e'I sangue ondeggia.
Ma'l gran Soldano, ove'I suo fato il serba ,
Venne, lasciando la sublime reggia :
E per le vie , dov'è perpetua notte.
Giunse alle schiere non disperse, e rotte:
CONQUISTATA 353
LXXII.
Dalla parte vicina all'onde salse ,
Dove fortuna i lor perìgli adegua,
Giunse con pochi eletti, e i nostri assalse,
Co^quai non volle mai pace , né tregua :
E tanto in breve spazio ei fece, e valse ,
In guisa d'uoro, ch'il suo destin persegua,
Che mosse quella squadra , e poscia aprilla ,
E fé Tonda più rossa, e men tranquilla.
I.XIT.
Gran ministro parca del cieco Inferno
A' ferì colpi, alle sembianze, agli atti:
E fatto de' nemici empio governo,
E molti de' migliori a morte ha tratti :
Cosi alle mete dell' onore eterno
Di terminar con gli animosi fatti
Pensa la breve vita , e com'ei n' esca ;
Quasi ella senza regno omai gì' incresca .
LXT.
Intanto awien eh' al buon Riccardo aggiunga ,
In vece di romor, certo messaggio ,
Che nel mezzo frappone ora più lunga
Alla vendetta del suo grave oltraggio :
£1 prega che'l destriero affretti, e punga
Fino al loco, ove fa dubbio paraggio
Il sommo Duce in sanguinosa calca:
JXè del suo corso il dir punto diffalca.
i.xri.
Miete ciò che rincontra; e rotto, e sparso,
Gol ferro più temuto a terra spande ,
Il glorioso Yincitor di Tarso,
Che non viene a cercar pregi , o ghirlande
Di quercia omai ; né di sua vita è scarso ,
Perch'ei difenda invitto Duce, e grande.
Mal fier veglio Bri marte, Oronzio, e Fulgo»
Ancisi adegua al morto orrido vulgo .
■ .0. Cbff^. 7*. i/. •> '
3:->4 LA GERUSALEMME
LXTII.
Poi fra la turba scende e varia e mista,
Ciril suo valore in fera morte agguaglia:
£(l offre il suo destrier pacato in vista
Al pio Guerrier, perch'ei v'ascenda, e saglia:
Signore, il tuo periglio or più m'attrista,
(11' il mio roedesmo: ed a mercè'ini vaglia
Tanto, ch'il mio deslrier di te sia degno,
E n'abbia quest'onor la patria el regno, .
Così gli disse, e T altro a lui rispose:
Dunque io n'andrò sul tuo destrier securo
Luiige da te, eh' a gran periglio espose?
Ahi , che la vita or senza te non curo :
Dunque rimonta, e fa'mirabil cose ;
Mon tardiam la vittoria al tempo oscuro,
Ch'io lascio nnde'raieiproprj,equesto or prendo
Del forte Achilde,e lui con gli altri attendo.
LXIX.
Così parlò Goffredo. E'n un sol punto
Questi, e quegli al destrier la sella ingombra:
E parve gran torrente a fiume aggiunto ,
O tuono a tuoii, quando più il Ciei s'adombra;
Che dopo breve spazio, in lui disgiunto
Segna di foco il calle oscuro, e l'ombra :
E l'un verso'Aquilon le nubi infiamma,
L'altro sparge nell' Austro accesa fiamma .
LXX.
Ma Goffredo lasciò fra' primi ucciso
Corcut, empio figliuol d'empio Tiranno,
Che prima sua fortuna avea diviso
Da lui , che vive in angoscioso affanno.
La spada gli pnrtì la fronte e'I viso,
E'I tolse d'un fallace, e caro inganno :
Ch'il regno l' infelice avea speralo,
E fuggir d'aspra morte il duro fato.
CONQUISTATA 355
I.XXI.
^ir quivi «incora alla vittoria intoppo
È Tisaferne; e gli e Goffredo a fronte ,
Che taglia della guerra il duro groppo ,
£ vuol finirla anzi eh' il dì tramonte .
Ma quel fellon , ch'è troppo fero, e troppo
Forte, gli fa sentir, quasi di Bronte
La forza e'I peso; onde gravosa e carca,
La testa il sommo Duce al petto inarca.
LXXIl.
!a subito si drizza, e'n alto ei s'erge,
E vibra il ferro ; e rotto il duro usbergo,
Gli apre le coste , e Faspra punta immerge
In mezzo al cor, dov'ha la vita albergo :
Tanto oltre va, che Tuna piaga asperge
A quel crudele il petto, e l'altra il tergo:
Ond'air anima aperto è doppio calle
Di gir, muggiando, alla Tartarea valle.
LXXIII.
I maraviglia insieme, e Torror misto
Stringe agli Egizj il freddo sangue in ^^hiaccio;
E Riroedon , come il gran colpo ha visto ,
Fera simiglia, eh' è già colta al laccio :
£ chiaramente il suo morir previsto,
Sente stancarsi alla fatica il braccio :
Cosa insolita a lui; ma qual non regge
Dell'opre di quaggiù Teterna legge?
LXXIT.
ome vede talor torbidi sogni
L'egro, che nulla il suo vigor rinfranca;
E par eh' invan le tarde membra agogni
Stender al corso, onde languisce, e manca:
Ne conosce le forze a' suoi bisogni
Già pronte , ed ogni parte ha grave e stanca;
£ scioglier vuol ancor la pigra lingua,
Ma non avvien che voce iiUrui distingua :
556 LA GERUSALEMME
LXZT.
Così vorria fuggir con gli altri a schiera
Biraedon , che portò l'altera insegna:
Tanto timor ringorahra;e nulla ei spera
Difesa, o scampo almeno, e fuga indegna.
Ma gli parla Emirén con voce altera,
Che deir altrui timor si rode, e sdegna:
Or sei tu quel , ch'a sostener gli eccelsi
Segni del mio Signor fra mille io scelsi?
X.XXTI.
Bimedon, questa insegna a te non diedi,
Acciocch' indietro tu rivolga i passi.
Dunque il grand' Ammiraglio in guerra vedi^
E'n gran periglio ancora, e solo il lassi?
Che brami ? di salvarti ? or meco riedi ,
Che per la presa strada a morte vassi.
Combatta quel, cui di salvarsi aggrada.
La via d'ouor delia salute è strada.
LXXVII.
Così dicea dell' infedele Egitto
Il fero Duce, con turbato sguardo;
Quando l' insegne del suo impero afflitto
Prese mirò; talch'il soccorso è tardo;
E con un colpo del Normando invitto
A pie caduto Rimedon gagliardo;
È mezzo il braccio suo reciso, e tronco,
Pur come ramo di selvaggio tronco.
LXXV1II.
Goffredo intanto a lui dubbioso giunge,
E'n arrivando (o che gli pare) avanza
Ogni cosa , che sia terrena, e lunge
Dal Cielo, e di valore e di sembianza :
Nuovo timor, nuovo terrore il punge;
Ed oblia del valor la ferma usanza ,
E i proprj detti; e dal valor, che strugge
Le sue schiere fugaci, anch' ei sea fugge.
CONQUISTATA . 35^
X.XX1X.
Qiial iicH'età de' sacri Eroi vetusta,
Gli Amorrei perseguendo in fuga sparsi ,
Accrebbe spazio alla vittoria angusta ,
£ scórse Giosuè lo Sol fermarsi :
Tal, mentre ei disperdea la gente ingiusta,
Goffredo il vide in Cielo immobil farsi ,
Pur come viva fede il fermio e leghi:
O maraviglia de' suoi giusti preghi!
LXXX.
Tu poscia il terzo fosti , a cui trascorse,
Invitto Carlo, il dì più tardo in Cielo:
E più tardi rotaro il Carro, e l'Orse.
A te Febo sgombrò l'orrido velo ;
E con sua luce a tua pietà soccorse ,
E'ntepidissi a mezzo verno il gelo:
Uè turbò la vittoria o nube, o nembo,
Aprendo 1* Albi a' vincitori il grembo.
X.XXXI.
L'Albi le rive alla tua gloria , e l'Istro
Soggiogato, inchinava; e'n lor sostenne
Deir Augello, d'imperio alto ministro,
L'altere insegne, e le sacrate penne :
Ne potea fato , al tuo valor sinistro,
Lui ritardar, che d'alto vide, e venne:
Sovra l'Idra, e non tronchi i capi estinse,
E'n Germania l'Europa, e'I mondo ei vinse.
I.XXXf I.
Il furor catenato, e'I gran rubello
Fu da te preso, e'I giogo imposto agli empj :
E fece la clemenza allor più bello,
O Carlo , il mondo , e più felici i tempi.
^ Orchi più di Quirino, o di Marcello.
Le spoglie esalta, appese a' sacri tempj ?
Tu, se natura , e'I mondo, e'I Ciel trionfi,
Quai merti sovra'] Sol palme e trionfi?
358 LA GERUSALEMME
Ma qual pronto deslrier, ch'in giro ob1iqa4
S'affrelta, e sferza intorno all'alta meta;
Stanco del corso , e dello .spazio iniquo,
Corre più ratto al fine, ov'ei s'acqueta:
Tal colle slanche rime al tempo antiquo
lo torno, ove il riposo altri non vieta ;
E veggio omai del hel Sebeto in riva
Corona almen di più tranquilla oliva.
Prese Goffredo allora alto consiglio.
Riordinando i suoi con più bell'arte;
Poiché perder il campo, e'n gran periglio
I Franchi egli vedea dall'altra parte .
Ciascun venia del sangue ostil vermiglio,
Ciascun le schiere avverse ha rotte, e sparte:
E parea dubbia ancor fortuna in mezzo ,
Cosi l'integre corna urtar da sezzo .
Qui'l possente Altamoro in pugna avversa
Nulla del core invitto allor perdeo,
Bench'il perda la gt-nte e d" India e Persa;
Rla'l buon Costanzo urcitle, e'I buon Romeo.
Erasmo e G.iHo, a cui fu patria Anversa,
Per le sue fiere mani allor (!a<leo:
E Clodioii dulia famosa Ardcuna .
E'I Conte degli Amanri , e quel di Brenna .
Ma rnssej^giar parea di ferro e d'ostro,
Crollaiulo il lìcr Soldano orrida lancia
Innanzi a tutti; e quid l'arlareo mostro
Minacciava superbo Italia e l- rancia -
E'I figlio tinto aucor del sangue nostro.
Sotto l'elmo rnui suo, la molle guancia
Giovinetto copriva ; e gir solingo
Non temerebbe in periglioso arringo.
CONQUISTATA SSg
LXXXT1I.
Ma gli vide Riccardo ; e quasi a volo ,
Il rapido Circino ei mosse, e'I punse ,
Per vendicarsi ornai del fero stuolo,
Che la sua amata compagnia disgiunse:
II Soldan già sentia l'estremo duolo
Annunziarsi al cor, quand'egli aggiunse;
Pur gli sì volge incontra , e'I ferro ei vibra,
E nelle forze sue si fonda , e libra .
Lxxxriii.
E'n vece di mìo IN'unie, a me sia ( disse)
Questa mia destra , o figlio , e questo ferro,
Che tanti altri nemici ancor trafisse,
Che sol fidando in mia virtù non erro:
E mal grado di stelle erranti e fisse,
Sfoggi questo crudel colTasta afferro,
Tu mi sarai trofeo di nuove spoglie.
Cosi parlando, ogni sua forza accoglie.
LXXXIX.
E previen nel colpir, ma non impiaga
L'altro, ch'arme ha dal Ciel lucenti e ferme.
A lui non giova tempra , od arte maga,
eh* è già ferito, e pure a' col pi inerme.
Alla man, che s'innalza, e fera piaga
Porta di nuovo a quelle membra inferme.
Sottentra il figlio, e lor difende, e guarda,
E'I nemico furor sostiene, e tarda.
xc.
Mentre cede al nemico il Re feroce.
Dal forte scudo del figljuol difeso ;
I barbari innalzando orrìbil voce.
L'arme lanciaro in lui, ch'è nulla offeso :
Ne di ferri, né d'aste il furor nuoce
A que'doui celesti, o'I grave peso:
Ei nello scudo si ricopre , e serra,
E la nube sostien d'orrida guerra .
LA GERUSALEMME
Siccome allor che ruinosa a basso
La graiidioe dai Ciel risuona , e scende ;
E per fuggir con frettoloso passo.
L'avaro zappaior l'arme riprende :
Fugge ogni altro da' campi; e d'alto sasso
Nel curvo seno i] peregrino attende,
O'n ben securo albergo il caldo raggio,
Ch'il richiami al suo lungo aspro viaggio :
Cosi coperto è da quel nembo oscuro;
E r ire tutte e i colpi alfor sostenta :
E'I giovine, ch'incontro aver si duro
Non si credea , minaccia, anzi spaventa :
Dove mini, o di morir securo?
La tua virtute oltr il poter s'avventa .
Falsa pietà ti ^orza, o pur t' inganna
Nel punto estremo; e'I troppoardir condanna.
Ma già l'avara Parca il filo incide
Di lui, oh' il suo valor non tenne a freno;
E'I ferro micidial fiammeggia , e stride
Sovra '1 dorato scudo, e'I coglie appieno:
E per mezzo il fanciullo apre, e divide,
Insin che tutto» lui s'asconde in seno,
E gli empie il grembo di purpureo sangue.
Mesta l'alma abbandona il corpo esangue .
Ma'l padre intanto in sulle molli arene,
Dove il rnnr mormorando il Udo bagna.
S'appoggia al tronco, e fermo in lui s'attiene;
Mentre il sangue alle plaghe asciuga e sugna.
Stan servi scelti intorno : altri gli tiene
Lo scudo e l'elmo ; ei del figliuol si lagna
pgro anelante, e sol di lui dimanda,
Genitor mesto ; e messi , e preghi ei manda >
CONQUISTATA 36»
xcr.
Ma già fuggirne all' arenosa riva
Vedea la sparsa e sbigottita gente ;
E'I gemito el romor da lunge udiva ,
E il mal conobbe la presaga mente;
E quasi certo fu che più non viva
Il suo figliuolo, oltre Tetà possente;
Onde le palme, e gli occhi al Ciel rivolse,
E'n questa guisa anzi'l morir si dolse:
XCTI.
Tanto di viver dunque avea diletto ,
O figlio , senza te, ch'io pur soffersi
Ch'in mia vece esponessi al ferro il petto ,
E la mia prole al mio destino offersi?
Da queste piaghe tue salute aspetto ,
Vivo per la tua morte? o Cieli avversi!
(V Tesiglio è infelice, or giunto il colpo
É troppo addentro, e'I mio timor n'incolpo.
xeni.
ChMo piuttosto doveva al fero strazio
Espor la vita , che miseria adduce,
E servitute alfine : e pago , e sazio
Far lungo odio iramortal d'infesto Duce.
Or io cerco al morir più lungo spazio?
Né lascio il mondo , e l' odiosa luce ?
Ma kscerolla, e grave intanto, ed egro.
Chiede il destrier , al duol conforme, e negro.
XCTIII.
E coperto dell'arme, in sella ei monta,
El precipita al corso , e nulla ci teme :
E i fuggitivi in sul quel lido affronta,
Chel giusto vincitor percote, e preme.
Ferve in mezzo del cor lo sdegno , e Tonta,
E col lutto la rabbia è mista insieme,
E dalle furie l'agitato amore,
E noto a se. raedesmo empio valore.
362 LA GERUSALEMMI!;
E con gran voce il gran Riccardo appella
Tre volte ; e quel conobbe il fero suono,
E'I minacciar di barbara favella,
Che rimbombò quasi terribil tuono:
Faccia chi muove il Sole, ed ogni stella,
(S'anco di te mal vendicato io sono)
Che fra noi nuova pugna or si cominci:
Vantati poi, se mi dispogli, e vinci .
e.
Tanto sol disse; e con gran lancia infesta
Impetuosamente incontra è corso,
Drizzando il colpo alla superba testa.
L'altro schivò l'incontro, e'i fiero corso:
E ri\oItò da quella parte a questa
11 veloce destrier , ch'è pronto al morso:
Crudelissimo (dice) in qual periglio
Vuoi spaventarmi, or che m' hai tolto il figlio?
CI.
Non pavento il morir, non pena, o scempio,
Non Dio nel Ciel, che mi condanna a torto,
E mi fa di miseria al mondo esempio.
Lascia ch'io qui ritorno ad esser morto,
E del mio sangue il mio difetto adempio;
Ma questi doni anzi il morir li porlo.
Tacque, e*l percosse ; « 1 suo destrier rotando,
Parve in un largo giro andar volando.
CIf.
E doppiati aspri colpi, ampie rivolte.
Lui, che gli spinse il gran (>ircino addosso,
Colse nel fianco, e'I cir(?ondo tre volte,
E nulla ancor l'avea crollato, o scosso.
Di strali, e d'aste impetuose e ff)Ite,
Da lunge intanto il Cavalier j)ercovSSO,
Girò tre volte col robusto braccio
Gran selva, onde lo scudo è grave impaccio.
CONQUISTATA 365
CHI.
Poiché SI lungo indugio alfin gV increbbe,
E di tante percosse il duol sofferto,
Spronò forte il destriero ; e T ira accrebbe
Sovra il nemico, ornai presago e certo
Del suo destino; e'n guisa a ferir l'ebbe,
Che la spada gli entrò nel petto aperto:
Nè'l suo Circin fé men terribii opr<^.
Anzi il nero Tigrin gittò sossopra . .
e IT.
Cadde il cavallo; e'I Cavalier trafitto
Sotto oppresso giacéa, languendo a forza.
Sovra Riccardo il suo crudel despitto
Inasprò in lui, che non si leva, o sforza :
Dcive (dicendo) è Solimano invitto ?
E quella del suo core orribil forza ?
Quegli all'incontro appena a se ritrasse
Lo spirto, e come vita omai sdegnasse:
CT.
Che rimproveri a me, nemico acerbo?
Quasi la morte sia vergogna, e scorno.
* Nulla colpa è il morire; e non riserbo
Questa misera vita ad ;iltro giorno.
Ne tu del sangue giovinii superbo.
Altra col mio figliuol, di spoglie adorno,
Pietà qui patteggiasti, e più non disse;
Ma'l colpo attese, ond' altri il cor trafisse .
evi.
Poich*il Soldan, che'n pmgliosa guerra,
Quasi novello .Anteo cadde, e risorse,
Alfin calcò la sanguinosa terra;
Di lingua in lingua un alto suon trascorse:
E Fortuna , che varia e 'nstabìl erra ,
Non tenne la vittoria alata in fot.se:
Che nell'insegne trionfali, e grandi.
Spiegò Napoli antica a' suoi ^iormandi.
364 I'^ GERUS.4LEiyilVIC
CVII.
Siccome in Medoaco, o'n Mincio, o*n Sorga,
L* acqua chiusa talor s' avanza , e cresce,
E 'usino al sommo in poco spazio ingorga^
Poi nell'aperte vie si spande, ed esce;
Alfin precipitando al mare sgorga,
O'n maggior fiume si disperde, e mesce:
Cosi <;orrean con spaventoso grido.
Rotto il ritegno, i Turchi al salso lido.
crifr.
Della gente crudel , che sparsa or fugge.
Tante sono le strida, e gli urU, e'I lutto,
Ch'appena s'ode il mar, eh' irato mugge;
E dianzi udissi rimbombar per tutto :
E quel furor, che la persegue, e strugge.
Cangia in sanguigno il più canuto flutto :
Né d'acqua, ma di sangue ornai correnti
Van per la negra arena ampi torrenti.
CIX.
Ne solo ingombra l'arenosa sponda
La turba, che non fa guerra, o contrasto;
Ma dal timor cacciala , entra nell'onda,
Portando a' pesci il sanguinoso pasto.
Parte fugge alle navi, altri s'affonda:
Rari veggonsi a nuoto in gorgo vasto.
Gli caccia il gran Riccardo, e batte a tergo
In quel de' Venti procelloso albergo.
ex
E par eh' un turbo in mezzo all'acque il porti,
Tanto è leve il destrier nel corso ondoso;
E quasi tomba fa d'orride morti
Del mar T umido letto, e 'l fondo erboso.
E qual fuggono i pesci a'queti porti
Da gran drlfin, che turba il lor riposo,
E divora di lor qualunque ei prenda;
Tal qui par eh' al suo scampo ogni altro intenc
CONQUISTATA 3(55
CXI.
Pieno era il mar 3i corredate navi,
Che furo accolte incontra a' Duci nostri,
E di macchine ancora armate , e gravi,
Dove tra remi, e tra pungenti rostri,
Moriauo appresi a quelle eccelse travi,
Cadendo in preda agli affamati mostri:
E di vele e di remi e di governo
£i le disarma, e prende i venti a scherno.
CXII.
Ma par che la Fortuna omai si sdegni,
Ch'un Cavaliero in mezzo al mar sonante
Ardisca trionfar de' salsi regni,
E del felice ardir si glorj , e vante:
E tragga a* curvi lidi i curvi legni,
Che varie prede avean raccolte avante
Fra le foci del Nilo, e di Scamandro ,
Correndo da Canopo infino Antandro.
CX1II.
E'i gran vento Affrican con grande orgoglio
Innalza Tonde, minacciando a destra;
Epercotendo pur di scoglio in scoglio,
Le rompe, e mugge nella riva alpestra*
Gli altri han lunge da lui tema e cordoglio:
£i non allenta la feroce destra;
Ma i legni sforza , e la nemica turba
Incontra lei, cheU mare, eì Ciel perturba.
CXIT.
E 'ntanto avvien che gli sollevi , ed erga
D'onde sanguigne incontra un alto monte;
E gli ricopra omai , non pur asperga ,
L'elmo e la chioma, e l'animosa fronte ;
Ma non si, eh' il destriero, o lui sommerga *
Né 1 forte Orazio già^ spezzato il ponte.
Tal fu nel Tebro, o'n mezzo '1 Xanto Achille^
. Con ajuto di fiamme e di faville.
366 LA. GERUSALEMME
CXT.
Ne ì gloriosi , che passuro a Coleo,
O gli altri presso Troja, o'ntorno a Tebe,
Che fér su i corpi estinti il Gero solco,
£ di sangue inondar Torride glebe:
Né r opre di nocchiero, o di bifolco;
Onde convien ch'agogni errante plebe,
Diér tanta maraviglia al secol prisco,
Quanta il guerrier nel tempestoso risco.
CXVI.
Ma'l buon Tancredi ^da non grave piaga
Impedito^ non cessa , anzi combatte :
E Sifante, e Sonar a morte impiaga,
Arimeo, Lusco, Ardingo ancisi abbatte:
E Cimo , e Sirion , che d'arte maga
Fu mastro; e Talme insin da' corpi ha tratte:
E colla spada , che fiammeggia , e flagra.
Di sangue impingua adusta terra, e magra.
cxrii.
Seco Aristolfo, e seco Eustachio intanto
Seguon le turbe inver l'eccelse tende,
Dove insieme si mesce il sangue, e'I pianto,
E'I suon dell'alte voci al Cielo ascende.
Ma nessun più degli empj o gloria, o vanto
Cerca d'invitta morte, o si difende;
E come non vi sia rifugio , o schermo,
Ferma è la fuga, e lor destino è fermo.
cxriii.
E riverenti in atto , il ferro ignudo
Chinaro a terra, e la smarrita faccia;
Non osando innalzar asta, ne scudo
Contra morte, che segue, e lor minaccia:
E morian, quasi belve, in fero ludo
Cinte d'intorno, o'n sanguinosa caccia:
Ma di lor toglie molli a morte acerba^
Ed al trionfo l' umiltà riserba .
CONQUISTATA 36;
CXIX.
E quinci i nostri a depredar conversi,
Biechi vasi rapian d'argento, e d'auro;
Arme e spoglie d' ligizj , Assirj e Persi,
D'aspre fatiche alfìn premio, e ristauro:
E i cari arnesi fur di sangue aspersi,
E*n gran tempo macchiato ampio tesauro,
Ch'ivi EmireiKi avea raccolto insieme
Sin dalle parti d'Oriente estreme.
cxx.
Ed egli innanzi alla guardata porta
D'Ascaloua s'è fermo: indi rimira
L'innuroerabil turba e sparsa e morta,
E de* suoi proprj danni ancor sospira.
E colla faccia dispettosa e torta ,
Guardando il Ciel, freme di sdegno e d* ira;
E'I suo falso Profeta, e'I fato incolpa ,
Come il suo perder sia celeste colpa .
CXXI.
Ov'è la tua virtù i eh' indarno io chieggio?
E quella degli Dei , che tanto ponno?
Fra'quali hai presso Dio diadema, e seggio :
Dator di nuove leggi , e Duce, e Donno
Dell'Oriente? e pur di male in peggio
Cader ci lasci?. e dormi un lungo sonno?
Kè de' popoli tuoi servi e distrutti
T'hanno anco desto l'alte strida e i lutti?
CXXII.
Le mine non miri? e questo giorno,
Quasi fatale? e l'onor tuo cadente?
E perch'arroge al vergognoso scorno.
Questo ne fa la vii despetta gente?
eh' umile , inerme , e peregrina , intorno
A noi eibo e pietà chiedea sov^te:
Or minaccia, lasciato il lordo sacco.
Gli alti regni d'Egitto e di Baldacco?
368 L4 GERUSALEMME
CXXIII.
£ di nostra pietà, che già si pronta
A lei sovvenne, è ingiusto premio e fero
L'orrida morte, e'I vii servaggio e Fonta,
£ la mina d' uno e d'altro impero?
Deh qual miracol mai si scrive, o conta,
Come questo, ch'abbiam presente, e veroF
Che l'agnello è mutato in lupo, e 'n angue,
£d in fero leon, che sugge il sangue?
cxzir.
Gli Angeli , che l' Eufrate aggrava al fondo,
Han forse sciolte le catene, e rotte,
£ i mostri suoi dal cieco orror profondo ,
Armati or manda la Tartarea notte.
Aperti son gli Abissi, e guasto il mondo.
Le nostre genti a duro fin condotte.
Fra mille strazj e scorni: e tu si tardi
La tua vergogna, e '1 nostro mal riguardi ?
«XXT.
Tante genti, tant'arme insieme accolsi ,
Tanti Duci, e guerrier famosi in guerra;
Tant' argento, tant'oro, or diedi, or tolsi,
Tratto di là , dove s'aduna, e serra ;
E sossopra dell'Asia i regni volsi ,
Insino a Battro, e l'Affricana terra.
Sol per tua gloria, e dell'amata legge,
£ di lui , eh' in tuo nome impera, e regge:
CXXTI.
E tu mi lasci a chi m'ancida, e prenda,
Schernito ed egro: e pur ne'Tempj sacri
Non ha tomba Gesù, ch'alto risplenda,
Fra tanti doni d'oro e simiulacri ?
Or chi più fia, ch'in tua meschita accenda
Arabi odori ?,o statue erga, o consacri,
Come io già feci? e l'error mio ricordo ,
Idol bugiardo, e cieco Nume e sordo.
CONQUISTATA 869
CXXVII»
Cosi diceva ; e con pensiero incerto
Or mirava T arene, or l' onde amare;
E tutto il lido omai vedea coperto
D'estinti corpi, e sanguinoso il mare:
Ne sa come ricovri in gran deserto,
O per Tonde si fugga: e'ntanto appare
Goffredo a lui , come orrida tenebra :
Ei dal fato non ha scampo, o latebra .
CXXTIII.
Centra il temuto Duce il destrier punge;
E'I timor cangia in più rabbioso sdegno;
E mostra, ov' egli passa , ov' egli aggiunge ,
Di valor disperato orribil segno:
.£ grida ( poiché '1 suo refugio è lunge)
Ecco per le tue mani a morir vegno:
Ma tenterò nella caduta estrema,
Che la mina mia ti colga e prema.
CXXIX.
Così disse Emireno; e'n forte punto
Mosse, e ferir gli parve alta colonna.
Egli air incontro da gran colpo aggiunto,
Onde stordisce, e'n sull'arcione assonna^
Poscia è trafitto; e*l suo mortai disgiunto
Dall'alma, che gli fu consorte e donna,
In terra cadde : e di partir s'afflige
L'altra, eh' è ratta alla profonda Stìge .
e XXX.
Morto il fiero Emireno, appena or resta
Chi narri il caso di quel Duce estinto ;
Onde Goffredo dal seguir s' arresta ,
Ch'Altamor vede a pie di sangue tinto ,
Con mezza spnda, e con mezzo elmo in testa,
Da cento lance ripercosso e cinto.
Renditi (grida a lui) ch'io son Goffredo.
Risponde quegli: A te mi rendo, e credo.
syo
LA GERUSALEMME
Me l'oro del mio regno, e care gemme
Ricompreran della diletta moglie,
Soggiunge a lui Goffredo: II Ciel non di«miiie
Animo tal, che di lesor m'invogUe:
Ciò , elle verrà dall'lticliche maremme,
Abbiti pure, e ciò che Persia accoglie;
Che della vita altrui prezzo non cerco.
Guerreggio io Asia, e non vi cambio, o merco.
Così vinse Goffredo: e'n Cielo intento
A mirar la vittoria è fermo il Sole.
E poi nel giro suo più tardo e lento
Non par eh" ad altra gente indi sen vole.
É già tranquillo il mar, sereno il vento.
L'aria più chiara assai, ch'ella non suolei
Tanto col vincitore il Ciel s'allegra ,
£ la natura, dianzi afflìtta ed egra.
Al mar sanguigno il glorioso Duce,
Ed al funesto campo ornai le spalle
Rivolge, e parte; e coll'istessa luce
Trapassa il fiume, e la frondosa valle:
E le sue invitte squadre anco riduce
(Né la scorta del Ciel gì' inganna o falle^J
Anzi tnnto del giorno è lor rimaso ,
Ch'entraro in Capitolia anzi l'occaso-
Quasi in trionfo par che spieghi e mostri
Il vincitor dell'onorate imprese;
E disarmati i carri , e gì' Indi mostri ,
E l'alte insegne già squarciate e prese:
E con macchine eccelse, antenne e rostri,
Ed auree spoglie , e vario e ricco arnese:
E vote le faretre, e rotti gli archi ,
E di ferro i prigioni avvinti e carchi.
carchi . ^^È
CONQUISTATA 371
CXXXT.
Pèrsi, Assiri, Etiopi ed Indi appresso
Presi n'andar con vergognose fronti,
E'i Re gii si famoso, or si dimesso,
Fra gli altri in guerra più famosi e conti.
Coronati di palma e di cipresso
Cantano il vincitore i colli e i monti :
Ne valle intorno v*ha, che non rimbombe
Di sacre squille , e di canore trombe .
CXXXTI.
Cosi gli accoglie la città terrena.
La città, che lor serba e pace e regno;
Regno e pace, ch'il Cielo ha più serena.
'E '1 Ciel gli aspetta , fuor d' ira e di sdegno :
Ver Falta via, eh' è già calcata e piena
D'umil plebe sottratta al giogo indegno.
Al gran Sepolcro va la nobil pompa.
Senza nemico, che la tardi e rompa .
CHXXTlf.
Dove Sion, pendendo al lucid'Orto,
Copre ritonda mole a* primi raggi,
Giacque il gran Re, eh' in Croce affisso e mortO!
Trionfò della morte e degli oltraggi .
Qui venerar la tomba, ond'ei risorto.
Poscia a' suoi fidi apparve alti messaggi.
E'I Duce, di pietà sublime esempio.
Donò le spoglie, e sciolse i voti al tempio.
INDICE
Canto Decimoterzo •...:... P«g. i
Canto Decimoquarto ai
Canto Decimoquinto 49
Canto Decimosesto 79
Canto Decimosettimo ioa
Canto Decimoitavo 187
Canto Decimonono 177
Canto trigesimo ai4
Canto f^igesimoprimo 264
Canto y igesimosecoudo 279
Canto Vigesimoterzo 3o4
Canto V igesimoquarto ... : 33^
OPERE
DI
TORQUATO
TASSO
COLLE CONTROVERSIE
8VI.LA
GERUSALEMME
»08TB IH mGLIO&B ORDIHB , RICORRSTTB
ftULL* BDIZIONB VIORBNTIlf ▲ , BD ILLU-
STBATB DAL PBOjriSSOBB GIO. ROSIRI .
VOLUME XXX
PISA
PRESSO NICCOLÒ CAPURRO
MDGGCXXXI.
I
POSTILLE
DI
IRQUATO TASSO
ALLA
DIVINA COMMEDIA.
DI
DANTE AUGHIERI
PISA
PRESSO NICCOLÒ CAPURRO
MDCCCXXXL
L' EDITORE
AI
LETTORI
H ino da quando annunziai redizione delta
Divina Combibdia, (*) colle postille di Torquato
Tasso , indicai chiaramente che questo lavoro
del nostro grand Epico non potea riguardarsi
come un Commentario ; ma bensì come fespres-
sione dei varj sentimenti che in lui/acea nascere
ia lettura di quella. Pubblicando le sole Postil-
le, non credo dipotere dir cosa veruna d'im-
portanza , oltre quanto ne ha detto il chiarissi-
mo Sig. Professor Bezzi nella Lettera che le pre-
cede. j4d essa dunque rimetto i Lettori; sicuro
che nulla troveranno da desiderare in quel che
riguarda tali Postille. Che dirò poi della Com-
media che le segue ?
Il celebre Abate Serassi nega che sia opera di
Torquato Tasso : e questa è f opinione di pres-
soché tutta Letterati; ma poiché si era da me
, (*) È nicita in luce in tre Volami in 4. co' caratteri dì
Didot , tirata a piccioì numero di copie .
IV
promesso di dar t edSuohe confofime à quella di
Monsignor Bottali , eseguita in Firenze nel 1714
e segg. dai Tartini e Franchi^ e la Commedia
degf Intrighi D'àjffORs /a parte, di detta CoBer
zione , ho creduto di non poter tralasciarla sen-
za derogare alla promessa . Le ragioni ^ per cui
fu dal Bottari inserita fra le opere del Tasso ^
sono le seguenti: e tali potranno essere per ogni
buon riguardo le mie . a Venendo alla Compie-
«r dia intitolata griurVRìam W A'utoilB, benche-il
« Marnò non creda poter esser del- Tasso; e an-
« cor noi 9 per vero dire, forte ne siamo dubèiò-
« si; pure, giacché ella andava ornai per leinani
* di tutti , stampata sótto suo nome , e che il
a Tasso in una Lettera al Ucino (**) fb inentione
ff d'una sua Commedia, non P abbiamo voluta
«r rigettare: oltreché Scipione Perini da Capraio*
« la Dottore eli Filóso/la e Medicina , e che fece.
« la parte di Flavio , quando fk recitata alla
m. presenza del Cardinale Odoardo Farnese col
« Pfologó e con gF Intermedj di Messer Gio-An'-
« tonio liberati, uno degli Accademici di detto
« luogo, V anno iSgSi/i Caprarola medesima.
(**) É del Giugno i586, dì Ferrara. Le parole sodo le
legaenti : « L' altro libro, eh' io pensaya di scrivere in
« questo soggetto, lo scrìverò poi a Roma; perchè la Si-
« gnora Donna Virgìnia De' Medici vuol eh* io finisca in
« Feirara la mia Commediti. » V. Tom. xiv. phg. 5a della
presente Edizione .
* qffernui essere componimento di Torquato,
^ da bài tenuto occulto , forse per non lo aver
^ perfezionato . Pur non ostante, lasciamo al giù-
% dàzio de Letterati il giudicarne a lor senno , e
« come lor più aggraderà » .
lo, terminando, aggiungerò, che la Gomme'-
dia tal quale ella è , non parmi certamente ittfè'^
riore ai Sonetti Burleschi, che pur son opera di
Torquato ; e che nessuno ardì sopprimere nella
Collezione delle sue Rime .
POSTILLE
DI
TORQUATO TASSO
ALLA
DIVINA COMMEDIA
DI
DANTE ALIGHIERI
GIOVANNI ROSINI
PROFESSORE D'ELOQUENZA
NELLA UNIVERSITÀ DI PISI
LUIGI MARIA REZZI
io sono d'avviso, Ch. Professore, non poter
KiBomo, se non a torto, disdire, che voi avete as-
t-wi bene meritato della gloria di Torquato Tasso .
nperocchè voi non solo , in vaga e comoda
) forma tutte le opere di lui ristampando , vi siete
argomentato di allettare gli studiosi alla lettura
di quelle , per l' addietro in buona parte vitupe-
rosamente negletta; ma togliendo alcune all'ob-
Lblio , sovvenendo ai diletti di altre, nettando pa-
V Vecchie da brutte maccliie d'errore, schiarendo
K]e oscure, e mostrando e predicando i pregi di
ì ciascuna, avete con amorosissima cura procaccia-
^to di recarle a maggiore beltà, e quasi a vita no-
[ velia . Che però mostreria certo di non intendere
Iquanta gentilezza e cortesia fosse in quel bennato
ipirito chi non avvisasse, eh' egli, se vivesse ora
fra noi , v' arebbe obbhgo grandissimo . Ma qual
Ificorapensa più cara e gradita egli potrebbe e
^vorrebbe darvi; e voi qual più nobile ed onore-
:ole desiderare , se non il dono di qualche sua
2
novella scrittura ? Per questo, capitatemi allr
mani le postille fatte da luì alla Divina Conimr
dia di Dante Alighieri , m' andò subito il pensiero
a voi ; e considerando che farei secondo la men-
te di Torquato , s' io vi rimeritassi per quelle di
t^nto affetto, deliberai meco medesimo eh' elle
aveano ad esser vostre. Io adunque a voi le in-
vio , e voi a nome di lui io ne presento , onde s
la sorte ha dato a me di trovarle , vostra sia j
debito di gratitudine la gloria del pubblicarle.!
Avanti però che mettiate mano all' opera,
ferite eh' io tocchi alcune cose , le quali varranno
per avventura a meglio indirizzare le vostre cure
intorno a quelle .
Chi, leggendo nella Gerusalemme Liberati
6Ì risovvieiie de concelti, delle comparazionìfl
dt^' modi di dire che sono nella Divina ComiiH"
dia, s' accorge di leggieri che il Tasso avea posto
in questa grandissimo studio. Del qmtle studio,
notato da molti e specialmente da Giuseppe Lseo
da Cesena (1), erano eziandio effetto ed argo-
mento le postille che per testimonianea di ulcuni
si leggevano, scritte ni sua mano, in un esei
piare stampato di essa . TI Salvini (2) e il Fort
nini (3) ne aveano i primi dato cenno.
des^
anno
cure
(1) Discorso sopra il pH>ema di M. Torqnnto 1
itaronato dietro le Consideraz' ■ ■ ■"
Califei. Roma, 1793 ii
stampato dietro le Consideraziooi al Tasso di Gal
(2) fi Tana a^ca e Platone e Dante studiato a fon
e postillatigli . Opere di Lodovico Antonio Moratori V4
IX. Annotaxioni al Lib. IV. della Pertettu Poesin a oM
kttS, Il Platone postillato è stato anch'esso da me rinv^
Unto nella Berberiniana .
i3) Momig. Ottavia Falconieri cita una ediuone det
poema di Dante tutta fregiata di paslille delta j
lille delta mi^h
01 mu particolare notizie pei
ra »r Oltavio Falconieri pubblicata ual Fabbro-
ni (4). Dietro questi no ragionò il Serassì in due
Itioglii (5) , il quale opinava che le postille , ram-
mentate tla i]ue'(lue eruditi uomini, e vedute con
uminiradoiie da uno degli Accademici della Cru-
sca ( non àv(ì Falconieri , com' egli dice per erro-
re ) Ibsscro le scritte in un esemplare di Dante
stampato dal Giolito, posto già nella libreria di
Cammillo Giordani da Pesaro , poi venuto in po-
testà d'Annibale degli Abati Olivieri, e al presen-
te forse smarrito ; e soggiungeva d'averne trova-
ta copia in un Manoscritto Cbigiano da lui indi-
cato (ti) . E avvegnaché nell' animo de' devoti al-
penna. Biblioteca dell'Eloquenza luiiiina- Venezia 1753,
Tom. I. C. IX. a cart. 297, n. 2.
(4j ■ Diedest (il Tasso) primieramente a rìecpcUere
con sommo studio dagli antichi scrittori, cioè dal Boc-
cnccio e dal Pt^traioa, ma sopra tutto dal nostro di\in
Poeta (il poema di cui lutto trcgiato di postille della
sua penna vide con ammirazione, non è gran tempo,
UDO de' nostri Accademici ) <{uelle forme di dire , le
quali per la loro uuda e scliirtta hellena non solo non
cagionassero noia agi' ingegni del suo tempo e a quelli
dell' svrenire, ma si gì invaghissero dell' imi taiions
di quei valentuomini , le locuzioni de' quali non erano
per parer rancide e disusate, ma rare piuttosto e pet-
legrme ■ . Lbtthbe ikkditk di uomini illvstbi , Firen-
', V773 , voi. 1 a e. 251. Quanto sia vera questa sentenza
del Falconieri mostreranno le postille a Dante che ora
per la prima volta si pubblicano.
(5) Della VÌU ili Torquato Tasso nel Lib. I. a cart.
103, n. 3, e nel Catalogo de'Manoscrltti delle Edizioni n
delle Tradazioni delle Opere di lui a cart. 12.
(G) ■ Anche nella Libreria Giordani di Pesaresi con-
■ serva un Dante della stampa del Giolito, fregiato di
■ postille del nostro griiiid'Epicu, vedute gpì con ammi-
<r raaione da Monsignor Uttavio Falconieri, secoadouliè
M
4
V Alighieri e al Tasso grande desiderio fosse che
elle uscissero alla luce pubblica , pure non ebb^
Sersona che pensasse di profittare della noi' '
ata dal Serassi, intìno a che non venne tale
al eh. tipografo Filippo de Romanis di stampi
nell' BlTcmeridi Letterarie di Roma (7). Del che
tenendo egli meco ragionamento , io non lasrtai
d' avvertirlo , che altra copia di quelle, fatta per
mano di Federico Ubaldini, aveva io pure incon-
trata in un Manoscritto Barberiniano , e di buon
grado gli feci agio di poterla al suo piacsre ri-
scontrare, siccome egli fece non senza pro&t-
to(8).
Stampate , elle parvero non satisfare alla es'iet-
tazione in che stavano gli uomlji di lettere , sì
perchè, scarse di numero ad ogni canto ^ abbrac-
ciavano altresì meno che la quarta parte dell' in-
tero Poema, non procedendo oltre al Canto
XXIV dell' Inferno , sì perchè ed alcune non da-
vano chiaro significato , e molte sembravano
picciolo conto .
Non però doveano posare al tutto i di
• alTerma MoDsig. Fontanini {Vita del Tasso 1. e ) C
« viene che la S. M. di Ale.ssnnclro VII. sì ^se iiivo«
■ to di vederle e d'averne copia, giacché si li-ovano n
■ scritte in nn Codice della Chi già na nuin. 2322, pag. 72,
• e nel fine vi si legge : Queste brevi annotazioni del Sìg.
■ Torquato Tasso fumo da lui fatte in Pesaro sopra
■ un Dante di itatapa del Giolito, ch'r) nella lUreria
■ del Sig. Camillo Giordani. Catalogo 1. e.»
■ Le Dostille originali de) Tasso sopra Dante cbìcIodo
« tuttavia in Pe.tnro nella libreria Giordani , ora dr^na-
« mente posseduta dal dottissimo Signor Annibale degli
■ Abati Olivieri » . Vita 1. e.
(7) Roma, Novembre 182], fiiscicolo :8, ft cart 121.
(»} L. G. a cart. 122.
s
de* curiosi , esseiidodiè a chi pigliava a considera-
te le parole contenule nella lettera del Falconie-
IJ appariva, die Te postille , alle quali ivi accen-
havasii erano altre dalle trovate ne' Manoscritti
Chigiano e Barberiniano, leggendovìsi che l'esem-
tflare di Dante, veduto dall' Accademico, era
BOu in parte , ma tutto fregiato di postille della
^a penna. Se non che non avendo alcuno preso
la cura d' indicare dove stesse riposto si prezioso
tesoro , il fortunato trovamento rimaneva alla
balia della sorte.
A questi dì solamente da una lettera dì Carlo
Boberto Dati , iudiritta allo stesso Falconieri , si
Uria potuto cavare indizio eh' esso forse si gia-
cesse tuttavia occulto in qualche librerìa di Ro-
la, siccome era in verità nella Barberiniana. Ma
aifialto soccorso , comechè assai lieve , iu per me
tordo , dappoiché prima d' avere notizia della
pubblicazione di tali lettere procurata dal Ch.
Sereni (9), io già, con animo d'onorare la me-
ftloria dell'Alighieri e del Tasso, teneva in mano
'k andava considerando quelle postille, che lo
I Dati, fatte cercare indamo nella libreria
Bel Collegio Bomano , mostrava tanto desiderio.^
dì sapere dove si trovassero, sperando di cavarci
be alcune esclamazioni ammirative ivi poste da j
iirgli gran giuoco in una delle sue Veglie Fioren^ J
"ne (1 0) . Però dell' essermi in quelle avvenuto
[9) Fireni;e,1825.
(10) ■ Parmi gii d'aver nJito dire al Sig. M. Foppaf 4
I e me lo conferma il Sig. Cupitano Cosimu della Rena,-
41 che in Roma appresso i PP. Gesuiti si conserva;'" — *
■I Daute postillato di mano di Torquato Tasso, alla
I gine del quale fossero alcane esclamazioni ammiratirB J
I esprimeatt la stima ch'egli beerà di Daute, te quiU
6
non debbo aver obbligo che a certa mìa bìblìo
gra6ca voglia, entratami in cuore, di raccogUei
insieme, collocare per ordine e notare i libri j
stillati da mani dotte o illustri, de' quali vedei
essere nella Barberìuiana grande e inestimabil e
pia , senzachè ne fosse ne' cataloghi stato l'alto t
cordo .
Ora due sono gli esemplari Barberiniani i
Divina Commedia con postille manoscritte del
Tasso , messimi dinanzi dalla ventura , 1' uno pa-
recchi mesi prima , r altro dappoi(11). Il primo
^ è stampato in Veneaa nel 1 5o4 appresso Dome-
nico Niccolino per Giambattista Sessa e fratelli ,
con r esposizione di Cristoforo Landino e di A-
lessandro Vellutello . Il secondo è parimenti
stampato in Venezia appresso Pietro da Fino nel
1 5G8 con r esposizione di Bernardino Daniello 4
Lucca. Veramente non è in alcun luogo nota
di chi sia la scrittura o a chi essi s' apparteneì
ro . Ma non è per niente da dubitare, che le i
' stille scritte nel primo sieno del Tasso e di 8
• mi farebbero gran giaoco in ana delle mie Vnan
• PioRBUTiRS preparate da me per la stampa . Il P. Ant<^
■ Ilio Baldigiani , a mia istatua, ha fatto diligente ricerca
« uella libreria del Collegio romano, e non trova i^uesto
■ testo, e fecilmente non v'è, perchè il Sig. Sen. Al«-
t Sandro Segni mi dice d'averne anch' egli sentito ra-
• gionare al Sig. Poppa, ma come dì cosa posseduta da
I altri. Se V. S. Illustrissima ne potesse dare qualclie
H lume mi farebbe sommo lavoro, e non l'avendo, ti)-
■ tender qaalco^a da Mon». Pollini o da altri amici àcl
« Sig. Poppa . . Ivi , a cari, 79.
(Il) Nella Lettera indiritta a voi, e stampata di ree
te in Roma sopra i Commenti Barberiniani manoac
alla Divina Commedia, do conto [ a cart. 33 ) del i
con GIÙ SODO giunto a trovare il ituoudo D.Lnle ■
Uto.
ItOpria mano . Non che sieno di sua mano ; es-
ao la scriUiira conforme alla usala da lui nel-
F età matura in più lettere ed opere originali, le
quali , poste nella Barberiniana, non lio tralascia-
to di confrontare. Non che sieno fattura di lui;
perocché l' identità e rassomiglianza di queste
Eon gran parte delle trovate dal copiatore del
Manoscritto Chigiano e da Federico Ubaldini nel-
l' esonplare posseduto da Camillo Giordani , in-
luhitatamentesue, fanno cerlissima fede essere
*nnee l'altre uscite d'una mente medesima ^ e
oltre a ciò ha in esse per 1' appunto , come ognu-
10 potrà certificarsi , quelle fsclamazionì ammi-
rative esprimenti ia stima che il Tasso Jaceva di
Vanle,A^e quali il Dati, per notizia avutane
dal Foppa e da Cosimo Della Rena , favellava .
Delle postille contenute nel secondo csempla-
e, quanto all'essere scritte da Torquato, non
^bi a prima giunta certezza tale , da non metter-
|nene in qualche dubbio . La scrittura , per lo pìiì
di grandezza men che mezzana , è fuori d' ogni
cxtntrasto propria dell'età in cui egli visse, ma
ora mostra la sua mano , ed ora sembra che no .
Adendo io rinvenuto nella Barberiniana, oltre pa-
recchie Lettere e Prose e Poesie, parte già note
iC palle ignorate, da quaranta e piii volumi po-
•tillati di sua mano, pareva non esser uopo die
'idi breve confronto per certificarmi di tanto. Ma
la stessa copia delle scritture originali del Tasso,
^tre stanlimi sotto gli occhi, altre da me di
quando in quando vedute ed esaminate in nume-
ro assai grande, m'ha mostrato dm di alcune
bOD è cosa molto agevole decidere se sieno o no
opera della sua penna : tanto, non solo al mutare
4eU'età, ma anche nello stesso volume, era egli
ersfH
uso di variare i tratti della penna e le forme del-
le lettere; ora impicciolendole, ed ora ìngrandetH.
f dole; ora adoperandovi diligenza, ed ora trasi
[ tataggine; ora serrandole insieme, ed ora allai^i
[ dole, e frequentemente ognuna d' esse in divei
[ foggia augurando. Della quale incostanza di ma-
I no ha spessi e curiosi esempj , più che altrove,
ne' libri postillati, ne' quali credo che si ^andi
- Variazioni abbiano avuta particolare cagione dal-
l' aver condotta la scrittura a più ripr^e , e
L quando adagio, quando a molta fretta, e con
I penna etl inchiostro di temperatura e qualità dt-
' Versissima . Laonde a torre via il dubbio natomi
lieir animo m' è stato mestieri di fare minuti e
{)a:tienti confronti: per li quali son venuto però
alla line conoscendo , che nelle forme delle lette-
, Ve pili particolarmente da lui usate e in ispeàaltà
delle majuscole, ne' segni delle abbreviature,
hella ortografia , ne' falli ne' quali soleva daremo
' non raddoppiando, ove conveniva, le consonan-
ti, o tralasciandone altre e talora le intere sillabe;
da ultimo nel costume dì mutare spesso di foggia
formando le medesime lettere; la scrittura dei se-
tondo esemplare di Dante postillato a quella de-
gli altri assai bene rassomiglia e si confà; e che a
prima giunta appare diversamente , perchè fa
gibbo agli occhila distanza fuor dell ordinario
sciata tra l' una lettera e )' altra , non che Ìl trat-
I teggiare minuto e sottile della penna . Egli è il
vero che due lettere o al piiì tre dalla consueta
tnaniera di scrivere alcuna cosa s' allontanano ,
i tna ho osservato che quanto procede lo scritto ,
tanto sì vanno a quella accostando , in guisa che
I qua e là si ravvisa la stessa mano . La quale par-
ttcolarità mi metteva in cuore U sospÀto , coi
rtato eziandio dalla qualità della materia e dal-
esscrsi messo, quasi da scolnjo , a notare le 6~
ire reltoriche, che questo fosse per avventura
ivoro latto in età giovanile (1 2) . Onde mi ven-
■il pensiere d'esaminare a tale uopo il Codice
Jrbinate deUa Vaticana , contenente il primo ab-
tozzo della Gerusalemme Liberata , veduto ed
pUcgato dal Serassi, e secondo lui scrìtto di mano
lei Tasso ne' primi suoi anni (13): ma per dili-
jeoza usata dal celebre Prelato custode di essa,
tìfiittto manoscritto sventuratamente non s'è po-
■ ';vi trovare.
Queste osser\-azionÌ , che parranno forse a ta-
nni nojose e soverclùo minute, io vi doveva, o
Gh. Professore, notificare, peroccbè la ingenuità
propria d' ogni uomo onesto m'obbligava a non
mere occulti i miei dubhj e a far palesi gli argo-
pienti creduti da me bastevolì a cavarmeli dell' a-
; ed anche perchè , venendo alle mani al-
trui 1' esemplare postillato , non mi fosse dato
3 d'avere ingannata ta pubblica fede da chi,
K>stOvì lo sguardo, procedesse a giudicare senza
nigarsi de' lunghi confronti da me fatti.
Del resto, avvegnaché dopo le cose dette, po-
tesse tuttavia rimanere su ciò qualche dubbio ,
non è certo, a mio avviso, da dubitare, che tali
Rostille sieno opera, se non della mano, almeno
ella mente di Torquato. Dappoiché di prima
(12) Il TaGso nacqne ne\ 1544, e la Ditina Commedia
con l'esposizione del Daniello nsc'i de'torchj delle stam-
Be nel 1S(>6 : onde egli toccavu il veDliquatlresimo anno
Iella BUa età .
(13) Catalogo citato n. 1. de' codici, e la ViU lib. 1,
irt.127,n.1.
10
iileuiie del secondo <.^semplai'e consuonano iti pia
luogbi a maraviglia con quelle del primo (14), e
buon numer(^di esse mirano in ambidue allo
■lesso fine, cioè o a scliiarimento del testo, 0 ■
lode o a censura , con la sola differenza che nel-
r uno più e neir altro meno sono a vicenda qi
ste o quelle. Inoltre gran parte delle voci e
niere del dire o segnate soltanto , o tratte fw
senz' altra giunta dal testo , e scritte ne' margini
del primo , sono , quasi ad ogni canto , le dichia-
rate nel secondo , fra le quali alcune hanno eàan-
dio in tutti due la stessa dichiarazione . Infine
nell' uno e nell' altro si tiene modo uguale e nel
segnare da lato pili o meno terzetti , o di sotto le
semplici voci o le sole forme del dire o i versi
interi, e neilo scrivere le postille in capo e in pie,
nel destro e nel sinistro margine del libro, e nei
vani lasciati dalla alampa fra il testo e i commen-
ti, e, quello cli'è pili notevole, nel trarre fuori dal
testo e accennare in brevi delti le cliiose stampa-
te di commentatori, e allegare i versi sparsi nelle
tre Cantiche , i quali fra loro ne' csncetti o nelle
espressioni si rassomigliano. Ora, posta una tan>
ta somiglianza di cose, non uscirebbe del velisi-
tuile chi le volesse estimare fattura di due diversi
intelletti, e non d'un solo? Poiché adunque lu
prime postille, e perla scrittura e per la materia,
sono certamente del Tasso, è forza di tenere per
fermo che di lui e uon d' altri sieuo pure le se-
conde.
Quale sia poi il merito loro io lascio ai sapii
(H) Si Teaga specialmente, inC I. v. 60. Ut. *. 75 J
[ V.v. 28;ll[. V. 69. etV. Ìb ane; XXXII. v. 10
IL V. 79 e 81.
n
I lìì giudicare. Conciosìacliè quanto io ne dicessi
[vantaggio poircbtie di lieve essere attribuito a
Uento di voler magnifìcare la mia scoperta; né
gnoro che Ì miei giudÌ7.j. di poco o ninno pMO
►er se slessi, non varrebbero mai a tonlrnlare
li altrui, sempre, secondo ingegni, slndi e ma-
iera del vedere le cose, varj e discordi. Anti-
veggo bene che le scritte a lode dell' Alighieri ot-
"^erranno buona accoglienza da tutti, porocchi' ,
ili oserà non dire pieno di l'acondia, di bellezza^ ^
I* energia e mirabile e divino quello die sentì es^
ère tale il Tasso? Ma antiveggo ancor», che dcl-
e scritte a censura di qualche concetto o lucuzlo^
ne, tuttoché accompagnate da molta modestia,
jbiluni piglieranno scandalo; cliè chi s'è ausato a
tenerare con cullo superstizioso un Autore, teme
nacchiarsi di peccato d'irriverenza, sol che si
netta in pericolo di avere a sospettare in quello
plcuna menda. I più snvj e discreti terranno sen-
li dubbio il giusto modo, valutando, secondo
Bigione, quali più, quali meno, ed altre o non cu-
ando od anche rigettando; persuasi che Dante e
Torquato, intelletti grandissimi ma umani, pote-
ÌDno ambedue errare , e talvolta di fatto erra-
ino.
Due cose sole mi piace di notare , La prim» è
tie (Jiiunque si farà a leggere queste postille ncn
[sscuri di considerare, che ìi Tasso non ha già
tolto a scrivere con lungo apparecchio di studi
«n meditato Commento alla Divina Commedia;
ma che non ha inleso ad altro se non ad accen-
nare con rapida penna le sensazioni e i pensieri
primi che alla lettura di quella gli sì andavano dì
mano in mano destando. Laonde, benché osser-
vazioni nate d' improvviso da un sommo ingegno
14
state opportune , ma quelle solamente che mi si
sono offerte spontanee al pensiero ^ piacendomi
di lasciar libero ad altri il campo ; che con lena e
destrezza maggiore sapranno trascorrere , e a Voi
stesso y se vi piacesse ; né volendo io agognare ad
altra lode ^ da quella infuori di cui mi può esser
cagione la ventura d' avere trovato sì nooile teso-
ro^ e potuto darvi modo di satisfare ai lunghi de-
fflderj, in che erano gli uomini di lettere , di ve-
dere il Poema dell' Omero italiano postillato dal-
l' italiano Virgilio •
State sano •
POSTILLE
DI
TORQUATO TASSO
ALLA
DIVINA COMMEDIA
DI DANTE ALIGHIEUI
>CmtTTIl MEMARSIRI DCN BtEMPLARS DI SSSA STAlfl>àTO
DAL CIOLITO ■■ VBnEZIft H KUSEDtrrO Uà. CAHMtLI.O
CIOBDANI DA nsABO, TBAITE BA ODE COPIE MttlO-
SCIITTK, l' dna DBLLB QUALI al conserva HEE.I.A
CaiCIARA E l' altra , DI MANO »t FEDEDICO UBALDI-
NI, NILLt BAHBEHlNtANA, E STAMPATE CON ALCDNE
AMIOTAZIOHl DA PILIFFO DE ROMANIS HKL PUniCOLO
IX11.TI1I DELtB EFFBHEEISI LETTEVABIE DI HuMA.
INFERNO
CANTO I.
V. e Per una selva , per una strada potea dire.
Sarebbe mai qai avventura cnrso errore per colpa, dei
copiati , ponendo la postilla accanto a questo verso inve-
ce di p«rla accanto al se^ucRle? Mi fa sospettare di ciò
M stravaganza della osservazione e la posliJta trovata nei
rgini dell' esemplare stampato per li fra lei li Sessa al
so 12. Il savio e discreto lettore ne dia giaditio. b.
R.
• 7. N9ta : ei riferisce lanlo a quanto e a poco.
. 17. E loGiuione di Virgilio.
■ ( Largior hic campos cther et lumìne vestii
• Purpureo. L. M.R.}
16
T. 53. Con la paura, ■pxannUivo.
». 60. // Sol tace, wlcntia Lun». Plinio, Lambinn 'n-
pra Ora»io .
V. 100. j4 cui s' ammoglia , la fcmnyna s'ammogli)
adntiqne il masclito si marita .
V. 1 06. Umili- Italia , epiteto non opportuno, lollo «b
Virgilio che l'usò opportunamente .
V. IZ*?. Imper.t e regge. Par che voglia distinguerf
reggere da imperare , e che s' imperi a coloro anche chr
ro le Ai eri obhedisi
Teggano Ì contenti d'e
e sono li Diavoli; e cbeii
CANTO H.
T. 7. O Muse,o alto ingegno, Orfeo e Platone-
A che Torquato alludesse, recitando qui i nomi d'Or-
feo e di Platone, ora ne si & chiaro per la postili* Se>-
siana che segue > L. M. R.
T. 55. Ì.(i £/c//ii , assolutamente, di Venere.
V. 60. Quanto il molo loniana, è'mturna: Oiiturmiì-
lenta, che disse Tullio, fii tradotto da espositore ■nirco
del lontano sileniio .
V. yO. Che non fon paurose, paurose in significato >t-
tiro.
T. 93. Doe negative non affermano.
V. 121. He.ilai, da risto. Vedi Parad. C. IV. ». 45. L
M. R.
CANTO, ni.
V. 11. Via' io, non io yidì , siccome nel Purgatorio,
fui IO .
Corregffi con la Sessiana seguente la citasione emti
della Cantica. L. M. R.
*. 55. Lunga tratta , tratta di gente, y. r.
V. 88. «ininia "(Va, quasi l'altre non siano Tive-
T. 115. HmaUtmc— ad una ad una. nOv^moa
pose queste voci di seguito, poiché veramente cotì.iU»-
no ne manoscritti. Ma ora per le postille Sesstane si Att
intendere esser elle voci dal testo richiamate fuori ne
margini , e che il mal seme sta bene accanto a qoMlo
verso, ma che a-l una ad una va posta sotto, al ver»
seguente. L. M. R.
»7
CANTO IV.
. S. fi30 , tìsU .
. 19. Virgili.
». 49. Us, '
ci cine.
ha pietli; non )'ebb« ^fgli scìaurati.
Eucicci, traeseci (*. 55.) per Irauene •
CANTO V.
». 11. fi>//e, replicalo.
Tante volte , quantunque. Co^ si legge nello stampM-
e ne'inanogcritti . Ma ponendo ben mente alln co^a,
i pare che la postilla replicato rada mpssa at ttt. 11 e
i,ove volte sostantivo fa rima ron U''/(e a^gcUivo. Il
levolltipai del Terso 1 1 , e il eiuant inique cH-l 12cre-
Mser TOC) del testo notate dal Tasso al margine, e
Ibpiù. L. M.H.
26. D'ogni iuce muto, là Ve '1 Sol tace [C. I.T.fifl.)
65. e 6é ,/ grande achille
Checon nmarr al fine cnmballro.
ti nella morte d'Achille eome in quella d'ClisM
■U) («pie Omero . Qni allude all' opinione di Polissena.
Forma di dire troppo abbreviata, e vuole intendere
''ile Dante qni allude all' opinione di quelli die dicono
AcUille essere stato ucciso da Paride , mentre craper i-
■liingernoMe con Polissena. Nel margine della Divina
4}nime(lia stampata dal Sessa egli aveva pure comincia-
B a scrivere ta stessa postilla , ma poi v' ha dato di pea*
L. M. R.
, 121. AriJiin maggior do/orr, centra Epicuro.
■ 141. CompaisioDe sopra gì' incoutinenti .
CANTO VI.
ì. 1. Tornar, »i chiuse, t. r.
13. Cerbero, fiera rfiveria . V. r.
r. 34. jfdona , abbatte .
65. berranno al langue . Compassione tiopra il ^o-
kDeltomanis appose lasegnente annotacione: mi pare
'~Vo il richiamo r che questa posiilla vada a lato de»
Su e 5p. P CORI dee farsi e non altrimenti . L, M. &.
>• 88. Deuderìo di &ma.
18
CANTO vn.
▼. 94. Mm ella t* è beata ^ %* è, elegantissiniQ.
I
CANTO vm.
▼. 45. Non compatisce acl' iracondi .
Alluderà meglio ai utrsi' di sopta , bene annotò il De
RomaniS) come si dichiara per la precedente postilla
Sessiana .
CANTO IX.
T. 25. La carne nuda dell'anima T. r.
▼• 61. Allcfforia manifesta.
T. 87. Inchinassi ad esso^ col terso caso sensa il mi.
▼. 127. Eresiarchem Bembo. ' '
Il tipografo nello stampato ha commesso etroTtf p»»
nendo la postilla al t. 87 del Canto segnente. L. Bt R.
CANTO X.
▼. 6. Parlami e soddisfammi armici desiri, idiotismo^
▼. 88 e 90. Due Tolte mosso.
Sembra notare che Dante l|a fetto rimare insieme dar
%oci medesime, com'è anco nelFed. del Sessa, in Teoe di
scopo. L. M. R.
▼. 1 01 . Lo'iiano , avrerbio .
CANTO XI.
T. 82* Incontinenzia ec. Distinrae Dante T incontiiien^
aia dalla malizia secondo la materia, non secondo l'abito.
Nello stampato è corso errore nel numerare i Canti,
ponendo TXL e XIL inTece del X. e XI. L. M. R.
CANTO xin.
T. 25. Credesse j prima persona .
T. 40. Come d' un siizzo ec. fiuto dell' Ariosto »
▼. 43. usciva iniseme •
Parole e sangue j ascila parole e tangne, accorda
eoi sinffolare piik lontano •
▼• 55. Desiderio di fiuna.
Épter.
Il De Bomanis giutilica che ijnetilu posUlla andrifi me-
liu a lato del verso di sopra. Ma cosi la sentenia come
I postille Sessiane mostrano che qui è bene alluogata.
V. tì4. Tania pietà m'accora, piet^ degli omicidi di ss
essi.
CANTO xrv.
*. 1*. Co/i-f, «cosa inanimirta.
*. 22. Supin giaera, a\cnn!i ^enlf lupinn.
r. 59. Di tutta sua forza , -/' , non con ,
T. m. ^Ilor U duca m<o. Pio.
Il desiderio di dare un significato a questa voce, che
sembra con averne veruno, trasse il primo pubhiicatore
velie presenti postille ad imagiuare congetture ingegnose .
Ha ora non è uopo di tanto, poiché la postilla recata di
.^pprh al T. 59, ea altre simili ne certificano che Torquato
iscrisse Pio. ma Lt,i. cioè elucuxionc, ossÌu verso
'ole per la maniera del dire. Veramente anch' Ìo eb-
da princìpio a stentare per intendere il significato di
ile aubreviatura , diversamente indicata ora con una sola
iC- ed ora con le iniziali El. o Elo. Avvenutomi però in
fluito nella voce interamente scritta, non mi fii più me-
"■eri d'interrog«rp una qualche Sfinge affin dì avere soiol-
l'enimma. Osservato bene il Manoscritto BarberiniaDO^
_ i sono accorto, che anche in esso è scritto Elo. non Pia,
%. M. B.
». 69. Assiser TVie, schermi.
II significato di questn postilla non pure convenire né
^a sentenza né alle parole del verw, onde è da credere
dif i copiatori sieno stati tratti in inganno dalla mal for-
ata scrittura del Tasso. L. M. B.
T. 96. Mondo callo, casto non par convenga all'età
'■Uora nella quale si viveva licenziosamente -
CANTO XV.
T. 45. Comuaraiione non del simile, ma dell'istesuo,
T. 119. Desiderio di fama.
CANTO XVI.
1. 41. Krtfe, (ama.
Hello tt^mpato si. legge voi invece dì •'Ofe, e nun rir*
20
correiulo tale pronome ne' primi cinquanta Tersi di one-
sto canto, il De Romanis non seppe né potè notare ooro
fesse hiogo alla postilla. Ma nel Manoscritto Barberiniano
io leggo ^oce, non voij ed ecco tolto Tia ogni impaccio.
L. M. A.
T. 58. Poi cominciai ffiétìi»
J. 84. Quando ti gioirà , desiderio di fiima .
\ chiaro che il luogo di questa postilla è , insieme oon
la Sessiana, al Terso seguente . L. M. H. *
T. 184. Fero che ha /accia di menzogna •r. r.
CANTO XVU.
T. 85. Qual è coiai ec. , B.
Jfon dispero che questa iniziale voglia dir Belio ^ aa-
notaTa già il De Homanis; né la sua sj^eransa era Tunai
poiché una simile iniriale ritoma assai spesso nelle po-
stille Sessiane, nelle quali che Toslia significare Beuo^
anzi Bellissimo f lo mostra in più luoghi la Toce scrìtta
per intero, o scema di poche lettere .L. M. R.
CANTO xvm.
T. 6* Suo loco conterà , il loco conterà .
T. 47* Bussando il viso, ruffiano si Tergogna.
CANTO HX.
T. 113. Idolatre f idolatre ed eresiarche maschi in e
eontra TosserTacione del Bembo. Vedi di sopra (C. IX.
T. 127)L.M.R.
CANTO XX.
"r. 85. Certo io piangea . Dante ha pietà degl' indoTi*
ni, e Virgilio il riprende.
CANTO XXI.
T, 3S. Sovra i pie leggero ^ destro su Y ale .
CANTO xxn.
T. 48. lo fui del regno di Navarra nato, io {ili nato.
21
— Siede la terra doTe nata fui. Io fili nato e cresciato.
T. 78. Piglio f ciglio.
Vedi di sotto al t. 20. del Canto XXIV. L. M. &.
CANTO xxm.
y. S7. Dicean séco , seco di pi&,
CANTO XXIV.
▼. SO. Con quel piglio, ciglio ( ayendo eanceUato /M'
gito).
▼. 120. Croscia fioce finta.
POSTILLE
DI
TORQUATO TASSO
POSTE ALL'EDIZIONE DEL SESSA
CANTO I.
t* 5. Està sehrar selvaggia ed aspra e forte .
Eua^ tema necessità , potendoTi capire questa .
▼. 9. Diri de l'altre cose eh' io t' ho scorte .
Dire con secondo caso . Qaesta non può esser la pnn
posisione, come yogliono alcuni, perocché qui non si
propone alcuna cosa distinta e particolare .
▼•12. Che la Terace ria ahhandonai.
Replica via^ detto sopra, benché strada qui empiesse
meglio il Terso — E potea soggiunsere che la replica qui
•otto dopo altri quattordici Tersi. L. M. R.
T. 20. Che nel lago del cor m' era durata •
Lago chiama forse , perché il cuore é fonte ^et
MBgne.
T. 21, Pieto.
n Landino, commentando questa Toce, dice cosi: è da
notare che in lingua fiorentina si trova pietà con accen"
io gran^ nei f ultima sillaba f e significa compassione....
e pietà con accento acuto nella penultima j e significa la^
meaioyoito a commo¥ere compassione , e in questa si"
gnificazione la pone il poeta •
Torquato TaflK> tì & questa postilla^r-
Forse non Tera distinzione. PieU presso il Petrarca
per compassione :
« Mirandomi, et oh ! pietà :
« Già terra infira le pietre*
T, 29. Ripresi Tia per la piaggia deserta.
Ripresi vta sensa 1 articolo .
T. 33. Che di pél maculato era coperta.
Pelo macchiato poteva (lire , e sceglie la Toce latilia ,
tòrse pia sonora qui .
V. 46. fenesii: voce del testo dal Tasso ricliìamata al
margine senta alcnna osservazione. Così dei intendere
dell'altre che appresso terranno notate con le seguenti
lettere :t. r. L. M. R.
V. 53. Con la paura che uacia di sua vista.
Paurn , in signilìcato attivo per terrore .
T. 60. Mi ripingeva lù dove il Sol tace»
// Sol tace: Silenti» Lune.
V- 67. Risposemi : Non uomo, uomo uià tui
Non seguita l' opinione di Socrate , che l' uomo sia Ti
nima, ma la Peripatetica che sia il composto.
V. 7g. Sub. y. r.
V. 97, Perchè non sali il dilettoso monte?
Sali , col quarto caM .
Forse di qoi Torqnato prese arhitrio di dare , ad
tempio di Dante, il quarto cnso al ver]» poggiare
Sonetto, che comincia: Stigliaa, quel canto, onde ad
Orfeo simile. L. M. R.
r. 81. Risposi lui con vergognasa fronte.
Senea V n ; cosi sempre. i
V. 106. Di qaell' amile Italia fia salute. 1
' Epiteto ad imitazione di Virgilio non hene u>ato> 9
V. 11 1. E trarrotti di qui per luogo eterno ec. -^
La proposiitone i qui, ma latente. Il Petrarca imitBn<
do forse Dante, ne'Trionfì non propone. Ma la proposi-
zione che nell'Inferno è indiretta e ascow, espressa 1
nel Purgatorio e nel Paradiso; ~
■ E canterò di quel secondo regno . [ C I. v. 4. )
■ Veramente qnnnlo io del regno santo ec. {C 1. v. Il
V. 12(i. Non vuol che 'n sua città per me si regna.
Prr me tanto vale quanto da me .
V. 127. In tutte parti impera, e quivi rogge.
Distingue Ìl reggere dall' imparare . L' imperara n
ce torse anco sovra coloro che non von'iauo obbedire
il regeerc e il regnare par solo sovra i contenti.
'' T. fJO. Et ioa lui: Poeta i'ti richieggin.
Ei io il /ui, senza il verbo, usato spesso da DanU.
nti
I
CANTO H.
, 5. .Vi^iJ.v. r.
7. O Muse, O alto ingegno, >
:- m' ajutatt<
Idtocu r insego e la mente suu medeaimB , ad imita-
mione forse d'Orfeo che invocò l'intelletto nell'Argonaa-
tica , e dì Plutone die introduce all' ' '
igegDO intende per l' intelletto, inente prende per la
a: ....: ^ projft-ia ritener le imagtni portele dai
V. 14 e 1S. Ad immortale Secalo andò . . .
Elocmione usata spesso nel Fìlocopo. Di sotto vedrai
in piiV luoghi accennate le maniere del dire tolte a Dan-
te dal Boccaccio, e per iitiesto sì mostra col tatto quan-
to sia vero quello cne Angelo Grillo scriveva a Pietro
Feracci [Lettere, Veneiia 1608, pag. Ii«7) che Torqua-
to era solito di dire aver trovato nel Certaldese molte i-
mitaiionì dell'Alighieri. L. M, B.
T. 20. Ch'ei l'u de l'alma Boma e di suo imperio.
Di >uo e non d^l suo .
V. 48. Come falso veder, bestia ipiand' ombra .
Ombra per adombra.
V. 51. IJolve. V. r.
T. 52. Io era tra color che son sospesi.
Sospeti, nel Limbo.
V. 55. Lncevan eli occhi suoi pi£i che la stella.
La nella , con I articolo.
Il Landino nel suo commento, ( pag. 1 3 col. 2, verso la
metà] divide la virtù della tortezza in queste sette spe-
cie: Costa ni ia , Confldentia, Magnanimità, Perseveran-
xa, Pacienzia , Mugniflcenzia e Sicurtà.
Torquato v'ha messo questa postilla:
Questa divisione delle virtit non si confà con quella dì
Aristotile, né tòrse con la mente di Dante. L. M. B.
*. 60. E durerà quanto 'l moto, lontana.
Durar lontana . ». r.
Lontana denota lungheiia non solamente di Inogo ma
di tempo, onde il traduttor toscano dell' orazion di Tul-
lio traduce diulurni lìlenlii, Paires conscrìpiì . il lonta-
no silenzio .( Vedi l'Ethica d'Aristotile ridotta in com-
pendio da Ser Brunetto Latini con altre tra<lacioni e
■critti di quei tempi. Lione 1568, pug. 73. L. M. R.)
T. 70. l'son Beatrice, che ti laccio andiiiv, .
Vegno dal loco, ove tornar disio:
Amor mi mosse che mi ii parlare .
Purità mirabile e Virgiliana.
V. 76. Tacette. V. r.
V. 77. Da quel ciel e' ha minor li cerchi sui.
fu quel. Nota egli la diversa lecìune. L. M. K-
w. 83 e 84. ■ De lo scender qua giù in questo centrv J
Db l'ampio luogo, uve tornar tu ardi.
(^lu già III qièeito cciiiru, per voci signi(ìcai)ti l' istd
lo. jlrdì per desideri ardentemente .
V. 90. Dell'altre no, chr non son paurose -
Paurose in significato attivo, cioè ponenti paara , ste*I
come anco di sopra ( cioè al v. 53. del Canto L ove a
latta simile annotazione alla voce paura). L. M. R-
T. 93- Ne fiamma d'estri incendio non m'assale.
Considera qupUe due negative come son duplicate, i
perciò affermano.
V. 94, Donna è gentil nel Ciel che si compiange .
Donna sera» Y una , cosi: Luoiio è in l'i/ìrrno ce.
V. 121. Rei/ ut , ristai. Emenda la lezione del testo.
H. R.
V. 127. Qnale i fioretti dal notturno gelo ec.
Bellissimo.
CANTO in.
.11. Vid'i
o scritte al sommo d' nna porta .
Iti i-idi concia, anzi guasta Ìl Ruscelli, perchè qne»t«
particella posposta lia maj^gior Torza che prepoeta. Goal
nel Paradiso ancora: IVei Ciclo ec /m (o( C. I. ». ' ' '
V. 16. C'hanoo perduto '1 ben de l'intelletto.
La cognizione .
T. 24. Per ch'i' at cominciar ne lagrimai.
■ Perchè , quanto, onde .
T. 25. Diverse Kngne, orribili favelle.
Sino al V. 30.
Divina .
T. 33. ¥t clie gent' è che par nel daol si v
Elocunione.
». 36. Lodo. V. r.
*. 45. Rispose, dicerolti molto breve.
Bro/e , avverbio.
V. 49. 51. Fama di loro il mondo esser noa h
Divino .
*. 55. lunga tiatta. v. r.
Y. 63. .Spiacenti, v. r.
T. 75. Com'io discento pei lo tìouo lame.
57
I-ìoeù tittp': (iwjriOTtB al lump qtipl chp f «li Va \OCe,
ticcome di sopra disse; in-r il Spi laer .(CI. y. oO. )
t. 81. In&n al riume di parlar mi trassi.
Elocuiione .
T. 91 bI96. BelliMimo.
». 97. Lanose, v. r.
T. 112> Come d'autnnn» si levan le Toglie.
Nota Irvtirc in (|uel si^ni6cato.
V. 113. L'un appresso de l'altra, in fin cbe 't rani«.
•^ppresio , col secondo caso -
\. 114. l'eih a la terra tntfe le sue spoglie.
Rrnde.
Qui pare che Torquato, tra le due lenoni, approvi
fiìx questa ebe quella. L. M. R.
•" T.i23. Convegnon. Y. r.
• T. 134. E baleni una Ince vermiglia.
• Balenarr , tranK)tÌ%o.
T. 136. Cui nonno piglia . Elocnuone.
CANTO IV.
9
T. 7. Vero è che "n su la proda mi liw
Proda TM^T limitare.
V. 11. Tanto,
yiso per vista .
T. 19. Ed .-gli a mf
Nota che Virpilio l'i ,
ti. Quella cbe rnnccdendosi a Indi i peccatori, come s
^edrà Aella foppja d'Ariminoc in Ciucco e in altri, i
Diega «olametite a Iraudolerti, ove si dire:
■ Qni resna la pietà , quando è ben morta.
(C. XX. V. 28. )
' £ questo è segno che solo la fraude «ia scelera^^ne .
*. 2€. Non avea pianto, ma che di sospiri:
Ma che. se. non pianto di sospiri.
34. Cb'ei non peccaro, e s'egli hanno mercedi.
;h<- per fìrcar lo viso al fondo.
»illid
• iV nei n
.,\A
pm.
'. 43. Gran duol mi prese al cor, quando l'intesi. '
EIocueìooc .
T. 45. Conobbi che 'n quel limbo eran sospesi. ^
■ lo era Ira color che son soiipesi .
(C. II. V. 52.). peicb^ iiMsegna l'eSM-r sospeso at limbo.
V. 49. Uacicci mai alcuno o per suo merto.
30
T. 12. Pule la terra che qneato
Qurs/o, neutro.
T. 13. Diversa, y. r.
T. 14. Con tre gole caninamente latra*
Poteva, preponendo la voce caninamente^ fio* miglior
numero.
T. 17. E '1 ventre largo e unghiate le mani.
Unghiate v. r. Le mani a Cerbero: Petrarca: /« nmji
■ ff • ■ «fe
me cani m ■
V. 19. Urtar gli fìi la pioggia come cani.
Urlare ^^ iti cani che è propri^ de' lupi .
Y. 32^ introna, v. r.
V. 3^. Noi passavam ra per l'ombre che adona.
Adona: \
« Nostra virtA éhé volentier s'adona . (In£ C XL t. 1^
Lajproprietà di queata voce non è intesa dal Landioo. -«
n laudino dichiara questa voce, dicendo Che adoma ^ ehm
raguna e congrega .li. M. R. v. 58. — 66. Nota .
" V. 73. Adonti v. r.
v. 88. Ma quando tu sarai ne) dolce mondo etc.
I dannati hanno desiderio di fiima, come ai racco-
glierà in questo e ne* segg. (Vedi e. XIII. v. 52, 55, e,
XV. V. Ufi, 120. e. XVI. V. 66, 84, 85. L. M. R.) «questo,
forse perchè essendo privi del vero bene , ne desideraBo
ìUmeno l'ombra, la quale dagli eletti e da que'che aono
nel Purgatorio non è desiderata.
V. 91. Gli diritti occhi torse allora in biechi («ino al
T. 93. )
Energia .
V. 95. Di qua dal suon de l'angelica tromba.
Di qua al tempo, non solo al luogo.
V. 104. />/, plurale.
V. 109. Tuttoché. V. r.
V.t14. Digrada, v.r.
CANTO vn.
V. 8. G>minciò Pluto con la voce chioccia*
Pluto nel canto settimo, quarto cerchio.
- V. 6. Poi si rivolse a quella enfiata labbia.
Labbia^ singolare per aspetto, siccome i Latìai dica»
HO OS non solo per la nocca , ma per tutto il volto.
▼•12. Fé' la vendetta del superbo atrapo*
Nota strupo in questo significato .
3f
^. 14. Caggiono arvolte, poiché Talber fiacca»
Fiacca^ senza la particella si.
T. 20. NoTe traTaglie e pene quante io Tiddi.
Viddi -oet d doppia.
T. 33, Ontoso. ▼. r.
▼. 39. Chercnti . y. r.
T. 42. Che con misura nullo spendio ferci .
Ferci^ cioè nella vita, come si dice ci nacqui^ nel monda»
▼. 45. dispaja. v. r.
▼. 53. La sconoscente Tita che i fé' sozzi.
/, per \U
▼. d7. Maestro, dissi Ini: or mi di' anche.
Dissi luij così quasi sempre senza la particella a*
T. 79. Permutasse, y. r.
▼. 82. Impera, t. r.
T. 105. Entrammo giù per una ria diversa^
Forse disegnale , maWagia .
T. 110. Vidi genti fengose in quel pantano.
Gì' iracondi nel cpinto cerchio sotto gli aYari .
T. 1SS2. Aer dolce, y. r.
T. 123. Portando dentro accidioso fummo.
Perchè gli accidiosi con gl'iracondi? forse per la ragio*
•le per la quale pose gli avari co' prodighi . Eppur non
paò finrlo per la stessa ragione.
T»127. Pozza. Y. r.
T. 130. Al dassezzo. y. r.
CANTO Vffl.
▼. 10. Sucide. Y. r.
▼. 17. Sotto il goYemo d' un sol galeoto.
Qaieoto , per semplice t .
▼. 23. Rammarca. y. r.
▼• 39. Ch' io ti conosco , ancor sie lordo tutto .
Ancor sia senza il che? Aristotele, se mi ricordo, sti-
ina maggiore il yìzìo della concupiscihile che dell' irasci*
bile. Perchè niega la compassione air iracondo che non
negò al gdloso e al libidinoso, e che non neglim^ ài pipicca*
ti pia gravi ? Forse non ciò in universale agi' iracondia,
ma ia particolare per qualche passione (. . . Il resto della
ientenza è stato tagliato via da un barbaro ferro. L. M.^.)
▼. 48. Furiosa . y. r.
▼. 50. In brago, y. r.
Y. 55. Proda. Y«^r..
Q
32
T. 78. Le man mi parea che fèrro fo«s«.
Nota il modo di parlare.
T. 96, Che non credetti ritornarci mai.
Ritnrnarci , ci dinota il mondo .
V. 102. Bitroviam l'orme nostre insieme ratto.
Bella elocuzione.
Y. 1o3. L\. T. r.
V. m. Gbe '1 s) e 1 no nel capo mi teniona.
£ locazione.
V. 114. Si ricorse, v. r.
V. 122. Non sbigottir eh' i' vincerò la pmnr» ,
Sbigottir senza la particella f ' . Cosi il Petrarca i
s/'igottitca , e r Mso ai lassar qneste particelle è moitt
legante .
V. 124. Questa lor tracotanw non è nora .
Tracotania par che sia trascuragginc per dispi
Vedi Aristotele nella Rettorìca, nel capitolò della ingid
CANTO IX.
'. 5. A lunga. ». i
ÌO. Incontra, n
Incoiurn,
per avviene.
i rispose, cbe dì noi.
:^e nnda.
, come diremo te a
e tacque a tanto .
V. 25. Di poco era di me la e
Se la carne è veste dell' animi
esser nnda dell'anima?
». 40. E ffin idre verdissime eran cìnte-.
Serpentini e ceraste nveon per crine,
Onde le fiere tempia erano avvinte.
Bellissimo.
T. 48, Tcsifon t nel meMo; '
ji tanto, cioè , detto cià.
V. 50. A palme, v. r.
'•54. Veogiammo.Y.r.
V. 56. Che se '1 Gorgon sì mostra , e tti '1 vedeMÌ .
Gorgone di genere maschio. Di qui congetturo c!ie
avesse visto Omero ■ — Intendi mm nel te-ilo greco, che
incora non si conosceva in Toscana , ma ncllH Iradiuione
latina, &tta in versi da nn certo Pindaro. Vedi Meliui.
(Vita Ambrosi! Camaidnlensis piig. CSLXXI.) L. M. R.
V. 57. Nullo sarebbe del tornar mai suso*
Elocuzione.
». 58. Egli stessi . v. r.
▼• 6o. Cbe con le sue ancor non mi chiudeasì .
Chiuda*»', lena persona.
V. 61, O »oi ch'iivcl* gl'intetlftti simi.
Nissun poeta ch'in ho mai visto, lunrchfe Dante, ia
professione dell'allegoria, anri sempre l'ha dissimu-
lata.
T. 65. Fracasso d' un suon. v. r.
», 70. Li rami schianta, abliatte, e porta i fiori.
E meno abbattere i fiori che schiantare i rami, e la
«ORiparar-ione dovria andar crescendo. Leppi /«''■''. ~ W
questa osservazione di Torquato prende notevnl vigore
il me ion amento del Ch. Vj-vianì per mostrare che la *e-
conild lezione va anteposta alla prima. ( La Divina Com-
media di Dante Alìeliieri eiuMa la Lp7.tone del Cmlìre
Bartoliniano . Udine , 1 R23, voi. 1 . pa*-. «4. n. 1 2. ) . L. M. I\.
V. 74. Del viso su per quella fiamma antica.
Tmo, per vista spessissimo usato da Dante . Fìammn ^
schiuma.-Cosl corregge il lesto stampato del Sessa. L.M.R.
T. 77. Dileguare dal latino rIeliquficTe,
r. 78. Finché a la terra ciascuna s" abbica .
Ahhica, bica cumulo di grano.
V. 87. Che stesse queto, ed inchinaiise ad esso.
Quando inchinare ^ senra la particella ricerca il qnait-
lo caso, nondimeno qui gli dh il terzo.
». 101 Ma K sembiante
• D'uomo, cui altra cura stringa, e morda.
E locuzione .
T. 113. Presso del. t. r. Vedi sopra ( e. AI. v. 113. ]
L.M.R.
T. 115. Varo. v.r.
T. 120. Veruna, v.r.
V. 12^. Dentro da. v. r.
V. 127. Ed egli a me.- qui non gli eresiarcbe.
Ereùarchr, ancora che il Bembo niegbi clie alcun no-
me mascolino nel plurale termini in e . — Vedi ^opra
{ e. XD£, V. 113. ), ove troverai ripetuta una simile osser-
Tuione in una postilla del Giolito. L. M. R.
T. 133. Spaldi.v. r.
CANTO X.
V. 6. Sodisfammi a'mieì desiri. v. r.
V. 15. Cile l'anima col corpo morta fanno.
Dice/nnn", quasi tìngano, perche qnesta opinione m
se tte.ssa non è vera, ed è fiittura della, imagibaiiuiie l'in>.
L
34
Simile termine attribuisce Aristotile a PUtoBe, ebè che
feccia ridee.
T. 23. Vito ten Tai coti parlando onesto*
Onesto^ arverbio.
T. 40. Gom'io al pie de la sua tomba fui ; sino al T. 45.
Energia srandissima.
▼. 46. Poi disse: fieramente furo avrersi.
Elocuzione .
▼. 49. Se i'^ cacciati, e' tornar d'offnijparte.
isV, nel numero del pia spesso usato da IJante.
T. 53. Lungo questa . y. r.
T. 57* Sospicciar. ▼• r.
▼. 62. Per qui. ▼. r.
▼. 65. M' avevan di costui già letto il nome •
Elocuzione .
T. 69. Non fiere gli occbi suoi il dolce lome?
Dolce aeràisae, e or dice dolce lume^ e disse dolcecob^
rcj e nota cbe questo epiteto si òk agli oggetti di tutti i
sensi.
▼. 73. Ma quell'altro magnanimo, a cui posta.
Le virtù morali sono anco ne' dannati .
V. 88 e 90. Mosso, mosso. ▼. r. (Errore del Sessa)
▼. 94. Deh, se riposi mai vostra semenza.
A/a/, in questo senso. *
▼. 100 — f 08. Noi veggiam come quei e' ha mala luce»
Bellissimo.
▼. 101. Le cose .... che ne son lontano . t. r.
▼. 111. Che 'l suo nato è tra vivi ancor cong;iunto*
Niito^ e poteva dir figlio .
V. 113. Fat'ei saper che 'l fei, perchè pensava.
Eiy in caso obliquo.
CANTO XL
t. 4. Soperchio del puzzo . v. r.
V. 6. Ci raccostammo dietro ad un coperchio.
Raccostare y in senso simplice . — Poi quasi pentito, co-
me indica la scrittura d' inchiostro e penna diversa , sog«-
giunge: Considerisi, se non sia . L. IVI. R.
V. 1 1 . Ausi . V. r.
V. 13. Compenso, v. r.
V. 26. Pi& spiace a Dio, e però stan di sntto.
Lo star di sotto è argomento ài maggior colpa .
T. 36. Toilette . v. r.
35
'S8. Prmdo. T. r.
iscoKta e lbn<le la sua (acuitale,
le rijirpse dal Bembo Delle prose.
■ji). Sodoma e Caor*a . ». r.
66. Trade . v. r.
m. Baratro . v. r.
I. 73. Dentro Ae la cilt^ , leggio - v- r.
74. Ei, V. r. Vedi éi sopra (C, X. v. 49.) L. M. H.
79. .Non ti rìnoemhra di quelle paiole? ec.
U malÌEia e pnoita in tutti questi cerchi se^rnli, ma
^ la bestialità ? se forse bestiali don Mno i »odomiti
Aristotilf^ ripone tra i (ieri. Beeliali erede il Landino
Mtleati. Nell'irascibile, e nella coneupisciliile , sotto
<{Dale rìponao ancora la cupidità del dHnHJo, puìi ri'
inni non solo ì neon ti nenia , ma aliito pravn ancora,
'egli cbiama malizia. Ed è Terisiniìte che nhìtunto nel
>delli gola fosse CiaecOt e.nella libidine Semimmis,
tl3 iracondia l'Argenti. Non t dunque soluto Ìl iliib-
Oltra di ciò, gli abitnati in tai tÌI| ove sono puniti?
T, 86. E rechiti a la mente chi son quelli .
Xlocuiione.
T. 105. SI che vostr'arte n Dìo quasi è nipote.
^«e, fìgliaola della mitnra e nipote di Dio.
'06. Da queste due, se luti recbi a mente
la convenevole , che Virgilio nlleghl il
CANTO XU.
Ia Genesi dal
™n so quanto :
•■ 6. Tremoto . ▼. r.
'10. Barrato. ». r.
f-11. E 'n su la punta della rotta lacca.
Settimo cerchio .
f. 12. L' iiilìimi.-i di Creti era distesa .
Vi nota uro .
Nota che Dante mette piii di sotto la fraude che la be-
ljalit4, quasi tmle piìi grave, ancoraché questo sia forse
ODtra l'opinion d'Aristotile. Ma liirse la lìgura del MÌ-
"(anra non denota la bestialità, come vole il Landino.
iB la violenca.
Oonsidi'r» ae si dia la malixia ferina, e se la feriti all-
'acci non meno In frode che la violenta, perchè se i
ipoiita alla virtù ei-oicu. sf la virtù eroica comprenda
tte le virtii, dee contener lutti i viii:
36
- ^ Opere mie
Non fìiroD leonint; ma di Yolpe.
(Inf. CXXVILv. 7ae7S.)
T. 22. In quella, t. r.
▼. 25. Cotale . v. r.
V. 29. Moriensì . v. r.
▼. 33. Da qaelPira bestiai ck' ^'ora tpemi.
Ira beiitaley contradistinta dall'ira d incontinenaa.
V. 40. Teda.T. r.
T. 46. Ma ficca gli occhi a ralle che ^ approccia.
A ^aile , ayyerbio.
T. 49. O cieca cupidigia, o ira folle.
L' ira è punita là dentro e fuori.
T. 58. Ristette . t. r.
▼. 63. Costinci, y. r.
Y. 65. Si tosta . y. r.
y. 77. Chiron prese uno strale , e con la eocea
Fece la barba indietro ^Ue mascelle.
Energia .
y. 84. Oye le due nature son consorti.
Elocuzione .
y. 90. Fuja. y. r.
y. 93. A proyo . y. r.
y. 94. Guada, yerbo.
y. 98. E disse a Nesso, torna e sk gli gelida .
Nota r uso della particella si .
V. 99. Causar, y. r.
V. 117. Bulicame . y. r.
y. 118. Mostrocci un'ombra da l'un canto sola.
Dante usa più yolentieri la particella ci che la ne . No*
ta che cosi quasi sempre •
CANTO XUi.
▼. t3. Late. t. r.
y. 25. r credo eh' ei credette eh' io credesse •
Credesse f prima persona,
y. 36. Non hai tu spirto di ptetate alcuna? ec. ,
Elocuzione .
y. 42. Cigola . y. r.
y. 43. Così di quella scheggia usciya inseme
Parole e sangue .
Utciano par che doyesse dire , ma forse disse cosi pe^
darci a diyedert che il ssingue parlava , ^ P*^ mosirarci
37
r unità di queste due cose usa il inumerò singolare*
▼. SSL Ma dilli chi tu fosti y si che 'n vece .
Nota quanto i dannati desiderino la &ma.
Y. 55. E '1 tronco: sì col dolce dir m'aderchi.
La &ma quanto è desiderata da' dannati 1
T. 70. L' animo mio, per disdegnoso gusto ec.
Elocucione •
y. 74. Vi giuro, che giammai non rflppi fede .
Ruppi fede y senzff V articolo . G)si
E ruppe fede al eener di Sicheo. (C. Y. t. 62.)
T. 84. Cn i' non potrei , tanta pietà m' accora .
Ha pietà di Piero e non di Filippo Arganti, benché
Piero, secondo la dottrina di Dante, sia vizioso, e Filip-
pò incontinente*
y. 91. Allor soffiò lo tronco forte, e poi
Si convertì quel vento in cotal voce .
Energia . Molto più efficacemente sono descritti questi
due luoghi , dove parla V anima di Piero legata nell' ar-
bore, che quel di Virgilio, ove Polidoro parla nel mirto:
« ^ . . • . Gemitus lacrymabilis imo
« Auditur tumulo, et vox reddita fertur ad aures.
V. 97. In la . v. r.
V. 114. Stormire, v. r.
V. 1SS4. Dirietro. v. r.
V. 1 33. Sanguinenti . v. r.
CANTO XIV.
V. 1. Poiché la carità del natio Ioqq
Mi strinse •
Elocucione .
V. 6. Si vede di giustizia orribil arte .
Elocuzione .
V. 8. Landa . v. r.
V. 12. A randa a randa, v. r.
v. 14. Non d'altra foggia &tta, che csJei*
Colei f a cosa inanimata.
V. 22. Nota Supin.
V. 2q. Dilatate falde . v. i>
▼. 34. Scalpitar, v« r.
v. 36. Stingueva. v, r.
y. 37. Eternale . v. r.
V. 40. Tresca, v. r.
V. 42. Iscotei\do da sé l* arsura fresca
38
Vi si suole porre inoansi al sCi iju^ndc. |ireoede alcfli
consonante , ma qui è posto sensa questa Decessitk •
T. 45. Uscinci. ▼. r.
▼. 47. Giace dispettoso « torto.
Elocuzione. Gapaneo.
▼.53. Crucciato prese la folgore acuta*
La folgore , femminino .
▼. 59. E me saetti di tutta sua forza.
Elocuzione .
y. 61 . Allora il Duca mio parlò di forza .
Di tutta forza e di forza in rime accordato.
T. 67. miglior labbia . ▼. r.
V. 69, Àssiser Tebe . v. r.
▼. 70. Disdegno y dispregio.
V. 74. Arsiccia, t. r.
▼. 76. Spiccia. T. r.
V. 87. Sogliare . t. r.
T. 90. Ammorta . v. r.
▼. 92. Percbè i' pregu cbe mi largisse il pasto •
Perchè , onde .
T. 95. Creta, y. h
y. 69, Casto .T. r.
y. 99. Vista . y. r.
y. 1 08. A la forcata . y. r.
y. 116. Fanno Acheronte, Stige e Flegetonta.
Fiegetonta . y. r. Acheronte , oye Caron yarca le ani*
me; Stige, oye sono puniti i peccatori. Flegetonte que-
sto dall'onde rosse ; Cocito, oye si puniscono i traditori.
y. 12'^ Vivagno, y. r.
y. 131. Leteo. y. r.
y. 1 J8. Pentuta . y. r.
y. 140. Diretro, y. r.
CANTO XV.
y. 5. Fiotto, y. r.
y. 6. Fuggia. y. r.
y. 21. Cruna, y. r.
y. 27. Sì cbe 'l yiso abbruciato non difese
La conoscenza sua al mio intelletto .
Elocuzione .
y. 35. Asseegia . y. r.
y. 44. Par di lui. y. r.
y. 49. lula.y. r.
p
39
▼. 51. ATanti.T. r*
▼. 54. A ca' . T. r.
▼• 62. Ab antico, t. r.
T. 69. Da' lor costumi & clie tu ti forbì .
Forbii Don forba, secondo la regola.
▼. 73« Strame, t. r»
▼. 76. Riviva . y. r.
▼•81. De r umana natura posto in bando .
Elocuzione. *^
T* 88. In k. y* r.
▼. 92. Garra. y. r.
▼. 100. Né per tanto di men. y. r.
T. 120. Nel qual io vivo ancora, e più non cfae^gio.
Vive nel suo Tesoro, percbè i dannati non vivono se
non nella Ama, e per questa è tanto desiderata da loro.
CANTO XVL
▼• 3* Amie • y. r.
▼. 8L Sostati . v. r.
▼. 10. Membri, y. r.
▼. 13. Alle lor grida il mio dottor s'atteii^
Elocnsione.
▼• 19. Ristemmo, v. r.
T. 81. Trci. V. r.
T. 83. Avvisando lor presa e lor vantaggio.
Elocuzione.
T. 85. Visaggio, v. r.
y. 88» Sollo . v. r.
▼• ÌS. Rende in dispetto noi e nostri preghi.
Elocuzione.
y. 30. Brollo. v. r.
y. 49. Ma percb' io mi sarei bruciato e cotto.
Percbè era offeso dal fuoco e non dalla pioggia ?
y« 59. L' ovra di voi e gli onorati nomi
Con affesion ritrassi ed ascoltai .
Elocuzione .
y. 66. E se la fama tua dopo te luca .
Fama a' dannati .
▼• 71. Per poco. y. T. '
y. 74. Dismisura . v. r.
v* 8). Quando ti cioverà dicer : io fui .
Bello.
V. 85. Fa cb« di noi a la gente bvelli .
40
Desiderio di fimu .
T. 89. ei , y, r.
Y. 1 1 9. Denno . v. r.
T. 1 24. Faccia di memogna . t. r*
▼. 1 36. Rattrappa • y. r.
CANTO XVO.
y/6. Passegciati. y. r.
y. 7. £ quella soiza imagine di froda.
Gerione .
y. 1 3. Duo branche ayea pilose infi^ V tiacelle «
/it/S/t, sansa la particella a, e col <pi^|rtp c^so.
y. 22. Beyero • y. r.
y. 33. Per ben cessar la rena e-la fiammella .
Cessar^ quanto cansar o schiyar , col quarto caso .
y. 39. Mi disse, or ra e yedi la lor mena .
Mena , di sì diversa mena . ( V.lnfer. C. XJUV. T. 83.)
y. 59. ÀEurro . y. r.
y. 60. G)ntegno . y. r.
y. 85. Riprezzo, v. r.
y. 92. Sì YoUi dir, ma la yoce non yenne ,
Com' i' credetti, fii che tu m'abbracce, EnergU*
y. 103. Là , 'y' era '1 petto , la coda riyolse %
£ quella tesa, com anguilla, mosse,
£ con le branche T aere a sé raccolse .
£nergia.
y. 110. Spennar, y. r.
y. 1 1 5. Ella sen ya , notando , lenta lenta .
Notar nell'aria,
y. 134. Stagliata, y. r.
y. 1 36. Cocca . v. r.
CANTO 3CVIIL
▼. 3. La cerchia . y. r.
y. 5. Vaneggia . y. r.
y. 12. La parte dove '1 ^1 rende figura .
Dosf'e*son^ rendon sicura . Nota qui altra lesione • L,MJl.
T. 17. Ricidien. Emenda lo stampato, oye si legge
ricidon . L. M. R.
y. 21. A sinistra . y. r.
y. 22. Pietà. %. r. Vedi di sopra (e. L Nota dopo il t.
21.)L. M. R.
4Ì
▼. 24. Repleta. t. t.
T. 37. AhicomefiM^en lor lerar le b^rzt.
Bene , piante .
▼. 46. e 47. £ quel finutato celar si credette
Bassando il viso, ma poco li yalse.
Bussare. Nissuno de' dannati sin qui s'è cercato di
ascondere. Il fraudolento ruffiano è il primo che ha r^v
gogna d' esser visto nella sua pena .
T. 48. e 50. Venetico se' tu Caccianemico. \
Nota la duplicasione del tu,
▼. 72. Cerchie, t. r.
▼• 73. Vaneggia, v. r.
T. 85. Quanto aspetto .... riene . t. r.
T. 87. Fene . v. r.
T. 103. Quindi sentimmo gente cb^ si nìcchi^.
Sécchia , rammarica .
T.106. Grommate, y. r.
T. 111. Sovrasta, v. r.
T. 112. Quivi venimmo, e quindi gi& nel fosso*
Vidi gente attujflbta in uno sterco.
L' adulazione è vizio opposto alla virtù della conversa-^
sione y che è da Ansatile detta amicizia. Considera qual
sia questa virtù.
▼. 114. Privati. V. r.
▼• 118. Quei mi ssrido : Perchè se* tu si inaordo
Di riguardar più me che gli altri brutti/
Non vuole esser visto, si vergogna.
T. 127. Pinghe. v. r.
▼. 132. Accoscia, v. r.
V. 134. Drudo, v. r.
CANTO XIX.
▼. 9. Piomba . v. r.
V. 11. Malmondo. v. r.
V. 12. E quanto giusto tua virtù comparti.
Giusto, avverbio
V. 14. Fori. V. r.
v. 21 . Sganni . v. r.
V. 25. Le piante eran accese a tutti intrambe .
JrttramÌK'^ col sostantivo.
V. 27. Che spezzate averian ritorto e strambe. .
V. 32. Consorti . v. r.
V. 44. Non mi dipose , sia mi giunse al rotto.
42
Sin mi , senui il cbe .
T. 45. Di qaei che sì piangeva con la lanca •
Zancuj mnba.
T. 52. Ed ei gridò, se' tu già costi ritto.
Altri leggono costiritto .
T. 65. Voce di pianto, v. r.
T. 72. Cbe su 1 avere e qui mi miai in borsa. Mf»
V. 74. Simoneggiare, v. r.
▼. 108. Puttaneggiar coi regi a lui fa rista.
A lui fu vista . Si dice a lui , da lui, per lai. Ai risia. •
▼.113. E cbe altro è da toì a l'idolatre?
Tiiolaire^ come eresiarcbe , mascolini ^ terminanti in e.
contro la regola del Bembo .
Y. 114. Orate, v. r.
▼. 120. torte springava con ambo le piote .
Pioie^ piante: sprins^are^ muover forte per percuotere.
T. 1 22. Contenta labbia . ▼. r.
▼. 128. Sin men portò sovra '1 colmo de l' arco.
Sin^ senza il cbe . '
▼. 129. Tragetto, v. r.
CANTO XX.
V. 9. Letane. v. r.
V. 1 0. Come *\ viso mi scese in lor più basso .
f^iso^ peF'rista.
V. 25; Certo l'piangea poggiato ad un de'roccbi •
Poggiato. V. r. Nota che Dante è ripreso da Virgilio
che compatisca agi' indovini , bencbè non sia stato prima
ripreso , quando mostrò compassione de' mali de' due co-
gnati, o di Ciacco, oppur di Piero dalle Vigne, ami Vir-
gilio stesso mostra compassione, ove dice:
Nel viso mi dipinge
Quella pietà cbe tu per tema senti . (e. VL v. 21. )
V. 32. S' aperse agli occbi de' Teban la terra .
^gti occhi . sul cospetto .
V* 35. E non restò di minare a vall^.
^ valle , avverbio .
V. 39. Ritroso calle . v. r.
V. 42. Tutte quante . v. r.
Vf 43. E prima, poi. v. r.
V. 45. Mascbili penne, v. r.
V. 47. Ronca . v. r.
V. 59. £ venne serva la città di Baco.
43
Bàeo, per semplice e.
T. 61. Laco. y. r.
T. 7o/ Siede Peschiera , bello e forte arnese.
jérnescj d' un castello.
▼.71. Fronteggiar. ▼. r.
▼. 79. Non molto ha cor^o che trova una lama .
Lama^ valle
T. 80. Impaluda . ▼. r.
T. 86. Ristette co' suoi servi a far sue arti*.
Nota che quasi sempre troverai che si lassa per elegan-
a r articolo .
V. 95. Prima che la mattia di Gasalodi.
Mattia j pazzia.
V. 98. Originar, v. r. ^
y. 11 3. U alta mia tra^^dia in alcun loco .
Chiama tragedia l'Eneide, la quale è epopeja, seguen-
do la distinzione fatta da lui nel libro deUa volgare Elo-
quenza, ove i poemi composti in- alto stilo ripone sotto la
trasedia, i mediocri sotto la commedia, e gli umili sotto
la elegia . D'Euripilo fìi menzione nel secondo, libro pa-
tetico.
▼. 122. La spola e '1 fuso e fecersi indivine*
Spola ^ instrumento da tessere .
▼- 129. Fonda, v. r.
T. 130. Sì mi parlava, ed andavamo introcque.
Intrac^ue , intanto .
CANTO XXI.
T. 1. Altro che . v. r.
T. Ti Commedia, v. r«
T. 4. Ristemmo, v. r.
T. 8. L' inverno. ▼. r.
T* 9. Ilimpalmar. v. r.
T. Ti. Ristoppa. V. r.
V. 20. Ma che le bolle che '1 boUor levava .
Ma che , se no|i le bolle .
T. 27. S^agliarda. v. r.
V. 33. Con Tale aperte , e sovra i pie leggiero.
Leggiero sovra ipiè. Cosi disse il Petrarca: destro sa
f aie.
▼. 45. Furo . V. r.
V. 50. Però se^u non vuoi de' nostri ^affi.
Vuoi , col secondo caso . Graffia grafliature .
44
▼. 52. Poi r addentar con pi& di cento raffi .
Raffio rampini.
T. 57. Gain, Y. r.
r. 64. Co. Y. r.
Y. 71. Roncigli, r. r.
Y. 75. Roncigliare, Yerbo.
Y. 78. Approda, y. r.
Y. 89. Quatto quatto, y. r.
Y. 95. Patteggiati . y. r.
Y. 116. Sciorina, y, r.
Y. 124. Pane. y. r.
Y. 130. Snoli. Y. r.
Y. 1 33. £ con le ciglia ne minaceian dnoli •
Duoli , nel pumero del più .
Y. 136. Lasciali digrignar pur à lor senno ^
Che fiinno ciò per li lessi dolenti.
Non inteso dal dichiarator delle parole digrignar ^ les-
si . — - Parla delle Chiose del Landino . L. M. R%
CANTO xxn.
Y. 2. Stormo . y. r.
Y. 5. Gualdane. y. r.
Y. 10. Né già con si diYersa cennamella.
Cennamella^ da cembalo.
Y. 16. Intesa, y. r.
Y. 21. Argomentin. y. r.
Y. 30. Bollori . Y. r.
Y. 31. Accapriccia. y. r.
Y. 32. Incontra. Y. r.
Y. 45. Venuto a man. y. r.
Y. 48. Io fui del regno di NaYarra nàte.
Io fui nato , io nacqui , preterito perfètto posto assolu-
tamente obntm la resola de' ffratnmatìci* dome q«el-
r altro: » ^
Siede la terra doYC nata fiii. ( In£ e. V. V. 97. )
Y. 49. A serYO. y. r.
Y. 76. Rappaciati . y. r.
Y. 81. Ed ci rispose: fu frate Gomita ee.
Perchè i barattieri sotto i simoniaciièc.
Y. 95. Fedire, y. r.
Y. 98. Sjpaurato. y. r.
Y. 109. ònd'ei ch'aYca bcciuoli a gran diYizia.
Usato dal Boccaoio.
45
"▼. 118. Ludo. T. r.
T. 140. Artigliare. ▼. r. '
T. 143. Ma però di leyarsi era niente.
' Elociuione simile a quella , ove disse :
Ifulla più fora di tornare in suso. (Inf. e, IX. ▼. S7.)
CANTO XXIII.
T. 16. Se r ira sovra il mal voler s'agguefBi.
-^é^tì^ » »> aggiunge .
T. 17. Ei. V. r.
V. iBp Pur mo. v. r,
T. 30. Si che d' intramai on sol consiglio fei .
Intrambi. -» Emenda lo stampato. L. M. R-
T. 36. Non molto lunci per volerne prendere .
Lungi, non usato dal Petrarca.
T. 45. Tura. v. r.
▼. 48. Approccia . v. r.
T. 54. Sovresso noi . r. r.
▼• 63. Che in Cologna pe' monaci bssi .
Che^ non colliso senza interrogazione.
T. 77. Diretro a noi gridò , tenete i piedi .
Diretro , e così spesso .
T. 87. Poi si volsero in sé , e diòean séco «
i^cco , a più •
V. 88. Costui par vivo all'atto de la gola.
Ali* atto della gola ; aJi' atto degli occhi , dìsiè nelle
rime.
T. 91. Pòi disser me : o Tosco, che al collègio.
Disser me , come, disser lui .
T. 94. Ed io a lor: io fui nato è crewiutb.
lo/ui nato^ e creic/iffn , elocutione usata altrove:
Io fui del regno di Navarra nato.
Siede la terra, dove nata fui, ec.
Vedi di sopra ( e. XXII. v. 48. ) L. M. R.
V. 102. Cieolar. v. r.
V. 114. £ M frate catalan, che a ciò t* accorte*
Accorgere , col terso ca^ .
V. 124. Allor vid' io maravigliar Virgilio
Sovra colui.
Elocuzione. Stupet in Turno. (Virg.)
V. 130. Uscirci . v. r.
V. 131. Constringer degli angeli, v. r«
T. 132. Dipartirci. V. r.
46
T. 1 4Ò. La bisogna . y. r.
T. 144. Padre ai memogna. t. r.
CANTO XXIV.
T. 4. Aflsempra . t. r.
▼. 12. Poi rìede, e la speransa rìngaTagna .
Cavagna, cesta ; ringavagna , ripone in cesta .
▼. 20. Lo Daca a me si Tolae c6n quel piglio.
Ciglio.
(Nota miglior lezione* L. M. R.)
T. 28. D' un ronchion ayrisara un' altra scbeggi^ .
Ronchion , peno del sasso .
▼. 47. Disse il maestro che segsendo in piuma.
In &ma non si rien, né sotto coltre^ sino al t. 51.
Elocuzione •
V. 54 Accascia . y. r.
▼. 64. Fierole. y. r.
y. 74. e 75. Odo, intendo; yeggio, raffiguro, y. r*
y. 83. Di serpenti, e di si diversa mena.
Mcnaj moto.
y. 84. Che la memoria il sangue ancor mi scipa.
Scipa , sparge .
y. 88. Ne tante pestilenzie, né si ree.
Pestilenzie. Vedi le Annotazioni sovra il Boccaccio,
y. 95. Ren. v. r.
y. 105. Di butto, v. r.
v. lofi. Cosi per H..y. r.
v. 108. Quand'al cinquecentesimo anno appressa.
Appressa^ senza il si.
y. 109. Erba né biada in sua vita non pasce ec
Nota come leggiadramente venga oltre il proposito
della comparazione .
y. 120. Che cotai colpi per vendetta croscia.
Croscia^ nome finto oal suono,
y. 127. Mucci. v. r.
T. 128. Ch' io '1 vidi uom già di sangue e di corrucci.
Elocuzione .
v. 1 32. E di trista vergogna si dipinse .
Trista vergogna qual sia?
v. 138. Arredi, v. r.
y. 1 39. Apposto . v. r.
y. 146. Involuto, v. r.
y. 151. Debbia, v. r.
47
CANTO xxr.
T. 3. GrrìdaBdo : togli Dio, die a te le squadro .
Petrarca : or tolga ti mondo*
T. 6. Di che . V. r.
▼• 10. Ahi Pistoia Pistoia , cbe non stanzi .
Simnzi , compi .
▼• 14. Saper DO in Dio • t. r.
T. 21. Innno, ore comincia nostra labbia.
Labbia , sempre aspetto.
▼. 22. Dietro da. y. r.
▼. 23. Caco . V. r.
T. 40. Seguette . v. r.
▼. 42. Convenette. ▼. r.
T. 48. Cbe io , cbe '1 ridi , a pena il mi consento •
Elocuzione .
▼. 53. Anterior. ▼. r.
T. 54. Addentar . y. r..
▼. 57. E dietro per le rcn' su la ritese .
Ben\ cosi di soYPa (e. XXIV. y. 95.)
Y. 64. Innanzi dalF . y. r.
Y. 79. Come il. ramarro 9 sotto la gran fersa .
Fersa^per 8^
Y. 98. Clie se quello in serpente , e quella in fonte .
Quello e quella ^ non questa e quella . ( Errore di
stampa)
Y. i12. Ascelle, y. r.
( Dopo aYere segnato con lunga riga dal Yerso 52 in»
tino al 1 35 , soggiunge il Tasso : )
Mirabile nell espressione di queste trasmutazioni soYra
ogni poeta.
Y. 137.. Sufolando. y. r.
Y. 1 42. Così Yid' io la settima zaYorra
Mutare e trasmutare, e qui mi scusi
La noYÌtà, se fior la lingua ahborra.
Questa medesima scusa della noYÌià fii Lucrezio. Lad»
doYe il Velutello , conmientando gli ultimi Ycrsi di que-^
sto canto, opina che Dante avesse messi in queste cer->
chio i nominati da lui , non perchè aYCssero rapito priva-
to cose , ma si le pubbliche .Torquato ha scrìtto la postila
la che segue : IVon l' intende . L. M. R.
Zavorra , sabbia , posta nella sentina delle naYi «
CANTO XXVI.
T. 5 Onde mi rien rergognii • i»- r«
T. 7. Ma se presso al mattin del ver si sogna.
Presso al y. r. Qui accenna, che questo fi|o vuiggio
fi>sse TÌsIone. — Alessandro Afiodiseo. — (Seiidira ac-
cennare a quello che questo autore scrispt u^tomo fti so-
gni.) L. M. R.
Y. 15. Mce. ▼. r.
▼. 16. Proseguendo, t. r.
▼. 26. Schiara . t. r.
T. 29. Vallea . v. r
▼. 34. Vengiò . t. r.
Ir. 36. Leyorsi. ▼. r.
▼. 45. Caduto sarei gi& senz'esser urto.
Urio^ per urtato, come certo .
T. 47. Dentro da . v. r.
▼. 54. Miso. Y. r.
Y. 56. Ulisse, e Diomede, ed essi insieme.
Così insieme. . Emenda lo stampitto . L. Bfc IL
Y. 58. E dentro da la lor fiamma si geme
L' agguato del cayal .
Strattagemmi militari, puniti nelV inferno.
Y. 64. Ei , dentro da . y. r.
Y. 72. Ma (a che la tua lingua si sostegna.
Elocuzione .
Y. 78. Andivi. y. r.
Y. 79. O Toi, che siete due dentro a un fuooo.
Credo io che Virgilio qui inganni Olisse , fingendo di
essere Omero. Considerayi bene.
Y. 84. DoYe per lui perduto a morir gissi .
Gissi, terza persona, si gì.
Y. 85. Lo maggior corno de la fiamma, antica
Cominciò a crollarsi, mormorando,
Pur come quella cui Yeuto affatica •
Indi la cima qua e \k menando
Come fosse la lingua, che parlasse.
Energia mirabile .
Y. 94. Me dolcezza di figlio, né la piòta.
^ Ddt^zza . Y. r. ( Vedi & sopra e X. y. 69. L. M. IL ).
Pietà qui espressamente per pietà , benché il LandÌBO al-
troYe Yoglia che questa Yoce significhi lamento. (Vedi
c.I. ▼.20.)
49
T. 95. Debito . ▼. r,
T. 97. Dentro da . v. r.
T. 100. Ma miai me per Talto mare aderto.
Me e sé asa.iiieaso, bencbè non yi sia lì contrapposto .
T. 101. G)inpagiia. t. r.
T. 108. Or'Ercole segnò li suoi riguardi.
Eloeosioiie.
T. li 4. A (mesta tanto piociola vigilia
De' Tostn sensi.
f^igiiia fir' sensi, bello.
T. 117. Sol del mondo senza gente, r. r.
T. 125. De' remi &cemmo ali al folle volo.
Omero chiama i remi ali della nave •
T. 1 26. Mancino . ▼. r. ,
f. 129. Marin suolo, v. r.
T. 1 39. Tre volte il fé girar con tutte l' acque ,
A la quarta levar la poppa in suso,
E) la fnnora ire in gfò y come altrui piacque,
Infin che 1 mar £a sopra noi richiuso .
Energia.
Nota che qui Dante altera la favola o istoria che sia,
Scendo che blisse perisca innanzi che arrivi ad Itaca^ an-
cora che Aristotele dica nella Poetica, che non sia lecito
mutar le fiivole note e ricevute. A questa opinione allude
il Petrarca, dicendo d'Ulisse:
e Che deèiò del mondo veder troppo .
Trionfo della Fama , cap. II.
CANTO xxvm
V. 7. Come il bue cicilian che mugghiò prima , e
V. 10. Mugghiava con la voce delr afflitto.
Forse v' è replicazion di concetto.
Dal V. 7. al v. 18. Epergia mirabile.
V. 21. Dicendo: issa ten va, più non t'aizzo.
Introduce Virgilio a narlare il lombardo moderno ,.ri-
sffuardando forse all'opinione eh' ei tiene nel libro della
Volgare Eloquenza, eoe. '1 latino antico mai non si par-
lasse.
V. 27. Ond^ io mfa colpa tutta reco.
Elocucione .
V. 32. Tentò di costa . v. r.
V. 'JS. S' è, V. r. Vedi la postilla G. al v. 9^. del e VH.
L. M. R.
50
T. 57. Se '1 nome tuo nel mondo tegna fronte .
Fama.
V. 6t. S'io credessi cLe mia ristiosta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria sema pifl acosse.
I frantlolrnli non desiderano fama.
T. 70. Se non ibsse il gran Prete, a cui mal prendi.
Elorasione.
T. 76. Gli accorgimenti e le coperte TÌe
Io seppi lotte.
Elocuzione .
T. 78. Che at (ine de la terra il mono tucfe.
Uscir. . Y. r. Fama figliuola della tprra.
V. 83. E pentuto e coufesM mi rendei.
Elocuzione .
T. 127. Furo.T. r.
▼• t31. Dolonndo . t. r,
CANTO xxvm.
▼. 6. C hanno a tanto comprender poco seno .
Elocuzione.
▼. 15. Omame. v. r.
▼. SO. Mostrasse, d' agguagliar sarebbe nulla.
Elocuzione simile a quella:
Nulla sarebbe di tornar pi& suso. (Inf, C. IV. t. 57.)
T. 22. Già Teggia per meuul perdere , o lulU .
feggìa, botte. Siezzui y cerchio di meuo.
T. 25. Minugia. T. r.
T. 31. Vedi come scoppiato è Macometlo.
Storpiato. — Adduce altra lezione. L- M. R.
▼. 43. Ma In chi gè', che 'n su lo scoglio muee.
Mute, forse da ir '~'--
r. 46. Né morte il giunse ancor, né colpa il mena.
Elocuzione.
T. 66. Mache.T. r.
T. 80. E maccerali presso alla Cattolica .
iUaccerarr, gittare in mare in un sacco.
T. 104. Moncherin. t. r.
▼. 106, Gridò: ricorderati anco del Mosca.
Perché il Mosca desidera d'esser nominato, COM che
non desidera il conte Guido.
».122. Pesol.T.r.
T. 123. E quei miraTt noi , e dicea : o me.
51
O me^ simile al misero me , che disse V Ariosto .
T. 1 27. Quando diritto appiè del ponte fue ,
Lerò '1 braccio alto , con tutta la testa ,
Per appressarne le parole sue .
Energia.
T. 133. Nota .- Allude forse a quello clie ha notatoci
oltre intomo alla &ma desiderata dalli dannati . L. M. R.
T. 142. Così s'osserva in me lo contrappasso.
La giustizia, secondo i Pittagorioi, come riferisce Ari-
stotele neir Etica , non è altro che il contrappasso .
CANTO XXIX.
Y. 16. Parte sen già: ed io dietro gli andaya
Lo Duca già &cendo la risposta .
Dura costruzione.
Y. 30. Che, non guardasti in Ui, si fìi partito .
Si invece di sin che. Boccaccio: « Non si ritenne, si fu
a Castel Guglielmo.
T. 33. Per alcun che de l'onta sia consorte.
Elocuzione.
T. 60. Malìzia dell' aer. v. r.
T. 61. Vermo. v. r.
▼• 66. Languir gli spirti , per diverse bicha .
Bic/ie . mucchi , ontte abbica .
T. 75. Schianze . v. r.
▼. 77. Signorso. v. r,
▼. 89. Quinci entro , v. r.
T. 103. Se la vostra memoria non s' imboli.
Fama.
T. 120. A cui fallir .'v.r.
v. 12J. Sì d'assai . t. r.
CANTO XXX.
T. 19. Del mar, si fii la dolorosa accorta.
Nota come è interposta questa voce dolorosa •
T. 29. Assannò. v. r.
T. 38. Di Mirra scellerata, che divenne.
Mirra poita qui per la firóde, non altrove per la lus«
suria.
Y. 41. Falsificando sé in altrui forma .
Elocuzione .
T. 52. Dispaja • t. r.
52
V. 54. Ventraja. t- r.
T. S2. Leggiero di tanto, t. r.
y. 90. Che ayeraa tre carati di mondiglia .
iMondisrlìa , bassezia di lega •
• V. f ^5. riovvi . ▼* r.
▼« 99. Leppo. T. r.
V. 1 03. Cof pugno gli percosse V epa <aN^a .
Croja , indurito.
V. 120. £ fiieti reo,' che tutto il oMmdo fallo.
A te sia rea la sete. Elocuzione.
V. 123. Assiepa, v. r.
T. 132. Che per poco è, che teoo non mi risso .
Elocuzione .
V. 136. E qual h quei che suo dannaggio sogna.
Che , sognando , desidera sognare ,
Sì che quel eh' è, come non fosse agogna ;
Tal mi fec'io non potendo parlare,
Che disiava scusarmi , e scusava
Me tuttevia, e noi mi credea fiure.
Bellissimo .
CANTO MOI.
V. 1 7, Gesto . V. r.
V. 32. Intorno da la • t. r.
V. 43. Torreggiare . v. r.
V. 71. Tienti col corno.
Elocuzione .
V, 75. Doga . V. r.
V. 84. Maggio. V. r.
V. 91. Questo superbo voli' essere aperto.
Di sua potenzia centra '1 sommo un'ove.
Elocuzione.
V. 106. Tremuoto. ▼. r.
V. 110. Dotto. V. r.
V. 115. O tu, che ne la fortunato valle (sino al v.lTS.)
Da Lucano.
V. 125. Questi può dar di quel che qui si
Fama.
CANTO xxxn.
▼• 7. Impresa da , non di .
V. 8. Descriver fondo a tutto l'universo.
5S
Il Landinu dirliiura questo Terso cosi; Scrivere fonilo,
aioè nxi-uriimenle a tutta l' universo, a tulli gl'i uoinini , e
il VelliilcUo-' descHw . poetando oicuro a tolto l'uni-
vertu. Il TasM) t'Iib ncpoRto; Non l'intendono.
T. 15. Me' lebe.T. r.
Il Landino, cfaiosaiidn t) verm 16 ^ iip|[tienti, accenua
i ([uatro minori cerchi; in cui Dante parte il nono, e
Toi'quato ìtì pone questa annotBEÌone: ■ Pare che il se-
• cnndo ( cioè contro la patria ) sia più graye del tpr«o o
■ del quarto rompimento di fede (cioè contro gli amli-ij
* e per ciò che 1' Antenora dovesse almeno esiier sulto li
. Tolommea..
T. 30. Non avria pur dall' nrln tatto cricch .
Cricch, nome finto dal suono.
». 34. Livide tnfin li dove appar vergogna .
Elocuzione .
T. Ad. Gli occhi lor, ch'eran pria pur dentro molli
Gocciar su piir le labbra, e I i^iela strinse
Le lagrime tra essi, e rUerrolli ■
Enei-gla.
T. 49. Spranga, y, r.
V. 57. Del padre loro Alberto, e di lor file.
Ftie di loro . La regola vorrcl»i>e , che sì dicesse ; Itic
loro, ma precedendo alla prima voce, a cui si èk il se-
gno del caso, sì deve anclie dare nlla seconda.
V. 61. Non quelli, a cui fii rotto il petto e l'omhra.
Dice l'umbra, perchè il Sole passando per il petto e
riuscendo per le reni , là sparir l'ombra.
T. 69. Scagioni . v. r.
V. 7%. Forte percossi il piÈ nel vi« ad una .
Eppur camminò «ovra i golosi !
r. m. E tr»tti ^lien'BVeapifi (f una ciocca.
Come gli tirava i ctipelli , se questi corpi sono intangi-
hili, come appare di sotto in Gisella? — Vedi Purg. e. II.
V. 79 e 81, ove per ambidue le postille è ripetuta questa
osservazione . L. IVI. R.
V. 105. Latrando lui, con gli occhi in giù rnccolti.
II gerundio col quarto caso .
V. 13ti. Glie se tu a ragion di lui ti piangi . 'i
Elocuzione. i
CANTO XXXIIL
V. 5. Disperalo dolor, v. r.
oU
À
54
t. 7. Ma se le mie parole esser den seme,
Che firutti infiimia al traditor cV io rodo.
Fruttare y. r. Nota, che Ugolino risponde non per
desiderio di sua fìuna, ma d' alimi infamia.
V. 1 0. Sie . T. r.
y. 13. Fu' '1 Conte Ugolino, y. r. Vedi e J:ÌÌÌ. y. 48i
L. M. R.
y. 22. Dentro da.y.r.
y. 27. Velame. y.V.
y. 35. Scane. y. r.
y. 27. Dinune. y: r.
y. 49. Io non piangeya, si dentro impietrai •
Impietrai, senza il si •
y. 60. Leyorsi . y. r.
y. 61. E disser: padre assai ci fia men doglia,
Se tu mangi di noi : tu ne yestisti
Queste misere carni, e tu le spoglia.
Mirabile. Spogliare con l' accnsatiyo. Altera Dante qui
la istoria, Scendo che tutti questi fossero figliuoli, pe-
ro(*chè parte ye n' era di nepoti ; ma forse ciò fece per
muover maggior compassione .
y. 69. Dicendo : paare mio, che non m' ajuti?
C/ie , posto inyece di perchè .
y. 80. Del bel paese la doye 'l si suona .
Si conforma con la distinzione fatta da lui nel libro
della Volgare Eloquenza,
y. 84. Sì cn' egli annieghi in te ogni persona .
annegare, attiyo .
y. 94. Li. y. r.
y. 99. Coppo, y. r.
y. 103* Stallo, y. r.
y. 106. Ayaccio. y. r.
y. 108. Veggendo la cagion che '1 fiato pioye.
Piove fiato. Piove y posto attiy amente.
▼.119. Le frutta, y. r.
y. 135. L'ombra yema. y. r.
▼• 150. E cortesia Ai lui esser yillano.
Fu iuif senza Ta. Nota quattro gradi di peccatori. Dei
primi ha compassione Virgilio ancora, de secondi Dan-
te, de' terzi Dante, ma n' è ripreso da Virgilio. Verso i
quarti Dante aneora è crudele, se crudele yi può esser
contra loro .
y. 151. Uomini diyersi. T. r.
55
CANTO XXXfV.
▼. 2. Verso di noi . ▼. r.
▼. 7. Dificio. T. r.
T. 15. Inverte, t, r.
T. 26. Fior d'ingegno. ▼. r.
▼. 35. E Gontra il sno fattore akò le ciglia
Elocuzione Lucreziana.
« mortales tollere contra
« Est oculos ausus .
V. 41 . SoTresso . v. r.
T. 50. Eiti lor modo : e qaelle svolazzava .
Svolazzar Tali.
V. 73. Appigliò sé alle veliate coste ,
Sé y senza contraposizione .
V. 102. Erro. V. r.
T. 105. Tragitto, v. r.
▼.113. La gran secca . v. r.
▼. 137. Tanto cìl io vidi delle cose belle*.
Elocuiione .
CANTO I.
T. 1 \ Dolce ooW d'orientai nffifo •
Dolre caiarj eoA /inice aer -Vedi ìnt e* X.T« 69. L»II>
▼. 1 5. Sino ti Terso 21 .
Bellissimo .
▼. 17. Tosto ched i' usci loor de Taora morte.
Elocuzione .
▼.19. Lo bel pianeta cb' ad amar oonfinrta .
La pianeta f dice GioTan Villani.
T. 24. Viste alla gente . t. r.
▼. 27, Quelle, t. r.
▼. 31. Vidi pretto di me un Teglie solo; sino al t« 3!
Danna Plutarco quella allegoria, nella anale il tei
litterale non è conveneTolcy come qui nella pertonn
Catone, al mio discorso.
t. 42. Diss' io morendo queir oneste piome •
Piume , per cbiome o per barba ; cosi Oraaio :
Dianzi pronte a increspar le aurate piume •
T. 46. 90U le leni d'abisso cod rotte.
D'aàiMso, T. r. Rote la ferma.
T. 51. Rererenti mi iè le gambe e il ciglio *
*?i
57
Y. 80. Tecni. T.r.
Y. 94. Ricin§^ • T. r.
Y. 96. StìngHe • t. r.
▼, 99. Ministro, cbe è di quei ^1 Paradiso.
Dì , haaoo i migliori testi: cosà il Petrarca: f^arta di
Puradnom
T. 106. Reddita. y. r*
T. 117. G)iioUn il tremolar de la aariaa.
Bellissimo •
▼. 123. Adoresza. ▼• r.
CANTO U.
T. 10. Lunghesso, y. r.
T. 12. Suol presso del mattino •
Nota lezione diversa dalla stampata , che ha sid presso
I^ M. R.
T. Iti. G>tal m' apparve , s' io ancor k> reggia .
Si^ imprecativo.
▼• 39. Pelrchè F occhio da presso noi sostenne.
Perchè > onde.
▼. 41. Vasello snelletto* ▼. r.
T. 49. Di santa . y. r. Credo che voglia notare, come &
spesso, che Dante ha usato di^ non della santa Croce-
L. M. R.
▼• 52. La turba che rimase Ik , selvaggia
Parca del loco .
Elocuzione .
T. 55. Da tutte parti saettava il giorno .
Elocuzione simile alla Lncreziana :
« Lucida tela dici . »
y. 62. Forse , che siamo sperti d'esto loco.
Elocuzione .
V. 69. MaMvigliando diventaro smorte •
MeraiftgiiandOj senza il si: cosi il Petrarca: vergognan-
do taior .
V. 71. Tragge la gente per udir novelle.
^ ^'^ W y senza il si .
V. 75. Quasi obliando d' ire a farai belle .
Nota la forza della meraviglia.
Dice neirinfemo:
Per meraviglia obbliando il martire, (e. XXV IIL
V. 54.)
E qui : Quasi obliando ec.
56
T. 79. O omlm nne, fuor che ne l' umetto!
Tre volte dietro a lei le mani sninu,
E tante mi tomai, con esse al petto .
Netr espressione anpera Virgilio, sebben nellt tmgitet-
za è Tinto. Non pnò aUiracciare Casellk, e prende i ca-
pelli di Bocca. — Vedi In£ e XXXU. t. 104. e qui kI t.
81.L.M. R.
T. 85. SoBT^nente disse ch'io ponsse.
Palasse, yrìtntt persona.
T. 89. Nel mortai corpo , cod l' amo tciotta ,
" e feminino.
T.Ì09. Di ciò ti piaccia consolare alquanto
L'anima mia.
ElocuBione.
CAHTO ni
T. 4. Compagna . t. r.
T- 8. Dignitma. t. r.
▼■ 22. E il mio conforto: perchè pnr diffidi .
■ Quando il soave mio dolce conforto. Petrarca .
T. 25. Vespero è già colà dor'è sepolto.
F'etperotaen.
T, 33. Sveli . T. r.
T. 73. Benfiniti. V. r.
▼.79. Comele pecorelle escon delchinso; sinotlT.92
Energia mirabile .
T. 99. Soverchiar, v. r.
V.111. ^(omnto, avverbio.
CANTO IV.
V. 1. Dilettarne. T.r.
T. 17. Aduna.T. r. *
>. 18. Dimando.-T. r.
V. 19. Impmni'. T. r.
▼■22. Saline, v.r.
V. 27. Con esso i pie . v. r.
▼■31. Per entro ■ V. r.
T- 45. Com'io rimango sol, se non ristai.
Ritlai, cosi nell'Inferno: perchè, perchè ristai? ( InlL
C U. Y. 131. ]. Ristai , dal veMxi risto, ond« riHtemmo,
ristanno, ristette-
▼. 50. Carpendo, v. r-
e
9
▼. 72. Mal non seppe . t. r.
▼. 93. A seconda, y. r.
▼, 99. Distretta. ▼. r.
▼•101. A mancina, r. r.
T. 1 06. Ed un di lor che mi sembrava lasso ; sin al y. 1 20.
Enerffia.
▼. 125. Qttiritta se: attendi th iscorta?
Qui ritta e costi ritta ^ ayyerbj , onde nell'Inferno.
Se tu costiritto, Bonifazio? ( Inf. e. XIX. y. 53. ).
CANTO V.
T. 10. Impiglia, y. r.
▼. 18. Foga.y. r.
y. 20. Dissilo , alquanto del color consperso ,
Che fa r uom di perdon tal Tolta degno .
Vergogna .
▼• 2/. Mntar lor canto in un O lungo e roco-
Energia .
y. 32. E ritrasse a 'color che yi mandaro.
Ritrasse . per ripartire.
▼. 35. Ayyiso. y. r.
T. 43. Questa gente, che preme a noi, è molta.
Viene- — Sembra accennare diversa lezione. L. M. R.
y. 55. SI che pentcndo r perdonando, fora.
Pentendo , assoluto come mera vaigli andò e vergo^
gnando,
T. 74. Ond'uscì '1 sangue, in sul qual io sedea.
II sangue sede dell'anima.
y. 83. M* impigliar, y. r.
V. 122. Vèr lo fiume real, tanto veloce-
Fiume real, in questo significato.
v. 123. Si minò. v. r.
y- 133. Ricordati di me, che son la Pia-
Nome pioprio con V articolo , come la Pentesilea .
. (Inf. e. IV. V. 124.)
y. 135. Innanellata. v. r.
y. 136. Disposando, y« r.
CANTO VI.
y. 6- E qual da lato gli si reca a mente .
Elocuzione .
y. 15- E l' altre che annegò correndo in caccia.
Annegò . senxa il si
T. 20. InveegÌH . e. r.
V. 47. Velia, y. r.
V. 34. Ma 'I làlto è il' altra forma che luw slanci .
Slaiiti , iti questo significato.
V. 56. Colui che gi& sì cuopre de la costa .
Colui, al Solp.
*. 58. Ma vedi là un'anima, ch'a posta.
Poi fa , nome .
T. 69. Dimanilo. t. r.
T. 75. De la tua tetra: e Fiin l' altro ahhraecia«.
Come t'abbracciano? -Vedi di sopra e- U. ». '9- e 6j .
L. M. R.
V.92. Inla.v.r.
T. 127. A vergognarti vien de la tua fiima-
Bellissimo.
T. 126. Parteggiando, t. r.
T. 136. Or ti U lieta, che la hai ben onde .
Elocuiione .
V. 1^1. Fecero al viver bene nn picciol cenno
Verso di le.
Elocuzione .
CANTO VII.
T. 1. Poscia che l'nccoglienze oneste e liete .
Furo iterate tre e quattro volte.
Versi mescolati dal Boccaccio ira le prosa.
V- 7. Io son Virgilio : e , per nuli' altro rio .
H'o, assolutamente.
V. 1 5. E abl)rBociollo ove 'l minor s' appiglia ■
Come l'abbraccia ? — Vedi al v. 75. del canto pre
dente. L. M. B.
V. 21. Dimmi, se vien d'Intèrno e di quel cMostraT
O' inferno , senui l' articolo.
T, 28. Loca ^ U giù non tristo da martiri.
l«co è in Inferno. (Inf. e. XVIH. ». 1. )
V. 31. Parvoli. V. r.
v. 38. Dà noi , perchè venir possiam piii tosto.
Dà noi . senza l'a.
V. 47, Merrò. v. r.
V. 56. Cile la notturna tenebra , ad tr sui
Tinebra , nel nnmero del meno .
V. 59. E pHHeggiar la costa intomo errando*
61
Pa$^g^tar^ col quarto caao .
T. 70. Sghembo. ▼. r.
T. 75. In l'ora, t. r.
T. 7q. Non ayea por natnra m dipinto^
Ma di soavità di mille odori
Vi &cea un incognito indistinto.
Belliiaimo.
T. 1 01 . Fu meglio . t. r.
T. 120. Retaggio. ▼. e
CANTO vm.
r. 19. Agnzra mii, lettor, hen gli occU ni iKro.
Fa mentione dell' allegorìa. ^ Y^i Ini* €• IX. r. 61.
L* Bl. R.
T. 25. UBcir de l'alto. ▼. r.
T. 30. Ventilate . t. r.
T. 45. Grazioso fia lor vederti assai.
Grazioso^ in questa senso*
T. 49. Annerava . t. r.
T. 55. Nullo bel salutar tra noi si tac<|M#-
Elocuzione .
T. 59. Stamane, t. r.
▼. 98. Vallea.. T. r.
T. 100. Tra l'erba e i fior Tenia la mala striscia.
Siritcia , nome*
T. 1 09. A giudice . t. y.
T. 13Q. Dao e oaliura AM privilegia.
Elocuzione.
T. 138. ChioTÌ.r. T.
CANTO DL
V. 7. Passi della notte, r. T.
y. 18. Alle sue tìsìou quasi i^dÌTJsiai.
Sogno distinto dall' imita^ioiia.
T. 27. Disdegna di portarne- suso in. -pitie •.
Prede . — Cambiamento cbe pefe- folesse introdurre nel
testo f ma tì s'oppongono tutti i mar oscilliti iìiioni cono-
sciuti, ed ancLe i Barberiniani . li. M..R..
T. 28. Botata • y r.
y. 33. Cbe conyenne cbe il sonno si rgwpcsaa .
Sonno rotto .
y. 38. Trafugò, y. r.
T. 52. Diimi iieir«)lMi die precede el giorao;
•ino al T. 63.
Nota.
T. 57. Si l'igeroleri per U ma ria.
ElociuioDe •
V. 58.'Gentil forme, rr.
r. 63. Ad un* ■ ▼• r.
T. 78. Portiere.», r.
T. 83. Rifletteva. T. r.
». 85. Costinci.», r.
». 91. Ed ella i pauì Toetri in Itene a»uui .
Eloctuione.
». 102. Spiccia.», r.
108. Serrarne. ». r. /
». 1 11 . Ma pria ne) petto tre Gate mi diedi .
.Pia^e, bÌBsitlaba.
».144. Stoa.T.r.
CANTO X.
». 1. Poi fiimmo. ». r.
». 2. Disusa.», r.
». 24. Misurrebbe. v r.
».25. E quanto l'occbio mio potea trard' ale.
Elocoxione .
V. 33. Ma la natora gli a»erehbe Komo .
Elocuzione .
». 34. L' Ansel cbe venne in terra col decxet* ;
■ino al »er»o 43.
BeUissima e mirabile .
». 58. Dinanzi parea gente , e tutta quanta ;
sino al ». 70.
Espresaione mirabile .
». 65. Trescando . ». r.
». 67. Di centra effistata ad una vista .
fitta; per luogo onde si »ede.
». 71 , Per arrisar da presto un' altra storia .
Avvitare^ in qaesto significato.
». 74. Prince. » . r. (Qmì nell'ed. del Sessa.)
». 78. Atteggiata. ▼■ r.
». 79. Dintorno a lui parea calcato e pieno
Di ca»alieri .
Elocuzione ■
»■ 81. Morieoo . v. r.
65
y. 116. Rannicchia, t. r.
▼.118. DìsTiticchia . ▼. r.
▼. 1 27. Galla . v. r.
▼.131. Mensola. T.r.
▼. 133. Rancura, v. r.
CANTO XI.
▼. 19. Adona, t r»
V. 28. Disparmente . t. r.
T. 30» Purgando le caligini dèi mondo.
Bel verso!
▼. 43. Che questi che yien meco , per V incarco
De la carne d' Adamo .
Elocuzione .
▼. 58. Io fui Latino, e nato d'un gran Tosco.
Latino j italiano; onde neirinfemo d'un Romagnuolo:
Questi è Latino.
V. 68. Snperhia fé', che tutti i mici consorti.
Consorti f non solo del sangue, ma della ibrtuna e dei
coatnmi.
▼• 79. Oh, dissi luì, non se' tu Oderisi?
Dissi iuij qaasi sempre senza l'a.
T. 81. Parisi. V. r.
T. 103. Scindi, y. r.
▼.115. Nominanza . v. r.
T. 118. Incora . v. r.
T. 119. Appiani, t. r.
T. 123. A recar Siena tutta a le sue mani.
Elocuzione ^
CANTO xn.
▼. 6. Quantunque . t.. v^
▼. 1 7. Terragne . ▼. r..
T. 27. Folgoreggiando . ▼. r. Nelle chiose ai preceden-^
ti Tersi il Landino dice : « né sia chi vituperi il poeta, che
« con le cose vere di Lucifero mescoli le false, cioè le
« parole de'Titani » -Torquato vi annota: Contra iprinr
▼. o5. Tratti . v. r.
V. 66. Mirar fàrieno un ingegno sottile.
Mirarr , per maravigliare .
▼. 67. Morti li morti , e i vivi parén vivi .
e
«4
Non TÌde me' di me, chi Tide il Tero^'
^H^aant' io calcai ^ finché chinato gÌTÌ.
Mirabile.
T. 70. Superbite, t. r.
T. 81. Sesta ancella del dì. t. r.
T. 82. Di riTcrensia il tìbo e gli atti adoma.
Elocusione.
T. 84. Pensa che questo di mai non raggiorna •
Eloctuione .
T. 89. Bianco Testita . t. r.
T. 90. Par , tremolando, mattatina stella.
Elocnsione .
T. 103. Foga. T. r»
T. 105. Doga. T. r.
CANTO xm.
T. 2. Risega. t. r.
T. 3. Dismala. T. r.
T. 9. Petraja . ▼. r.
T. 12. Eletta. T. r.
T. 18. Dicea , come condor si Tnol qninc' éntro*
Quìnc' eniroj per qui entro. •
T. 32. Per allungarsi, un' altra : io son Oreste ,
Passi gridando.
Accoppia spesso l'istorie sacre con le &Tole gentilL
▼• 62. jBisogna. v. r.
T. 67. Approda . t. r.
T. 69. Luce del ciel di sé largir noti raole «
Elocuzione.
T. 83. G>stura . t. r.
T; 94. O firate mio , ciattona è cittadina
D'una vera città: ma tu vuoi dire,
Che Trresse in Italia peregrina .
Bellissimo.
T. 114. Già discendendo Parco de' miei «noi.
Elocuzione •
1. 118. Rotti fur quiTi, e Tolti negli amari
Passi di fuga.
Elocusione.
T. 133. Gli occhi , diss' io, mi fien ancor qui tolti.
Dante poco invidioso , e molto superbo .
T. 150. Rinfiuni . ▼. r.*
6S
CAUTO XIV.
T. 6. E dolcenenie, A che parli, «ccolo.
jiccolon con / semplice ; cosi disse di sopra rifemi.
T. 28. Intendimento aecamo. ¥• r*
T. 27. Por com'nom & de T orribili cose.
Elocnsione .
T. 29. Sdebitò. T.r.
T. 46. Botoli. T. r.
T. 47. Ringhiosi, t. r.
T. 56. Animenta . t. r.
T. 76. Perchè lo spirto, che di pria parlómi.
Parlami^ spesso usa di non addoppiar la consonante
lontra la regola , e li si condoni.
T. 87. Consorto, o divieto . t. r.
T. 90. Reda . t. r.
T. 143. Camo, ▼. r.
T..148. Chiamavi il cielo, e intomo ti si gini.
Mostrandovi le sne bellezze eteme:
E V occhio vostro por a terra mira»
Bellissimo.
CANTO XY.
▼• 6. Vespero Ui , e qni mezza notte era.
Là . e <7fii, ma qui posposto . Vedi il Bembo »
v. 14. Solecchio, v. r.
T. 26. Schermar a che • t. r.
T. 28. Non ti maraviffliar, s* ancor t' abbaglia
La fiuniglia del cielo.
Elocazione •
v. 36. Scalco . v. r.
T. 49. Sino a v. 57. Invidia in qnai beni.
T. 101. Che abbracciar nostra figlia, o Piiiftrato.
Nota che Dante masi sempre accoppia le cose sacre
con le gentili ; cosi na fatto in tutte le figure del Purga-
torio.
V. 122. Velando gli ocdii , e con la gambe avvolte ^
Elocuzione.
T. 135. Xhsammato. v. r.
V. 137. Frugare, v. r.
V. 141. Serotini, v. r.
T. 144.. Cansani..T«r..
66
CANTO XVI.
T. 1. al 3. Parto dell* Ariosto.
T. 5. Fnmmo . v. r.
T. 48. Al quale ha or ciascun disteso Tarco»
Disteso ^ per il contrario di teso.
T. 64. 114. Nota.
Y. 103. Ben puoi veder, cbe la mala condotta.
Cttniiutta, per condottiere.
T. 118. Or pnò sicuramente indi passarsi.
Indi , per di là .
T. 142. Baja. t. r.
T. 143. Già biancbeggiare : e mi convien partirmi.
Mi convien partirmi ; nu lo raddoppia .
CANTO XVH.
T. 13. O imaginatiyay cbe ne rube.
Imaginazione .
V. t5. Tube. T. r.
▼. 31. Bompeo. v. r.
▼. 34. Surse in mia Tisfone una fiinciulla.
Elocuzione.
T. 38. Or m' bai perduta: io son essa, cbe lutto.
LfUtOy verbo.
V. 46. Io mi Tolgea per veder ove io fosse .
Ifossf , prima persona .
V. 57. E col suo lume se medesmo cela.
Elocuzione.
V. 58. Seco. V. r.
V. 62. Abbui. V. r.
V. 68. Ventarmi . v. r.
V. 84. Se i pie FÌ stanno, non stea tuo sermone.
Sfr/t j COSÌ sempre il Boccaccio .
T. 86. Di suo dover quiritta si ristora.
Qui ruta , come a^st mei ritta , avverbio.
T. 91 . Né creator , né creatura mai ,
Cominciò ei, fìgliuol, fu sanza amore ^
O naturai o d' animo ; e tu '1 sai .
Neir Inferno mette per cagione universale de' peccati
della malizia l'ingiuria, e qui per cagione d'ogni errore
l'amore. Amore naturale intenderei piuttosto quello cbe
si contraddistingue da sensitivo; e intellettivo^ cbe segue
67
la cognizione d' nna inteìligenza non errante , quando k
in soggetti privi di senso e a intelletto; d'animo, abbrac-
cia queeli altri due membri, cioè intellettiTO e sensitivo .
Y. 1 1 1 . Da quello odiare o^ni affetto è deciso .
Concedendo quei che è dubbio, cbe i dannati deside-
rino di non essere, odierfano Dio. Ma forse Dante intende
ogni affetto dell'uomo, perchè qui si purgano i peccati
&tti dall' uomo nella yita .
T. 115. E chi, per esser suo vicin, soppresso.
▼.118. E chi podere , grazia , onore e fama .
Di queste due sorte d' amore , che son torte al male ,
nissuna mi pare convenire al superbo , ma l' una e T altra
airinvido. Dante nondimeno una al superbo, e l'altra
all'invido par che attribuisca .
CANTO XVUi
▼.15. Contraro . ▼. r.
▼. 25. E se risolto in ▼er di lei si piega .
In ver , col secondo caso .
▼. 28. Altura . ▼. r.
▼. 31 . Così r animo preso entra 'n disire ,
Cfa' è moto spiritale, e mai non posa ,
Finché la cosa amata il fe gioire .
Desire 9 moto spiritale^ dimiizioue dell'affetto. Qui
par che segua l'opinione di S. Tommaso, il quale distin-
gue l'amore dal desiderio, e ▼uole che amore altro non
sia cbe compiacimento , al qual compiacimento seguiti il
desiderio, cbe è moto, sinché si quieti nel piacere.
V. 35. Avvera . ▼. r. ,
V. 37. Perocché forse appar la sua matera .
Primi motus .
Il Cielo i ▼ostri movimenti inizia. (Purg. e. XVI.
V. 73.)
▼. 40. Seguace ingegno . ▼. r.
▼. 47. Dir ti poBs' io: da indi in là t'aspetta
Pur a Beatrice .
Elocuzione .
T. 53. Ma che . ▼. r. •
▼. 87. Vana. ▼. r.
V. 94. Falca . ▼. r.
▼. 1 00. Maria corse con firetta alla montagna :
E Cesare*
Quel che é notato di sopra, come sempre accoppia le
cose sacre con le gentili.
m
T. 109. Quatti ch0 me (e ccnrto i' wm ^i bagio).
Bugio, rerìio.
T. 133. Diretro. T.r.
T. 1 ^7. Fino a la fine col figlio d' Andiitt .
Sacra proiinis.
T. 145. Sogno.
CANTO XDL
V. 7. E seg. Soffilo*
T. 8. Negli ocelli gaercia e sorra i pie distorta .
Così disse, S(h^ra i pie leggiero» (Ini e XZI. t. 33.)
T. 9. Scialba. ▼. r*
Y. 18. Intento, v. r.
▼. 23. Ausa. Y. r.
T. 27. Lunghesso me . t. r.
T. 29. Fieramente dicea : ed ei TeniTa .
Fieramente, in questo significato.
T. 33. Quel mi svegliò coTpouo che n' oacsf a.
Puzzo, maschio.
V. 49. Ventilare . ▼. r.
Y. 56. Novella vision, che a sé mi piega.
Elocuzione •
T. 62. Gli occhi rivolgi al logoro che gira.
Lontana metafora.
V. 65. Indi si volge al grido f e si protende •
Distende. — » Sembra proporre altra lesione. L. H. B.
V. 76. (> eletti di Dio, gli cai soffiriri.
Soffrirei gF infiniti in ferma 4i nome osa sposso il Boo-
cacci.
V. 81. Fnri. v. r.
V. 88. A mio senno, v. r.
V. 93. Sosta. V. r.
V. 97. Diretrì. v. r.
V. 100. Adima. v. r.
V. 112. Fino a quel pento misera e partita
Da Dio anima fili.
Elocuzione .
V. 118. Aderse, v. r. •
V. 128. Lo nostro amore , onde operar per desi.
Non dnppliea )a oonsoi^tnte .
69
CANTO XX.
▼. 18. Fame capa. t. t*
T. 24. Portato . t. r.
T. 23. Segaentementé intesi: o buon Fahrixie •
Le sacre con le profitie*
T. 26. Con poTertà yolesti anzi yirtute .
^'i"', piuttosto.
▼. 54. Tutti, fuor che nn, renduto in panni bigi.
Elocuzione .
T. 58. Che alla corona yedota promossa
La testa di mio figlio fti.
Elocuzione •
T. 73. Lancia . t. r.
T. 96, Fa dolce V ira tua nel tuo secreto .
Omero chiama dolce l' ira più che mele ,
T. 125. Brigare, t. r.
▼• 132. Occni del cielo, v. r.
▼.141. Finché '1 tremar cesso, ed ei oompiési .
Nondupplioa las.
CANTO XXL
■
▼•12. Addemmo . t. r.
▼• 25. Ma perchè lei che di e notte fisa.
I^ci 9 prima persona.
▼. 31. Ond' 10 fui tratto fhor de Tempia gola
D' Infirmo.
ly Inferno , senza T articolo ; così ooasi sempre •
▼• 35. Die dianzi il monte, e perchè tutti aduna
A una, arrerbio.
T. 40» Sanza.T. r.
▼.50. Corruscare, v.r.
▼. 83. Fora. ▼. r.
▼. 86. e 88. Spirto , e spirto in diverso senso.
ir. 90. Mertai . ▼. r.
T*113. Testeso. ▼. r.
▼.114. Lampeggiar di rìso. y. r.
r. 135. Disnìento. ▼. r«
CANTO xxn.
T.10. Quando Virgilio conuncii; Amore:
76
Acceso di YÌrt& , sempre altro accese .
Limita quel che pia generalmente disse sopra :
Amor, eh' a nullo amato amar perdona.
(Inf. e. Vi. V. 103.)
▼. 16. Benvoglienza . t. r,
▼. 22. Come potéo trovar dentro al tuo seno
Luoso avarizia tra cotanto senno •
Elocuzione .
V. 27. Ogni tuo dir d' amor m' è caro eenno .
Elocuzione .
V. 40. Perchè non reggi tu , o sacra ùtme
Dell' oro , V appetito de' mortali ?
Non come si hanno espressi i versi di Virgilio •
V. 62. Stenebraron • v. r.
V. 67. Facesti come quei che va di notte .
Sino al V. 72.
Bellissimo.
V. 70. Quando dicesti: secol si rinnova .
Secolo^ senza l'articolo.
V. 81 . Usata . v. r.
V. 82. Vennermi poi parendo tanto santi .
Elocuzione .
V. 90. Fumi . V. r.
V. 113. Evvi la fifflia di Tiresia e Teti.
Manto è posta nell'Inferno, e ora qui si dice cba è nel
limbo 9 o forse intende d' altra .
V. 118. Ancelle del giorno . v. r.
V. 1 41 . Gridò: di questo cibo avrete caro .
Caro y per carestia , usato spesso dal Villani.
V. 1 42. Poi disse : pili pensava Maria , onde , ec.
sino a4 V. 1 53.
Meschia le cose sacre alle gentili , forse per mostrarci
che tai peccati non solo sono coiilra alla religione 9 ™*
€ontra alla civilità .
V. 148. Lo secol primo, quant'oro, fu bello:
Fe'savorose con fame le ghiande,
E nettare con sete ogni ruscello.
Bellissimo .
CANTO XXUI.
V. 3. Chi dietro a V nccellin sua vita perde .
Vista. — Farmi da considerare questa variante lezione
proposta' dal lasso , L. M. R.
ir. 8. Sic. T. r.
T. 36. G)ino • T. r.
T. 40. £d eeco del profendo della testa .
Elocuzione .
y. 47. Mia conoscenza a la cambiata labbia.
Labbia , asj^tto . ^
T. 48. Ravvisare, t. r.
T. 68. Sprazzo . t. r.
T. 86. A ber lo dolce assenzio de' martiri •
Elocuzione .
T. 127. Tanto dice di &rmi sua compagna •
Elocuzione.
CANTO XXIV.
T. 1. Né '1 dir l'andar, né l'andar lui pi& lento
Ariosto.
T. 4. Rimorte . v. r.
T. 6. Di mio yiver . t. r.
T. 28» In le . ▼. r.
T. 34. Prezza . ▼. r.
T. 52 a 54. Nota .
T. 68. Suo . V. r.
T. 76. Risposi lui.
y. 84, Scolpa . T. r.
T. 97. Valcbi . V. r.
y. 105. Per esser pur allora Tolto in Idei •
Laci , come liei e quici .
T. 108. Fantolini . T. r.
T. 112. Ricreduta, y. r.
T. 123. Teseo combatter co' doppj petti .
Elocuzione. Sacra prof ani$ .
T. 127. Viyagni. y. r.
T. 136. Drizzai la testa per yeder cbi fossi .
Fosii^ terza persona .
y. 146. Olezza, y. r.
y. 150. Orezza.y. r.
CANTO XXV.
y. 4. Perchè come fa Y uom ch« non ^ affigge .
^ffiSfi^ ' per doppia g .
y. 9. Artezza . y. r.
y. 11. S'attenta, y. r.
y. 22. Aumentassi . r. r.
72
V. 26. Image. ▼. r.
T. i2. Sic . V. r.
▼. 36. Dfe . V. r.
T. 57. Le posse . ▼. r.
T. 70. Lo Motor primo à Ini si Tolge lieto
Sovra tanta arte di natura , e spira
Spirito noTO di Tirt& repleto ;
Che ciò che trova attivo quivi, tira
In sua sustanta, e fiossi un'aima sola,
Che vive e sente , e sé in sé rigira.
Bellissimo. Sé in sé rigira (intende), perchè TinteB-
dere è circolo .
v. 91. Piorno. v.r.
T. 101. Paruta. v. r.
T. 114. Sequestra, t. r.
V. 123. Calere, v. r.
v« 126. A quando a quando, v. r.
T. 131. Si tenne Diana, ed Eliee caccfonne.
Diana , bissillabo .
V. 138. Con tal cura conviene e con lai pasti*
Forse tasti si dee leggere .
CANTO XX VL
T. 3. Diceva: suarda, £^feifi\ ch'io ti scaltro.
Giù via — (Allude alla dichiarazione fotta dal Landino
nel commento. L. M. R. ) Scaltro • v. r.
T. 6. Celestro . v. r.
T. 12. Fittizio. V. r.
T. 14. Certi si feron, sempre con riguardo •
Certi j in questo significato •
T. 16. O tu che vai , non per esser più tardo,
Ma forse reverente agli altri, dopo.
Si loda.
▼• 26. Manifesto, v. r.
▼• 35. Ammusa, v. r.
V. 41. E l'altra: ne la vacca entrò Pasife.
Cose sacre e gentili .
v. 43. Rife. V. r.
V. 68. Ammuta. v. r.'
V. 69, Inurlia . v. r.
T, 70. Paruta . v.r.
y. 72. Attuta, v. r.
• n Landino nella Tavola delle voci difficili che si trova-
73
no nella DÌTÌna Commedia, alla tocc allula parki co^:
• La medesima voce usa il Boccaccio nella noTella d'A-
■ liliech, corrotta da' moderni e fatta dire altura, voca
■ nh. toscana, né lombarda e di nessun significato, b Tor-
quato vi fa questa postilla: • Tara si dice per istoppare. •
T. 79. Però sì partoa, Sodoma gridando.
Perchè i sodomiti tono paniti nel più soprano loco, se
la sodomia è maggior vixio che l'iracondia e la gola e gli
litri PC. 7
*. 87. Che s' irofoestiò ne l' imbestiate schegge .
Gregge. -- Avendo nello stampato dato Ji penna allj
voce tckeggr:. L, M. B. Imbestiò. *. r.
T. 88. Or sai nostri atti , e di che fummo r«i .
Elocuzione .
T. 101. Lunga fiata, t, r.
T. 115. Scerno, t. r.
». 117. Fu miglior Édibro del parlar materno.
Elocuzione .
T. 118. Versi d'amore e prose di romanzi,
Snpercbiò tutti.
Modo osato dal Villani.
V. 123. Prima ch'arte, o ragion per lor s'ascolti.
Per /or, tanto qu.mtorfa lor. Cosi nell'Inferno. (ci. v. 126.}
— In sna,^agion per me si vegna; e (c.XSlV.T.l 06. )
Così per li gran savi si confessa.
T. 152. Nostro, v.r.
— Nella fine di qoesto canto è posta di mano del Taiio
la seguente annotazione — :
Onde avviene che i medesimi peccati non sono puniti
nell' Inferno, e purgati nel Pnrgatovio? Non si vede nel-
r Inferno, ove si puniscano gli invidiosi ; non si vede nel
Purgatorio ove siano i ladri, gli omicidi, gli eretici, i si-
moniaci e simili. Eppur di questi peccati ancora s'impe-
tra perdono. Dante dunque e nelrnna e nell'altra parte
è diletliro.
CANTO xxvn.
V. 23. Sovresso. v. r.
». 4J. Pomo.», r.
V. 62. Non v'arrestotei ma itudiate il pau
Elocuzione.
T. 63- AniMra. ». r.
J
74
^. 77. Franse, v. r.
V. 81. Poffgiato. T. r.
T. 90. Solere, t. r.
T. 96. Che di fuoco d'amor par sempre ardente •
' Elocuzione .
Y. 100. Sappia qualunque il mio nome dimanda.
Qualunque , sema altro sostantivo.
T. 101. Io mi son. t. r.
T. 105. Ammiraglio, t. r.
V. 1 1 7. Fami . ▼. r.
T. 119. Strenne. ▼. r.
▼. 132. Fuor se' de l'erte yie, fuor se* dell' arte.
Arte^ altrove disse arteua .
T. 141. E &llo fora non fiir a suo senno.
A suo senno j elezion retta .
CANTO xxvin.
T. 2. La divina foresta spessa e viva .
Vedi che non intende che cosa sia divina foresti^m - Cosi
il Tasso annota accanto alla chiosa del Landino. L. Bl R*
V. 8. Avere in sé mi feria per la fronte
Non di più colpo che soave vento .
Elocuzione . Cosi nelle rime:
£ dàlie per lo cor d' una saetta. •
V. 18. Che tenevan bordone a le sue rime.
Sue^ nel meno.
T. 30. Verso di quella che nulla nasconde .
yerso , a lato ; verso di /e, nell' Inferno .
V. 43. Deh bella donna , che a' raesi d' amore
Ti scaldi, s'io vo' creder a' sembianti,
Che soglion esser testimon del core.
Bellissimo.
V. 60. Intendimenti . v. r.
V. 74. Mareggiare . v. r.
T. 79. Meravigliando tiensi alcun sospetto.
Altrove: Meravigliando diventaro smorte.
(Purg. ^. II. V. 69.)
V. 95. Diffalta. v. r.
V. 114. Legna, v. r.
V. 122. Che ristori vapor che gfel converta.
Che il cicl . •«- Qui pure richiama al margine la di-
chiarazione del Landiao . L. M. R.
75
CANTO XXDL
T. 16. Un lustro, t. r.
T. 30. Lnnga fiata . t. r*
T. 44. Falsava nel parer il lango tratto .
Elocazione.
T. 49. Ammanna . t. r.
T. 78. Onde fa V arco il Sole, e Delia il cinto.
Bellissimo .
T. 79. Questi stendali dietro eran maggiori.
Strndaìi^ voce usitatissima dal Villani.
Y. 81. Dieci passi distavan quei dijuori.
Da' fiori. — Così dal Landino. L. M. R.
V. 103. Li troverai, v. r.
T. 109. Ed esso tendea su V una e i'altr' ale .
^/e, nel numero del meno.
T. 117. Ma quel del Sol saria pover con elio .
Con elioj cioè rispetto.
▼.135. Onestato . v. r.
T. 142. Poi vidi quattro in umile paruta.
Elocuzione»
CANTO XXX.
T. 13. Novissimo • v. ^
V. 16. Basterna, v. r. '
V. 25. Ombrata, v. r.
▼. 42. Fosse . v. r.
▼. 44. Fantolin. v. r.
T. 51. Virgilio, a cui per mia salute diemi.
Dienti . Dante rade volte è usato di raddoppiare queste
consonanti .
V. 60. Incora . v. r.
▼. 67. Tuttoché . V. r.
V. 68. Cerchiato . v. r.
V. 70. Realmente ne V atto ancor proterva .
Elocuzione .
▼. 76. Gli acchi mi cadder giù nel chiaro fonte .
Vergogna.
V. 77. Ma veggendomi in esso, trassi a Inerba.
Elocuzione « ^< Vuole forse alludere a quello che di so-
pra notò, dell'avere cioè usato trassi, sensa il si. L.M.R»
V. 85. Siccome neve tra le vive travi.
10
Travi , femminino .
V. 92. Anzi 'I cantar di quei che notan semprc-
A'otan, per cantare,
V. 97. Lo giel che m' era 'ntorn» al cuor ristretto,
Spirito ed ucqun tiessi, e con aneoscìa
Da la ItocCH e dagli occhi usci oel petto.
Bellissimo. Dscir sempre è usato col ceniliMiqoi
secondo e col sesto ca.so ; ma il secondo de) hiogo piM
DIO, il geflb del remoto,
T. 125. Seconda eli. v. r.
V. 136. Tanto giù cadde, che tutti nrgomentl
A la salute sub eran gUi corti.
Elocuzione .
».14a. F«todiDio.T. r.
CANTO XXXI.
*. 2 e 3, Parlar per punta e per taglio, t. t.
T. 4. Cunta. V. r.
T. 6 al V. 8. Nota.
V. 13. Conittsione « paura iniìeme miste
Mi pinser un tal sì fuor de la bocca.
Al qual intender fiir mestier le viste.
Bellinìmo.
V. 18. Foga.T. r.
T. 13. Sottesso. T. r.
T. 20, Sgorgando, t. r.
T. 31. Tratta d'nn sospiro, t. r
V. 58. Sino al T. 53 . Bellissimo .
*. 62. Dinanzi da. v. r.
T. 64. Qual i foncialli, vergognando, mati-
ferffo^iìando , così Ìl Petrarca.
▼. 66. Ripentuti . t. r,
▼. 67. Quando, v. r.
T. 70. Dibarba. t. t.
r. 71, Nostrale, t. r.
r. 78, Apparsione- ». r.
V. 90. Salsi. T.r.
T. 94. Insino a gola. v. r-
T. 109. Menremti. V. r.
V. 116. Posto t'avem dinanzi a gli sraeral
Smeraldi, agli occhi, non so con qual conTeniw*'
r. 123. Or con uni, or con altri reggimenti
! Jlrgp'menli in qnuto senso, e nella Cantone della
bilti: Con rrgginirnli orili.
r.1Zti. lào\o.
1. 1 32. Daiirniido al l«ro angelico cariho ,
Garilia. - Ricbìnma qui la letione «lei comment* c)ie
priho, e non caribo. L. M. R.
(.139. O Uplendor di viva luce flfroa-
hfUndor, precedente la vocale.
CASTO XXXlt
r.4. Ed gmì quinci e quindi »\fa parete
Di non caler,
him metafora.
'.10. Ee.*. r.
.18. Fee. V. r.
i 31. SI pBsseggÌHndb l'alia &eU'ii vola.
Passeggiare, con l'accusativo.
> 32. Colpa , crese . v. r.
35. EniW>. T. r.
;59. Di foglia e d'altra ironda in ciaacnn ramo.
Distingue foglia da tronda.
(i43. Discindi.T. r.
'- 50. Traiselo al pi^ de la vedova frasca.
'tdovajrasca. Frasca , non teglia, ma ramo 0 lami-
O, percbè di sopra ha detto;
nna pianta dispogliata
Di foslia e d'altra fronda in ciaACitn ramo:
n Koggiangendo,
Trasselo al pi^ della vedova frasca,
[ altra cosa si può significar* per qssslo nome che
■Bo fronda.
, 55. Turgide . v. r,
, 59. Novo . ». r.
. 60. Ramora. v. r.
, 62. L'inno, che quella genlt> alW caittaro.
krs in trnsla necart. — Qui nota Tor()uato p^r que-
etempio tratto do Virgilio, the anbe i I atini nwiva-
l' accordai e ai rrmi collettivi, tuttfcrb^ rdopnatì in
■ero singolare , t verbi nel numero del più . L. Al, R.
. 64. Aasonraro. y. r.
'. 73. Quale a veder de' fioretti dei melo.
''rilrr, col genitivo.
N 61 ' £d al maestra suo cangiata stola .
J
Suo, nel più.
». 95. Planatro. w. r.
Y. 105. Ritornato di Ik, fa che ta icrìve ■
Scrive, geconda persona del Bnbjantivo.
V.112. CcceldiGioTC.T. r.
T. 115. £ fierfoìl carro dì totU sna bm-
Altrore ( Pnrg. e. XIV. t. 59.)
E me percaota di tutta sua fona-
t. 116. Fortuna.*, r.
T. 121. Ma riprendendo lei di laide colpa.
Laide, }>ÌBÌÌ)td>o.
T. 1 28. Tal Toce nsd del cielo , e colai disie ■
CotalycoA.
▼.131. Trambo lerote,eTÌdi mcimeun drag*.
Ti-amòo, tra ambo, collisione, segnente a.
T. 142. Dificio. Y. r.
Y. 152. Di costa. Y.r.
Y. 1 54. Ma perchè l' occhio cupido e Yagante ■
Elocuzione .
Y. 156. La flagellò dal capo infia le piante .
ÌR/!n , col qnwto caso .
CANTO xxxm.
Y. 15. Ristette. Y.r.
Y. 23. T'attenti. Y.r.
Y. 29. Bisogna, y. r.
Y. 44. Fuia.Y. r.
Y. 54. Del viver, eh' i un correr a la nuvte.
Nota.
Y. 57. Dimbata. Y. r.
▼. 58. Qualunque . y. r.
Y. 59. Bestemmia di &tto . v. r.
Y. 92. Straniar me . v. r.
V. 96. Beesti.v.r.
Y. 104. Teneva il Sole il cerchio di merigfl.
Accorda merige con affi^fs e vestige, che si scrivono
per aempUce g.
V. 135. Donnescamente, y. r.
Y. 143. Rinnovellate di novella fronda.
Puro e disposto a salire a le stelle.
Elocucione .
POSTILLE
DI
TORQUATO TASSO
AL PARADISO.
CANTO I.
T. 6. Fui io Y. r. Vedi Inf. e. XXII. t. 48. L. M. B.
». 30. Colpa e vergogna . ». r.
▼. 37. Surge a' mortali per direrse foci
La [ucerna del mondo.
Ripreso dal Casa nel Galateo, e difeso dal Vitlorio so-
na Demetrio.
T- 49. E sì come secondo raggio saole.
Considera l'applicazione di questa comparaiion»-
T. 62. Essere aggiunto , come quei che puole ,
Aresse il ciel d' un altro Sole adorno .
Cam* quelle aveste , invece di come se quelli .
». 84. Acume . ». r.
», 95. Sorrise, t. r.
f. 101. Gli occhi dririb Ter me con quel sembiante,
Che madre fa sopra fìgliuol deliro.
Elocfuiono .
T. 104. Ordine è ferma dell' universo.
T. 1 1 3. Per lo gran mar dell* essere .
Elocuzione .
CANTO ir.
». 3. Retro al mio legno che cantando varcK.
Varca , assolutamente posto .
T. 9. E nove Muse mi aimostrsn l'Orse.
Nave niui'c, aenu articolo.
V. 11. Pan deeli angeli, v. r.
». 13. Alto sala.», r-
/
T. 14. NsTÌgio. V. r.
V. 20. Deiforme. ». r.
T, 23. E forse in tanto in quanto nn q
" ■ ■ ■ del mei
Quadre!, nel
T. 34, Prf entro, t, r.
V. 36. Raggio dì luce, permanendo a
. . poi, dietro a'
a ragione ha cor
cii fecesser tanto r
Bellissimo
T. 67. Se r
La prima ragione^ col negnre l'indueuce, tk a t«rn,
T.84. Falsificalo, r. y.
V. 96. Fonte ai rivi dell'arti, t, r.
T. 99. Iraiii'iu^ tra ambo.
108. Frimai.», r.
T. 112. Dentro «lai ciel della divina pace.
Elocuzione.
T. 1 25. Per esto loco al vero che desiri . ■
Deliri , verbo.
». 132. Image. ▼. r.
CANTO m.
T. 7. Ma'visfon apparve, che ritenne.
fisica, per vista, non per sosno .
V. 11. Nitide, y.r.
T. 12. Persi.», r.
T. 29. Vere sastaniie «in ciò che tu Yedi.
Nota la forniflla.
». 30. Qui rilegate per manco di «ole.
Manco, mancamento.
V. 40. Gnufoso mi fia, te mi contenti.
Grazialo, in questo significat«.
T. 46. Sorella . v. r.
T. 54. Leticia han del suo ordine formati.
Letiziai. — (Nel commento del Vellutello si te^gc leti-
lian, nongià letìzia Uaii, onde il Tasso lo nota.)
». 55. E questa sorte che par giù cotanto.
Nota simile alla precedente: accorda sopra il nent
lingotare cot plurale, e qui col singolare temminino.
T. 60. Che vi trasmuta da'prìmi concetti.
Elocuiioue.
T. 72. Asseta. »
legge leti-
a.)L. M. R.
81
T. 89. In cielo è Paradiso, etsi la grastm.
£tsij ancorcliè, alla latina.
T. 97. Inciela, t. r.
T. 98 a la cui norma
Nel Tostro mondo gii si Teste e Tela .
Elocuzione .
T. 1 05. E promisi la Tia de la sua setta .
Elocazione.
T. 108. Iddio si sa, qual poi mia Tita fusi •
Iddio , in Terso rade Tolte .
T. 116. Gontra suo grado, t. r.
T. 122. Vanfo.T.r.
T. 125. Perse, t. r.
T. 128. Ma quella folgorò nel mio sguardo.
Mio, io e tuo molte Tolte sono osate hìssiUabi da Dante
in mezzo il Terso ; il Petrarca una Tolta sola m/o- accolga
ii mio spirto -, e ciò per la corrispondenza •
CANTO IV.
T. 4. Si si , T. r.
T. 6. Si si starebbe un cane intra due dame .
Dame, per un m .
T. 1 3. Fessi Beatrice , qual fé' Daniello .
Considera V applicazione .
T. 28. India . t. r.
T, 36. Spiro. T. r.
T. 78. Torza. t. r.
T. 101. Contro a grato, t. r.
T. 121. Amanza, t. r.
T. 122. Render toì. t. r.
T. 130. Lustra, t. r.
T.132. Collo. T.r.
CANTO Vi
T. 10. Seduce . t. r.
T. 10 al 12. Nota.
T. 59. Sorpresa, t. r.
T. 72. Colto . T. r.
T. 86. Disiante . t. r.
T. 101. Traggono i peéci a ciò cbeTien di fuori.
Traggono . senza il si .
T. 125. Nel proprio lume , e che da gli occhi 'I traggt-
Mei primo Inne . — Emenda lo stampato^ e
ÌM yoce priiprio. L. M. R.
T. 133. E gli stessi, t. r.
CANTO VI.
▼. 7. E sotto l' omhra de le sacre penne .
• Venite all'ombra de' gran gigli d'oro.
(Caro,Can»)ne ). L. M. R.
T. 12. Dentro a le leggi trassi il troppo e '1 vano.
Eloca rio ne .
▼• 23. A Dio per grazia piacque dì spirarmi
L'alto lavoro.
Spirare il lavoro , come spirare la vendetta ,
Uaato dal Petrarca .
T. 26. Destra del ciel. t. r.
▼. 53. E cbi *1. ¥. r.
T.46. Cirio. T.r.
f- 66. Sì che al Nil caldo re'sentir del dnolo.
Elocazione .
T. 70. Da onde . t. r.
T. 112. Correda. T.r.
CANTO va.
T. 12. Diweta , T. r.
▼.21. MI^.T. r.
T. 37. Ma per se stessa fu ella sbandita
Di Paradiso .
Di Pitradìso . e non del.
T. 43. Ingiuria.*, r.
T. 51. Vcngiala . t. r.
T. 69. Imprenta . t. r. - -
T. 87. Di Paradiso . t. r.
T. 99. Ohediendo. y. t,
T.113. Fie.T. r.
T. 130. Paese sincero . t. r.
T. 139. Bruto. ¥. r.
▼■ 145. E quinci puoi argomentare ancora
Vostra resuireiion , se lu ripensi
Come r umana carne fessi allora
Che li primi parenti intramha fènsi.
_ Argomenta Dante l' eternità della carne db qoestft,
cioi che procedesse da Dio immediatamente . Ma come
83
f procede immediatamente, se la compose di terra? Non
a produsse immediatamente 9 se si riguarda la cagione
immateriale) ma sì chi riguarda l' efficiente .
CANTO vra.
▼.1. Pericle. T. r.
Y. 12« G>ppa. T. r.
T. 23. Festmi . v. r.
▼. 33. Givi . V. r.
T. 55. Assai m' amasti, ed avesti ben onde.
Elocnxione .
T. 64. Fulgea. v. r.
T. 67. Caliga, v. t.
T. 181, Fogna, v. r.
T. 105. Cocca, v. r.
T. 108. Che non sarebber arti, ma mine.
Bellissimo.
T. 114. Che la natura, in quel eh' è uopo, stanchi •
Stancki , senza il si .
T. 12x Quello, v.r.
▼. 126. Pene. v. r.
T. 132. Da si Til padre, che si rende a Marte.
Elocuzione . ^<- Rade volte risurge per li rami eq^
T. 1 l7. E fiite re di tal , eh' è da sermone •
Elocuzione .
CANTO IX.
▼. 15. Chiarire , v. r.
▼• 31. D' una radice nacqui ed io ed ella .
Non continua la metafora, che da radice venga la fa^^
cella.
T. 61. Su sono specchi, voi dicete ec.
Così Omero, Xanto il chiamavano gli Dei, e gli nomi-
ni Scamandro .
v. 79. Letiziar . v. r.
▼. 73. Dio vede tutto, e tuo veder s' illuia •
Rlida , come immia , intua . Vedi piik sotto .
V. 88. Litorano . v. r.
V. 92. Bugea siede, e la terra ond' io fui .
Elocuzione .
V. 98. Nojando ed a Sicheo ed a Creusa.
Nojando , col terzo caso .
84
T. 103. Non però qui si pente, ma si rìde.
Pente , assolato •
T. 71 5. Si trvKpilU . ▼. r.
▼.124. FaTorò. ▼. r.
CANTO X.
▼. 1 3. Da indi si dirama . t. r.
▼. 28. Lo ministro maggior de la aatnra*
Notabile.
T. 29. Imprenta. y. r.
▼. 32. Spire, t. r.
y. 35. Non m' accors' Io , se non com' uom s' accorga
Se^ col soggiuntìyo.
y. 44. Sì noi direi. ^ Notabile-
y. 51. Fifflia. y. r.
y* 53. Il Sol degli angeli . y. r. ^
y. 56. A diyozion, ed a rendersi a Dio.
Elocazione •
y. 61. Ma si se ne rise. — Notabile,
y. 70. Riyegno. y. r.
y. 87. U' discende . y. r.
y. 93. Ayyalora. y. r.
y. 1 03. Serto . r. y.
y. 110. Spira di tal amor . y. r.
y. 133. Rigaardo. y. r.
V. 141. Mattinare, y. r.
y. 143. Tin tin sonando con sì dolce nota .
Tin Un , yoce finta , come cricch .
y. 1 48. Insempra . y. r.
CANTO XI.
y. 4. Jara . ▼. r.
y. 11. M'era, y. r.
y. 15. Candele, y. r. ì
▼. 31. Perocch' andasse yer lo sao diletw.
Perocché t acciocché.
y. 33. Disposò, y. r.
y. 42. L'opere sae . v. r.
y. 50. Rattezza . y. r.
V. 53, Non dica Ascesi, che direbbe corto.
Elocuzione .
y. 54. Ma oriente, se proprio dir yuole .
85
Propio.
T. 63. Dispetta .T. r*
T. 88. Né gli gravìt viltà di caor le ciglia .
Elocazione .
V. 89, Fi . ▼. r.
^ 91. Ma regahnente sua durar intsiiztane .
Elocuzione.
T. 106. Crudo sasso. ▼. r.
▼. 108, Portama. ▼. r.
T. 112. Giuste erede, v. r,
▼• 137. Si scheggia . t. r.
CANTO Jffl.
T. 10. Tenera nube. t. r.
T. 25S. Tripudio— V. r.
T. 23. SI del cantare, e sé del fiammeggiarsi.
Sì e sì : Sì del cammino^ e ti della piei-aie.
(Iii£II. ▼. 5.)
T. 26. I move . t. r.
▼. 35. Ad una . t. r.
T. 55. Drudo . Y. r.
T. 56. Aileta. t. r.
T. 61 • Sponsalizie . ▼. r.
T. 84. Ma per amor de la Terace manna .'
Ferace manna ^ la scienza legale.
T. 127. Io son la rita di Bonarrentura.
Fita^ in questo senso .
T. 129. Sempre posposi la sinistra cura.
Sinistra etèra ^ 1 aztooe.
T. 142. Inyeggiare. v. r.
CANTO Xffl.
Y. 1. Imagini, chi ben intender eupe.
Ifnaginì , senza il si .
T. 23. Chiana . t. r.
T. 99. Attesersi a noi . ▼. r.
▼. 33. Fumi . T. T.
T. 43. Quantunque a tutto . t* r.
y. 56. Disuna . y. r.
y. 71. Frutta, y. r.
y. 97. Enno . y. r.
y. 118. Perohé egli incontra che piì Tolte piega
66
Ineontray jfet arriene.
T. 140. OttQi^re . t. r.
CAUTO XIV.
Y. 6. Vita di Tommaso. T.r. —Vedi al ▼.127. dei pie-
cedente canto . L. M. R.
y. 13. Diteli, se la luce onde s' infiora.
Infiorarsi della luce , non risponde la metafora .
V. 20. A la fiata, v. r.
▼. 24. Torneare, mira. ▼. r.
T. 26. Quive. ▼. r.
▼. 28. Queir uno e due e tre, che sempra tìtc,
£ regna sempre in tre e due e uno ,
Non circoscritto , e tutto circoscriTe .
Bellissimo .
▼. 54. Parvenza, t. r.
▼. 68. Lustro. ▼. r.
T. 77. Candente, t. r.
▼. 83. Translato . t. r.
T. 87. Roggio . T. r.
T. 93. Litare . t. r.
▼. 94. Lucore, robbi. v. r.
' V. 97. Maggi . ▼. r.
▼.108. Ajbor.v. r.
▼. 114. Minuzie . ▼. r.
▼. 115. Muoversi per lo raggio onde si lista
Talvolta r ombra.
Elocuzione .
V. 119. Di molte corde fan dolce limtinno.
Tintinno , voce finta .
V. 1 21 . Apparinno . v. r.
V. 122. Meloda. v. r.
CANTO XV.
▼. 3. Lira del cielo . v. r.
V. 6. Destra del cielo. ▼. r.
V. 9. Cb' io le pregasse a tacer fur concorde .
Concorde^ nel numero del più.
V. 20. Astro . ▼. r.
V. 22. Nastro . ▼. r.
V. 27. Elisir. V. r.
V. 28. O sanguis mcus , o super infusa ec.
87
Usa Dante le parole e i Tersi intieri latini anai più
ipesso nel Paradiso, cbe nell' Inferno e nel Purgatorio; •
molte Tolte usa la Toce latina , sebben quel luogo è capar
ce egualmente della toscana, quasi giudicasse le parole
latine esser più atte ad esprimere la maestà e V altezza
dei concetti del Paradiso •
T. 31 . Attesi a lui . t. r.
T. 39. GV io non intesi ^d parlò profondo.
Profondo i aTTcrbio.
T. 54- Gbe a V alto toIo ti Testi le piume.
Elocuzione .
T. 59. Gaudioso . t. r.
T. 71 . Pria cb' io parlasse : a arrosemi un cenno •
jérrisemi , dee forse dire . — £ così ha V edizione degli
Accademici. L. M. R.
T. 8(5. Ingemmi . v. r.
T. 88. O fronda mia , in cbe io compiacemmi .
Compì acemmij da compiacei .
T. 101. Contigìate. t. r.
T. 128. UnaCiangbella, un La^ Salterello*
Lapo Salterello , non Salterelli •
T. 132. Cittadinanza, t. r.
T.137. ValdiPado.T. r.
CAUTO xyi.
T* 7. Ben se' tu manto, cbe tosto raccorce.
Raccorce , passiTamente •
▼•11. PersCTra. t. r.
▼• 41. Otc si troTa pria l' ultimo sesto .
Sestieri.
T. 102. Pome. T. r.
T. 115. Oltracotata. T. r.
T. 153. A ritroso • t. r.
CAUTO xvn.
T. 12. A dir la sete, si cbe V uom ti mesca.
Mésca ^ assolutamente per dar bere, alla latina.
T. 1S. Insusi. T. r.
T. 21 . Mondo defunto . t. r.
T. 24. Tetragono . t. r.
T. 27. Che saetta praTisa TÌen più lenta .
8»
Migliorato dal Petrarca : — che
riaga per allentar d' arco non sana *
▼. 33. Peccata. ▼. r.
T. 55. Tu lascerai ogni cosa diletta
Più caramente.
Elocazione .
T. 88. A lui t'aspetta ed a' suoi benefici.
£ Wuzione .
V. 98. Infìitnra. t. r.
T. 127. Ma nondime», rimossa ogni mencogim,
Tutta tua Tiston fiai manifesta .
Danqae questa fu yisione .
Y. 1 3^. Questo tuo grido &rik eorae f«Bto ;
( sino al T. 36. )
Noto*
▼. 140. Haja. r. r.
CANTO XVIlf.
▼. 12. SoTra sé taat») s' altri nao la gnidi .
Se^ col subjuntivo.
T. 19. Lume d'un sorriso. ¥. r.
T. 32. Di gran Toce . v. r.
T. 41. Roteando, t. r.
T. 43. Paleo . y. r.
Y. 77. VoUtondo y. r.
Y. 1 00. Cioccbi Y. r.
CANTO XJX.
Y. 3. Conserte . y. r.
Y. 7. Testeso. y. r.
Y. 21. Image. y. r.
Y. 35. Applaude, y. r.
Y. 60. Com' occhio per lo mar entro s' interna .
Entro , con internarsi .
Y. 65. Tenèbra, y. r.
Y. 67. Làtèbra . y. r.
Y. 91. SoYTesso. Y. r.
Y. 97. Roteando, y. r.
Y. 109. Etiope. Y. r.
Y. 119. Falseggiare, y. r.
Y. 120. Cotenna, y. r.
Y. 131. Isola del foco . v. r.
89
CANTO XX.
T. 12. Cadaci. ▼• r.
T. 14. Favilli. V. r.
T. 18. Squilli. T. r.
T. 19. Udir mi parre nn mormorar di fiumt;
(sino al ▼. 3o. )
Ènersia grandissima.
T, 1 00. La prima yita del ciglio e la quinta.
F'ita , per anima spesso usata
T. 121, Drittura v. r.
CANTO XXI.
▼. 12. Scoscende • t. r.
T. 25. Dentro al cristallo, che '1 Tocabol porta.
Cristallo; non il ciel cristallino , ma quel di Saturno.
V. 29. Scaleo, v. r.
T. 52. Ed io incominciai : la mia mercede •
Mercede , in questo significato.
T. 55. Vita beata che ti stai nascosta.
f^iia j per anima spesso.
T. 59. La dolce sinfonia di Paradiso •
Sempre /// Paradiso.
▼. 72. Sorteggia . y. r.
▼. 78. A quest' officio, tra le tue consorte.
Consorte, nel numero del più*
▼. 93. A la dimanda tua non satisfera .
Voce spagnuola.
T. 94. 5' inoltra . ▼. r.
CANTO XXIL
T. 2. Parrol . ▼. r.
▼. 5. Anelo. ▼. r.
▼. 1 5. Muoi . ▼. r.
T. 17. Ma che. ▼. r.
▼. 24. AbbelliTan . t. r.
V. 43. Rilusse. v. r.
T. 73. Ma per salirla mó nessun diparte .
Salir j col quarto.
V. 78. Sacca . ▼. r.
T. 1 06. S' io tomi mai , lettore , a qual devoto m*
». 132. Etera, t. r.
T. 133 al 135. BelliMimo.
T. 1 35. Tal eh' io sorrisi del suo TÌl Mmbiante •
Elocoiione.
T. 1 44. Circa, e ricino a lui Maja e Dione .
Miija e Dione, per Mercurio « Venere.
T. 151. L'ÙQola. T. r.
CANTO xxm.
T. 2. Mati . T. r.
▼. 6. Labór. t. r.
T. 7. Previene . i. r.
▼.25, Qnale ne'pleniluniì tereni
Trìria rìde tra le ninfe eterne ,
Che dipingono il ctel per tutti i seni .
Bellini mo .
▼. 30. Viste saperne, t. r.
▼. 35. SoTrania. t. r.
T. 40. Come fuoco di nube «i disserra, sin» al T. '
Mirabile.
▼. 57. Del latte lor dolcissimo plìi pingue.
Fin/fue, nel numero del pi&.
▼■ 67. non è peleggio da piccìoU barca.
Pareccia. - Richiama alla rooe soatittitCa oAt^
to dal Velutello . L. M. B.
91
Infema. — - Accenna differente lezione. L. M. R.
T. 120. Che si IcTÒ appresso sua sentenza .
Semenza. — Emenda lo stampato. L. M. R*
▼, 124. Candori .y. r.
T. 1 30. Ob quanta è V ubertà , che si soffolce
In queir arche ricchissime , che foro
A seminar qua giù buone bobolce •
Metafora non continuata.
CANTO XXIV.
T. 1 . Sodalizio . ▼. r.
T. 8. Boratelo . ▼. r.
T. 36. Miro , V. r.
T. 81 . Non y' ayria luogo ingegno di solista .
Elocuzione .
T. 87. Inforsa , t. r.
T. 95. Acutamente si, che inverso d'ella.
Elia j secondo caso .
CANTO XXV.
▼. 29. Inclita yita. ▼. r. — Vedi in parecchi canti prt-
cedenti.L. M.R.
T. 32. Tu sai che tante fiate la figuri.
Fiate j bissillabo.
T. 66. Disasconda . y. r.
Y. 78. Repldo. V. r.
▼. 84. Infin la palma, t. r. — Vedi sopra al ▼. 13, del
e XVn. dell'Inferno. L. M.R,
V. 105. Novizia . V. r,
▼. 124. Saragli .▼. r.
CANTO XXVI-
T. 4. Risense . ▼. r.
▼. 22. Vaglio . V. r.
▼. 7 0. Dissonna . ▼. r.
T. 85. Come la fronda che flette la cima
Nel transito del vento.
Piega j e trapasso poteva dire.
V. 89. Stupendo . v. r.
▼• 104. Dante 9 la voglia tua discemo meglio.
Mai più non è nominato a nome , se non qui, e noi Por-*
9J
gatorio (e. XXX. t. 55.) da Beatrice:
Dante, perchè Virgilio se ne Tada.
▼. 119, 120. Volumi di Sol . y. r.
CANTO XXYIL
▼. 4. e 5. Riso dell'universo, v. r.
▼. 10. Dinanzi agli occhi miei le quattro face .
Face^ plurale .
▼. 1 9. Trascoloro .
▼. 26. Del sangue e de la puzza, onde il perrerso.
La puzza , e ir>9iizzo . V. Purg* e XDC, t. 36.
▼. 58. Guaschi . v. r.
▼. 70. Etera . y. r.
T. 76. Assolto . ▼. r.
T* 88. La mente innamorata , che donnea
Con la mia donna sempre .
Donnea con la mia donna, r. r.
▼.113. Precinto . t. r.
CANTO XXVffl.
y* 15. Quandunque . ▼. r.
▼. 23. Dipigne . v. r.
▼. 27. Ciene . v. r.
▼.50. Volte, ▼.r.
▼• 54. Che solo amore e luce ha per confine.
^ Amore e cognizione, nell'uno e nel!' altro de'qiuli
è riposta la beatitudine.
▼. 89. DisfìiTilla. T. r.
▼. 103. Vonno. v. r.
▼. 105. Terminonno. ▼. r.
' CANTO J3SIU
▼. 3. Zenit. ▼. r.
▼. 19. Torpente. ▼. r.
▼.24. Tricorde. ▼. r.
▼• 36. Vime, dissima. ▼• r.
▼. 56» Superbir. ▼. r.
▼• 96. Predicanti . ▼. r.
▼'•138. Appaja. ▼. r.
93
CANTO XXX.
T. 24. Soprato . ▼. r.
T. 82. Rua. V. r. ^
T. 126. Odor di lode al Sol che sempre Tenna.
Verna , in questo signiScato ^^outrario a quello usalo
neir Inferno tra i traditori , ove dice : U ombra che pres-^
so mi verna . ( In£ e. !SXXIB. ir. 1 35. )
CANTO XXSL
T. 9. S' insapora . t. r.
T. 45. Stea. ▼. r.
T. 85. Tu m'hai di servo tcatto a liberiate •
Elocuzione •
T. 94. £ '1 santo sene , acciocché tu a«sauuni.
Sene , e potea dir Teocbìe ; e di qui.€»H^reDdi ^quanto
asa più volentieri le parole latine, particolarmente nel
Paradiso*
T. 108. Or fu sì fatta la semhianra vostra?
Vostra j a Cristo . Semhra notare affetto di riverenza ia
Dante j come al v. 83. del canto che segue . L. M . R.
T* 131. Festanti v. r.
T* 1 38. Delizia . v. r,
CANTO XXXIl.
T. 4. La piaga, che Maria richiuse ed unse;
' Quella, cn è tanto hella da'suoi piedi,
E colei che l'aperse, e che la punse.
Hota costruzione .
v. 8. Disotto da costei . v. r.
V. 76. Bastavasi ne' secoli recenti .
Secoli recenti , per primi .
V. 80. Convenne a' maschi a gl'innocenti penne.
Maschili ptnne, nell'Inferno ( e. XX. v. 4d. )
V. 83 85 e 87. Sola ti può disporre a veder Cristo.
Nota religione in Dante, che non accorda mai altra rima
con Cristo.
V. 107. Di colui , che ahhelliva di Maria;
Ahh*'Uiva , passivamente senza il si .
V. 121. S' aggiusta, v. r.
V. 1 39. Ma perchè il tempo fugge che t' assonna.
Qui accenHft, che la sua sia risione , siccome sopni Gac^
ciaguida :
Questa taa yisfon & manifissta. '
(Parad-cXVU. T. 128. )
T. 145. Veramente, né forse, tu V arretri.
iVii^^alla latina.
T. 146. Oltrarti. t. r.
CANTO xxxni.
▼. 81 . Qoantanqae è di . t. r.
T. 22. Lacuna . r. r.
T. 24. Vite spiritali . y. r.
T. 31. Perche tu ogni nube gli disleghi
Di sua mortalità co'priegni tuoi.
Elocuxione di Virgilio.
T. 40. Venerati, y. r.
T. 66. Si perdea la sentenzia di Sibilla.
Di Sibilla . Petrarca :
Antiquissimo albergo di Sibilla .
T. 69. Éipresta . y. r.
POSTILLE
DI
TORQUATO TASSO
ALLA
DIVINA COMMEDIA
DI DANTE ALIGHIERI
BALLA
STAMPA DI PIETRO DA FINO.
INFERNO
CANTO l
T. 4. Cammin^ traslasiooe.
T. 5. Selva selvaggia , bisticcio»
T. 15. Effetto del timore.
T. 16 e 17. Descrisionc. Come dice dì sotto (t. 37.)
Tempo era dal principio del mattino ,
' 0e di già il Sole ayea coperte le spalle del monte f
Spalle , traslazione . »
▼• 20. Seguita r effetto del Wmore*^ lago y profonditi.
T. 81. P/^Va , compassione .
▼• 22. Comparazione .
▼. 27. Che uccide ognuno «..
T. 30. // più basso j salendo..
T. 36. Volte ^ volto, bisticciov
T. 37. e 40. Descrizione .
T. 42. Gajetta, leggiadra.
T. 49. e 50. Desiderala ogni cosa.
T. 51. Grattìf ^ scontente
T. 55. al 57. Comparazione .
T. 60. // Sfìl tact . Traslazirne dalli orecdii alli occbi *.
(«.HL T. 75. )^oco lume; e (e V. t. 28.) d'ogni Iute
muto-
g
¥, 79. Qiirlla/anlr «te. , meUfora.
T. 90. Effetto (lei Umore .
T. 99. Insanabile .
T. 100. /immoglìa, n conciunge .
V. 101. //yfl/(/-fi. M. CoodellaVala,
¥.103. Nonsaricarnale, né avaro.
T. 105, Tra trliro e Feltro, Verona.
V. 111. Il Demonio, invidioso della saliUi deiraonie,lÌ
mandò questa lupa ,
T. 11 i Luogo e/erio , perchè l'infcrno non (iuir& nwi-
T, 113. Dr'ji/jeraFe, sema speranza.
y. 1 1 7. Desiderano che la toro anima sìa morta
y. 119. Vc/ywYj, Purgatorio.
T.120. ()it>inf/ot'/ic: iri</,a suo tempo.
V. 122. Bratrice.
V. 121. Traslazione.
T. 127. /" lutie fiurti impera. (Par. e. L V. 2.]
/' r l'universa penrfr a e rhpJrtt'/e.
T. 131, Tu non cunMC'tti . che è Dio »ero.
Y. 134. Purta di san Pietro, il Paradiso.
CANTO D.
T. 1 al 1, Effetto dellasera.Qnièda noi ai v come
t^ cnnsumasie un giorno intrco, nt'l !>ei,iii'nl^ (l)
aycndo dello: Tciiwo tra liul pnncifiio lid mattino.
(y.r.) _
T. '. Piriaif, die bi«<ì|;na.i p(>r quelli ilaDa«li.
T. 6. ftitrirrrri, d imoM l'ora . — La incHie the HOn«if<i,
mente, intelletto, ragione superiore, dke caenùtaoduti
in qnelli vniversali ha vora scienui.
». 7, O ulto ingegno, intelletto.
T. 8. O mente . memoria. Che icrìv^ti ciò eh' i'
cioè che scrivesti nella meaioria.
T. 13. Di Silvio lo parante jEnoA.
V. 16. L' avversario d' o%>ti male , Dio.
T. 18. Il chi e 7 quale, la persona e la tftulilà m>
V. 21. Perchè ne nacque Romolo.
T. 24. Maggior Piero, il Papa .
V. 25. £( dai tu vanto, lo L-eieliri.
V. 27. Perchè venne edilicatii Roma, sede del Papa.
Dui
(i) Votici errore A
tegnente li. M. R.
ritturi, durrndo Jire preetééiia e
con Vii^
■, 37. al 39. Comparazione .
'. 42. e 43, Disegna di non srt;iiHiiiP quello clie co»
lauta velocità sTpa incominciato . '
T. 14. V<t m,ifi»uHini- , Virgilio.
T. 47. at T, 49. ComparaKioiic . Eifello della yilti .
T.49. .Wi-i^, liberi.
T. 52. Limbo.
T. 53. Beatrice.
V. 54. /-. la nchirsi. per nbl.pdìilii.
V. 60. Pprcbè il molo « misura del tempu.
T. 61 . Dante , clie orna In ^ìrtù, e non le rici-lie/i;e e t»
prosperità .
T. &.K lo or fia er.mofata - wli^^fatt» a pieno.
^ T. 76. Il cielo della Luna,
t. y. 80. Sehlirnc ti avessi ohhedito, saria tordi.
W T. 81. Non acciule che mi dica altro,
t- y. 8^. /Irai . desideri con ardore .
». 88. al 90. Sentenza .
». 94. Vanna è gtniil , Grazia preveniente.
w. 95. Di aufifo impedimenlv , de' tÌzJ .
T. 96. La divina grazia rompe la severa giusliv.ia.
V. 97. Lucia , la Graila illuminante .
T. 102. R'ic/ii-ic , vita contemplativa.
». 103. La Teologia dà lode vera a Dio.
». 104. Dante.
T. 108. La quale non rende hilmto al mare.
». 109, alni. Comparatone.
». 114. Non suiiimciite danno fama a lui, ma a quelli
che sesiiono Mia dottrina.
». 120. Perchè sarebbe salito immediate, se non fosse
tato impedito.
». 121. Penili, pere/té, ripigliamenlo.
». 127. al129. Comparaiione.
V.129. Leva qnelloclieM>pra dice:
• Che m'avea di paura il cor compunto, (e. I- t. 15.)
». 142. Allo e xilvciiro, profondo e deserto.
CANTO lU.
V. 7. Dinanzi a me non fur coterrratr,
S<^ non eterne . La natura anfielice che dora elfmal-
J
98
mente: per la quale tn Atto lo Inrcmo.
y. 18. II vedere e Ìl conoscer Dio, cVè U pena diri
dannato.
T. 21, Srcrete , occuhe .
T. 30. Comparazione .
T. 31 . /-»' or/ir ernia , traslazione ,
V. 38 e 39. Non seguitarono Lucifero, non ti accn»U-
rono a Dio . Qui si veda come truestì Angeli non futsero
ribelli a Dio, e fossero perse soli.
T. 42. Avendo maggior peccalo, ed essendo egualmen-
te punii i .
T. 16. La morte loro saria beala .
T. 50. Percliè non sono in Cielo, né in Inferno ,
T.59. LomAra. l'anima.
V. 63. Perchè non sono in Cielo, iti nello Inferno.
T. 69, Se questo è ilLimbo, doTe non i pena di sen»,
ma solnmente dì danno, in cbe modi sentono rjnesle mo-
lestie? e se non è Limbo, come è innanei all'Infèrno?
T. 75. Fioco lume , Iraslaiionc: (c. I. V. 60.) dove 'lSal_
1. 93. Allude al Purgatorio f e. II. t. 41.)
Con un vascello snclletln e leggiero.
Qdì si può dubitare come Caron indovini quealo?
▼.95 e 96. Sentenza.
T, 102. Le parole crudf.
!Von isfieratr mai veiler loeielo.
((3..i.opra.l..«5.)
T. 105. Perchè ìl dannalo verri* annichilarsi .
y. 111. S'ufl„gia,\».TÌ>i.
■». 112. al 114. Companuione.
T. 115. Il mal seme d' Adamo , i dannati .
y. 117. Com' ttugel per suo richiamo, come ìl e
(ore chiama il folcone.
T. 126. Li sprona tanto la dÌTÌnaGiustiiia, che ti ti
re dello Inferno si volge ìn desio di andarvi.
V. 134. yermiglia, perchè la luce nel)' oscnro
seggi».
CANTO IV.
T. 9. Tuono, strepito. Traslazione.
T. 21. Quello che fc te temere, me muo»e ■ pietfc.
T.26, Pena di danno, non dì sen*o— ma c^, m; no*
che.
T. 33. Àndi , YaJì.
». 34. S'egli hanno mercedi, ae è sialo perdonato
ro.
T. 38. E questa fii idolatriu . Adunque do»rebbe pu-
rsi nello Interno.
T. 49. VÌTÌamo con desiderio di salute, ma sema spe-
r. 47 per voler esirr irrto
Di <fueUaJede, per certificarsi di quello che un
redea.
T. 51 . Percliè intendea di parlar di Cristo .
T. 53. t/H^wi-'Ue. Cristo.
T. 55. Anima di Adamo .
T. 65 e 66. Li* selva, ripigi iamento.
T. 69, Èiiiìiiperìo , mezza spera; vìrtcia , illaminafa.
▼.73. O /a, Virgilio.
V. 74, Orransd, onoranda.
V.79. Piacciono a Dio le virtù anche in quelli; onde
anche nel Limbo hanno vantaggio.
T. 80. Po««, Virgilio.
V. 84. Sembianza né finta, i)è /l'efd , gravità .
T. 92. !ftl nome, di poeta.
T. 95. Di ijuel signor , Omero .
T. 105. Nel parlare si dee curare il loco.
V. 123. Grifagni, lucidi come di sparviero . Qui si può
dubitare in che modo Dante riconoscesse questi^ eb^ non
li avea mai visti ; siccome non coDosce quelli del canto
seguente .
_ V. 131. Aristotele.
^U V. 147. Qidaplarasunt negocìa, quam verba.
CASTO V.
. 2. hUn luogo cinghia, perchè andando al centro si
'. 4 al 15. Qui mostra lui esser bnono legista.
T. 19. Di cui lu ti firlf. Come puì» essere che questi
di'^ buono consiglio? — ^fon si la«ci qui e appresso in pi^
luoslii d'avvertire, che Torquato non pone nella fìne
delie postille panteggiiitura di sorta, onde rimane al gin-
dizio de' savj determinare quando debba essere la senten-
za ailermativa, interrogativa, o esclamativa. L. M. R.
Y. 23. e 24. Sentenza .
V. 28. D' ogni luct mulo , traslazione replicata.
(C.I.T.60.)
i
100
V, 31. La bufera , turbo di T^nto^
T. 39. Talento^ senso.
T. 40 al 42. Comparazione .
T. 45. Di minor pena ^ rispetto a quelli che sono più
tormentati .
▼. 46 e 47. G)mpara£Ìone .
T. 49 e 50. Perchè non conosce queste, come quelle di
sopra?
T. 54. Semiramis , regina di molte proTincie .
T. 56. Fece che il piacer fosse lecito , per escasarsi del
biasimo d'aTfer peccato col figliuolo.
T. 61. Didòne.
T. 77 e 78 e. tu ..^. . lipre^m
. Per quclVamor che i m^/kj , pregandoli per l'amor
«he si portano.
T. 82 al 84. Comparazione •
T. 89. Perso , negro .
▼. 90. Fummo uccìsi.
▼. 92. Re dell* universo. Dio.
T. 92. Come può esser che in Interno iia cortatia?
T. 98, 99. Al mare, dorè si riposa.
T. 100, e seg. Amor , Antor^ ripigliamento .
T. 107. Caina, bolcia, dove son li traditori, • dorè s'a-
spetta quello che uccise costoro.
T. 120. / dubbiosi desiri , d' amore .
T. 121 al 123. Sentenza.
Y. 130 al 136. Effetti dell'amore.
T. 1 33. Riso , bocca ; effetto per la cagione .
CANTO VL
T. 7. Piova y pioggia.
t. 8 e 9. Per esser eterna in un medemo modo .
▼.14. Xafra, abbaja.
T. 28. /^j^fiij^/ta, desidera.
▼. 28 al 30. Comparazione.
T. 36. Perchè haono effisie d'uomini.
T* 42. Nascesti prima eh io morissi.
Y, 44. Mente , memoria .
T. 61. Firenze, Bianchi e Neri.
▼. 68. Tre soli , tre anni .
▼. 69. Teste piaggia , ia il paciaro .
T. 70. Regnerà gran tempo .
T. 72. Giusti son duo: Dante e Guido Civalcauti.
T.16.
■V. 19.
T. 94 al 96. Come Virgilio confessa il final giudizio?
T. 106. A tua srtilemti , Aristotelica.
T. 111. O'euere tonnenUta dopo il giudizio -
CANTO VII.
V. 1 . Oh Plutone ! oh Satan \ oh SaUa I mi dola» .
V.3. Virgilio.
V. 10. CupOfioaAo.
V. 12. Siriipo, peccato dell' Angelo*
"" al 14. Comparazione.
Stipa , calca .
'. SI. Scipa, dissipa.
'. 22 e 23. Comparazione.
■. 2ì. «..W/, Jalii.
■. 27. P.yi^j, petto.
.aH. Pur^i,q,n*i.
. 31. Tetro, oscuro.
. 33. Oitns'ì iin-iro, dispettoso verso.
. iZ. Non spesero mai eoo misura. Avarizia e prodi-
. 45. Ditpa/u, separa.
. -54. Non si posson riconoscere.
. 55. A gli -Iwì ('>is(. riscontrandosi •
. 57. Avari r prodighi.
.61. Bii^rt, vento.
.69. Tra brune he , in mano.
. 72. linbocche, intenda.
,73, Dio, somma sapienza.
.79. ran/. mondani.
. 81. I quali non possono ne'bcni di fortuna.
. 84. An^ue, serpe.
.89. Nascendo dal moto de' cieli.
,95. prime creature, sfere.
96. f^olfr sua spera, rivolge questi beni mondvni .
97. Dove è cosa di maggior compassione.
97. Passava mezzo notte .
103. Persa, oscura.
T. 108. Grige, hige.
T. 116. Iracondi,
ir* 123. Accidioso Jummo, fummo che »i r«rma.
402
CANTÒ Vlft
T. 6. Torre , yedere .
T. 7. Virgilio.
T. 1 3 al Y. 1 4. GomparasioDC •
Y. 20. A Sfoto y intano .
T. 22 e 23. Comparazione.
T. 27. Essendo egli corpo .
Y. 45. S'incinse , ingratidò.
V. 70. Mesciute, moschee.
Y. 8^. Vive .
Y. 89. yien tu soia, Virgilio — e quei seti vada j
Dante.
Y. 102. Ritroviam V orme nostre ^ ritorniamo indietro.
Y. 105. Da tal , AaTìio .
Y. 118 e 119. Rase (V ogni baldanza , senza ardire.
Y. 123. Sia chi si Yoglia, lo YÌncerò in ogni modo,
y. 125. jé men secreta porta , a la prima porta.
T. 130. Ttf/, l'Angelo.
CANTO Et.
▼. 3. Vircilio, per non sbigottir Dante, ristrinse la
pallidezza cne avea .
T. 5. Non potea Yeder di lontano.
Y. 8. Se non ... ci conterrà tornare a dietro — tal ^
Beatrice .
Y. 1 5. DoYe disse , se non , intese : resteremo in qaeslD
luogo.
T. 25. Morte.
Y. 40. Idre verdissime , spezie di serpi .
Y. 52. Lo /arem di smalto , lo conYertiremo in sasso •
Y. 54. f^e/i^/a/ni7to, Yendicanuno.
Y. 56. Se 7 Gorgon si mostra , IVledusa e le sorelle •
Y. 67 al 72. Comparazione.
Y. 73 e 74. Il nerbo del viso , la Yirti YisiYa .
Y. 76 al 78. Comparazione.
Y. 78. Abbica , accoglie .
Y. 97. Opporci al destino .
Y. 1 1 2 al 11 4. Comparazione .
Y. 115 al 131. Facondia grandissima, nominando li
sepolcri in tanti Yarj modi . — Con cinque ditersì nomi
Dante significa un tali ubbie tto, cioè sepolcri (y. 115) a*
103
■//((T.118) arche (T.125)romie [r. ^29) mofumìeiitl
[y. 131 ). Quiailì Torquato ne lo ìoùa di taconilia. Credo
cbe cosi faltu postilla Tmla notula e tenuta a mdite in
pailicolui'e niaDiera, poiché sod d'avviso cbe egli l' ab-
bia voluta tacitameote replicare per tutte e Ire le Canti-
cbe, allorché cosi spesso noia f'ir^ilìo. /-Vofmt, Oio,
C'is'o, Anime e bìuiÌIì, indicati da Dante in forine quaM
tempre variate . L. M. R.
*. 1 27. In cbe modo , essendo questo peccato gravissì-
IO, Dol mette di sotto?
T. 130. Eretici di ciascuna setta insieme.
T. 134. Gli alti spalUi , pavimenti alti, mediante le si-
Dlture.
CAUTO X.
T. 4. O firtà somma , Virgilio .
T. 9. E netsungitariiìa/u^<-, nessuno si vede.
T. 18. Di parlare eoo alcune di questa anim«.
T. 32. /■'■ir/iia(.(, degli Uberti.
T. J9. Cotte, chiare.
T. 51. Dì saper ritornare.
T. 53, Cavalcante padre di Guido.
T. 55. Talento , desiderio .
T. 57, Fu tutto spi- Ilio . cessò.
T. 63. Essendo celi filosofo , non curava i poeti.
T. 69. Non vive egli ?
T. 79 e 80. Cinquanta mesi .
T. 82, H'^iSge , ritorni .
T. 87. Tale deliberatione si fece iu Fir«iiie — Tela-
lo , traslazione , avendo detto orazione .
T. 94. Semenza , famiglia.
T. 100, tace, vedere,
r. 102. Tanto di grazia ci ha ancor fatto .'
V. 108- Dopo il dì del giudizio, che non sarà più tempo.
T. 120- h U C.trdinalt, Uhuldini.
V. 123. Avendoli detto che sarebbe cacciato di Pi-
renie .
V. 130. Beatrice.
V. 136. Z.ez2o, puizo.
CANTO Xt.
104
V. 13. Compenso ^ modo.
Y. 22. Divisione de* peccati .
V. 34. Ferale , ferite .
V. 36. Toilette jfaTii. •
Y. 44. Biscazza^ dissipa.
Y. 45. Se fosse rissato nene .
▼. 50. Carnali ed osarari cke violano la natura .
Y. 52. Che induce peccato mortale •
Y. 54. Non sono amici ne inimici .
Y. 55. Questo modo lii retro , che inganna chi non si
fida.
Y. 61. Per V altro modo , che offende la fede e i' ami*
cizia -^^obblia , dimentica .
Y. 64. P«irt/o, centro.
Y. 69, Baratro , profondità .
Y. 70. Pingue , grasse .
Y. 73. Rfti^gia^ rossa.
Y. 91. Virgilio.
Y. 96. Gruppo^ dubbio.
Y. 100. Da su arte y dal Yolere.
Y. 104. Discente j scolare.
Y. 108. Con arte.
Y. 1 1 1 . U usura jo Aon segoe V arte^ né natara^
Y. 1 1 3. Aurora .
Y. 1 1 4. Vicino al giorno .
Y. 1 1 5. Balzo y la costa .
CANTO xn.
■
▼• 2. Per il Minotauro .
T. 3. Ciascuno arebbe aYuto a schifi) di vederlo.
Y. 8. Roccia , sponda — discotcesa^ pendente . |
Y. 1 0. Burraio , Yoragine .
v. 1 1 . Lacca , precipizio .
Y, 12. Infamia di Creti^ l'effetto per la cagione • Mi-
notaaro.
Y. 17. Duca d* Atene ^ Teseo.
Y. 20. Sorella y Ariadna.
Y. 22 al 24. Comparazione .
Y. 26. E quegli , Virgilio — • varco ^ passo.
Y. 30. Che non erano atte d' essere calpestate .
Y. 36. Roccia y sponda.
Y. 38. Cristo.
Y. 40. teda , crudele.
i
o tentiise amor, cbe gli eli-
Approccia, vicina.
n Tessaglia
. 41 e 42. Che V Vnivt
menti s'uDissero.
T. 46. A valle , a bosso.
Y. 48. Noccìa , nuoce.
T. 51. Immolle, bagni.
V. 54. La mia icor(a, ■Virgilio.
«. 66. Sei sempre stato souecito a tao dsmoo
T. 69. Donandoli quella camiKÌa Mnoaìnoia
*.84. D'uomo e di cavallo.
*. 88. Tu/, Beatrice.
T. 89. Nuova, non più usato.
T.IOO. ^cor(a>da, Virgilio.
T. 107. Ahisaniiro.Tiranìx
r. 11f). S'affìsse, fermossi.
V. 119. la grembo a Dio, in Chiesa.
T. 120. Si cola, s'onora.
■*. 122. Cawo, petto.
V.130. A più a più, aasai.
». 135. Munge, trae.
T. 136. Disserra , apre .
T. 137. Pazzo, de'Paiiì.
CANTO Xlf.
». 4 al T. 6. Contrnrieti e corrispondente.
T. 9, Che stanno lolentieri ne'boschi.
T. 25 al T. 39. Facondia, nominando una com sola ili-
Tersamente. — Postilla simile a quella dì sopra, là per U
Tarj nomi dati ni sepolcri, qui ai bronchi. L. M. R.
V. 40 al T. 4& Comparazione.
V. 42. Cigola, grida. .
V. 48. Rima, parlare.
Y. 58. r son colui, Pier delle Vigne, capuano, lecrc'
tario.
V. 64. £a oicrrfr/ce, V invidia.
T. 65. Pulii,, i\i.
». 72. Uccisi me stesso-
V. 88. AoccAi, nodi.
▼.9ge111. Nota ordine di natura.
T. 102. E al dolor f erte stra, mandando Inori la voce.
V. 103 al 105. Essendosi uccisi da s^, non reiuscit*-
»nno col corpo. Vedasi, se questo è veio.
V. 108. Moietta ombra, anima travagliata.
106
y. 1 1 2 al T. 1 1 4. G>mparazione .
T. 114. Stormire , strepito .
T. 120. Accorte ^ hT^euje •
T. 143 e 144. che nel Battista
Cangiò l primo padrone, Firense^ che il tempio di
IVIarte consecrò a S. GioTambattista .
T. 144. Con la gaerra, arte di Marte,
r. 151. SMmpiccò da se stesso.
CANTO XIV.
T. 3. Questo Fiorentino non è nominato da lui : e per
quale cagione ?
T. 8. Landa ^ pianura •
T. 9. Ogni pianta rimove , senza alberi .
T. 1 2. A randa a randa , a canto .
T. 1 5. Quando tornò di Libia .
T. 30. Comparazione •
V 34. Suolo , terra .
T. 36. Era solo^ separato .
T. 42. Fresca , nuova .
T. 44. Perchè bisognò V Angelo in ajuto .
T. 48. Maturi f lo linda umile.
T. 51. Capaneo.
y. 55. A muta a niuta^ dandosi luogo Tun l'altro.
T. 58. In Tessaglia.
T. 60. Non muterei mai natura .
T. 69. Assiser , assediarono .
V. 72. Fregi , ornamenti .
T. 80. In Viterbo, che giugne vicino al lago delle Me-
retrici . Questo non pare cne si verifichi .
V. 84. Licif quivi.
V. 90. Ammorta , spegne .
V. 94. Guasto^ disfatto .
V. 1 00. Rea , moglie di Saturno .
V. 105. Speglio^ specchio.
V. 115. Diroccia , diffonde .
V. 123. P^i%^agnOj orlo.
CANTO XV.
V. 5. Fiotto, fluctua^ ondeggiare.
V. 9. Che fa liquefer la neve .
V.1!). 20e21. Similitudine.
107 1
▼. 26. Cotto, ano.
X. 39. r<ggm, ferisca.
T. 55. Ponendo il suo maettra nelt' Infamo, pure in- ,
gnUihidine. 1
' f. 61. Firenze.
T, 63. MadeTio. pietra.
T.65. /.aat/.Mpri.
T. 67. Fiorentini ciecLi.
T. 69. y^WW, netti.
T. 71. Famr, desiderio.
V. 72. iungi fia dal becco l' erba, IrMltiione .
▼. 73, Strame, spregio. '
T. 7K. Firenze.
*. 79. Se fosse stato il suo drsiderio sntisfatlo , ,
▼. 89. Di quello cLe li disse Farinata .
• T.98. C«rr.j. rimordo.
». 10H. Sodomiti.
T.111. rig-ia.male.
T. 113. M. Andrea dc'Mowi di vescovo di Firenee fti
fatto TescoTO (li Vicenza.
CANTO XVI. 1
T. 3. j^rmV iBpi.Comparaiione.
». 5. Termo : moHitudine.
T. 8. Sostati tn, feininti.
T. 18. Di andar loro incontro, per esser personaggi
grandi.
», 19. £A,-, ahimè.
T. 26 e 27. Andavano roUndo.
T. SO. Tnsia nsptito <■ Lrolla , mesto e pelato.
y. 45. Perclii^ lasciandole, conTcnne darsi alTÌxi«.
T. 59. Ovro . opra .
V. 61 . Esco d' Inferno per il Paradiso.
T.63. r«m/,yadi.
T- 66. lutd, traslazione.
T. 73. Subili , illeciti .
T. 74. DMm;^ur«, eccessi.
. ». 94 al 103. Comparazione.
Y. 103. Quella Iwdia dovea essere di 1000 monaci.
». 114. fi«rrfl/n. profondili.
1 v.118al120. Sentenza.
kMM4 al 126. Sentenza. "
108
T. 129. Perchè li scrittori le desiderano eterne.
T. 1 33 al 1 36. G>mparazioiie .
CANTO xvn.
T. 1 . La fraade .
▼. 1 3. Ascelle , alette .
▼. 19. Burchi^ barchette.
▼. 21 . Lurchi , lordi .
T. 22. Lo bcvero^ il castoro.
T. 3.1. Mammella^ poppa.
V. 39. Mena , stato .
T. 49 e 51 1 ComparazioDC •
T. 60. Contegno^ siiftilitadine •
T. 64. ScrdFa^ porca.
y. 72. U tavalier Sovrano^ GioTanni Bajamonle a-
saraio .
T. 85 e 87. Comparazione.
T. 85. Bi prezzo y freddo aranti la jehbre .
T. 89 e 90. Sentenza .
T. 100 e 103. Comparazione.
▼. 107 e 113. Similitudine.
▼. 120. Gorgo ^ g^TgogUo*
T. 121. Stroscio, suono
T. 122. Scoscio j caduta dell' accpia.
T. 124. Raccoscioj rannicchio.
T. 126. Afa/i, tormenti.
T. 128 e 130. Comparazione .
T. 129. Logoro y quello con che si chiamano li ne^lli*
T. 135. Stagliata rocca j mal tagliata roopia •
CANTO XVUL
▼.5. Pianeggia ^yiucao.
T. 10 e 13. Comparazione.
T. 13. Ombra.
T. 16. Roccia j scoscesa.
▼. 28. e 30. Comparazione .
T. 38. BerzCf gambe .
T. 42. Digiuno j traslazione . V arerà risto altre ToHe .
T. 61. Sipa, sì.
T. 65. ScuriatUi , correggia .
T. 66. Da conioy da denari.
T. 71. Scheggia y rottura.
109
T. 73. Pianeggia , roto .
T. 75. Feggiaj ferisca.
T. 79. Traccia fyia»
T. 81 . Schiaccia , rompe .
T. 99. ji$$anna , morcfe .
T. 103. Si nicchia j percuote.
¥•111. Sovrasta , sta sopra .
T. 132. Accoscia^ siede.
CANTO XIX.
T. 9. Swra 7 mezzo fosso y sopra la profondità di esca
l>olgia .
▼. 10. EsclamazioDe — /7r/^, i)rovTÌdePza.
T. 15. D* un Igrgo tutti ^ larghi ugualmente.
▼• 17 e 19. Comparazione.
T. 20 a 22. Come questo possa stare, i^edasi.
▼. 25. Jnfin al grosso, ginocchio.
T. 26. Intrambt^ tutte due*
T. 28. Ritcrfe e strambe ^ corde di canepa, e di queltf
si fiinno stramhe.
T. 29 e 30. Comparazione.
T. 34. Succia j asciuga enfeecca.
T. 42. JrtOy stretto.
▼. 44. Botto, foro.
T. 46. Che Lai il capo di sotto,
8. 49 e 51 . Comparazione .
T. 57, La beila donna ^ CWesa.
T. 58 e 6o. Comparazione .
T. 70. DeW Orsa , delli Orsini •
T. 81. Rossi y infocati.
T. 82. Laida , sozza*
T. 119. Apocalisse.
T. 115. Esclamazione.
T. 120. Pio/r, piante.
CANTO XX,
T, 8 e 9. Comparazione ; al pano chcjanno le Ut^e^
in quel modo delle processioni.
T. 12, (7<»5so, petto.
V. 24. Bagnai^a dietro.
T, 25. /?occ^^ scogli.
T, 28. Qui è pietà a non ayer pietà .
^^^'^ 110 ^^H
e 30, Sentenza . ^^^H
33. Hut. rovini. ^^^^1
T. 46. S'aitfr^a, si Tolge alUschieiw. "^^^M
T, 51. Troic/i, tolta. ^B
t. 52 e ?4. Ha coperte U mammelle con treccief S
petto volto di dleLro . ■
V. 69. iSV^nar/jo/Ti'a, dar la benedizione. fl
T. 7tì. Co', capo. ■
T. 79. /,flm,i, palude. ■
T. 81. Grama, inferma. ■
T. 82. La vergine cruda, Manlo incBiilalrice — <^[
da, aspra. fl
V.93. ^orte.nome. V
V. 96. Che se ne impadronì. ■
«. 99. NesRana hucia superi la TCrìlb . fl
*. 102. Traslazione. fl
T. 105. «,>ic(^f , riferisce. ^_!M
▼. 109. Cunr, ^^^H
T. 110. ^ijsufi-, nomepTYtpri*. ^^^^^H
T. 1 1 1 . F,uif , delle . ^^^H
T.113. Tragedia, Eneide. -«^^^H
T. 115. Pnci, asciati». ^^^^H
r. 119. Calzolaio. f^^^l
T. 121. f.-- triste, stceehe. ^^^^^H
<. 127. Quintadecima. 4^^^H
V. 130. Ititroctjue, in questo meuo. J^^^^^H
CANTO XXI. I^^^l
T. 7 ■ 9. Comparazione. 1^^^^|
T. 10. Trer, cambio. I^^^H
▼. 14. folge sarte, torce canapi. ^^^^^H
▼.15. Terzrruolo ed artinion,KrÌe àinH^^^^^^M
r. 25 a 28. Comparazione. ^^^H
T. 34. L'omero, la spalla. j^^^H
^^_ V. 36. GAern/to, alTerrato. ^^^^^H
^^^L T. 37. Ma/e^ra'tcA.T, Diavoli. ^^^H
^^^H -r. 38. Di santa Zita, Luce*. ^^^^H
^^^B 4^^^H
^^^m T. 44 e 45. Comparazione. .'^i^^^H
^^H '^^^1
^^^B T. 48. // santo Volto . di Lucca - '^^^H
^^^F Non ^^^^^H
■ 52. Rafli , uncini . V^^^H
T. 54.- Aceaffi^ tolga.
T. 55— -58. Comparazione*
T. 55. Vassalli , guatterì.
4. 60. Alcun schermo t'aja^ li tustodisoa.
T. 62. Come 9 manifeste.
T. 64. Co*y capo.
T. 67 — 69. Comparazione •
T. 89. Quatto quatto^ appiattato.
T. 90. Riedi , tomi •
T. 93. Dubitai m^offendessino.
T. 94 *— 96. Comparazione .
T. 112— 114. Perchè nella morte di Cristo si spezjBas^
\ qnel ponte.
T.116. «$*€r/or//t^x , scuopre •
▼.124. P^/tff, panie.
T. 125. Scheggio y grotta.
T. 135*. Lessi dolenti, lessati nella pe^.
CANTO XXIL
*▼» 2. Stormo , tumulto.
T. 5. GualdanCf cavalcate ».
T. 10. Cennamella , cembali o altri stromesti^
▼.12 — 15. Sentenza .
T. 16. /lUeja y intenzione .
▼. 21. S' argomenti n , s'in^egninq.
▼• 22. Alleggiare , alleggerire .
T. 25 — 27. Comparazione..
▼• 33. Spiccia 9 sr parte •
▼• 41. Scuoi y scortichi:.
T. 58. «9orco^ topo.
Te 72. Lacerto j^uiò^
▼. 74. // decurio loro, Barbariccia.
T. 83. Donno j signore .
T. 94. E 7 gran proposto, Barbariccia ^
T. 100. Incesso, ferme.
▼• 123. Proposto lor, Barbariccia .
T. 1 30 — 1 32. Comparazione •
▼..133. ^i^^a, turba,
CANTO XXIfl.
▼. 3. Comparazione.
T. $• I qufui fiiron carpiti dal nibbio •.
À:
■
^^^^^H
112 ^^H
7. CompnrBzione Mo ed iita, ora e adrsM. ^^|
16.
Aa^urfla^accMvanie..
18.
Comparaiioiie. —/icerffa, \ì prende Col ma
19.
EfTcUo deltimore.
25.
l'rcro, specchio.
34.
Non aven finito di dire .
38-
— 42. Comparasiooe.
45.
/-«.fl, serra.
46.
—48. Comparazione ■
55.
L' alta prov%'id^niM, Kft.,
62.
Taglia y maniera.
66.
Qnando tornututars li aonunì .
T3.
Mover d'anca, passo.
88.
All'alio dflla ^olu, respirando.
96.
Gran villa, Firènrc.
.101
1. Si grosse, bticose. (
10!
;. Le quali cigolano pw il troppo peao . *
\-m. Comparazione.
106
lOf
1. Gardingùf ria in Firenee cosi delta.
.Ili
!. 17ncroc//iiso,Caifos.
121
. .'tiiocTO y Anna.
.123
1. Perchè ne furono dis&ttì.
.110
. Narrava il bisogno.
148
1. PoKc, pedate.
CANTO XXIV. ^^^^1
.1-
- 3. Il principio di GennMO. ^^^^H
3. Comincia ad rssere tanto il (fi. cfiunta Ift «M»,
.12.
Hingava^'ia , riacquisti.
14.
Vincaifii, bastone.
Ifl.
20.
P'g/.V., aspetto. iH
25.
e 26. Comparazione . ^^H
26.
Ronehion , pietra che sporta . ^^|
Di cappa , di piombo. ^H
3(.
33.
f>i chiappa in chiappa , Ai roftwrt in M«ui«^|
34.
Che chiude» la bolgn. H
36.
/>'/»', Virgilio. «M
42.
^1 scoscende, cade . ^H
43.
Ca iena , fiato A tnunlM , «sciatta . ^^|
45.
Ara»/», .sedetti. ^M
46.
Spoltra , destarsi .^^^M
47-
,^^^^^H
US
r. 5S. j^OT^djnn, angoscia.
r. 54. Nun i' accaicia , nonsì cida-
r. 64, Fievole . vano.
'.17*: 78. Sentenw.
r. B2, Stipa , calca.
r. H3. Ittcna , sorte.
r. 84. Scìpa, sparge.
r. 93. Che li ascniidesse -
r. 100. CompararioBe.
r. 106 — 111, CoiD^Mnuiaiu .
r. 111. Dove nranre.
^■112 — 114. Comparazione. ,
r. 120. Crojc/'-j , percuote .
1. 127. Mucci 1 fiigga.
r. 129. Vani di sangue e di terrucer, iracondo.
r. 1J2 — 135. Come può fsser \ergogna Jn iHferno?
r. 138. Ve' belli arredi ,.Ae\\esoio.
F. 143. Dimagra , A'iii^ ■
r. 145. Marte, goerni.
r. 148, Sapra cuiiipv Picen, nel Val d'Amo.
CANTO XXV.
r».10. Jfflitsi, deliberi.
[ V. 21. Labbia^ bocca .
\ T. 33. Non semi le ditce , perche t' anmaiz^ con
Mbe.
' T. 43. Cianfa, de' Donati.
T. 58 e 59. Coniparaz.ione .
T. 65. Pii/3i>o, lucignolo.
». 66. ^ore, perde,
T. 77_78. MetamorlbBi.
T. 82. £'pc,Trntre.
T. 96, Scocca , dice .
T. 101. A mutarsi lì corpi.
T. 1f2. Aitttlf, scaglie.
T, 120. /)/>w/fl,pela.
T. 132. /.(MWflccia, chiocoióla.
V. 142. Zavorra , bolgia .
■ T. 144. ,^iorrii, alihorrscria.
I T. 146, Smagato sniairi*».
r. 151. GaviUe, Tilla di Val d'Ara».
114
CANTO XXVI.
*. 6. Non te ne [[lorii , essendo di <]itelU scM«*.
T. 7. Nota.
V. p. Agogna, desidera .
T. 14. Borni, bowi.
T. IT. Rocchi, sassi alti.
T. 18. Andandosi aggrappando.
T. 24. Acciocché male operando non m'inTÌdii,
▼. 26 e 26. DeacrÌTc la estate.
T. 3». fengkiò, vendicò.
», 41. ^ur/o, peccatore.
T. 43. Surto, drillo.
▼. 48. Ciascnno è cinto di fiioco.
T. 58 e 59. ... . ni gene
L'agliata del cavai, per il cavallo fatto dai Gri
T. 65, 66 tea' prego
E ripriego , che il preso valga mille, ripiglia
▼. 72. Taci .
T. 75. Non avendo tu la lingua greca .
T, 88, Comparazione .
T. 108. fl<gm»r(/i, termini.
T. 110. Sibilia, cittk di Spagna.
Y. 116. Etperienia,sotie.
T. 121. Traslafione.
». 129. Marin s-tolo, marK.
». 130. Casto, spento.
T. 137. Turbo, vento.
T. 142. Li wmmerse.
CANTO xxvn.
▼. 3. Virgilio.
V. 7. e 9. Comparaiione .
T. 8. E ciò fu drillo, a ragione, per essere]
quello.
T. 15. Grame, dolenti.
». 17. Guizzoy crollo.
V. 81. Issa, ora, aÌ7.xo, provoco.
V. 27. A patire in questa loco.
». 30. Dinerra, discliiude.
V. 32. Tentò di eosta , lo toccò .
■
^^^Bl
\
r
1
115
1 ,.41.
L'aquila da Polenta, Goido Novello signor dì
RaveuiM
T. 42.
fanni, penne.
'
- T.43.
La urrà, r^xr\l.
J
T. 48.
Succhio , trivella e fora .
1
».51.
IHuta partr, parteggia.
J
T. 52.
Cesena.
T.67.
Cor Jigllero, {rate.
' ^H
T. 70.
Gran Prete , Papa .
Mrntre ch'eia VIVO.
y. 73.
^^^H
T.81.
Trasliwionet pensare alU moti».
^^^H
T. 85.
Pap».
' ^H
T. 89.
/fcr/, cÌttì>dÌSorÌB.
T.99.
fi&rr, senza senso.
, ^^^^1
T. 105
. Celestino,
' ^H
..111
.e 112. Sentenra.
' ^H
T. 119
.e 121. Sentenza.
r.t27
. Faro, che invob l'anime.
I^H
r. 129
. Rancura, lamento.
1
V.136
. Scommettendo , che non fanno quanto
àcom-
messo.
CANTO XXVIU.
V. 1 . Parole idnUe , prosa .
T. 6. Seni) . luogo .
y. 8. :
fortunata, fertile.
y.11.
Anella , rapite di mano delli Romani .
y.aa.
yeseia, botte —niessu/. fondo di es«a-
- iMa,
&ghe di botte dalla banda.
;.3o.
Oiiacco, sqnarcio.
1
V. 32.
MI, servo di Macometlo.
y.37.
Acàiina, fende.
y.58.
Si provveda di nane prima che venga la i
Terru latina, lUMa.
nere.
y. 71.
y. 79.
Morti sftranno .
j
y. 84.
ftru(,-, corsali.
y.93.
Curio, che li li. amaro di veder Arimin
y. 107
. Ca^ /la cosa /ar/a, proverbio.
y.114
. Prova, testimonio.
y.H5
e 117. Sentenza.
^^^^1
y. 125
. Era un solo in du<- parti .
^^^^1
y.126
. Olici iO che sì governa , luì solo Ìl su .
. Tr9'Kone , ìtviilo .
^^^^H
y. 141,
J
1
110 ^^B
1
*.
ut
CoKtrapfMUio, contraccambio . 9
CANTO XXIX. ^^^k
Z. ìaebtriatf,tTaalaiìtynK. ^^^^|
5.
'i^lfolge, MAea\si. ^^^H
6.
f</ioz»ca(c-, troncate. ^^^^H
15.
Di utcMO, perdonato. ^^^^H
33.
C'in^orCe , coosapevotv. ^^^^^H
39.
.4.^ r'oo , sopra . ^^^H
41.
(7oi.'rrKr , dannati . ^^^^^H
43.
e 44. Traslazione. -^^^H
4«.
e 49. Comparazione. '^^^^H
49.
/«««nirr, insieme. >^^^B
56.
t'a/fo Jjrr,Dio. tfl
57.
Quirr^/srra, tra noi àfegWsM». M
53.
e 64. Comparazione . j^
76.
e 78. Comparaiione. ^^^^|
85
0<f>,m^lie, seiosli. ^^^H
87.
Tiulaiiooc. ^^^B
97.
Rincalzuf sosteimo. ^^^^|
99
0. >.»■/«.;.„.„„ eco. ^^W
116. M fai D^Jalo , imo lo taMsnù .ol.r» . 1
127
e 123. £,* fi(^c«.(i.i (vci; 1 . ■
Df
ff/if-'^rtoo, pietanza di aflrviiio di garrf*i»t ■
121
.In Siena. fl
U
. l'iman frotit , gran bosco. fl
112
. Cioè dimostri, eo.1 il suo ooB«im«iiao . ■
139. Jtt/Mto, imitatore. M
CANTO XXX. j
ìli.
Forsennati, mentecatt». -^hJH
25.
e 27. Comonrazione -^^^^H
3».
Dette del ventre in tsrID. "^^^^H
33.
i.'onciaW", trattando. ^^^^^H
41.
Ftiltì/tcandn , traslazione j^^^^^H
43.
55.
Arendo it Tino mngro e il Tcntre gvl^^^^H
»
69.
O^icarm, dimagm. ^{^^H
70.
fru^a, castiga. ^^^H
7».
MoneU GorentinH . '^^^^H
78.
fnMe Branda, in Siena ^^^^^H
^
90.
Mondìgtìu, da mondezza, spaczatql^^^^H
». 132.
IX.
117
Quando V acqua è calda .
L' una èla/al$a ec. , moglie di Fnraoit
Leppo, calore ardente.
Specchio di yurcitso, fonte.
Risso, adiro,
e 1 38. Csmaanuone .
Fa canto d essermi prMeate, « nan e
CANTO XXXI.
■»■ 4 — 6. Compttrazkioe.
, T. 7. Dnnmo li tiessa, voltammo le ^ijle.
T. 10. Crepuscolo,
». 17. Getta, impresa. •
T.16e18. Può comincinr ffuwt» ternario-.
Hon sona sì terribilmente Urlando. .
». 24. ^A<wW,erri.
». 27. Cammina avanti.
». 31 — 36. Compara
». 34. Dissipa, disia.
I ». 36. Stipa, empie .
|| »- 39. Percbè conoscea li giganti.
' »■ 41. monterà sBion, Castel di $i«aa,
j ». 49-54. Discorso.
] ». 55. 1/ ar gommi o delia mrn'F, Y intelletto.
\ *: 57. Perchè concorre la forza con lo indegno.
». 61. Perizoma, calze. — AllaLumbacda, inrec4 di
. direcakoni. L. AL R.
▼-64. TVir ^r/5on, uomini di Frisi».
V. 67, Confusione di lingue.
»- 71. Area un corno legato al collo,
ÌT. "jZ. Sega, corda.
*. 75. E vedi lui, il gran conio. X'it^ , copie.
», 77. yolo, desiil«ria.
Il ». 79. ji voto, indarno.
' ». 81, Non intende e non è inteso, o«de si rischiara
quello
Haphel mai antec/t zab\ almi Con la qual postil-
li» Torquato dimostra 1' ìnutiliti di ÌWl4>i» » diufaiuja-
tzione di qucglo verso. L, M. lU-
», 84. Maggio, maggiore.
V. 89. In SII io scoperto, della partcr^J^ *»ania»« ^O'
ì del pOZKO.
■
^^JJ[
118 ^^H
..90.
Cinque volte lo circondaci. ^^^^^^|
».91.
1. 106
e 107. Comparazione. ^^^^M
T.110
. Dotta , pan» ^^^^^^^|
..Iti
. RilortK, tiini. ^^^^^H
..113
4^^^B
,. las
1. La/rCi!iiir,i serra, diacci». -^^^^^B
T. US
. Cbe è d' esaere immortalato. ^H
.. 12;1
. Junanzi Um/io, innanzi ai tempo prefisso. ^H
..132
:. Quando combatteo in tem con Ercole . ^M
..115
. Anteo li prese ambiiiue. ^H
..136
<. Cariieri'ia, torre in Bologna , ^H
..141
. Per il timore . ^H
..1«
i. Comparazione. _^^^^^H
CANTO XXXU. J^^^l
^^ ..1. C&''«ce, roche. ^^^^H
..3.
Rocce, coste. ' ^^^^^H
..7. (
Sa&^, giuoco. -I^^^^H
..9.
Putto. ^^^^1
..10.
Qaet/r fioitne , yiuse ■ -^^^^^^H
..13.
^^^^^H
..14.
'^^^^^H
..15.
4^^^^^|
..24.
J^^^^H
..25
e 27. Comparazione. -^^^^M
..26.
Àustericch, Austria. 4^^^^H
..28.
b29. Tubcrnicch, Piclrapaita, nKM^^^^^H
..30.
Cricch, Strepilo alcuno. ^^^^^^|
..33.
Spi^nlari-, raccoglierle spiaìie. ^^^^^^|
..36.
^^^H
..38.
Vedendosi l'alito e le lacrime- "^^^H
..49.
Comparazione. "^H
.. 54.
fn noi li specchi^ ci guardi. ^H
__ .. 60.
^^^■. .. 61 e63. Utorìe. ^M
^B
Essendo egli unta empio, ch'io noa sarò t^H
^^^^H
9
^^H
Rezzo, ombra. ^M
^H
^^H
Di non esser nominato. ^H
^^V
Lagna, iio\<t. i^H
t
^^^H
119 ^^H
•». ')^.
^^^^1
▼.102
Tomi., tormenli. ^^^^H
T.115
Perchè fu corrotto da loro con danari. ^^^^^H
». 120
Gorgiera gota ^^^^^H
■«.126,
Un capo sopra altro ■ ^^^^H
T. 127
ComparsKione ^^^^H
T.129
Ifuca , ^^^^H
T.135
Per tal convegno, con qnesto patto. ^^^^^H
CANTO XXXllI. ^^^1
». 2. ForifnfWn, nettandola. 1
». 6. S
imile ■■ Che nel pensar rinova la paura . H
:lnr. e. I
y.6.1 ■
T. 9. Parlare dalla parte del Conte, e lacrimare dallo ■
ir«;Ì¥e»eo»o . ■
».22.
Moda, traslazione dal Inogo, dove ai mettono li ■
parvicri a mudare . ^|
».26.
Pia lumi, più giorni — sonno, della morte. ^1
1.29.
lliuaoe iiupidni, esso e li fieli — at monte, ^|
L Gioliano . ^H
T. 35.
•5'rianr, denti. ^^^^^|
T. 45.
Avendo sognato che si morta dì fame . ^^^^^|
T. 54.
'S'o/, giorno. ^^^^^|
T.75.
Qui lascia di dir la morte, ma la suppone ^^^^^|
Y. 79.
Esclamaiione, ^^^^B
y.sa.
Il si e no, in Toscana. V
». 88 e 89. Ifo^'ella , noveiia .ripetizione ■ ■
..92.
Fascia , contiene . ^^^M
».95.
Rinioppo, riscontro. ^^^^^H
».96.
A in ùa sci a, affanno. ^^^^^H
».!I9.
Coppo, concavo dell' OKbio. ^^^^H
..108
Il fiato piove, soffia , traslazione ■ ^^^^^B
..109
Fredda, crosta , diaccio . V
.■120
Riprendo dattero per figo, piglio nna pena ■
■WRg'Or
dell'altre. ■
Y. 123
Nulla scienza porto , non lo so. ■
.. 128. /ni'etnare, diacciate. ■
.. 135
/^erna, fredda. H
». 136
— 141. Considerisi come qnesto possa stare. ^|
..142
— 147. Come questo possi! essere, Tedasi. ^|
.. 150
. A non goene iiprire . ■
..151
Diveru , knUn.. ^^^
120
CANTO XXXIV.
T. 4 — 6. G>mpara£Ìone •
y. 1 2. Trasparean , por il dÌMOW -^ernnm fcUund in
i*e/ro. Comparazione.
▼.15. /averle, Yolge.
▼. 18. LadìferoTé
y. 22. Gelato e fioco ^ stupido e mate.
▼. 28. Lucifero •
▼. 45. Avvalla , sbocca .
y. 56. Maciulla , granNihi é
y. 60. Brulla , nuda .
y. 70. Ainfinghiai , cinsi •
y. 75. Del diaccio .
y. 90. Burella , yia stretta •
y. 100. Divella ,psrlii.
y. 1 08. Lucifero •
y. 110. Piiii/o, centro,
y. 111. Le cose grayi.
y. 113. Secca , tetra .
y. 115. Cristo,
y. 116. Spera ysStnL.
y. 1 1 7. Giudrcca , Jerusalem .
y. 118. lMifo4i.
W POSTILLE 1
1
B DI ■
^
1 TORQUATO TASSO
I
1 ALPURGATOBIO. J
1
CAIttO L
1
V. 1. Traalanone.
V. 12. Perché, contendendo le ^)M cOil loTo, direu-
»ero cornacchie.
- T. 18. Petto, la Wsa che coirtien* p«» la «inlénirta,
cioè r animo.
*. 19. Venere.
T. 24. Prima gente , Adamo ed Et* .
V. 26. Esclama contro di noi.
T. 31. feg/i«.„;„. Catone.
T. 40. Ceco, oscuro.
*.42. Oneste pium<-,cÌB\itt.
T. 49-51. SeDanlB conobbe ArÌ5tolele e \i altri nel lU
■dell'Inferno, perchè non eonosce Catone?
- T. 66. Balia, costosa.
T 78 e 79. . . . Detcrrckio o^e son gli oeehi eatti
Di Marzia tua, del Limbo.
T. 82. Do»e si porgano IÌ selle peccati mortali.
¥. 96. Stinga, levi .
I. 97. Sarprìso, soprappreso.
». 99. Alli Angeli. J
^^^1
T.100. ^(/ imo a^.Vno, per lutto. ' ^
^^^1
T. 105. Seconda, pi«ga. ■
^^H
T. 106. fi.-'/rta, tornaU. ■
». 119 e 120. Comparailone.
^H
T, 122. Pugna col Snl, resiste per ps«i^p alP ombra.
V. 123. Dorè è grande ombra.
^H
■T.127. Pwa»er risto r Inferno. ■
■
^^ %
m
122
V. 131. Disertò, abbandonato •
T. 133. AUriU, Catone .
CANTO IL
t.1. L'alba.
▼. 3. Punto, £enit<
T. 4. A lui , Sole •
T. 5. Con le bilance, col segno della Libbra.
▼. 9. Rance, gialle.
T. 1 1 e 1 2. Compirazione •
T. 31 . Argomenti U/naai , arte •
▼. 32. Traslazione.
T. 42. Andaya sopra V acaue .
V. 44. Si leggea come scritta la beatitudine •
T. 54. Comparazione.
T. 55. Mezzodì .
T. 70. Comparazione.
T. 79. Percnè si redono .
y. 81. Siccome tocca Bocca e quelle d^ir Inferno, od^
de lo prese per la cuticagna; percbè non queste?
y. 91. Castella mio, musico.
y. 93. Perchè sei stato tanto tempo?
y. 95. L'Angelo.
y. 110. Persona, corpo.
y. 1 1 2. Canzona di Dante .
y. 114. Conforme a quello: Che nel pensar tintuma im
paura. (Inf. e. 1. y. (i.)
y. 1 1 9. pregilo onesto , Catone .
y. 1 22. Spogliargli lo scoglia, purgare il peccata . Tra-
slazione .
y. 124. Comparazione.
y . 130. fresca , nuoya .
CANTO IH.
y. 3. Fruga , spinge .
y. 4. Virgilio .
y. 8. Dignitosa, piena di dignità.
y. p. 3Jo rso, s t imo lo .
y. 10. I^i piedi suoi , dì y ir giìio •
?• 11. Sentenza -^D/j/Tt^^a, trae fuori di s^,
y. 12. Ristretta, contusa.
y. 1 5. Dislaga ^ allarga .
123
V. 16. tÌoggìo,TQna.
V. 17. pHcendo ombra .
». 21. /.« /erra oscura , l'ombre aua.
T. 22. E-l mio t:nTiJorro,\u^ì\h.
▼. 28. Perchè non avendo corpo, non &c«Tit omhsK
T. 30. Siccome ooo cielo non mt^ombra l'altro.
». 33. Sve/i , .eciiopra.
T. 37. Non cercale il perchè.
T. 39. Che ci revelasse .
T. 42. Poiché non hanno l'ono^ciiilo Dio, stanno dr(
Limbo — lutto, pianto,
■r. 47. Bcccia , costa .
». 48. Proni'-, yzinoi.
T. 72. Comparazione.
T. 78. Sentenza .
T. 79 e 84. Comparazione.
T. 86. A7Hii/.'*-/a ,coinpiip<iin.
T. 89. Per l'ombra che facea il corpo di Dante.
T. 96. E l'isj. , fbonilira.
f. 11«. Morto.
T. 122 e 123. Sentenza.
T. 128. Co, capo.
T. 12'>. Mora, mola, coperchio di sepoltura.
T. 133. Wrt/*rr/,;,ofl, scomuniche.
T. 13^. Mentre clie li vive .
T. 1.ì6 e 140. Vedasi se questo è vero.
▼.'141. Prr /lavfi prrgfii , per sufFragì.
T. 144. Di entrare in Purgalnrio .
CANTO IV.
T. 1 e 12. Discorso.
T.10. Udito.
». 11. Intera, vera.
». 12. Quella , anima »era — f ue//f/ , anima sensitiva.
». 14 e 16. Era stato tanto intento ad ascellare Man-
fredi , che non si era accorto che il tempo era passato.
». 18. Qui è veltro dimando, la strada che demandate.
T. 19 e 21. Comparazione,
». 22. Saiinr, %ali.
T. 2fi. Cacume, sommiti .
». 29. Quel condotto, Virgilio.
V. 40. Che vincea la vista, che non si vedca.
», 43. Sapida come la Hn** dei i>iC77o quadiaato.
W ,,, V
Y. 45. Kiflai, ti fermi . ^M
V. ^46. /fiff n ^uffi li tira , liitMgaa ir« . ^M
T. 47. v/i^(/fVafu/«mr,BM)straD<iomì. ^^^H
T. 51. /jf dni;hio, il oiroaito del nioiite. ^^^^H
57. Dsl R^le. ^^^H
T. 59. Luce, »ole. ^^^H
T. 60. f^i'p, quando. ^H
r. 61 e 62. Se fosse in Gemini . ^M
V. 64. /fuéccc/ijo, rosso. ^H
r. 66. CtiMnùn vicakio, dateli da Dio . fl
V. 68. J,on . per la città di JernsKlsm . ■
V. 78. Manco , manclie»ole . ■
T. 80. yflcun'arle, astrologia. H
lo effetto. S
T. 84. Calda parte, meuodì. H
V. 87. Essendo altissimo . ■
r. 99. Oittreira, bisogno. -^1
T. 105. Cnmparaiione . ^H
V. 106 e 108. Descrive l' accidÌow> . ^M
T. 116. Che mi affrettava 1' aodìto. ^^^^B
T. 123e124. ... BrUcqua, a me OM rfiM^^^^^I
Di te ornai , perchè «ei hWo 'Ì^^^^I
T. 125. y^»<fnc/i m ifcorfdr' upelli tagni4u^^^^^H
T. 126. Riprìso,sai»\\ia. V^^^^H
T. 129. f aceti di Dio. )' An«;elo . ^^^^1
T. 139. Marrotco, la Hauritania o£cìJeRUk^^^^^^|
CANTO ^^^1
T. 5. Facendo ombra. ^^^^^H
V.9. />urn,r,/>.,rmr,mesolo,nO0»lttrÌ. T^^^l
T. 17. .V.rfin«,finp. ■
T. 18. La foga dell' an pernierò rende vano l"»hro. ■
T. 20. Co/o/-, rosso. H
V. 25. Avendo corpo . ^|
d'Oinroca voce. S
V. 30. Jngs', sapere. ■
V. 37 e 39. Comparaiione . ■
v. 54. Lume drt del,. antw. ^|
V. 66. Parche le force non manobìno al rel^tre. H
1
r. 75. Ih grembo a gli Aitmòri , in quel 4i Fulova^
L J
«. 79. Mrd, lilla (nel Venefi«no.)
1.81. Vi*eiei.
», 102. liima.ir io mio carne iolti) moni.
V. 106. Eterno , aniioa .
T. 1 1 1 e 1 1 3. Coiiipsrazi(>p« . KoU conte in ijuesUt pnr-
te (fitcori'c delle metro».
*. 112, JUai volrr, Demoni».
». 116. I Demoni possono pù>f;gi€^n£|}bìe eco«e 6ÌmÌlt.
T. 118 e 123. Bella conUima7.ìoncl
V. 125, RubeMo, feroce.
*. 126. Cbe avea fatta con le bntccia.
». 1 33. La Pia , donna cosi detta .
T. 135. .S'a/ii cc/ut, ilDiwitocWlfVTiitak) ip ndnllerìn
r uccise ,
V. 136. Gemma, anello.
CATETO \\.
T. 1. // giucco della ^ara , si fa cop tre da4i .
T. 4. Con l'allro, col TÌn«itore .
T. 7, Arresta , firma .
y. 12, Promriteiido, dj predar per lero.
T. 19. Ciacco Tarlali .
*. 18. Il padre suo pazientissimo.
T. 20. /^ife^^ia , inridia.
V. 23 — Mentre TÌve sì penta , acciò non ti* di quelli
dell'Inferno.
T. 27. jiuacci., aflVetli.
T. 37. jlvvalla, abbassa.
T. 38. JmoTy carità.
V. 39. Chi fuf a'atlaUa, cbi qna si ferma.
T. 41. Di/>r/r>, peccato.
V. 42. Essendo nello ibil'emo M-parati Ivtdnijeiit» da
Dio.
V. 43. Soipello, dohhio.
V. 45. llluminato-dalla Teokigia.
». 47. Jn su la velia, [a cima.
». 51. H poggio i' omérA getta , sì fa ter» ,
T, 54. iffdnsi, pHMÌ.
». 56. Colui, il Sole.
V. 61, O anima lombarda , SmràvWn amutuano ,
T. 66. Comparazione .
T. 72. nomila, sola.
V- 76. Esclamazione.
116
V. 86. Compìlaniln le leggi.
». 89. Se la sella é vola , trasUiioiK .
V. 92. Desidera l' impero in Italia .
T- 96. j4lla predella, alla briglia.
T. 105. Con trappoli K io ne .
T.106— 117. Il Volpi, nel Cataloga delle Edinotfl
della DÌTÌna Commedia (pag. 18), aveva notato che nell*
Edirione dì Pietro da Fino qui erano stati tralasciati do-
dici versi . Di questo mancamento s' era por avrcduto il
Tasso, e perciò qui La traiicritto di lua matiQ ì dodiaf
vei^i lasciati nella stampa. L. M. R.
T.118. Ow««.«oCwe, Cristo.
T. 121 a 122. Permetti questo per maggior bene?
T. 123. ^c/wo, diviso.
r. 427. Ironia.
T. 131. Traslazione.
T. 133. Locomune incnrco, il governare.
V. 135. >yoiAfircOi soltentro.
T. 137. Tu ricca, tu canpace, tu, ripetizione .
T. 145, Rimembri-, li ricordi.
V. 147. Cangiato stato.
T. 149e15i. Comparaxione .
». 151. Scherma, ripara.
CANTO vn.
, T. 3. Questa medesima difficultli di non conoscerti^
detta di sopra .
V, 7. filo, difetto.
T. 10 12. Gomparailone.
T. 1 5. Oue il minor s' appiglia , giù basso.
T. 18. Deliaco, ond'iofui, Mantova.
V. 25. Non per male fatto, ma per non uverP kìt-
V. 26. L'alto Sol, Dio.
T.28. Limbo.
T. 34 e 35 le ire sanie
flirta, teologiche.
V. 4t. jé guida mi t accosto, per goidarti.
T. 54, !Von varcheresti, non anderesti oltre.
V. 60. Di notte .
▼. 6). Liei, quel luogo.
T. 68. Face di sé grembo , piega ,
T. 70. Sghembo, Aaiio.
T. 71, C^eca, discesa.
127 ^^H
1 T. 72.
TI lemho estremiti ^^^^^|
■ >. 73.
Cotxo, simile a zaferano. ^^^^^^M
■ ▼. 74.
Indica, azzurro oltramarino . ^^^^^^|
■ T. 73 e
; 76. Comparazione ^^^^^^|
■ >. 81.
Jndisiinco, non separato dalli bIUì. ^^^^^^|
■ .T.Ht.
Etsendo ascose . ^^^^H
■ <. 90.
Lama , pkiio . i ^^M
■ v.%'.
Per che ne anche gli altri Imperatori la reerea- ^H
^■BO e restaurano . ^H
■^ 1.105
. Per il danno che fece alla Francia. ^M
,.100,
. Del mal di Francia di Filippo il cattivo, Re ^H
di Francia. ^H
T. 113
. Ma4chÌo naie, ^raa naso. ^M
.. 117
. Di vaio in i-ff.w, di re bnono in nn altro. ^M
T. 120,
, Retaggio, ereAìt\. ^M
T. 1J1
e 123. Considerazione. H
T. 130,
. Semplice, buona. ^H
■ T.i3a,
, JVe'rami luoi, nellagna prole. '■) ^^^^^H
. Canavcsti, terra in quel d' Alesaandritt . ^^^^H
■ T.136,
1
CANTO vm. ^^^H
1 .1.
6. DeticrìTe la sera. ^^^^^|
■ V. 9. ifurfd, dritta. VV^^H
■ T. 34.
Testa bianda, capelli biondi. ^^M
T. 39.
;^fl.-,o,oraora. ■
T.43.
A'^f^alliamo , discendiamo. ^|
T.49.
L'aer t' annerala, facea notte. ^|
T. 54.
liei, dannati. .I^^H
T. .57.
tonfa»' acyue, dal TeTere. , ^^^^H
».68<
: 69. Dio — /o suo primo perchè, U laa pnnu ^^^^H
ragione.
^^^^^^M
■ Y.78.
In ^^^^H
■ T. 74.
Essendosi rimaritatH. ^^^^^^|
■ Y. 80.
La vipera, arme de' Visconti. ^^^^^^|
■ T. 83.
Zelo . autore . ^^^^^H
■ T. 82-
-84. Dimostri, io fàccia cii che ha net core . ^H
■ T. 86. Verso il settentrione. ^M
9 ..95.
JVattro avversaro , serpe . ^^H
" T.104
. jÌ star celestiali, aogeVì.. ^^^^^H
..109
. ^ Giudice, tiino. . ^^^^H
..112
. Grazia pretenienle . ^^^^^M
..113
■. Per sostenere il lume. ^^^^H
■ ..114
■
. Sommo .imo/fo, prima caaM.
T. Ila — 114. TrislMÌone.
T. 120. Dover di amor umano ditien di»iii
T. 128. Sfregia , difforma .
T. 129. Per essere stali liberali e giusti.
T. 1 3,1 . Torca da veia strada .
T. 133135. Non passeran sette «nm. M» e
•lui predire?
▼.139. Chiovì, eft-tti.
T, 139. arresta , ferma.
CANTO rx.
T. 1. L'Aurora.
T. 5. Fri^ittJo animate , scùF'pioìit .
T. 10, Quel d' Adamo, Ìl corp*-
T.16 — 18. Onde.
Ma se presto al mattin det ver ti-MMoa «e.
(Inf.c.XXVI.T. 7.)
V. 24 Sommo conciitopa,<:ie\a.
y. 25. Piede, ferisce.
T. 43. // mio (.on/orto, Virgilio.
T. 45. ror/o, Tolto.
T.58. ^"--w.:, anime.
T. l>4 — 66. Comparazione.
T. 72. fi/nca/io, fortifico.
T. 112. Sette /'., peccati mortali.
T. 122. Top/)!), serratura.
T. 123. Calla, fOTia.
V. 124. Quella dell'oro è 1' autorità,
gento la scienia.
r. 126. Oi sgroppa ,sciog\ie.
T. 132. JVon progredì est rerrogre
T. 1 35, Mostra la sorta della serratura
T, 138. Macra,
priva.
r. 144 e 145. Comparazione
CANTO X.
Y. 2. Cbe il peccato non l' usa . '
T. 6. Avendomi detto 1' Augelo che non tornul
dietro . '
I Y.13. Scarsi, Urdi. [|
▼. 16. Cruna, via stretta .
L T. 19. Xo atancafo , per essere col oorpB. .^J
^^H
m Y.
Sarrbhe nipprtitu ^^^^^^H
■ .. 3e.
Aspettando e turdanttit. ^^^^^^H
■ •. 39.
Purea Tiro. ^^^H
■ •.
Maria ^H
^m V. 52. Rena, costa. ^^1
■ V.
Perchè Olia fii arso , fecendo l' iiffiiio noè «io- ^^^^M
■ .. 59.
Ai due miei temi, tede» e iidim . ^^^^^M
■ 1.64.
Benedetto vaso. Arca. ^^^^^H
■ .. G5.
Salmitta , David ^^^^H
H T. 74.
Roman prince , Traiano . ^^^^^H
..94.
Dio. ^M
T.99.
fabbro loro , DÌO . ^H
T. 106
. Ti f maghi, muti -piofOiìlo. ^H
T. 110
. Senso la ihcceisiun , parche anderanno in pa- ^H
ndito.
H
..116
. Rannicchia , inchina . ^^M
..118
. Dfii'KiccA/a, sviluppa. ^^M
..126
. Schermi , far ripari . ^H
..127,
. Ja aito galla , va in alto . ^H
..128
_.ii.ioni.
. Entomata in difetto, animali pieni d' impai>, ^H
— 132. Comparazione. ^^È
Vt.133.
, Rancura, compassione. ^H
1
CANTO XI. ^1
■ ..2.
3. Ma per pii^ amore, ^|
f Ci,
a primi effetti di là su tu hai^ aimile a quijtlo: ^H
u.
(loria di coIdì che tutto muore ec. ^H
(P.r.c.l. ..Ireg. H
.. 3. // luo nmie, la lama della Sapieiua, il figlrooln - ^|
r'I tuoi ^^^^^
'alort, potenEiB al Padre. ^H
T.6. r^npore ,' amore, cioiSpirìto Santo. ^^^^^^|
..19.
J"a<^oru, si vince. ^^^^^H
,.25.
_ ,. 30.
Ramogna , orosperitì . ^^^^^1
Caligini dfl nxwu^o, peccati. ^^^^^H
% ..34.
Note , . ^^^^M
■ ..41.
Quelli, Dante ^^^^^H
■ ..41.
■ ..53.
, tessa ^^^^^H
■ ,.63.
Comune madre , morte ^^^^^^|
■ ,.81.
Alluminare , miniare . ^^^^M
■ ..91.
-93. Senlen». ^^^H
1
Che continuino groMotana mente, 1
L
. A
130
T. 97. CaTslcanii a Guinicelli»
T. 99. Dante.
T. 103 e 104 se vecchia scindi
Da te la carne ^ maorì Teccliio .
T. 105. Il dire. o danari.
▼• 108. L'ottaya sfera.
▼.119. Tumor m' appiani ^ gonfiamento abbassi .
▼.126. 7V0/7/7' oso y presontaoso.
▼.128. Or/o, fine.
▼. 1 40. Fucini tuoi , Fiorentini .
▼.142. Opera ^ caLTÌtìi^ gli tolse guet confini j locon-
dosso in Purgatorio •
CANTO xn.
▼. 3. Il dolce pedagogo , Virgilio.
▼. 4. Varca , va acanti .
▼. 5 e 6. Traslazione .
▼. 1 4. Alleggiar , leg^erire .
▼.11 —17. Comparazione.
▼. 22. Sprona i pii a dolersi .
▼. 22. Erano più belle che qua non si fanno.
▼. 24. Erano scolpite in qael parimento, ma a cbe
proposito?
▼. 37. O Niobe , figlinola di Tantalo .
▼. 38. Segnata \ scolpita .
▼. 49. Duro pavimento ^ perchè era di marmo.
▼. 69. Givi , andai •
▼.76. Co/ui 9 Virgilio.
▼. 81. V ancella sesta ^ l'ora sesta.
▼. 84. • Raggiorna , ritoma .
▼. 88. Cr^tf^iira ^é//a, Angelo. .
▼. 94. Andando i più in Inferno.
▼.101. S. Miniato.
▼. 1 02. La ben guidata , Firenze •
▼.103. Montata.
▼. 104- oca/re, scale.
▼. 1 05. Non si falsavano i libri .
▼.121. P. peccati.
▼.123. Atf 51, purgati.
T. 1 27 — 1 32. Comparazione .
▼. 133. Scempie f semplici.
▼. 135. Quel dalle chiavi^ Y Angelo.
^^^^^^^^^H^H^^^HI^^^^^^I
1» H
CANTO xia. ^^^1
'^.8. Srcondam^Mc, \n seconda volta dopo/UprimA ^|
nrtadc
Purgatori»— Si riseea, attraversa. ^1
T. 3. Diimata , purga . H
T.12.
EUtCa , eleKione d' ire i V
ir. 16.
T. 27.
O dolce lume, ly'w. H
InTÌIaroDO alla carità. 1
•,.31.
Io ìono Oretti: , came pa& essere Orect* ìn qns« ■
•D luogo
^^1
Diligite ìnimicos vestros . ^^^H
y. 37.
^y.rsa, purga. ^^H
i ». 52.
^nfoi, ancora. ^^^^H
».61 «
66. Comparazione. ^^^^^|
». 66.
v/g^gr.^, muove. ^^H
». 67.
Aon approda , non fa lume . ^^^H
». 71 «
72. Comparaiione. ^
». 75.
Consiglio saggio, Virgilio.
».76.
Muto, premuto.
».88.
Bìsalva le schiume , lava le macchie.
». 103
Dome, purghi.
». 107
Rimonao, purco. '
». 108
/4 colui chi: se ne preiti , a Dìo che doni se
stesso.
».111
Invidiosa.
». 114
Dopo il meztD dì mia vita.
». 120
^d ogni altra dn/iuri, grande.
». 123
. Che pensò di genonro fosse passato il verno.
». 131
. Porti gli occhi sciolti, sei vivo.
». 132
Sì come io credo, perchè, sendo cieco, non 1»
»edea .
».150
. Ali rinfami, riponga in fama . ^^^^H
». 153
. /Pianti, fiume cosi dello. ^^^H
CANTO XIV. ^^H
V. 6. eccolo, accoglilo dolcemeiitc. |
». 10
eli. Fitta nel corpo, riyì. 1
».17.
Arno . M
».1!>.
Di so'jr' fsìo , da Firenie . ■
».22.
Jcearno, comprendo . fl
». 29
Si sdebitò cOìì , satisfacendo alla dimandi. ■ V
» ».31.
Dov' e' sì presso, d* acque, dove na*ce il Tever». "M
t
m
1S2
T. 34. Jnfin là , al mare , doTe sboccano i fiumi .
V. 39. Frmga , stimola.
T. 42. Dorè conTertia li nomini in bestie .
T, 43. Aretini.
T. 47. Ringhiati , orgogliosi*
T. 52. Cupi , profonot .
T. 54. Occdpin Tinca.
T. 59. Traslazione •
T. 64. Trista selva , ^ìff^ i^cst^, .
T. 67 e 69. Comparazio^.
T. 89. Aiarso^ acceso .
T. 87. DoTe si priya c|m pois^dl|B .
T. 91 i Brullo^ nudo 4
T. 93. jil i^ero e al trastullo^ all' intelletto e alla to-
lontÀ .
T. 102. Poicbè di piccolo divl/^ne crande.
T. 118. I Pagan.^ g^ntil/upmini di Faensa.
T. 120. Qnia nnllos sine crimini^ ^i^it.
T. 128. Ci seminano andar, percbè erano cieche.
T. 131. G>mparazione.
▼. 1 36. Poiché più nofi la adimmo .
T. 1 38. Panre balene e tuonp .
T. 1 43. Canto , Areno .
T. 145-151. Sentenza i
T. 151. Chi tutto discerné^ Dio.
CANTO IV.
T« 1 -6. Descrive Torà yespertipa.
T. 3. Perchè mai sta ferma.
T. 6. Quiy in Italia.
T. 7.. Andando Terso il Sole.
T. 10. La fronte^ la vista.
Y. 14. Solecchio y ombra.
T. 15. Toglie il lume.
T. 16 - 21. Comparazione.
T. 18. Jforfo /larcccA/o , parimente .
T. 21. jlrt^y prospettiva.
T. 22. Ri/ratta^ ripercossa,
T. 25. Do/ce ;w»Jrc, Virgilio.
V. 33. Secondo la tna capacità.
V. 36. Scaleo^ scala.
T. 37. Linci y di quivi .
T. 38. Beati miseneordes f (juomam merees vetirM eie
^^^r~i
1
1
... m
39.
Che vinci, che purghi li pecMtt. ^H
42.
Prode, ione. ^M
B **
48,
Perchè mrn sfi piagna., mt «v«r men pena. ^H
^v
50.
Invidiando il bene altnii. ■
H T.
52.
Detta spera supfrina,à\lì\o. ^|
1
55.
Qoanti più sono a dire: «jnestv è mio . ^H
H
S8.
D' rtsrr conltnto ptù dmiuno , meti OontentD . ^H
H
61 63. Dubiu. ^M
H T
66.
Dispicchi, cavi . ^^|
H
69.
Comparar ian« . ^^|
H T
75.
Comparazione . ^H
H
76.
OM>»,a.887.Ìa. H
1
78.
Brama, desiderio. ^H
H T
80.
Cinifne piaghe, cinque peccati mortali. ^1
81.
Si saldano per la contrizione. ^H
82.
Appaehe , sodisfei . H
1 T
8;e86. Es>mineiUsi. ^
H
88.
Do/)/», Maria. ^^^M
97.
rr7/a,citU. ^^^H
1 *
98.
^^^H
V
107
Giovinetto, S. Ste&no . ^^^^1
T
112
^//o ^^^^H
11
P/'erti diisrrra, morirà pietà. ^^^^^H
116
Erano nnln T«re nel significato. ^^^^^H
117
Finita l'eHtasi. ^^H
^ T
123
Comparaiionp . ^H
127
. L-irvf. maschere. H
131
e132. Tmlaiione. ■
132
. El-rnoJorUe,T}\o. f
135
. Disanimalo, morto. ^H
139
. F'Mpcrn, la stella della sera. ^^^|
111
. Serotini e lucenti , tardi delU lera . ^H
1«
. G/<occA.', iUedere. ■
CANTO XVI. ^1
Y
1 <
3. Comparnxione. ^^^^^H
T
10
B 13. Comparaiione. ^^^^^^È
T
11.
Dar di roszo, percuotere. ^^^^H
13.
,9/izio, brutto. ^^^^^^1
T
15
jVo/) sie mozzo, non li diparta'. ^^^^^H
T
18.
^^^M
T
19.
hsordia, principi. ^^^H
T
1
22.
Or tu shi tei?, aDanlc— /e/t(/i,apn. ^^^^H
h
1S4
T. 29. Come se in nTessi.
T. 32. Colui che ti fece ^ Dio.
▼. S4. Lece^ è lecito.
T. 37 e 38 Fascia ,
Che la morie diuolve j carne.
T. 44. Fareoj passo.
T. 45. Perchè, non vedendo, ifndaTa allo scuro*
▼. 52. Perjede mi ii icgo^ ti prometto.
▼. 63. Chi dalle stelle, e chi da noi*
T. 64. Affetto .
T. 72. G>ntrapi>08Ìzioni .
T. 73. Inizia^ uà principio.
T. 74. G>ntrarj.
T. 83. Sicheggia^ si domandi.
T. 91 e 96. TrasUaione .
T. 96. Se non tutto, almeno in parte.
T. 98. Pastor che precede j Papa .
T. 99. Traslazione.
T. 101. Di beni temporali.
T. 103. Condotta y guida.
T. 1 07. Duo soli , Papa , Imperatore .
▼. 114. Traslazione.
T. 118 e 120. Non trovasi, non ci è persona liberak*
T. 129. Cade nel/angOj non potendoli sosfeneve*
▼. 1 32. Non erano possessori di beni temporali •
T. 135. Rimproverio^jìtauenO'^ del secolo selvaggi
per la malignità de Ili uomim.
T. 140. Gaja, he\\9i.
CANTO XVIL
T. 1 e 6. Comparazione .
T. 13. Esclamazione.
T. 20. Rondine.
T. 22. Qui ^ in questa imagine.
T. 32 e 33. Comparazione •
T. 40 e 43. Comparazione •
▼. 51 . Raffronta , Tede .
T. 52 e 54. Comparazione •
T. 56. Prego , esser pregato .
T. 58. SegOy con se stesso.
T. 75. Di camminare .
V. 87. Traslazione .
T. 97. Sei primo ben ^ uiDIa.
135
T. 101. Bene^ mondano.
T. 104 e 105. Di bene e di male.
T. 108. Tute^ secure.
T. 114. Z/mo, corpo.
T. 123. Mostrando l'odio.
T. 124. Questo triforme amor^ di cose terrene •
▼^131. Cornice , luogo .
CANTO XVUI.
▼.10. S^ aifvivaj cresce.
▼• 16. Traslazione.
V. 28 30. Comparazione.
▼. 34 e 36. Sentenza, t. 35. Jvvera^ afferma perderà.
▼• 42. Di dubbiar più pregno • più dubitare.
T. 45. Non è suo merto^ percbè non consentendoTi .
T. 49. Sustanzial forma ^ anima -'-je////, separata.
T. 57. Cbe sono li primi moti.
T. 63. DeTe custodire l'entrata del consenso.
T. 66. accoglie e viglia j aduna e lega.
▼. 69. Scriydndo.
T. 75. Imprende j insegna.
T. 81 . In occidente .
T. 83. Pictola , villa .
T. 84. Ayendomi soluto il dubbio.
▼• 94. Falca , Tolge.
T. 105. Sentenza.
T* 109. Non vi bugio , non dico bugia.
▼. 123. /'oua , possesso.
T.130. E quei ^ytv^ìio.
T. 145. Come si cagioni il sogno .
CANTO XK.
Y. 1 e 6. DescriTe l'Aurora.
T. 7. Balba , scilinguata .
T. 9. Scialba y brutto colore. -~ La falsa felicità «
▼. 10 e 11. Comparazione.
T. 20. DismagOj distruggo.
T. 24. Appago y satisfo.
T. 26. Una donna ^ la virtù.
▼. 39. Andando verso occidente.
V. 42. Andando chinato .
7. 45. Marmj provincia.
T. 138. Percbè la morte toglie TaatariU.
T. 1 39. Arresti , fermi .
T. 140. Stanza j dimora.
CANTO XX.
T. 3. Traalasione. Mi qii^taijt «ebbene non ero e
T. 5. Roccia^ costa.
T. 7. Fonde a goccia u goccia^ liMBri|i»«>«
T. 8. H mal cA« tufio iimqiufo occupa , afikrisie
T. 9. Approccia^ appressa.
T. 12. Cupaj profonda.
T. 15. A>/ire<la, si parta.
T. 24. Portato^ parto.
T. 31. Larghezza, elonO^ifie*
T. 43. Traslazione.
▼. 44. Aduggia , consuma.
T. 48. Lui che tutto giuggia i Dip eh» lotto givi
▼. 54. S. LadoTico.
T. 62. Perchè si ytnofgoAy^i^'^^vQìJ^^ .
T. 69. Tomaso, S.^Tomam''ÌlAiÌvÌM^^
T. 70. ^/k?òr, ancora.
T. 81. Q>mparaxioae •
T. 82. Esclamasione.
T. 87. Catto j preso.
T. 93. Desideno di beni diChigi»
^^
^ ,„ ■
!
CANTO XXI. ^^H
▼, 1. La irU naturai^ i\ia^t^. ^^|
*. 5. /m/tdcc/a/ai-io, penile età pienad'tnijiie. ^|
T. 12.
/Iddr'iimo , accorgemmo. ^H
». 16,
Ad beatotoncih», in >iiel». ^^^H
». 19.
Adendolo seguito in fretta. ^^^^^H
». ».
^^^^H
..28.
1... 30.
». 37.
Adotchia , V ede . ^^M
Cnm/i, niezzn. ^H
..10
t <^2. E sempre questa ìmg^ rfUguKet » uno H
kodo-
■
».48.
Delle porte del Purgatori© . ■
..50,
Corruicar, balenare — >"ì;//<i di Xaun'ftnle , Ar- H
,..51
■
Perchè «aria. ■
..52
Skco vapor, venti. ( Forse igeiiltfutor d' venti) ^|
..54
/Vear'o. l'Angelo. ■
..61
/)r//a mondiziauji' etsere purgato- ^^^M
.,63
•ì'o/79/-crnr/r, snpraprende- ^^^^^|
.,69
Di miglior soglia , d' andare «vanti . ^^^^1
.,77,
Scalappia . $:Ìega . ^^^^^|
Coppia, intcndn. ^^^^|
.,81
..8i
Df^ncrizione- ^^^^|
..84
^^^H
.,85
Co/ nome, di poeta. ^^^H
Morse avanti che la finisse. Traslaiione. ^^^H
, .,93
.,97
98 BUimma V
Fammi , ejummi nutrice , ripetmonc , H
., 1 01 , Un Sole , un anno, ^ H
.,102, Al mie iucir di bemdo, <U lU™ in P»re.- ^
torio.
H
T, 1 08. Hanno manco forza . ■
..109. y*nini(cea. accenna, ^^^H
.,111, Piò si coiio.^oe l' affetto , I^^H
», 1 1 2, ^uommi , prendi , ^^^H
T. 135. Mimenlo, dimentico. ^^^^M
xxjr. ^^^H
..6.
Con et juslitiam . ^^^^|
..12
i
Pnrcbè l'amore ai apparisaf . ^^^^H
138
t. 28 —30. Sentenza .
T. 36. Lunari^ mesi.
T. 40. Quid non mortalia etc.
V. 42. Giostre grame ^ incontri tristi.
▼• 46— -48k Sentenza.
T. 49* Rimbecca , ribatte ..
T. 54. Per lo eonirario suoj prodigalità .
T. 57. Virgilio.
T. 60. Sine fide etc ( cioè : sine fide impotùbile
piacere Deo ) .
▼. 61. Qu€U lufhi e t/uai candele ^ che dÌTina iUan
zione..
T. 67 — 69. Sentenza.
T. 75. Traslazione .
T. 76. Pregno , pieno •
V. 79. Profeti.
y. 81 . Usata , usanza •
T. 91. Come può esser questo •
T. 94. La difficoltà.
T. 96. Ci avanzava d' ire al sesto balzo .
V. 101. Qt^l Green y Omero.
T. 102. Traslazione.
V. 105. NiUrieì nostre^ Muse.
▼.117. Partff/, sponde.
V. 118. Ancelle del giorno ^ ore .
V. 1 20. Ardente corno , la testa di esso timone •
▼. 1 33 —1 34. Comparazione .
Y. 1 44 — »1 54. Esempi di astinenza .
CANTO xxni.
▼.2^-3. Comparazione.
V. 16—18. Comparazione.
▼. 30. Che per fame mangiò il figliuolo.
▼. 35. Brama , appetito .
▼. 39. Squama , pelle .
▼. 45. Non Tavea conosciuta.
▼. 58. Sfoglia , smagra .
V. 68. Sprazzo , spruzzo d' acqua .
▼. 70. Spazzo I pavimento .
V. 87. Pianger dirotto , sufiragi .
▼.94. Barbagia jhàTh^Tidi.
▼. 107. Antfnanna , apparecchia.
T. 110-111. Putti.
139
T. 1 20. La suora di colui , Luna .
T. 126. Voi , che il mondo fece torti , peccatori.
T. 1 33. Sgombra , separa .
CANTO XXIV.
T. 1. Né per ragionare andayamo più lènti, né nel cam-
mino ragionavamo meno.
T. 4. Bimorte , morte più volte.
T. 6. Si accorsero che io viveva.
T. 13 e 14. Era bella e buona.
T* 16. Fieta , nega.
T« 1 7. Munta , macra •
T. 18. Dieta , digiuno .
T. 22. Papa Martino lY.
▼. 30. Rocco , pastorale .
T. 37. Ei mormorava j parlava infra sé . — Gcntucca ,
nome proprio .
T. 39. Pilucca , tormenta .
T. 43. Sendo giovanetta .
T. 49. Co/m, Dante.
T. 55. Jssa, ora,
V. 64. Comparazione.
T. 72. Affollar del casso ^ aniar del petto.
T. 80. Spolpa , priva .
T. 84. Nello Inferno .
T. 85. La bestia j il Diavolo.
T* 87. Con infamia muore.
T. 94—96. Comparazione.
T. 97. Falchi , passi •
T. 105. In Idei , in là •
T. 1 08 —Comparazione .
¥.112. /{icrei3^ix/a, fallita.
T. 121. Maladettij Centauri.
T. 129. Miseri f illeciti.
¥.133. i^o//re, soli tre.
¥. 135. Poltre , pigre.
V. 1 45 —1 47. Comnarazione .
V. 150. Orezza, oaore.
V. 154. Perchè banno sete di cose giuste.
CANTO XXV.
V. 1. Aorpiio^ impedimento.
T. «. Vene va .,
«. 47. Qaello dell' noma « Art, 0 qk«Kè dfeÉA'd
patire.
T. 57. Poue, foieaix ~ ond' è uménie, ottÓe
dono.
T. 72. L'Anima,
V. 77 fi 78. Comparazione.
T. 80. Sottreii dalla carne , mnor-'- e i'ji virtM
■ttmlmentc .
t; 86. All'una delle r/we, allo Inftriio o al Purg
T, 91. Piornn, pieno d' acqua,
T. 96. L' anime nan soinÌf;lianze di corpi) aereo .
T. 1 08. Perchè apparisce che si dimagrino ,
T.114. Seq uesl r-i .Mparti.
T. 115. Schiuso , aptrìo .
T. 123. Caler, ctinre.
*■ 126. Aifuando a quando, a part« a pnto.
CANTO 3XVI
V. 3. Jo li Kaltro, rendo avTedtrto.
T. 4 e 6 I<a «era .
▼. 7. Boveate, caldo.
T. 12. PWfTÌTO.
T. 15, Per non relatdarii.
T. SS. Come sei tìtoF
1«
T. 81. Per purgarsi presto.
T. 87. Pasiie.
; fatti .
y. 93. Essendonii pentito aranti la morte .
▼. 94 e 95. Comparai ione .
T. 96. JVon a tanto insurgii, a quuito sarsao eui per
bbrarciarsi.
103. P'iìciuto, traslaiioiW. i
T. 105. Con giuramento .
». 108. Aar éip'D , oscurare.
'». 11'. Traslaiiane-.
. i*w/ J' Lrmoiì,ArBa]àr)I)anìeno.
T. 121 e 123. Sentenift.
l.nS. Traslazione.
CANTO XXVIi
.1 — 5. Descrive la sera .
. 15. Comparatione .
. 33. Non pensando voler toccate i|uel liiouo.
.37- 39. Comparazione.
.42. P.jiiipoiiti. TÌmice.
. 45. Comparaiione '
.51. W«rV misura.
. 62. Sfut/ìaCt , trasìatione.
. 67. Pochi scaglioni eramo saliti.
. 73. Si pose a giacere .
. 76— 84. ComparaxioDc .
. 76. Mante, fernu.
'. 82. ÌUandrian , pastore.
'. 82. Peculio suo, suogicg^er
'.91. /{Hmina/i'/u , esaminando .
'. 92. ÌHi prest U MmaOfH *#«nO( ripigliffmrjita.
-94. Visione.
'. 95. Cilerea , Venere.
r. 98. Landa, campagna.
Y. 104. Smaga , parte .
r. 105. Ammiraglio, specchio.
r. 109. jlntelucani .ìnvaìtàf^ana.
r. 115. Qufl dolctpiimr, sommo benn.
'. 119. Strenne , niancie.
r, 121. Tanto voler sopra \-oltr, ripi^ionicDta .
r. 132. Urte vie, ^ric ^ a gnomi nano nr.
I t'. 60
y. 1 42. Qol h da notare che Dante non rirpt
alcuna, onde mostra grande iDgratitudine.
CANTO xsvra.
Y. 3. TVm/Mrai'ii, Èicea parer pi& bello.
V, 6. Oliva , odorara .
T. 7. jlfufatnenrc, alterazione.
y. 18. Bordane, ìenarc-
r. 19— ZI, Comparazione.
V. 31, Bruna bruna, par cosi per l'ondire
beri.
T. 36. Mai , rami .
*■ 37 — 39. Comparazione.
T, 44 e 45. Sentenza .
V, 45. Fisonomia .
T. 52— 54. Comparaiìonc .
T. 57. Comparazione -
Y. 60. Si intendeano li concetti.
T. 68. Traendo più color, cogliendo fiori .
T. 71 — 74. Comparazione -
T. 80. Dìlectasti, me Domine in feotara tu».
T, 90. L'errore che t'impedisce.
T. 91. Lo sommo bi:n. Dio.
T. 94. DiffaUa, peccato.
T. 94 e 95. Diffalca ; per tua diffaUa , ri
in9nto .
T. 102. Il Purgatorio .
T. 101. Prima fij/fa, primo mobile.
T. 105. Dai venti.
▼.110. /njpri-^raa, traslazione .
T.122. MBteore.
T. 135, Sete, desiderio. TniBlazione.
T. 138. S'io dico pii che non ti promi
cAiSTo xax.
'■ * — 6, Compar _.
'■18. £uTf/-o, splendore.
»■ 2ì. Biasmare la temerità di Eva .
Y. 27. Perchè volesse sapere ogni e
▼. 43. Allegoria .
'. 49, Diicarso ammannit , porge d
». 60. Conparatione .
▼. 66. Fuciy fa.
T. 75. Pennelli , stendali di ... •
▼. 76. Egli , aere . •
T. 91 • Luce luce , agnominazione .
T. 92. Quattro animali , Evangelisti .
y. 115 — 1 20. Comparazione •
T. 1 20. Arcanamente , sommamente •
t: 121. 7Ve é/o/»/ir . Virti\ teologiche •
▼. 136. Quattro y Virtù cardinali .
T. 136—137. S.Laca.
T. 138. Uomini.
T. 140. S. Paolo.
▼.147. ^ro/o I corona .
CANTO XXX.
T. 1. // iettentrion , il carro detto di sopra.
T. 1 3 1 5. Comparazione .
T. 16. Basterna j CSLTTO ,
▼. 22 — 27. Descrive 1' A^rora .
▼. 35. A/franto^ smarrito.
▼.54. A il re ^ oscure,
▼. 58 — 60. Comparazione.
▼. 7Q». Pt'ottrva , grave .
▼. 72. Sentenza.
▼. 76. Specchiandomi in esso .
▼. 79. Comparazione.
▼• 85 — 90. Comparazione .
▼. 89. Purché la terra , che perde onihra , porche il
▼ento Austro.
▼.96. S tempre^ struggi.
▼. 1 01 . Sostanze pie , Angeli .
▼.118 — 1 20. Comparazione •
▼.131 e 132. Sentenza.
▼. 131). Uscio de' morti j Inferno.
v. 142. L* alto fato di Dio^ la pro^idenza di Dio.
▼. 145. Perchè il fiume dii Lete non si passa senza
oontrizione .
CANTO XXXI.
▼. 2 e 3. Traslazione . t;
▼. 4. Guata , tardare .
▼. 16 — 18. Comparazione.
1-44
T. 21, Varco, TÌa.
T. 25, Impsdimenti .
V 28. Miglioramenti.
T. 29. ÀUre, doDO«.
T.39. Tol^'ud-c<^,Dm.
*. 62 e 63. Senlcnaa .
¥. 64 — 66. Comparaiìiooe .
T,68. La itìrtd, il TÌ8ò.
V. 70. Dibarba , svpH« .
T. 75. Percliè non era d' età da rergbgnarsi .
T. 80. Fiera, grironc.
T. B4. Li parea più bella.
V. 90. Coiti, Beatrice.
T. 96. Spola , con la quale si tesse .
y. 104. Quaiiro hi:lie, virti nidrali.
T. 109. i)/err^/i(i, ti meneremo.
T. 121, Comparazione.
T. 132. Gariùii, modo.
T.138. SrcO'iàa, divina.
▼. 145. Ti mostrasti divina.
CANTO XXXIf.
T. 2. Disbramarsi , saiiarsk -" DvaeRiìV
T. 4. Esti , occhi .
T. 5. Ca/c/-, curare.
T. tì. Come avea Éitlo in vita.
T. 8. Quelle Drr , le IJI Virti'.
T. 13. /?//(wmDMi , restanrò.
T. 18. Scltejiam'nr, VII Virtù.
11. Comparazione.
r. 28. /-.i
.nfrrentlii
T. 30. Segnò la terra cofi minor c..^^,...,...—^
T. 31. Sri^'ii fola, il Paradiso volo per cd|«»j
V. 39. L'arltore del'bmee del male. '
V.51. QurlUifei, iltimone.
T. 32 — 57. Comparazione.
V. 54. C'ieite LuiCii, segno di pesci. *'
T. 55. Turgide /ansi , ingrossano.
V. 64. Assonnaro, addormentarsi.
T. 67 — 69. Comparazione. ,
T. 73 — 75. Comparazione. '
V. 73. &r/ »ji^/o, che transfignrò.
T. 81. Jto/a, veste.
U5
T. 95. Plaustro f carro.
T. 97. Claustro, chiostro •
T. 100. Silvano, di questa selya.
T. 102. U cielo . Allegoria .
T. 103. Proy utile.
▼. 109—111. Comparasìone.
T. 116 e 117. Comparazione.
y. 118. Nella cuna^ ncA cuore e seno*.
y. 122. Pula, fuga.
Y. 133 — 135. G>mparasione'.
CANTO XXXIU.
T. 3. La distrazione della Chiesa .
T, 15. fi savio y StsStìo ,
T. 25—27. Comparazione.
T. 36. NoÀ hasta sacriBòio jp'ef ^hcMB'. ""
T. 58. L' aguglia , Y Aquila . '
T. 42. Sbarro y impedimento.
T. 43. Enigma. DUX,
T. 48. Àtiuia , oscura .
T. 49. Nnjafie , Ninfe di fonti .
T. 51. Alludendo alla médesiiòàk &4^òhi.
T. 57. Dirubata , spogliata .
y. 63. Cristo.
y. 67. IVon fosser acqua d* Elsa , non fbssino irìdur^i .
y. 78. Lo riporti, come fònnb' il segttb li (t^Végflnl.
y. 90. Festina <t corre.
y. 96. Ancor y ancora .
V. 97 — 99. Argoménto'.
y. 103. Corrusco y splendido.
y. 108. ^V^^/^^re*, pedate.
y. 1 30 e 1 32. Comparazióne.
y. 11 3 e 144. Piante nós>ellè
Rinovellate di novella froHà'à ,' rij^fgliàmento .
POSTILI
TORQUATO TASSO
AL PARADISO
CASTO I.
d
T. 1 e 3. In tutte parti impera e quivi rrsgC'
r. 127. )
T. 7. Oìsire, desiderio.
T. 16. jiringo,\uoga.
T. 21. Fu scorticato.
T. 23. Tuo dtirii'i /•■ano, aWovo.
T. 33. Asseta, (a sitibondo.
▼. 36. Cirra , cittì nel monte Parnaso.
T. 36. La lucerna dttl iihìiiHo, traslaaiooe.
T.*»!. M-mtlitna erra, lerra.
▼. 49 e 51. Comparazione.
T. 60. Comparazione.
▼. 6i. (^uei che puoi e , Dio.
T. 70. Trasuninnar, farsi divina.
T. 74. Senza peccato .
T. 78. htfrni, ordini.
y. 80 e 81. Comparazione.
T. 65. Conoscea il mìo desiderio.
T. qO, Scosso, svegliato.
T. 91 e 92. Comparaiioue.
V. 102. Comparazione.
T. 1 08. Toccata nvrma , strada bai
T. 109. JccUwy inclinate .
T.110. Aa'ure, creature.
T. 112. /"orti. fini.
T. 115. pi4c.i{i, naturale istinto.
T. 116. Promuove a cercare il bene>
T. 117. Che sia nel centro .
147
T. 119. Quest'arco saetta jT^Lslanont.
T. 121. Assetta^ ordina.
T. 129. Per la mala disposizione.
T. 132. Del suo libero arbitrio.
CANTO IL
T. 1 e 9. Traslazione .
▼. 13. yilto sale^ mare profondo.
T. 16 e 18. G>mparazione .
▼. 19. Concreata , creata con noi •
T. 23. Quadrel , un strale .
T. 30. Prima stella yhxin?L.
T. 34. Eterna margarita. Luna.
T. 37. Qui non si concrpe , non si cape qui da noi .
T. 38. Cosa che sia corpo.
T. 39. Repè , penetra .
T. 48. Remoto, diviso. >
T. 49. Segni bui,\e macchie della Luna.
T. 54. Disserra ydi^re.
▼.66. ^o//i, figure.
▼. 76. Esio pianeta. Luna.
▼. 83. Cassi, annulli,
▼. 91. Tetro, oscuro.
▼. 106 e 108. Comparazione.
▼.114. Dio. ^
▼• 126. Guado, ▼ia.
▼• 128. Comparazione.
▼. 139. Lega, anione.
▼. 1 '*4. Per pupilla vii^a^ per gli occhi.
▼. 145^ Da luce a luc^, da stella a stella.
CANTO UI.
▼. 1. Quel Sol, Beatrice •
▼. 1 0 e 1 5. Comparazione •
▼. 13. Postille, imagini.
▼. 18. Narciso.
▼. 26. Quoto, qualità.
▼. 27. Non si quieta nel ▼ero.
▼. 30. Per manco di voto , pef non serrare il roto,
▼. 32. Appaga^ aggradisce.
▼. 36. Smaga, consuma.
▼. 41. Non conosce ed è in Paradiso.
V. 46. Fergincf Ofelia jitionacsL.
▼. 51. Spera più tarda ^ Luna.
T. 55 e 57. G>ine si retfu:<|4,iù> Ip an%cui/cnieslo hio|o.
V. 63. Latino^ facile.
▼. 75. Cerne ^ elegge.
Y. 87. Dio e la natara.
T. K9. Etsì , benché .
V. 91 e 93. G>mparazione . . '
T. %. Al co al cap9 — spola^ da ordire
Y. 123. Comparazione.
CANTO IV.
Y. ^f. Brame ^ TOgli^.
T. 6. Zzarne, dai^i.
Y. 21. Sé uno allo forzato toglie il mexiV» •
Y. 25. facile y Yolantà .
Y. 27. Felle, difficultà.
Y. 28 e 36. Sia chi si ▼uole Yicino a Dio, non sU in <^
tro cielo che nel cielo empireo .
Y. 39. Lana.
Y. 43 e ^8. Belle imagini .
Y. 53. Decisa y partita.
Y. 58 e 59. Come il Yalore alla stella di Marte •
Y. 61. 7br5e, ingannò.
Y. 63. Per Dei.
Y. 66. Non ti può dannare .
Y. 73. Pai e , è sformato.
Y. 76. La Yolontà non si può sifonEar^ •
Y. 78. Violenza il eorza , lo Tolge il Tento .
T. 101. Gra/o , Yolontà .
Y. 1 09 e 1 1 1 . Sentenza .
Y. 115. Tal fu la risposta di Beatf^cc .
Y. 1*iS7. Lustra y bosco.
CANTO V.
Y. 1 . Fiammeggio , scaldo .
Y. 1 1 e 1 2. Dccipimur specie recti .
Y. 33. Di mal tolletto^ di cosa mal ^pm .
Y. 41 e 42. Sentenza.
Y. 48. Sì propriamente; quando dis^i: Vitiinu^ /assi
di questo tesoro. ( V. 29) .
y. 57. Jorisdizione ecclssiastica .
149
T. 63. Non H può permutare ìd altro modo .
▼. 65. Bteciy ciechi.
▼. 72. Coleo, sacrificio.
T. o1 e 92. Comparazione •
y. 100 — 103. Comparazione-
V. 111. Carizia , carestia.
V. 1 1 ^>. Trionfo fiier/nU i Cb^sa trionfante .
V. 117. Innanzi mort^»
T. 118. Dio.
▼.126. Corrii^ra, ri^plendp.
▼. 129. Con f^ii altrui raggi j d^l^Sole-
▼. 1 33 — 1 35. Comparazione .
T. 134. Roscj consunte.
CANTO VI.
T. 3. Enea.
▼. 4. Uccel di Dio , Aquila .
Y. 12. Compilò le leggi.
T. 2^. L*alto lavoro, di comjiUar )e leggi.
T. 32. Sacrosanto segno , a(jiMla «
▼. 39. 1 tre a* tre , Orazj .
▼. 51. Labiy corri.
▼.53. c7o//e, di Fiesole.
▼. 68. Cuba . giace.
▼. 73. Bajuioy sergente.
V. 77. Colubro y serpe .
▼. 79. Lito rubro y mar rosso.
▼. 81 . Che non s' apria se non 19 guerm •
▼. 88 — 90. Perchè fu cìt>ci6MO Cripto .
▼.100. Gigli gialli y Franzesi .
▼.112. Correda , adoma .
▼.118. Gaggi y meriti.
▼. 1 24. Comparazione •
▼. 1 27. Margarita , stella •
▼. 138. Più di quello non avea ^ avere.
▼.141. A frusto a frusto^ a pezzo a pezzo.
CANTO vn.
▼. 3. Horum Malaoth , horum regnornm .
▼. 6. Adtlua^ doppia.
▼- 1 5. Assonna , s' addormente •
▼. 24. Presenit , dono .
^
150 1
^^^^^!6.
Queir uom ehi- non naci/ue, Adamo.
^H
Vendicata aa Tito.
^B
Spcrne. scaccia.
^V
Livore, ìt^jìdì^.
1 T. 68.
Non ha fioi fitte , è eterno.
( T. 59.
/m/j™/K«,Ìmagme.
L V. 71.
Libero è tiUio,cnm'k l'anima.
^^ y. 76.
A^vanlag^ia , privilegia .
^K
La ditj'ranca, di libera la & serra.
^H
Imprenta, sigilla.
^V
Dal principio e line del mondo.
^^ V. no
Di coinpltMi'in. oolenztata, di elementL
T. 143
Bfniriiiiizii , bont^ .
V. 1 18
Essendo fatti di cosa noa creaU, debboii
msciUre
CANTO VOI. ^
Quando èra l' Idolatria . i
T. 1.
T. 2. Ciprigna , Venare .
T. 3. Epiciclo, cerchio .
T. 12.
Or da coppa or da ciglia , 0 da sera o da 1
tino.
».16
-18. Comparanonc . ji
T. 22
e 23. Comparacione . V
T.SI.
Principi e f lesti y principali. fi
T.46,
Piae,più. à
T.54.
Comparaiione . U
T. 61.
S'imborgat si fa borgo. Jl
T. 67.
C<i%^ . fii nebbia . .]
T. 70.
Nascente solfo, che nasce in quelle ptrli.
T. 73.
accora, molesta.
V. 81.
Non si carichi più. ,
y. 8Ì.
Mcitfr in 'irca, accumular denari . |
T. 96
Intenderai anello che ora non redi. i
T. 10"
. Con,p.r,ie: !
V. 110
. Ilaiichi , manchevoli .
T. in
ft' itooo , bisogna .
T. 116
. .Se non fosse c'^-^-civilità.
V.12
. // /iifl«/ro voiCo, Aristotele. ^
T. 12f
. Dedalo. ',
I. 1 29. Corpo albergo dell' aniun . 1
T. 13
. a«rmr..Bomolo.
p. 1 36. Intendi quello che non intcndeTÌ .
151
T. 1 38. Ammanii f yesU .
T. 147. È da sermone j da esser frate.
T. 148. T'rtfccia , yia e cammino .
CANTO EL
T. 7. Lume santo , Dio .
T. 9. Tanto , bastante .
T. 13. Splendori j anime . Nota che non le cliiama più
ombre .
T. 37. Gioja^ stella. Sopra la chiamp margarita.
T. 45. Battuta , flagellata .
T. 52. Dif fatta , mancamento .
T. 54. Malta , torre nel Padovano .
▼. 58. Questo prete cortese ^yescoro di Feltro.
T. 63. Buoni , veri .
V. 87. L* altra letizia , anima.
V. 69. Comparazione .
V. 71 . Àbbuja , oscura .
V. 73. Illuja^ trasforma in lai.
V. 75. Fuja^ fdrata.
V. 7 7 . Fochi pii . Serafini .
V. 78. Fannosi cuculia , si vestono •
V. 81. Intuassij transformassi.
T. 85. Discordanti liti^ di Turcbi e Cristiani .
T. 88. Li tt orano j abitatore .
V. 96. Imprenta , impronta .
V. 105. Dio.
V. 107. // hene^ il sommo bene.
V. 112. Lumera, anima.
V. 114. Comparazione.
V. 120. Trionfo di Cristo , spoglia del Limbo .
V. 123. L* una e l'altra palma y mani confitte in
croce . '
V. 126. Non si curando di recuperare il sepolcro.
V. 127. Di colui y di Lucifero.
CANTO X.
v# B. Dio.
mente o per occhio ^ Angeli ed orbi celesti.
ntro a se l'ama^ ideai
V. 4. Per
V. 11. Dentro
V. 13. Dirama j divide.
V 1 4. Oblico cerchio , Zodiaco .
•152
r. 16. Torta, obbliqan ,
T. 17. Sarebbe aempresm* o sempre T
T. 21. Preliba, giist? .
T. 28—30. Descrive 11 Sole.
T. 32. Spire, circoli.
V. 35 e 36. Comparasione .
T. 49. Quarta fami glia, si^n,
y.'j'y—y}. Comparatione .
V. 60. Ecclmò neWol'btio, diifieDlici.
V. 65. Restammo in mezzo .
V. 67. l'ijflia iti Latona,ljìjjM.
V. 75. Essendo incnarrahili ,
T. 76. Ardenti Soli, aoirn^.
T. 88. Fiala, fiasco.
V. 93. Avvalora, fovalpraso.
T. 102. Serto, corona.
T. 1 1 4. Salomone .
V. UL. Dionisio (l'AreopagiU).
». 120. Paolo Orosio.
3. 121. 'frani , traduci.
T. 12J. ■S"'-/'', desiderio.
T. 126. Boezio.
T,133. Per esser l'ultimo.
«.131. Srggier,, logico.
T. 140. Siioia di Uio, Chiesa.
T. 'A\. Mattinar lo sposo, tij&uaic.
T. U4. T'urge, empie.
T. 1-18. Insemfjra , perpetua.
CANTO JX.
T. 2. Sillogismi , argumenti .
», 6. Regnar per sofis'ni , persUAde^e .
T. 15. Comparazione.
V. 19. Del suo raggi t), 4i Pjo.
V. 28. Ricerna, dicbiari.
T. 24. Si sterna , si spiegbi .
V.28. Dio.
V. 29. Ogni aspetto — Crrat}, ogni i otelletlo.
T. 30. yada al fondo, penetri dentro.
T. 35, Duo principi, .S. Francegco « S. DomeniM
V.43. Tu/Jino, fiume.
y. 48. Greve giogo, sovercliie grl)TCZ/B.
I V. 50. Un Si^, metafiim.
153
" T. 55. Orlo, naaci menta.
T, 58. Tftt donna « porertà .
T. 64. Primo inaritu, Qrista.
t. 69. Ce»re.
T. 84. Sposo, Cristo — sposa, porertii.
*. 89. Fi', figliuolo.
T. 92. Innucinzio, Papa.
T. 98. tterno spiro, spirito santo.
*. 99. jlrchimandntu, capo di ReligiqBC.
T. 106. Falterona.
». 107. Ultimo sigillo, siima\e.
». 111. Pusillo,\i.jai\.^. ^
T, 113. Sua donna più cffMy poTcrli.
T. 118. S. Domenico.
T. 126. Diverti salii, Tarj pascoli.
V. 136. Cotttenla j satisfatto il primo <l ubi) !«■
CASTO XIJ.
V. 7. (!^£;niD,ripiglÌBinento.
». 9. flf/>«e, riflettè.
T. 10 e 15. Comparazione.
».13. Qu^ld, fuori, Iride.
T. ì^. Vaga, Eco.
T. 16. Presagli, iniloTJna.
». 18. S'allaga, per il Diluì Ìo.
». 22. Tripudio, liallo.
T. 26. Comparazione.
T. 30. Cpme si volge l' ago alLf iteilp con |a calamita .
». 32. MiC'i , S. Dotneniéo. ,
», 38. Riarmar, salvare.
V. 46. Descrive il luogo di Spagna.
». 50. Foga , cammino .
T. 69. Si nominava D'<niÌnico.
». 83. Taddeo, Dottore.
V. 92. Prima vacante, ])enefiiìo.
». 96. Santi.
y. 101) e 108. Traslawone.
V. 114. Il bene i guasto.
». 117. Vanno allarovescia.
T.1t9. toe^/o, «izania.
V.135. LiteWi, libri.
¥-144. jCafino, sermone.
■
1
154 1
m ' J
CANTO XOL ^^MH
1. Cupe, desi<lert- ^^^^^|
3.
Utpf , scoglio ^^^^^H
6.
Compage, composizione. i^^^^^H
7. Carro, orsa maggiure . ^^^^^
n.
Slfh, legno. ..^^^
14.
La figtiwUa di Minai , Arianna ■
19.
0-HÌ/-fl,imafiÌne.
Peana, Apollo.
25.
.30.
Cura in cura, amore «n amore.
31.
Conc-r-/i numi , anime .
34
37.
Net petto, d'Adamo.
38.
Li beila ga.incia, la parte per i\ tallo.
10.
Cristo .
42
avendo tanto Mtisfalto.
48
Salomone.
51.
Farsi co'ne centro in tondo, conTCnire-
54.
Il nostrosire. Dio.
55.
Mea, procede.
57.
In Inr t' intreo . »' interna in loro -
67
CTa, materia.
80.
SeniamsEio.
106. 7/ò'u. e,a<menodisopra<letlo. 1
112e114. Trailoìone. 1
111
et 23. Sentenza.
128 8 129. Tmlaiione: guaidandosi in ona spada, |
apparisce il »Ìso torto. |
130 6)38. Sentenza.
1 J9. Donna Berta e ser Martino, alcuno sciocca.
CASTO XIV.
1-
6.
3. Comparaiione .
19
— 21. Comiiaraiionc.
27
Plof.!, felicità.
28.
Quell'uno e due e Ire, Dio ano • trino -
33.
Muno, dono.
34.
Dia, divina.
41.
L'ardor, repp|i*.ione.
Lume, repctuione.
48.
■
155
T. 52 e 54. Q)mparazioiie .
T. 56. Carne ^coTfo.
▼. 59. Forti j disposti.
▼. 63. De corpi morti j di risuscitare.
T. 66. Sf'tnpittrne fiamme , anime saWe .
▼. 69. G>mparazioiic.
T. 73. Susst,strnzfj sustanze.
T. 76. Esclamazione.
▼. 77. Candente , chiaro .
T. 84. j4 pili alta soiutt , al pianeta di Marte .
T. 5)3. Litarej sacrificare.
T. 9f. Robbì ^ rossi.
T. 96. O Elios , che sì gii addobbi ^ o Dio che :• ^ . i
orni.
T. 99. Galassia^ ria lattea.
T. 1 00. Costellati , uniti .
T. 1 01 . Se^nn , croce .
▼. 1 02. Crociati .
T. 112 e 11^. Comparazione.-
▼. 114. Minuzia , atomi .
T. 118. Gfga ed arpa , instrumenti di musica .
▼. 125. Resurgi, e %fiìàci , Cristo.
T. 138. Dischii4so j tL^erìo . ■ ^
\ CANTÒ XV.
T. 1 . Liqua , liquefa.
T. 4e6. Traslazione.
T. 10 e 12. Sentenza.
T. 13 e 18. Comparazione.
T. 20. Astro ^ anima.
T. 26. Nostra maggior muta, Eneide di Virgilio.
T.31. Xume, anima.
▼• 08. Spirto j anima.
▼. 42. Vincendo V intelletto umano.
T. 43 e 45. Traslazione.
T. 49. Digiuno y desiderio.
T« 51. Dio.
T. 54. Traslazione.
T. 55. Mei^ proceda.
T. 57. Deirun, aritmetico.
T. 71. Arrisemi un cenno j significò.
T. 74. Prima egualità , Dio .
T. 85. Fivo topazio^ Anima.
iSKi
y. 88. Esclamazióne .
V. 1 01 . Coniigifite , con calzetUr tftf[^miMe .
y. 118. Esclamazione.
y. 1 20. Per la Francia ,* fltìr là Inéi'CJftoIra .
y. 138. Fu detto Al«j(hicri.
V. 1 43. Di quella legge , maomSttSiW.
y. 146. Ucciso.
y. 147. Deturpa j macchia.
CANTO XVI.
y. 3. Langue^ inferma,
y. 9. Force, forbici'.
▼. 10. Sofferte , a ^rre in oso .
y. 13. Scevra y diyisa.
y. 18. Levate, alzate,
y. 28. Comparazione .
▼. 33. ParlaTa latino.
y. 34. AB Incamatione-.
T. 38. Foco, Marte,
y. 58; Il Clero .
y. 67 —72. Sentenza.
y.79 — 81. Sentenza,
y. 83. Il (lusso del mare*
y.94-96. Traslazione,
y. 105. Per ayerlo fiilsato.
T. 1 1 4. Visdomini , Tosinchi t tim^ikm *
y. 126. Quei de la /^«r^ , Peruzzi .
y. 128. Gran barone^ Conte Ugo.
y. 143. Fussi annegato.
V. 1 45. Marte .
T. 1 46. Fesse , facesse .
y. 147. Postrema^ ultima. — Qtìfès^ é binili dcisé non
par conyenga di dirle in Paradiso.
CANTO xvn.
y. 3. In conceder quanto dimandano .
y. 5. Lampa , Anima .
y. 12. Per dire il tuo desiderio chlrti si satisfikòéia.
y. 13. Irtsusr, Ieri in alto.
y. 1 7. Punto, Dio . — Sta nella metafora .
y. 24. Tetragono , fondato.
V. 31. /4mbage^ lunghi sermoni.
15^7
▼. 35. Latin rispose , élic tòA p«flaVa .
T. 39. Di Dio.
T. 41-42. Comparaxione .
T. 51 . Roma .
T. 52. 11 Giusto •ùéécàiòft!.
Y. 62. Di quelli ronditi con'fof.
▼• 69. Startene solo.
T. 71. Gran Lombardo . Metòèr Cane.
▼. 75. Darà prima clie cBiéda.
T. 77. Sfelia forte ^ Marte.
▼. 81. Ha 18 anni.
T. 96*. Pochi ^iri^ fii6t\A àlMi.
Y. 99. Vedrai tue vendetta .
V. 1 01 . Trama , di tesàér Itf téht .
▼. 1 08. Sentenza .
T. 1 1 1 . Carmi , versi che io «ìirNò .
T. 122. Corrusca, piìàpfetodida.
T. 1 29. Basso stile .
T. 1 30-1 32. Traslazione .
T. 1 33—1 34. Comparazione .
CANTO XVWl.
Y. 2. Spirto, Atìm,
Y. 8. Mio conjortoj Bétrfricé*.
Y. 25. Fulgor santo , AiiiiHéf.
Y. 33. Opima, grassa.
Y. 37. Lume, Anima .
V. 39; \?eir lo spfendor clie feee.
Y. 42. ignito, che si Yolgea.
Y. 43. Comparazione.
Y. 50. j4ima , Aniiiia'.
Y. 53. // mio dos^ere , che flir doVrisW'.
Y. 58-^0. Comparazione .
Y. 63. Beatrice.
Y. 68. A differenza di Marte.
Y. 73 — 75. Comparazione.
Y. 73. Gru.
Y. 78. Enigma.
Y. 82. O Uix^a Pegasea , CatYibjpé'.
Y. 85. R/ievi, possa rtti'akrc.
Y. 88. Sta nell enigma «
Y. 93 . Sezzaj , ultimi .
Y. 94. iVf//'A/, terram.
158
Y.lOO — 103. Comparazione .
T. 1 00. Ciocchi , tizzoni •
T. 105. Il Sol jDìo.
V. 109. Dio.
▼.114. Imprenia , forma dell' aquila .
▼.115. (re/nme y anime •
▼. 1SS2. Tempio y chiesa.
▼. 1 29. Pio padrr , Dio .
▼.130. ^a ^£1 , Papa — /Ttfr cancellare j per dìspca
sare.
▼. 1 34. «^i a co/ii/ y al danajo .
▼. 135. S. Gio. BattbU per i salti d' Erodiade.
CANTO IDL
▼.2. //7ttf gè, dell'aquila.
▼. 3. Conserte^ inserite in essa.
▼. 4 — 6. Comparazione.
▼. 6. Rifrangesse , riflettesse .
▼. 7. Tesleso , ora testé .
▼. 1 0. Che un' aquila parlasse .
▼. 19. CoQiparazione.
▼. 21, 22. Perpetui fiori— De l'eterna letizia^ adirne
▼. 25. Digiuno i desiderio. Traslazione.
▼. 30. Velame y impedimento.
▼. 34 — 36. Comparazione .
▼. 40. // sesto , le seste .
▼.41. A lo stremo , intorno.
▼. 42. Tanto ocriUto e manifesto^ tanto le coM ceca
te, come le manifeste.
▼. 43. Imprt-sso, imprimere.
▼. 46. Primo superh'ìy Lucifero.
▼.51. E YÌdL finita ad infinito.
▼. 52- Veduta , intelletto .
▼. 61 — 63. Traslazione.
▼.66. ^e/ie/io , difetto .
▼. 69. Crebra j spessa.
▼. 81 . Sentenza .
▼. 86. Prima volontà , Dio .
▼. 91 — 93. Comparazione .
▼. 100. Lucenti incendi , anime.
▼.107. PropCj ▼icino.
▼.111. Al dì del Giudizio .
V. 114. Dispregi y peccati .
159
T. 118. Duolo ^ dolo , ÌDcanno.
T. 1 20. Essendo morto da un cinghiale in caccia .
T. 127. Clolro, zoppo.
T. 128. Eniema.
V. 1 29. Più li male che il bene .
T. 1 31 . Isola dtl fuoco , Sicilia .
T. 133. Quanto è poco ^ è di poco valore.
T. 134. Mozze yhreyì»
. T. 1 38. Bozzc^y Tote .
T. 147. Lor bestia , lor re.
CANTO XX.
V* 1 — 3. Descrive il Sole .
V. 5. Rìjà parvente^ dimostra.
T. 8. Segno del mondo , aauila .
Y. 16. I cari e lucidi lapilli^ anime .
T. 21. Cacume , cima.
T.22«-2'4. Comparazione.
▼. J7. Bugio ^ aperto.
T. 34. Fuochi^ splendori, anime.
T. 44. Colui ^ Trajano.
T* 51 . Ezechia .
T. 54. Che prolunga la yita •
T. 55. L* altra che st'gue y Costantino •
T. 66. Fulgore^ anima.
V. 73— TT). Comparazione.
T. 78. Quale lì piaee tale diventa.
V. 79 — 80. Perchè mi conosceano.
v. 83. Dfl suo peso ^ del dubbio.
v. 91 — 93. Comparazione .
▼. 97 ~ 99. Ripigliamento .
T. 98. Si lascian vincere , perchè cosi vuole .
V. 1 05. P a ssuri e passi , venturi e venuti .
V. 1 1 8 — 1 20. Traslazione .
V. 127. Donne , virtù .
Y. 127— 129. Bisogna vedere se questo è ^ero .
V. 132. Prima cagione .Dio.
V. 133— 135. Argomento a majori . Pare che sia con-
tro a sé, avendo detto, che, rimirando in Dio, vedono
ogni cosa .
V. 1 36. Ci contenta il non sapere •
V. 1 42.-^1 44. Comparazione .
T. 148. Fiammelle, anime.
160
aslaiione. '
bidirU edl
CANTO XM.
T. 6. FmIi, si fece,
T. 7 e 8 per le scale
Dell' eterno palazzo , Cielo . Traslaiii
». 12. Comporaiione.
▼. 19. Era la pastura, ii pascea. Traslaiione.
V. 2^. L'un COI* l'altro lato, V ubbidirla ~^
rarla.
». 25. Satamo .
¥.29. Scaleo, scala.
T. 35. Po/p, cornacchie.
T. 50, Colui che tutto vede, DÌ
T. 55. f-'iVa ieafo . anima .
T. 61 — 63. Non arebbe potuta adire
▼,66. Ammanta, co<pTc.
V, 73. Sacra lucf ma, ^airaoL.
T. 82. Amor, a.n\m.a.
T, 87. A/mi/iv, premuta.
T. 106. Descrire l' Apcnnino.
T. 10!». Citó". gonfio.
». 123. S. Maria di Ravenna.
». 127. Cephas , S, Pietro—)/ gran vatelh, ft
V. 136. Fianimelle, anime.
CANTO xxn.
T. 5. Anelo, che Bonpira .
▼. 21, Ridtu, ridaci.
», 23. Sperule, anime.
▼. 25—27, Com parai ione .
», 46. Fuochi , anime .
V. 48. Traslazione .
▼. 55. Dilatata mia fidanza , fatto confidente
V. 56 e 57. Comparazione.
V. 66, Sempre era, non »i è moto.
». 67. S'impola, si muove col polo
». 69. Ti s' invola , f è tolU .
», 75. Perchè non si esegnia,
», 76 — 78. Traslazione,
». 79 e 80. !Ha grave usura tanto k ._ .
Cantra il piacer di Dio, non dispiace ttlj
ontÌto3i
1(M
Y. 84. Mtro più bruito^ di meretrìci .
T. 87. Traslazione.
T. 94. Volto è retrorso j Tanno a contrario . •
T. 99. TVir^o, Tento.
T. 109 e 110. Comparazione.
T. 1 16. Padre d* ogni mortai viia » Sole •
T. 127. Inleij tifiiocia sua.
S' io m'intnassi, come ta t'immB. '
(Pnrg. cK. T.81.)
▼. 13o— 138. Sentenza.
T. 1 89 — 1 53. Astrologia .
T. 15Ò. Qaanto sia dairano all'altro.
T* 154. Occhi belli j di Beatrice .
CANTO zxhl
T. 1 — 6. Comparazione.
T. 6. Labór , fatiche .
T. 12. Meridiano.
T. 14 e 15. Comparazione .
T. 15. Appaga^ contenta.
T. 20. Frutto^ delle tne etiche .
T. 85— 27. Comparazione.
T. 28. Lucerne^ anime .
T. 31. FiVa luce^ umanità .
T. 32. Lucente gustanza , difinità • .
T. 37— Cristo.
T. 40 —42. Comparazione •
T. 43. Dape, TiTande.
T. 49 — 51 . Comparazione .
T. 53. Grado, gratitudine --CAe mai oon si stingue ^
Dal libro che 7 preterito rassegna ^ che non si di*
mentica.
T. 66. Non è cosa da gahbo il detcÌT-«re il fendo all' u-
niTcrso.
T. 67—69. Traslazione.
T. 67, Peleggio , pelago .
T. 73. La Vergine .
T. 74. Gigli j Apostoli.
T. 79—81. Comparazione.
T. 79. Meij raggi.
T. 85. Tmprentt , impronti.
T. 88. 8^1 /?or, la Tergine.
T. 97-99. Comparazione.
r. 101. Se/ BO/TJrO; Tergili
Angelo.
T. 102. Inzolfi,
». 103. Amor »r,^<-l-co.
y. 107. /?r<7, alvina.
T. 112. Il primo mobilp.
T. 116. /'ur^ffnErt, paruU. '
T. 119, Cnrnn/i'/i finii.mn , cirCoUtO BpleOtlortJ
T. 121-123. CompflraEione .
▼. 124. Cun'tnr,, animcr.
T. 125. /"Jd/Hnju, splpndore.
T. 130. ^^n/ce, ricovera.
¥. 1 32. Poh-.k'- , aratori.
T. 139. S. Pietro.
CANTO X3UV.
v.1-6. Tmlarione.
T. 1. JiWa/izfc, compagnia.
T. 2. BenedFlti! Agni-ilo , Cristo .
T. 4. Prc/iAa, gusla.
T. 8. Rnriifc/c, bagnatelo .
T. 11. Si /;-ro .v/jire , girando.
T. 13-15. Comparazione.
T. 16. Carole, balli. — differeìUe-Htnle,
T. 2Ò. Foco tìfetice, anima di S. Pietro .
T, 26. Pieghe , ombre .
T. 28. O sartia suora , Beatrice .
T. 32. V;,,>„, parlare.
w. 40. Fede, sperania e carità.
▼. 42. Cristo.
T. 46-48. Co m parai ione .
▼.51. ('u<'ref((e, domandante.
T. 56-57. Traslazione .
T. 59. /*r/»ij/>i/t>, capo degli Apostoli.
T. 62. Caro /rate, S. Paolo.
T. 64-65. Fede .
T. 66. Quiditale, esse mia .
T. 71. Largiscon, mostrano.
V, 75. S' intende per tinstaiua.
"f. 78. latenza, intendimento.
T. 82. Am
Y. 83-87. Traslai
T.87. In/orsa, i
ifceio , aninu.
A
463
Y. 88. Luce profonda ^ làmmm.
T. 91 . / loja , grazia .
Y. 93. Carte de' due testamenti .
T. 96. Ottusa , rintuzzata .
T. 98. J^roposiziont^ testamento.
T. 101. Opere j miracoli.
T. 1 02. Essendo soprannaturale .
T. 1 08. Ottimo questo ( argomento ) .
T. 1 1 1 . Or è fatta pruno , contrario .
T. 115. Quel baron , S. Pietro .
▼.115-117. Traslazione.
Y. 118. I>o/i/ie^, domina.
Y. 126. Entrando dinnanzi a S. GioTanni.
Y. 1 38. Aln^t , divini .
Y. 141. Snm ft t^ut^ singolare e plurale.
Y. 1 '18-1 50. Comparazione .
Y. 52. Fu anche cinto il poeta tre volte da quel giusto.
Y. 53. U apostolico lumt; , S. Pietro . '
CANTO XXV.
Y. 1- Poemi». Y. r.
Y. 2. Parlando di cose umane e divine.^
Y. 5-6. Agnello ninùco ai lupi^ contrarj.
Y. 7. Fello , pelo .
Y. 9. Cappello , corona di lauro .
Y. 1 0. Conte y manifeste .
Y. 1 4. Primizia , S. Pietro .
Y. 1 7. Barone , S. Jacopo.
Y. 1 9-21 . Comparazione .
Y. 24. Prandej gusta.
Y. 29. Inclita vita , a S. Jacopo — larf^hezza miseri-
cordia .
Y. 30. Si scrisse , della qual tu scrivi .
Y. 33. A'tre^ Pietro, Giovanni e Jacopo.
V. 36. A* nostri raggi si maturi , con le tre virtù si per-
fezioni .
V. 37. Foco secondo y S. Jacopo .
Y. 39. Col troppo pondo y con troppa chiarezza.
V. 41 . Lo nostro imperador , Dio .
V. 54. Dio.
V. 55. D* Egitto , dal inondo .
Y. 56. In Gerusalemme y in Gelo,
v. 64-66. Comparazione .
164
Y. 66. Disasnonda ^8O0f T9L,
T. 67. Definizione.
T. 72. Dayid .
V. 73. Tua Teodi a ^Beitìi tua.
y. 76. Agnominazione •
▼. 78. Vostra pioggia replùOj s^rgo la Tostra
Y. 80. Incendio j anima.
T. 84. Pa//wa, vittaria.
T. 94. Tuo J rateilo j S. GioTannì.
y. 95. Bianche stole ^ anime .
V. 99. Carole^ balli .
y. 102. Perchè occuperebbe V oscurità della notte.
y. 1 03-1 05. Comparazione .
y. 113. Nostro Pellicano , Cristo.
y. 1 1 4. Ad essere figlio di Maria .
y. 118-120. Comparazione.
y. 1 33-1 35. Comparazione •
CANTO XXVI.
y. 3. Spiro j yoce .
y. 4-5. Ti risense — Della vista , riabbi il yedere.
y. 7. ^/i/7ri/tf^z, indirizza,
y. 1 0. Dia , diy ina .
y. 1 7. Alpha ed Omega , principio e fine .
y. 35. Cerne , yede .
y. 40. Sternel , dichiara .
y. 44. L' alto preconio ^ S. Grioyanni .
y. 51. Morde ^ tira .
y. 58. Il yedere e il considerare il móndo .
T. 59. La morte . . . perchè viva , oontraposizioDe .
y. 64-65. Traslazione — fronde, . . inf randa, agnoi
nazione .
y. 70-75. Comparazione.
y. 70. Si dissonna , esce del sonno .
y. 72. Di gonna in gonna, di pelle in pelle dell' occb
y. 74. Nescia, ignorante .
y. 76. Quisquilia , immondizia .
y. 78. Milla, miglia,
y. 83. Anima prima. Adamo,
y. 85 — 87. Comparazione .
V. 91 —93. Descriye con traslazione,
y. 97. jBro^//a,coBimuoye.
y. 103. Spirò, parlò.
105
V. 106. Verace Speglio, Dio — Speglio, Epeccliio.
V. 107. Pa reglie, perfette.
V. 106. Non perfette come Dio .
Y, 109 — 114. Domanda quattro COBC .
Y. 1 1 7. Trapassar del segno , dfsobbidietua .
Y. 118. Quimii f onde mosse, del Limbo .
Y. 119— 120. rnluinidi Soi.anai.
». 121. Aui.nSoIe.
T. 122. 930. Anni visse Adamo.
Y. 125. Opru tnconsummabile , U torre cha non s
finì.
Y. 127-132. SenleoM.
Y. 134. Wk i' appellava . Questo bisogna vedere se J
TWo.
Y. 137 e 138. Compiraiiooe .
-Y. 142 e 143. Mezzo gioroo . Vedasi sa <jucslo è vero.
CAMTO XXVIL
T. 3. Attrìboisce al gusto l'udire.
Y. 6. Esclamazione.
Y. 10. Faci-, anime.
Y. 14 e 15. Comparazione — Diventi!' rosso.
Y. 17. Vice, vicenda.
». 22. Papa .
V. 23. .// luogo mio, ripigliamento.
V. 26. Perverso ,\J^xc.\{tTa .
V. 28 — 36, Comparazione.
Y. 63. Conct/j/o, eapisco.
>.67— 69. Comparazione-
Y. 69. Quando il Sole è ìn capricorno. ^
V. 75. InRno che non fa impedimento . Qui si avverh- J
Ka se in cielo si poi dar mexio che impedisca il vedern. T
Y. 86, Ajuola. il mondo.
Y. 88. Donnea, yaaheeaia.
Y.97. /„J«/,., concesse.
Y. 98. Del bel Nido Hi Leda, de' Gemini.
Y. 99. Cieio velocissimo, primo mobile .
Y. 107. Ilmezin, ta terra in mezzo al eielo-
v. 111. P/we , influisce,
Y. 1 1 4. Coliu eh'- 7 cinge , Dio .
Y. 117. Siccome dieci nasce da mezzo e da quinto, co*"^
Mscono Inlti H altri moti celesti .
v. 121. Esclamazione.
166
▼.12^—126. Sentenza.
▼. 145—148. Traslazione .
CANTO xxvm.
y. 3. Beatrice.
▼. 4—9. G>mparazione .
T. 1 5. Quandunque^ ogni ToUa che •
▼.17. Affoca^ infìamma.
▼.19—21. Comparazione.
T. 20. Come quel cerchio della Lana di nebbia.
▼. 27. Primo mobile .
▼. 28. D un altro circoncinto ^ cinto da un altro.
▼. 33. Arto , stretto .
▼. 34. L' ottai^o e 7 nono^ Cori nove delH Angeli.
▼. 38. La favilla pura , Dio .
▼. 43. Serafini.
▼. 55* L* esemplo
E V esemplare , mondo sensibile ed intellettaale •
▼. 67. La più perfetta & maggior operazione .
▼. 70. Rath^ , rapisce .
▼. 72. Serafini.
▼. 75. Cori angelici .
▼. 79 —81. Comparazione .
▼. 81. Lenoy forte.
▼. 82. Koffia , nebbia .
▼. %'\, Parroffia . loco .
▼. 89. Comparazione .
▼. 93. Pili migliaja del nomi^ro degli sciocchi (la le
zione del Danieio ha sciocchi invece di scacchi, L.M.R.
V. 1 1 0. P'imi j cerchj .
▼.101. Punto, Dio.
▼. 108. Tanto sono felici quanto piii intendono.
▼. 111. Perchè tanto amiamo Dio quanto lo conosciam
Y. 118. Svern'i, canta .
Y. 119. /'l/e/o^/' , melodie .
▼.121. Dee, intelligenze.
▼. 138. S. Paolo che fìi rapito al terzo cielo.
CANTO XXIX.
▼. 1. Figli di Laiona, Sole • Luna.
▼. 3. Zona-, cintura.
▼. 9. Dio.
167
T. It. Ove^ in Dio.
T. 1 5. Risplendendó , nelle creature .
T. 18. L'eterno amore ^l^io.
▼.21.' Non essendo prima tempo.
T. 22. Congiunte t purrtte^ tutte tre insieme.
▼. 24. Tre saette , materia, forma , atto.
T. 28 — 30. Comparazione .
▼. 49. L'Angelo peccò subito creato .
▼. 51. Penetrò T Inferno .
▼. 57. Nel centro.
T. 66. Per la buona Tolontà .
T. 84. Il peccar per malizia che per ignoranza.
▼. 106 e 107. Traslazione.
▼. 118. Traslazione. — Uccel^ diavolo.
▼. 1 31 . In numero , in6nito .
▼. 136. La prima luce^ Dio .
▼- 1 41 . Tepe , tepidisce .
▼. 143. Eterno valor, Dìo.
CANTO XXX.
▼• 1—9. Comparazione. Parla come matematico.
▼.9. jì la pili bella , Venere .
▼. 1 0. Lude , gira .
T. 11 . Punto che mi vinse , Dìo .
T. 19. 4.9/ trasmoda^ è fuor di modo.
T. 25. Comparazione. — Trema ^ è debole.
T. 30. Preciso , tronco .
▼• 34 e 35. Traslazione.
T. 40. Luce intellettual , rìpigliamento.
▼. 43. V una e l'altra milizia^ li Angeli e li Santi.
Y. 45. Ultima giustizia^ il dì del giudizio.
▼. 46 — 48. Comparazione .
T. 46. Discetti^ aisperda.
T. 57. Andai più gagliardo.
▼. 61 . Riviera^ fiume .
T. 62. Fulvido diJulf^or<i splendido di splendor.
T. 6^. Faville vivcj Angeli.
T. 65 . Fiori , sante anime .
▼.68. Gfirgcr, fiume.
▼.70. Z7rge, stringe.
▼.72. TYirgf*, cresce. ^
▼. 75. Beatrice .
▼. 78. Ombri/eri pre/azj, isno ad^nibrate dimostra-
zioni del vero.
168
». 81. Superbe , 9VÌMir\
T. 8^-84. ComparazioT
T. 85. Spegli, specclii
■. 87. S-
T.91. £«"
iritaiegi
fS/, di»
, maschere.
mgUo
»
L
T. 91-93. GomparaBÌone.
». 95. Li fiori, l'anime dc'beati, — /<r/di'iWf, UJì
T. 96. Ambe le corti , Angeli ed anime .
T. 97. Invocaiiooe. '
Y. 1 08. flvi^re e poieaza , moto e potesti d' inM
». 109-111. Co m pardi ione . "
». 109. Clivo, nmnte.
y. 113. Soglir. , gradi .
T. 115-11 7- Argomento a maiori .
». 121-123. Sentenza,
y. 125. Hidole, rcade odore.
». 126. Fior che nemprc verna. Di
T. 127. Comparaiione -
r. US-I 38. Questo bisogna »edere come p81
». 140-Ht, Comparazione.
CANTO X3ÌXI.
V. 4. L' a/(/'a , Angeli .
V. 7-9, Comparaiione .
». 9. S'instipora^s\iaAo\ce.
T. 2^. Per impedirla .
». 27. F^iso ed amari;, intelletto « tq]
». 28, Trina luce. Dio trino-
V. 29. ^/7^(iga, contenta.
». 31-40. Argomento dal mena al pìài
». 35. Laiereino, la parte per il tntt*.
». 36. Vinse il mondo.
». 37-38, Contrarj.
». 43-45. Sentenza.
». 49. Suadi , da persuadere .
», 59. Sene , S. Bernardo . La partita di Beatrif
Tar motto .
». 73. Regione dell'aria.
V. 78. Non era impedita.
V. 9J. t'icrnajontana , D'ìQ .
». 98. Acuerà, fera acuto.
», 103-108. Comparatone.
». 110. Carità, vàmta-
169
T. 114. Al fondo, buMÌ.
¥.116, Reina , Madonna .
V. 118-121). Comparai i onc .
T. 124-126. ComparaBÌone.
T. 1 24. Ttmo , curro solare .
T. 127. ytrìafiamma , ^aciic» SamraÈ .
\. 132. Di splendore e W art r,òi Rplendoreft d'officio.
». 140. Caldo suo calar, Maria.
CANTO XXXII.
V. 1. Contemplante , S. Bernardo.
T. 2. ,*Mnrt<c, elesse.
Y. 4-6. E»a, contrarj,
¥. 7-12. Descrive,
¥.12. David.
¥.30. Cerna , divisione ,
¥. 33. Inferno, i) limbo.
». 40. /^(We, divide.
V. 42. Per nullo proprio meUlo , per rsser putti .
T. 49. Sili, stai cheto.
V. 57. Dall' annello al dito, ogni cosa a misura. Tn>-
slarione .
V, 58. Festinata, rs^endo morti putti.
V.61. Pfl<,.<fl,po^i,.
T, 6!). Esnu e Jacob.
V. 70-72. Si dà coronu secondo la diversilh delle grazie.
V. 75. Nel primiero acume , nella prima grazia . •
T, 76-78. Dunque son oggi dì pcggiof condiiìone li
patti che non si salvano per fede delli parenti . — A me
pare che il Tasso, argomentando dall'assurdo ebene se-
guiterebbe , miri a notare come non vera l' opinione di
Dante , cbe ne' tempi avanti a Mos J i fanciulli si salvasse-
ro per la fede de' parenti; né s'appone male, a mio avvi-
so, poicbè né le Scritture, né la Tradizione, secondo i
pia riputati teologi , non dicano questo, ed ignoriamo al
lutto per qual modo ne' fanciulli non giunti ancora al-
l'uso di ragione venisse cancellalo di quc' tempi il pec-
cato originale . L. M. R,
». 83-^4. Non ha luogo senfa battesimo .
». 85-86 ne lajaccia che a Critto,
Più s'astomiglia, l'accia di Maria.
¥.94. £ quell'amor, arcangelo Gabriele.
T. 107. Di colui, S.Beriiuda.
T. 112. Pix/ma, annunsio.
Y. 113. S'incarnò.
T. 1 16. P curici , cittadini .
T. 1 1 9. Augusia y Maria .
y. 123. Adamo.
V. 1 2'>. S. Pietro .
T. 1 29. S. GioTanni .
y. 1 32. Moisè .
y. 1 36. Adamo .
y. 1 39. Assonna , tà dormire .
y. 1 40 e 1 41 . Comparazione .
y. 1 4'i. Primo amore , Dio .
y. 1 45. G)ntrar) . Pensando d' andare innanzi , torni
addietro.
CANTO xxxni.
V. 15. Traslazione*.
y. 22. Infima lacuna , basso .
y, 54. Mia luccy Dio. —Da se è vera^ indeprndente .
y. 57. E cede y ripigliamento.— La menioria non ciba
luogo .
V. 58 —60. Comparazione .
y. 94—66. Comparazione.
y. 67. Somma luce^ Dio.
y. 82. Presunsi y fui ardito.
y. 85—87. Traslazione.
« y. 94. Letargo^ obliyione .
y. 1 1 1 . Sempre il medesimo .
y. 112. S* a^^valora^a , cresceva .
y.1l6. 7>e^/r/, la Trinità.
y. 1 1 8 — 1 20. Comparazione .
y. 1 24. Si di . sussisti .
V. 125 e 126. Ripiglìamonto .
y. 127. Concreti a ^ congiunta . — Coracr^r/zz e non con"
cena l'edizione nel Daniello. L. M. R.
V. 133— 135. Comparazione.
y. 135. Indigc , ha bisogno.
y. 1 38. Come ui s* indo\>a , in cbe consiste .
y. 1 39. Traslazione. Non ayea forza abbastanza .
y. 1 41 . Di yedere V Umanità congiunta .
V. 142. Qui^ in questo punto .
y. 143— 145. Fece della sua yolontà quella di Dio-
siccome la mole è mossa dal suo motare •
VOCI
MODI DI DIRE E VERSI
SEGNATI NELLA
DIVINA COMMEDIA
DI DANTE ALIGHIERI
BA
TORQUATO TASSO
La Lettera F. indica V edizione di Pietro da Fine ,
e la Lettera S. quella del Sessa .
INFERNO
CANTO I.
T. 1 . Di nostra tìU . S*
T. 3. Via. S.
T. 6. F.
T. 22-24. S.
T. 28. Poich' ei . S.
T. 30. S. e F.
T.37. S.
T. 63. F.
T. 64. Diserto. S.
T. 66. Sie . S.
T. 79-81. S.
T. 1 1 5. Disperate . S.
▼.116. Antichi spiriti. S.
▼. 1 20. Qnando cne sia • S.
▼.124-129. S.eF.
CAUTO n
▼. 37. Dismoi • S.
▼• 41* Consumai T i
impresa . S.
CANTO Ut
V. 8. Io eterno duro. S.
▼.16. Sem. S.
T. 54. F,
T. 67^. F.
T. 79-81. F.
r. 83. Per antico pelo. S.
T. 88. Anima tìt» . S.
T. 101. Dibatterò. S.
T.111. Qoalunqne s'adagia. S.'^^l
T. 117. Persuo rickiamo.S.
T. 131-132. F.
CANTO IV.
r. 9. Trono . S.
r. 13, Cieco mondo. S.
r.19, F.
r. 30. Infanti . Tiri. S.
r. 33. Andi.S.
r.34. Mereedi.S.
F. 41. Di tanto. 5.
f. 64. P.
f. 76. Nominanza. S.
r. 98. Con nalulirrol cenno. S.
r.101. Simifecer.S.
'.102. S.
, 1«q S
175
CANTO V.
•
T. 1. Prìmaio.S.
T. 3. A guajo. S.
T. 4. Rinoma . S.
T. 6. ÀTTingliia. S,
T. 12. Quantunque gradi. S.
▼.16—f7.S.
T. 27. S.
T. 31* Bufferà. S.
T. 35. 0>mpianto. S.
T. 39. S.
T. 48. Traendo guai. S.
T. 55. S.
T. 56. Libito fé' licito . S.
T. 62. Ruppe fede. S.
T. 89. Aer perso . S.
T.100— 107. S.
T. 139—142. S.
CANTO Yl
T. 1. F.
Y. 5— 6. F.
T.14. F,
T. 18. bquatra.S.
T. 21. I miseri pro&ni. S.
T. 22^-27. S.
T. 28, Vermo.,S.
T. 26. Ambe le pugna. S.
T. 27, Bramose canne. S.
T. 30« Intende e pugna. S
T. 33. Esser yorrebber sorde • S.
T« 36. Sopra lor yanità . S.
T. 38. Ratto. S.
T. 44. S.
T, 44. &
T. 48. F,~ Spiacente. &
T« 50. Trabocca il sacco • S«
T. 52—54. F.
T. 54. Mi fiacco. S.
T. 68. Infira tre soli. S.
T« 84. S. e F»
^V^^^l^l
374
». 88. Dolce mondo . 5.
T. 89. A la mente altrui mi rechi. S.
T. 106 — 108. F. .
T. 108. Doglienza. S.
J
CANTO vn.
T.2. Chioccia. S.
!
T.16. LaCCH.S.
i
T. 21. Scipa.S.
i
T. 21. Riddi. S. ^
J
V.30. BnrIi.S. ^B
■
T. 39. Cliercuti.5. ^1
■
T. 61. Buffa. S. ^M
■
T. 94. S'è beau. S.
4
T. 96. Beata. S. — Forse foole notare la
ipS
della voce troppo vicina. L. M. R-
T. 98. S.
T. 110. Incidemmo. S.
il
▼.119. Pullnlar..S.
'I
T.123. Fummo. S.
T.125, Gorgoglian . S.
CANTO VIB.
Y. 5. Brnd<>r cenno. S. «fl
d
T.29. Prora. S. ^M
■
T. 45. S' incinse . S. -«■
■
». 47. S. T*«
m
Y. 19-51. F. — L'ullimo «no i pur ««fi
Mri
Sewiana. L. M. R.
1
». 65. S.
T. 77. Vallan.S.
1
¥. 85. S.
II
». 91. Folle strada. S.
T.94. Pensa, lettor. S.
». 95. Nel snon. S.
». 111. F.
▼.118 e 119. Le ciglia HTM rase,
f D'ogniiwldania.S.
▼.120. Le dolenti ca9«. S.
▼.123. Qualche.S.
■1
' V. 126. Serrarne. S.
1
». 120. Tal.
L
i
175
CANTO DL
V. 2. Tornare in Tolta. S. e F.
T. 7. Punga . S.
T. 18. Cionca. S.
T. S». Che tutto gira. F.
T. 31. Che'l gran puzzo spira . S.
T. 36. Royente . S.
T* 39. Aysno . S.
T* 45. Erine . S.
T. 61 -63. F.
▼. 81 . Passaya Stige . S.
T. 82. Grasso aer • S.
T. 91 . DLspetta. S.
T. 93 • Tracotanza . . . s' alletta • S,
T. 94 - %. F.
T. 94. Ricalcitrate . S.
T- 97. S,
T* 113. Davante. S.
T. 117. SaWo che . S.
T. 127. £re8Ìarche*F.
CANTO X.
T. 15. F.
T. 45. F.
T. 72. Supin . S.
T. 82. Regge. S.
T. 91-93. F.
T» 116. Ayaccio. S.
y. 119. Qua entro. S.
CANTO XI.
y. 16—33. S.
y. 48. S.
y. 55-57. S.
y. 61 e 62. S.
y. 93. F. Non men .
y. 110-111. S.
. m'aggrata. S.
m
^^^■1
^H
^^^^n
^
fc .,.
^3
CANTP
^H
T. 88.
Scarco. S.
^^1
r.«.
Sentisse Binor.S.
.^^^^1
T. 44.
Bocci». F.
^^^^H
1 ▼. 46.
S' approccia. S.
-51 V.
'^^^^H
1 ,.49-
,^^^^H
1 T. 182
, Casso. S.
>^^|
CANTO
xm. ^^M
T. 54.
Tornargli lece. S.
^^M
T. 55.
Adeschi. S.
..57.
A ragionar m' inveschi
-61. S.
^^M
T. 58.
^^^M
T.69.
F.
^^^^H
T.72.
S.
^^^^^M
..95.
Disveli*. S.
^^^^M
T.103
-IO'.. .S.
^^^^È
T.11Ì
'. Tosta. S.
^^H
CANTO
XIV. "^^M
..H.
Spa7:io. S.
^H
T.14.
KÉ;^
,.67.
^^H
..84.
Il pas!io era liei . S.
e 98. lieta
^^^H
..9'
'^^^^1
D',
jcqna e di fronde. S.
ì. Far la grida. S.
.. ms
!^^^M
▼.103
1-101. F.
.^^H
G A N T O ^. ^^1
,.6. .
Avvenla . S.
^^M
,.16.
-F.
^^^^H
,.19.
naoTaLona. S.
^^^^H
T. 34.
Venprcco.S.
^^^^H
,.39.
Arrostarti. $•
,.49
-51. F.
;^H
T.56.
S.
^^H
..73
-78. F.
T.95
e96.F.
. . -Jl
J
177
T. 104. Tacerci. S.
ir. 106 e 107 fUr cherci
E litteniti grandi . S.
CANTO X\\.
T. 35. Tutto che. S.
T. 64 e 65. S.
▼. 75. Ten piagni . S.
T.87-89. F.
T. 108. A la pelle dipinta. S.
T. 113. Di lungi. S.
T. 1 1 7. Si seconda . S.
T.* 134. L'aggrappa. S.
CANTO XVI.
T. 5. Venisse a proda . S.
T. 18. Imposte . S.
T. 21. Lurcbi. S.
T. 50. Ceffo. S.
T. 54. Io m' accorsi • S.
T. 63. Burro . S.
T. 1 02. A gioco . S.
T. 114. Veduta. S.
T. 1 1 6. Me n' accorgo . S.
T. 119. Stroscio. S.
T. 121. Scoscie. S.
CANTO XVIU.
T. 1. Luogo è in Inferno. S.
T. 3. D'intorno il Tolge. S.
T. 6. Ordigno . S.
T. 14. à^gli. S.
T. 18. E tronca e raccogli. S.
• T. 41 . Pungenti salse . F.
V. 60. Apprese . S.
T. 65. Via. S.
T. 66. Da conio . S.
T. 90. Dienno. S.
T. 99.. Assanna. S.
V.107. S.
V. 1 1 7. Laico o cherco. Sw
178
r.126. Stucca. S.
r. 129. Altinghe.
T. i6. Giunte . S.
». 37. F.
T. ^6. Torre a Ingnnno . S.
T. 71. Arvniwar gli orsatli- S.
T. 82. LaiH'opra. S.
T. 92. In sua halio . S.
T. 95. Fu sortito. S.
T. VI. S.
T. 115-117. S.
T. 115. Maire. S.
T. 117. Patre.S.
CANTO XX.
▼. 11. Travolto. S.
T, 30. Passion porta. S.
T. 33. Bui . S.
». 'l6. S'atterga- S.
T.97. T'assenno. S.
CANTO XXL
T.60.
T.63.
T.93.
T. 114.
». 128.
Proda. S.
S.
Non ha laogo. S,
Non tenesser patto . S.
Compier. S.
Aadianci - S.
CANTO xxn. ■
L
V.11. Pedoni. S.
T. 35. S.
179
T. 41. Scuoi. S.
V. 47. Ond' ei fosse. S.
V. 80. Venire a proda . S.
T. 85. Lasciogli di piano .'S«
V.104. Sufolerò.S.
T.130. Di botto. S.
V. 1 3 J. Buffa . S.
CANTO xjin.
T.14. Beffa. S.
T. 18. A^gueffa . S.
V. 22. Tostamente . S.
T. 34. Non compiè . S.
T. 44. Supin. S.
T* 46. Doccia . S.
T. 47. Terragno. S.
T. 64. Si cV egli abbaglia. S.
T.6"-69. S.
V. 70-73. F.
y. 78. Aura . S.
T. 82. Ristetti . S.
T. 109-1 14. S.
T. 1*i&1. Si stenta. S.
T. 144. F.
CANTO XXIV.
T. 3-6. F.
T. 9. Biancbeggiar tutta. S.
T. 74-75. F.
▼.90. Ee.S.
▼.93. Entropia. S.
▼.112. Como.S.
▼. 122. Io pioTvi. S. ---
▼. 126. Bestia. S.
CANTO XXV.
▼. 25-30. S.
▼. 31 . Biece . S.
▼. 32. Sotto la.S.
▼. 33. Diece . S.
▼. 39. Intendemmo pur. S.
180
T. 55. Diretani . S.
y. 77. S.
».82. Epe.S.
T. 85-96 è preso
Nostro iilimenlo ,' S.
V. 119- Genera il pel anso. S.
T. 120. 11 dipela.».
Y. 132. Lumaccia.S.
Y.137. Safolando. S.
CANTO XXVI.
T. 8. Di qua del . S.
T. 13. Scalee. S.
T 48. Si fascia di quel. S.
T. 73-90. S.
CANTO XXVII.
T. 30. Si disserra. S.
T. 90. Di Snidano. S.
T. 116. Frodolenle. S.
T. 129. Mi mncuro . S.
T. 1 J6. Scommettendo . S.
CANTO xxvni.
T. 24. Si trulla. S.
T. 54. S.
T. 79. Di lor. S.
T. 91-93. S.
r. 98 e 99. S.
T. 134. Quelli. S.
CANTO XXK. ■
L.
T.5. Sisoffolge.S.
T. 6. SmoKKÌcate .' S.
t. 41. Conversi. S.
T. 43 e 44. S,
», 49. Insembre . S.
T. 51. Merabre. S,
T. 97. Rincaho. S.
T. 99. Di rimbalzo. S.
▼. 112< Parlando a gioco . S.
CANTO laC3L
T. 8. Leonessa . S.
». 12. Quella. S.
T. 15. llrefuaasW'X.
T. 27. Sischiade.S.
». 57, Riverte.S.
». 59. Gramo . S.
T. 63. Gocciol. S.
T. 68. L'imaginelor. S.
T. »7. Non ci ha S.
». 103. Tiimburo. S.
». 147. Piato. S.
». i4a s. ;
». 24. Aborri. S.
». 49-57. S.
T. 61. Perizoma. S.
T.77. Coto.S.
CANTO XXXO.
». 1. Cliiocce.S.
». '). Abbo.S.
». 31. Gracidare. S.
». 46-4«. F.
». 72. Gelati gnaui . S.
». 79. Mi peste . S.
1. 96. Lama. S.
». 129-131. S
». 113. Bestiai. S.
». 134. Odio sovra colni- S.
CAUTO jxxm.
». .ì. Di retro. S.
». 27. S.
». 28. Questi pare»a a me. S.
». 39. Con meco. S.
». 55-63. F.
T. 5» e 59 era nalU
Verso il graffiar. S.
T. 71. S.
T. 83. Ansando . S,
T. 98. Naturai burella . S.
T. 103-105. F. ,
V.111.S.
T. 115. Senta pecca . S.
T. 123. Fé' del mar velo. S.
VOCI
MODI DI DIRE E VERSI
SEGNATI
NEL PURGATORIO.
CANTO L
▼. 1 . S.
▼• 12. Disperar perdono. S.
▼. 71. F.
T. 93. Ricbegge • S.
▼. 126* Di sua arte. S.
CANTO fi.
T. 7. Gaance . S.
T. 9. Rance . S.
T. 26. L'ali. F.
T. 32. Velo.S.
T. 35. Eteme penne. S.
▼, 45. Sediero. S.
y. 106-108. S.
▼.127. EUi.S.
CANTO Ut
▼. 28-W. S.
▼. 34-36. F.
V. 102. Coi dossi de le man. S.
T. 118. La persona. S.
T. 121-123. S.
CANTO IV.
^
▼.24. Partine. S.
: 92. Latina . S.
,.1^8. F.
F. 152. PerderagU.S.
r. 153. Diana. S.
I
CANTO xrv.
y.12. Ditta. S.
V. 31 -36. S.
y. 50. F.
V. 73. F.
V. 78. Vuomi. S.
T. ^4. Di livore spano . f>.
CANTO XV.
V. 18. Parecchio. S.
T. 61-7B. S.
r. 88 e 89. Con atto
Doler di madre dicer. S.
r. 102. Mite.S.
T. 111. S.
». 116. S.
r. 1 33. l'er ijuel che foce . S.
CANTO XVI.
V. 18. Le peccata. S.
f. 55-57. F.
V. 67 e 68 ogni ragion reoaln
Pnr susoal cielo. S.
T. 109 e 110 giantu la spada
Col pastorale. S.
V. 127 -129. S.
CASTO XVII.
y. 5. Spera. .S.
*. 6. Dieldlenienle .
T. 13-18. S.
T. 33. Sifeo.F.
T. 41. Il viso. S.
V. 53. S.
T. 59 e 60. S.
187
T. 60. Si mette al nego . F.
T. 66. Ai mio primo grado ibi. F.
T. 84. F.
T. 103-111. S.eF.
T. 1 1 5. Sino air ultiino • S*
T. 115. Soppresso. F.
T.129. Contende. S.
CANTO xvm.
T. 3. Frugava. S.
T. 9. F.
T- 43-60. S.
T. 58 e 59. Che sono in Toi siccome studio in ape
Di far lor mele .
▼. 63. Assenso . S.
T. 66. Viglia . S.
V. 67-7^5
T. 79. S.
▼. 96. S.
w. 105. Rinverda.S.
T. 107. Ricompie. S« *
▼.1V4. F.
▼.117. F.
CANTO XIX.
T. 45. Marca. S.
T. 62 e 63 al logoro che gira
Lo rege etemo ec. r.
V. 76-78. F.
▼.133-138. S.
▼• 140. Disagia. S.
CANTO XX.
▼. 9. S'approccia. S.
▼.10-15. S.
▼. 25. Seguentemente .^S.
▼. 36. RinnoTelle • S.
▼. 37—39. F.
▼. 48. Giuggia. S.
if, 73 . 74 con la lancia
Con la qual giostrò Guida. S.
E
H
fc ,»
J
^v
-84. S. e r.
^H
-151. F.
^^^^^H
^1
CANTO
xn^^n
^H
Dea.S.
^H
Ui. F.
^B
Conocchia . S.
^^H^
^H
Compila. S.
^^^H
^H Y.
Cruna. S.
^^^H
^H
-75. F.
^^^^È
^H
Prode. S.
- ^H
^H T.
Si scalappia. 5.
Congaudetc. S.
i-lOS. F.
^V r.TS.
^^^^1
^^ T.103
^H
T.ioe
i_108. S.
Y.109.S.
^^^^M
Y.126
:. De' Dei. S.
^^M
CAHTO
^H
T. 7. Labore . S.
^
T.14.
S.
r.ì9.
Matera. S.
^^^H
t. 31.
Avvera . S.
^^^H
T. 14.
Pentemi . S.
^^^1
T. 108
;. F.
^^^H
T.119
*. Temo. 5.
^^^^È
V.133
. Si disgrada. S.
^^^M
T.i4a
1-150. F.
s
CAUTO
xxiii. -^B
T. 3. Fiulinole . S.
^^
T.22.
-4-4. s.
T. 60.
S.
T. 94.
= 96. Barbagia. .S.— 1
Porse ba volato nota
troppa V
icina ripetizione della
voee.L.M.R. i
Y. 103
. Spiritai;. S.
CASTO
XXIV.
Y. 3. Pinta da buon vento, f
Y. 52-
-63. S.
M
189
T. 64. Vernali . S.
▼. 71. Esì.S.
T. 115. Trapassai' oltre . F.
▼.145-147. S.
CASTO XXV.
y. 6. Trafigge . &
▼. 7. Callaja . S.
▼. 9. Dispaia. S.
▼.10-12. S.
▼. 1 3. Spenta . S.
▼. 27. F.
▼. 30. Piage. S.
▼. 34—75. S.
▼.54. S.F.
▼. 72. S.
▼9 74 In sua snstajdca . S.
▼.79-108. Nota.S.
CANTO XXVt*
▼. 16-18. S.
▼. 52. Grato . S.
▼. 121. A Toce. S.
CANTO XXVU.
▼. 17» Mi protesi. S.
▼ 21. F.
f 49-51. S.
▼.61-63. F.
▼. 83. Pernotta S.
▼. 84' Sperga S
▼ 106-108. F.
▼ 109. S.
▼.113. Levami. S.
▼. 133. Sino all' ultimo. S.
CANTO xxvm.
▼• 5. Prendendo la • S.
▼. 36. Mai. S.
▼• 73. S.
f. 88-120- S.
T- 92. Fece l' uom buono a bene . S.
T. 127 -148. S.
T. 136. Corollario. S.
CASTO XXIX-
T. 31 e 32 .... Tra tante primiù*
Dell'eterno piacer. S.
V. 37. Fami . S.
¥.43-48. S
T. 31. Osanna. S.
T. 52. Arnese- S.
T. 66. Fnci . S,
T. 82. Seniori - S.
w. 83. Fiordaliso. S.
CANTO IXX.
T. 18. DìtIu. S.
T. 22-27. s.
T. 27. Lanca fiata. S.
Y 48. S.
T. 76-81. S.
T.88. Trapela. S.
T 95. Lor compatire a me. Si
T. 97-'i9. F. '
T. 108. F.
r. 109-111. F.
T. 113. PioTa.S.
T. 122. Occhi gioTinelti . S:
T. 127-129. F.
¥.131 e 132. S.
CANTO xxxr.
».7-9.5.
T. 28-30. S.
r. 70-72. S.
T.96. Spola. S.
T. 121. In lo. S.
*. 187 -129. F-
191
CANTO XXXll.
,. 35. Disfrenata . S.
,. 55 e 56. S.
,. 97. Claostro-S.
T, 100. Slhano. S-
,.HH. ClTe.S.
12. Futa.S.
CANTO XXXIH.
f. 4. Sospirosa, S.
5. Si fatu . S.
,.3tì. Snppe.S.
, 4R. AUuja.S.
T.53e5*. F.
y. 74. F.
T. 83. S.
». 90. Feslioa.5.
▼. 117. Se da »e lonUn»- ».
L
VOCI
MODI DI DIRE E
VERSI
SEGNATI
k
KEL PAR ADI
1
se.
1
^
CANTO l
i6-ia. s.
34. F.
48. S. e F.
55-72. S.
70. Tpamon
91-93. S.
96. Irretito
tanar . S.
S.
CAUTO a
5. PeLso.S
3. Miner...
'.. Apollo. S.
T
T
T
T
T
f
T
T
17. S'ammiraron. S.
28. F.
31-36. S.
35. Recepe. S.
43-45. S.
115. Ch'ha tanti «edote.S.
123. F.
133. A»oatra polre. S.
CASTO 111.
T
24. S.
39. Gallala
63. Latino.
82-64. S.
poa s'intende. F.
S.
19S
T. M. Pontano igoalBieiite. S.
t.i7. FiUe.S.
». MjW. &
T. 59. S.
V. 69. Eretica neqnilU . S.
T. 105. S. • F.
T.1S4.138. S.
T. 1, Ti fiammeggii}. S.
T. 33. Maltolletto.S.
▼. 84. Seco medeaioo . F.
T. 97-99. S.
T. 115. O bene nato. S.
T. 116. Eternai. S.
T.113. Du.S.
T. 10. S.
▼.25. Commendai. S.
Y. 45. Collegi. S.
▼.48. MiiTO.S.
▼. 49. Arabi. S.
▼. 51. Uhi. S.
▼. 77. Colubro. S.
▼. 79. Rnbro. S.
▼.81. Delubro. S.
▼. 83. Fatturo. S.
». 109-111. F.
▼.118. Gaggi. S.
». 120. Maggi. S.
▼. 5. FuTisoame.
▼.6. S'addua.S.
▼. 18. F.
▼. 19. S.
▼. «8. -s.
194
». 39. S.eF.
T. àtQ.'i8. F.
T. 64-75. S.
T. 76. S'aTvantageia. S.
T. 79. Disfranca. S.
Y. 85. Tota. S.
T. ^12. U90.S.
T. 94-102. F.
T. 10(j. Imprenta. S.
T. 124. S"in .tUiMinu). 9.
T. 125. Misture. S.
▼. 1 43. Bentnanca . S.
CANTO vm.
T.60.
V. 61.
Y 61.
V.93.
Y.115.
Y. 139-
A tempo . S.
D'Ausonia. S.
.Sgorga . S.
F. S.
121
■. 139.
19-141. F.
o air ultimo. 5.
Y. 147. Fat«redÌtBl.S.
CANTO tX.
Y. 6. Di retro .
T. 19. Compenso. S.
Y. 25. PraTB. S.
Y.26. lUlica.S.
T. 3 I. Indulgo. S.
Y. 37, Laoulcnta. S.
Y. 40. S'incinqua. S.
Y.52. DifFalta.S.
Y. 6'. In die S.
V. 81. IntuBSse ìmmii. S.
Y. 103-1lt5. F.
Y.1I4. Mera.S.
V. IIB-1 19. ... l'ombra s'appunta
CliR lYoslro mondo lare ■ S.
Y. 135. Vivagni. S.
k.
195
CANTO X.
T. 36. S.
T. 48. F.
T. 60. EccKpsò. S.
T. 74. S' impenna. S.
T. 130. Spiro. S.
CANTO XL
T. 1. Insensata. S.
T. 13. Ne lo. S.
T. 90. Dispetto. S.
▼.114. L'amassero a fede. S.
▼• 137. Si scheggia. F.
C ANTO XIL
T* 9* Rifiise . S.
▼.11. Paralel li e concolori • S.
▼. 39. Sospettoso • F.
▼. 82-84. S.
T . 99. Ch' alta vena preme . S.
CANTO Xffl.
y. 14. Di Minoi. S.
▼.32. Vita.S,
▼. 52-78. S.
▼. 57. S' intrea . S.
V. 70-72. F.
▼. 85-87. S.
▼. 98. Necesse. S.
T. 100. Esse.S.
CANTO nv.
▼.17. Rifatti. S.
▼. 33. Mano . S.
▼. 34. Dia . S.
▼. 48. Condiziona . S.
V. 49-63. S.
▼. 62. Amme • S.
y. 86. AITncato . S.
..149. Vinci. S.
CAUTO XV.
T. 1. Siliqua.S.
T. 13-18. S.
▼. 16. Tramnti.S.
T. 55. Mei.S.
T. 56. Baja. S.
T.63. Pandi. S.
,. 88-90. S.
». 92. Tna cognazion . S.
T. 93. Inla.S.
T.111. C.lo.S.
T.117. Penneccbio. S.
T. 124.S.
..129. Corniglia.S.
T.145. Turpa.S.
».118. F.
CAUTO XVl
». 1-9. S.
», 30. Blandimenti . S.
.. 33. S.
». 49. CitUdinanaa . S,
..102. Poma.S.
Y.108. Alle conile. S.
CAUTO XVH,
r. 31 . Ambage . S.
.. 37-15. S.
». 52-54. F.
». 55-60. S.
». 57. F.
». 66. F.
». 73-75. S.
». 139-142. F.
CANTO XVlil.
T. 47. Goltifredi. S.
IH
r. 57. Sotere. S.
r. 70-81. S.
r. 77. FMieDti.S.
r. 79. Morìenri. S.
r.BI. Tideui.S.
r.83. Longeri.S.
CANTO XOE.
r.S. Fraì.S.
r. 34-36. 5.
r. SI. Secon wnùsDn.S.
r.88^.S.
r.1S3. Meta.S.
T.135. Parrò. S.
T. 137. Bari». S.
T. 138. Boue. S.
r. 140. IKRaKia.S.
CANTO XX.
r. 8. a. S.
r.1& LapilU.S.
r. 136. Scemo. S.
CANTO XXL
'.1. Kifisù.S.
r- 11. Fulgore. S.
r.18. Farcente. S.
r. B9. Roteando. S.
r. 81. MoU. S.
Fi 97. Mondo mortai. S.
r. 109. Gn>bo S.
r.llg. Fertilemente. S.
CANTO xxn.
r. 3. Cott. S.
r. 16-08. S.
r.ei. Ridai; S.
r.23. Spemle.S.
r. 25-87; S.
r.86. S'attenta. S.
196
w. i^. LncolenU ■ S.
». ^9. Come turbo. S.
', 136. Approbo. S.
CANTO rJOIL
'. fi2. PoemH . F.
' fi9. Parca. 9.
'. 79. Mei . S.
f. 90. AvrJsar.S.
r. 121. Far.toIln.S.
r. 132. Bobolce.S.
CANTO 3CXIV.
r. 16-17 differente-mente. S.
2. Spi
..S.
r.91. Ploja.S.
r. '< I. Cuoia. S.
r. 96. Ohtusa . S.
r. 118. Donnea. S.
r.1^2. S.
CASTO XXY.
T. 17. II barone. S.
T. 2. Fiale. S.
V. 3ft. A' monti . S.
Y. 55-56 H' Eftilto
Vegna in Jet usale in me . 5.
». 79-51. S.
CANTO XXVL
r.2»-30.F.
t.2,9. Maggio
199
T.5?. De l'aqDiladiCrislo.S.
v.JA. NrEcia.S.
T. 76. QiiiBquilia . S.
Y.93. ^^lro.S.
T. 9t. Supplico. S.
T.97. Bioelia.S.
▼.107. Pwelio.S.
T.108. Pareglio.S.
T. 12^. Aiiivail ultimo. 5.
CAUTO XXVU.
T. 13-15. S. \
V. 28- 33. S. -^ Nfl tnarsine è qnMl* nota abbreria-
ta clie io non so intendere : Aff> KB. £» H. K.
y. 33. Fané. S.
▼.«- M. F.
T.W. Fleto. S.
T.97— 12(1. S.
T, 126. Boizaccbioni - S>
V.127- 135. F.
T. 133. BalliDriendo. S.
T. 142. Sinerni.S,
CANTO xxvm.
3. Imparadisa . S.
28. Circuncinto . S.
39, S'inTera.S.
40- 57. S.
53. Tempio. S.
82. RoflU . S.
84. Paroffia.S.
106-114. S.
CANTO XXa.
T.13-36.S.
T. 16. In sBa eternila > S>
T. 18. S'aperse. . .. l'eterno. S.
V. 21. Qnest' acque. S.
T.aa. Pi.rette. S.
T. 65. Meritoro . S.
T. 69. Ajutoro. S.
T. 76-81. S.
^.H"). Isi;ede.S.
T.13f;. Baja.S.
T.144. Speculi. S.
CANTO XXX.
T. 7 R 8 cbiarissitna ancella
Del Sol . S.
». 9. Di vista in vista. S.
». 19 e 20 li tnmpfld»
Non
di Id da n
-12. S.
». 44. Di Parodiai. S.
». 54. Canaio . ■.
V. 62. Fulvido . S.
V. 68. Hiprofondavan . . . gur
». 71. Vei.S.
». 72. Turge . S.
». 78. Ambrlfpri prefazi . S.
». 87. S'iramegU.S.
». 88. Gronda. S.
V. 91-93. S.
V. 93. La sembianza non sua .
V.100. Lumt-èlbfu.
». 12'>. Rigradii e ridole . S.
».136. AogosU.S.
CANTO XXH.
k
T. 19. Ventilando. S.
V. 25. Gaudioso . S.
T. 27. Viraed.raor.S.
T. 45. Sidir.S.
T. 48. Ricirciilando.S.
». 59. Sene.S.
Y. 61-93. S.
». 77. Effige. S.
..79. Vige.S.
V. 81 . Veatlge . S.
». 9(1. Si dimodi. S.
V. 112. Figliuol dì gnuia
V. 127. Oria&umma.S.
CANTO xxxn.
,.1. Affello.S.
f 7. l teni sedi . S.
V. 19-21. S.
».64-69. S.
T. 93. Tanto sembiante . ».
T. 119. Ananata.S.
»T. 130. Siede lunghi esso- a.
- 117. S' impetri. S.
CANTO XXXID.
F
INTERLOCUTORI
CORNELIA moglie d'Alberto, creduta moglie d-Mtt-
CAMMILLO, che sarà Perseo,/ìsiio di Cornelia e tTJt-
berlo.
MAGAGNA si-rvo di Cornelia .
FRANCESCHETTO figlio piccolo d' Menandi
GEALAISE Napoletano.
FLAVIO lotto nome di Cosmo, servo finto del
no. Maglio di Manilio, e innamorato dì LaAnia,
LAVINIA figliastra di Alberto , e figlia di Leonora.
P\S()V\S\ sua serva.
ALBERTO, i.7i« sarà Mutuo marito di Cornelia,
duto marito di Leonora.
MANILIO vecchio pudre di Flavio.
FLAMINIO innamoralo dì Ersilia, che si trova poi «>
fratello .
BÌANCHETTAru^a«a.
ERSILIA figliastra di Alessandro e di Cornelia, M»
morula di Camnirllo.
ALESSANDRO marita di Leonora, creduto marilii^
Cornelia .
LEAN ORO suo crealo accorto .
LEONORA, che sarà Brianda moglie di Alenanti
creduta moglie d' Alberto .
PROLOGO
ITTO DA VENERE IGNDDA COR ORA CRIRtlSDA DI
UTIiLLE E ROSE , E CON DN VELO IKCABHATO NELI.H
SPALLE GONPia, POBTAKDO IL MONDO IN UAAO , B
ASSISA SOPitA UNA ConCBIGLIA TIRATA DA DDE CIGNI
n MEZZO AD DIf KAKI.
^on prenderò fatica in dimostrarrì ,
Ch' io sia Ih Dea iV amor ; poiché vi è nota
La mia sembinnia, che ben mille volte
Vieto m'avete nel vicino Monte,
Ch' i vostri antichi già mi coiraacraro :
Ben conoscete voi Venere vostra.
Sol fia mcstier , che la cagìon vi conti
Perchè discesa io sia novellamente
In terra, e a vo! qnivi in scena apparsa.
Dna schiera nfflittisaima d'amanti
D'ogni et^, d'ogni sesso, d'ogni stato
Con voti, e con solenne sacrificio
Pur or venuta è a querelarsi meco
Del mio figliuolo, e n domandarmi aita
Con caldi prìcghi. Udite bell'Intrico.
Questi m'ha (ietlot con geloso iardo
Cupido tuo nt' ha punto : onde ho lasciato
La propria moglie ad un vìi servo in preda.
Quasi un altro Fcreo fero Alessandro .
Soggiunse un altro con tremante voce ;
Io, eh' era Persio, or fatto son Cammillo,
Tolto alla patria, e al mesto padre mio;
E Cornelia, ed Ersilia mi fan guerra .
Dea { segue un altro) ed io son trasformato
Dì Flavio in Cosmo, e per Lavinia moro ,
Se ben la crvdel m'odia, e mi disprewa;
Se nan curi di me, novali almeno
5 PROLOGO
Manilio', Ìl Teccbio e sconsolato psdre,
Chp ppr amor lascintn bo in abbandoDO.
Indi tiii Flaminio si querela, e plora
La cru.leli;i d' Ersilia. Ob! cbe diletto
Ho !;entilo d'uu veccbio, Alberto detto,
Cbe si cbianuva Muiio! ei con Manilio
Va tbrsennato; quel Cornelia adora;
Qnesli Leonora; tremoli e pendenti
Piangeano entrambi. Un Capitano intanto
Napolitano, amante di Pasqnina
Ruflìana, e da lei odiato a morte ,
Prega il mio Nume : nn putto , un serro tea!
SniaEcellano di dietro da le rìsa.
Lascia il dir de le Donne supplicanti .
Maggior Intrico in somma unqua non lidi .
Non fé' mai sì bel groppo il 6glÌo mio.
Or io mossa a pietà de l' infelice
E travialo stuolo, vo cercando
Il mio diletto figlio , il qual m' è avrin
TroTarlu in questo loco, dove io veggio
Un de la stirpe mia, sceso d' Augnato,
Ami da Marte stesso. Oh! come io godo
Vederlo, contemplarlo, rimirarlo
Tutto di deitfi pieno, e spirante
Gioja, faror, graiia, belt^, decoro.
Felici voi, elle lo godete in terra!
Ma venir sento gì' Intricati Amanti ;
Voglio celarmi da le lor querele.
Se quivi è il mio Cupido, alcun di voi
Gli dica, cb' io lo cerco, c*bo da dirli
Cose al nostro divin scettro importanti.
Voi con sommo diletto e otil vostra
Udite gli amorosi Intrichi, e i lai,
Cbe per ciò forse qui raccolti sete,
lo felici successi vi prometto.
Orsù, beiCigui miei, prendete il volo.
^
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
LEitroRo, CoGHEtii, Ebsilia, Cammillo rientro. Laviuia]
injinestrn, Pììqoib* in porla, Yl^sìo, sotto i\
Cosmo vestilo e tinto ita Moro , in strada .
X,ean. xjh ! clie dolore, oh! die pietìi,<:lic tn'han dnto,tf I
danno tuttavia queste povere donne, le (|uali, intesa
la repentina morte del Sig. Alessandro da me , oltrs
l'aTersì Tr>stile tutte di negro, ed anncgrìto ancora
con i panni le mura della casa , bau prima con bas-
se, e poi con alte voci codì dirottamente pianto, che
■arebbe V^n di pietra cbì non pian{;esse come bo
pianto anch'io, con tutto che sappia questa morto
non esser vera , ma supposta, e finta da Alessandra
per alcuni suoi caprìcci . Io son alato l' imbasciatore
di sì trista novella : e se ben l' imbasciatore non deve
portar pena , non perà mi pare eh' alcuni mi mirino
con occhi storti , e alcuni mostrano di non poter
comportare eh' io dimori pi& in quella
son risoluto di uscir fuori cosi per tema di qualche
disordine, come per trovare il detto Sig. Ale^sanilrn
mio padrone, e persuaderli, che lasci questi vestiti
à' Kstroìopfl con li quali intende chiarirsi se Corne-
lia e CnmmìUo sono l'cdeli ; poiché con
ietto smisurato di moglie, e uell'altro sincerità gran-
de di servo.
Cnr. O marito!
£rsit- O padre !
Cam. O padron mio !
Z.ean. Ma senti che pur piangono.
X,au. Olà, quel giovane!
I^an. Chi mi chiama ?
J,au, Che gridi e che pianti son quelli, che silàni
casa (Iella Signora Covnnlid :'
208 INTRIGHI D' AMORE
Fiav. Ditemi, di graiia, percliè si piange in can del Sig. 1
Alessandro 7
l'asq. Olà, ferma , die In padrona liesidera sapere clir n-
more è in casa della nostra vicina.
Lean. Che cosa è questa 7 come posso in an trailo rispon-
dere a tanti, e a nn tempo? Iio Aa tàr altro, né so<{mI
che cercate; se volete, lo potrete saper da eue, cbe
io vado per li fatti miei, e non caro saper gli altrui.
Ptìiq, Uh come ^ fantastico ! Andrò a dire alU padmna
che ho Tediito un uomo a guisa di lampo, che appir-
Te e disparve in un tratto.
F/ai', Mi piace, cli« l'uno e l'altro sì è partito, dandomi
luogo di vedere e contemplar colei , per coi iia9c«a>
do me stesso a me stesso .
Lav, Ma ecco Cosmo, il Moro di colui, che è Tertmenle
pia, che barbaro, crudele.
Flav, Ma ecco, che in sua presenza perde quelle parole i
che in assenni dico mille volte l' ora .
Lav. Cosmo, che fai qui7 cbe cerchi? £ dove è il tuo e
Signoi
Flav. Cerco chi trovo, e non trovo chi mt cerca, percbì
conforme a quel che voglio sotto altre forme, c«rrn
chi trovo sempre contraria al mio volere. Ma tii éii^
sei qui ora, perchè di novo cerchi quel che noato-
lesti mai ; ne mai, cercando altrove, trovasti mrglio,
ch'ai tuo voler c^rrispondesM 7
irte Tu non rispondi a proposilo, se pur non vorrai ii-
re, che fiinno molto a proposito mio le tne primis pa-
role; perchè cerco colui, che trovo sempre contn-
rioal voler mio: e se ben lo cerco di novo, non è ca-
rne tu t'immagini, cbe non lo volesse mai, sapendo
che non desidero altro cbe l' amato , ma non amante
tuo padrone. Che segni sono quelli, cbe fiu col capo,
e con le mani?
flav. Ahimè !
£«i'. Tu sospiri, e perchè? Ti dispiace forse, chclcrn-
dele mi è ci-udple ? Lev;» su gli occhi ; parla. Tu no»
mi rispondi? ed hai ragione, non meritando riipv-
sla l' ingratitudine del Sig. Già. Luigi .
ATTO PRIMO a09
Flav, Ah sorte crudele !
Lav, Sarte veramente erodete ; poicliè mi filì>rza ad ama-
ro un uomo assai più crudo di coccodrillo, che ucci-
de, e. piange ; ma egli uccìde, e ride.
^^i*. Ahi, Flavio 1
rf. E a Flavio, che tu' ha amata tanto, vuol cV io rivoi'
ti questo rio costume, che Decidendo <juel mìsera,
mi rido del suo morire. Tu parli, piangi, e ti parti?
, Hon ti partire, aspetta, fermati un altro poco. Si fr
pur partito , mosso a pietà del mìo tormento . Ahi I
che dissi hen io, che l'amato mìo hene è pììk che
barbaro crudele ; poiché un bar1>aro, som' è Cosmo,
fti move a pietà di me ; ed <>glì pììi crudo che mai si
incrudelisce sempre; onde ìo pietosa dì me stessa,
Tengo meno per pietà .
SCENA SECONDA
CoRNBr.u, Camuillo
Corn. Dunque Alessandro è morto? Dun(|ue Alessandro
Bon vive? Come iiou muori, Cornelia, se non vive più
colui , ch'era la vita tvia? Ohimè, che io scoppio dì
doglia; non mì trattenete, di (^raiia, che io voglio
nscir fuor» scorrendo per tutto, acciò le strada sap-
piinio ancora che io sono la misei'a, che Ìo sono l' in-
felice.
>i. Infelice è venwnente colui, che non pui soffrire le
sue infelicitadi , poiché le disgratìe non uccidono
gli uomini, ma il non aver paiienza in quelle. Da-
tevi dunque pace; fermatevi pure: dove volete an-
Cor, Dovp mi mena il duolo , a piangere , e sospirar sem-
pre, perchè le disgrafie, che toccano il cuore, ma-
lamcntc si ponno soffrire. Ahimè, ahimè!
n. Se le lagrime , Signoro mia, tasserò potenti a risor-
ger morti , non farei altro che piangere , per ritorniti'
in vita colui da chi confesso questa vita, e quanto
tengo; ma se nulla riUyano, non piangete, di graji
Concolutevi oiniiii.
3
■^
sto laTRlGIlI D'AMORE
Cor. Come posso comolarmi, se io sconsolata, e Tedu»,
soootre volte e sconsolata, e vctlova? E in quali
terza mi sì cooviene quel verso,
Trt volte cadde , ed alla terza giace;
poiché oggi giacciono a terra tutte le mie ipenn»,
tutte le mie consolazioni. O marito caro, o redon
infelice.' Dolente ancora, clie non vi vidi ìaotfo,
Alessandro mio dolcissimo.
Cdflt. Ami, essendo più Bcerlra il vedere, cbe l'udirti*
cose che ci apportano noti), i: stato manco il nule t
non vederlo morto, perchè il dolore più ìnlenmnPD'
te vi avrebbe trafitto l' anima con perìcnlo della vib.
Cor, Morte non fii giammai cosi beata, come swfeUie si*-
la la mia , se io fossi morta appresM CoIuì , mui ià
quale morrò mille volte il giorno.
Cam' Poiché le mie persuasioni non danno rimedio >l
male, che h veramente comane fra di noÌi vogliala',
come donna prudente, e savia, rimettere ■) tnttu in
man del Cielo, il quale sa meglio compartire )e tue
graiie, che noi altri non sappiamo eleggere; contat-
tatevi della volontà sua, e credete che qnanto&c
tatto per nostro meglio.
Cor. E vero, ma chi è di carne non pnù far che non iet-
ta il dolore della carne propria ; dico propria, pcn:U
il marito e la moglie sono dne in una camr.
Cam. Sta bene, ma consolatevi, poiché vi ha Uuciito G-
gUnoli, che rappresentano il padre; vi Iw Wci»'»
robba , con die possiate soccorrere alle vostre necc^
site . Sete voi tale, che con la prudenia vostra tutta
le cose passeranno ln?ne, e ultimamente avete me,
che se bene vi son figliastro, vi ho rÌpntAta,coine ri-
puterò sempre, da propria madre; e volendo accet-'
tarmi, mi offro ancora per amorevole, e aflétion«ui"
limo servitore .
Cor. Vi ringrazio di qncslo, figlio mìo, che figlio cbii- 1
mar vi posso, per l'amor grande che io vi porto.* >'"«
voi mi portate. Ma circa l' altre cose, che ovete detto,
a comparazion del marito, son tutte nalle. Ahilcbe
questa è perilita pur grande!
ATTO PRIMO ali
'am, è- gr&Xide Teramente; ma se altro non si paJi, hìso-
gna uver pa£Ìciiz,i , e vcdsr di rimediare in quaklie
inodoa cotesta gran perdita, che dite.
Cor. Il rimedio sarà, che io muora; che morte sola da r&
rimedio a tanti affanni; leTatevi di qua, lasciatemi
pur gire .
Cam. E possibile, Si^ora , che in tutte le vostre aiìont vi
sete dimostrata pnidenti:. e in questo caso (perdona'
temi se vel dico ) Iritc cosa da iiazza ? Si pertlono pure
ai mando i padri, le madri, e ■ Iratelli, e non se ne
& tanto strepito quanto ne fate voi.
Cor. Tutte coteste perdite snn nulla ; perctiè se la donna
perde il padre , la madre, e i fratelli, è una perdita
sola ; perdendo il marito s'accoppiano Inttc le perdi-
te insieme; perchè quando il marito è buono, come
era Alessandro mio, ti fa l'offiiio di padre, ntadre,
e fratelli; anzi più di quel cbepoliiano liire il padre,
la madre, e i fratelli.
'.Questo lo so molto bene; e però, Signora mia, per
rimediar a tanta perdita, io direi (con licenza vostra)
che vi accasaste di nuovo; perche avendola fàcnlià
grande, e i figli piccoli , saik bene la casa non vada
Cvr, Ahimè ! che dite? e dove troverò mai un altro Ales-
sandro? e se pur lo trovassi, non vorrei far torto a
quella benedetta anima, nò dar materia alle genti di
mormorare così presto contra di me.
Cufn. £ che importa? quell'anima vi scuserà), che voi lo
fitte per necessitA, e non per volontà. Alle genti di-
remo alla Spagnutìln: Vaia ealiente, y rogasse la gen-
te; che in lingua nostra vuole inlèrire: Venga la to-
sa buona, e rida ogni persona.
Cor. Dite il vero ; ma perchè nel matrimonj non si tro-
vano cosi facilmente i partiti, che siano a gusto no-
stro, bisogna maturamente considerare, con occhio
aperto vedere -intender molto bene, e poi conclude-
re ; perchè sono cose che si fanno una volta sola , e
dopo fàlt? non giova il pentire.
212 INTRIGHI D'AMORE
Cam, Noi nego. Nientedimeno, dandosi tempo al teafg^l
passei-ù il tempo.
Cor, Quando per sorte mi venisse alle mani un uomo di I
quell'essere, e di quelle rare qualità, che setetw*
non vi metterei troppo tempo in meao.
Cam. Gentilissima Signora mia, sono pur rari Ì Eitm*
che V. 5. mi là! Se ì» me è nulla di buono hascc ibi'
la bontà dell' animo suo .
Cor. Non entriamo in queste rcttoriche, Cammillo. Basta
che io vi amo piii clic da figlio, e vi amerò sempre,
particolarmente perchè spesso mi solete contoia-
re, come al presente mi avete consolata; c)>è tirin-
domi da parola in parola , sarete causa di farmi pren'
dere qualche risoluzione.
Cam. Risolvetevi, Signora, che io gili mt risolvo troiani
UD partito tale, che sia di comune soddisiaiioiK. M>
perchè bisogna Magagna, degnisi V- S, di Ikr» so-
pra, ordinando che venga; perchè quando si ht
tempo , non si deve aspettar tempo .
Cor. Io vado) e ricordatevi, che io mi riuorderìi di l'ir
•empre quanto voi Toletc .
SCENA TERZA
CtMMlLLO solo.
Non Ì! dubbio nessuno, che rado si ricupera l' occa-
sione, che si lascia perdere . lo vedo chiaramente chi)
la Signora Cornelia ha chiuso nel suo petto l' isl
fuoco, che io tengo serralo nel mio; ma le
fiamme non possono esalar fuori ; perchè ella tcnWii
che non le sia da vero figliastro, e così combatte cu
l'impossibile di potermi avere per marito. £ dlall'a
tro canto, conoscendo l'indegnità mia, non osai
scoprirmele, poicliò se ben mi dovesse giovare i
scoprirmi oon esser figlio del Sig. Alessandro boi
memoria, nondimeno mi nuocerà, pubblicando che i
lìii schiavo giù riscattato dal IrateUo molti i
e du lui per sua gentilezia chiamato figlio propria<
I, che io sono a lasciarmi uscir di man» e^
ATTO PRIMO 213
sì l>uuna fortuna! f non considero, lIic quell' amoif,
il quale hit accf.'c^ilii la Sì;;. Coruciiii iu amarmi ii trm-
po , elle si credeva c-isere figliHìiIro, ([uuH' is tesso
Isrii cbc alla cieca ella conseutu al suo privato appe-
tito, sema mirare alla mìa bassa condizione .E forse
sono questi li primi colpì fatti da tp, o Amore? Ma
disleale e ingrato Cnmmillo, che fui? chepen8Ì?Noii
ti ricordi delli benefirì riccTuti? Non li vergogni a
mancar di fede a chi con tanta lede mise el^ggiTti
per suo figlio? Viuliire il suo letto! prender per mo-
glie la moglie ! questo è il premio che renili ? questa
è la ri'crenia che porti a chi ti giovò, a chi It fu pa-
dre? Ritorna, ritorna in te ; scoccia questo rio pensie-
ro dall'animo tuo ; muori pia presto, che far cosa co-
li indegna dì te. Ma che colpa è la mìa, se Amor mi
afona, mi spinge, e mi sprona? poii'hè amo, e sono
amato ,- mentre amo, e sono amato da Cornelio, non
mi è lecito? Sono amato da Ersilia sua dgllustra, ed
io non l'amo. Amo Lavinia Rglia di M. Alberto, ed
ella min mi ama . Che strani lacci, che armi inusita-
te .«on queste , con le quali mi hai ferito , e preso? Eo-
va Mugugna ) non posso pìCk dire , mi fermo .
SCENA QUARTA
MaOACHI, ClMHILLO
Mag. Ohimè. Vhimè . Ahimè.
Cam. Tu pur piangi Magagna! e non consideri, che col
tuo pianto accresci il pianto della Sig. Cornelia? Par-
mi che quanto più ti è detto, tanto manco intendi.
i^Og. Io non piango altrimenti : ma questo è un certo ri-
ledio da lar passar il pianto.
Cam. E come?
jtfif,?. Pigliale le prime tre lettere delli tre sospiri che ho
fatto, come ÙWv IO da l'Olnmè, il V dalVhim^- e
l'A dall' Ahimi', e cunglungetele insieme, che dico-
no OVA. Datemi una frittata, e se io piango più, di-
temi un tristo. Dovete pur pcnsure, che da questj
ualtioB all' alba, che si seppe Iu n
nsure, clc uà qucsui ,
u nova della morte ^m
214 INTRIGHI D'AMORE
padrone, non ho mangiato ; carne volete dunque, dbl
»' inlend»? Non sapete quel proverbio: CUeil »
ventre Tolentieri le parole non intende?
Cai». Hai ragione : ma non sai tu quest' altro , che è i
ro chi spetta aiuto dal misero 7 io non posso aiutai
ti, perchè son piìi che misero.
JUag. Tal misero ioss' io , che da misero dtTenteret Mc*-
aere, poiché per la morte di tuo padre sarai domi
domìnantium; misera son io, clic ds quando mia nw
dre mi sfoderò, setnpre leci i latini per i pani
mai per i superlativi .
Cam. Ahi! die altro tarlo mi rode , altro mal mi peDeb%
altro coltello mi passa il cuore .
JUag. DiavoI, fallo tu, che si morisse quest'altro; «corti
Magagna Mugnus Carlos. Ma ditemi, padrone mìo,
che cosa avete? perchè vi mutate di colore? Voi MI
parlate; ol^, che dite? dove pensate?
Cam. Penso; ma voltiam di qua.
Ma^. Di grazia.
CarA. Dove siamo?
^1^. Quest'è unaltro intoppo, la cosa non è lesla* vai
smaniate .
Cam, Ma che ti pare? Wem niente?
lìla^. Niente.
Cam. Pensi tu che mi voglia bene ?
Sliig. Bene.
Caw. Che si dirà?
^ag. Hiente. I
ipro, saràheoe?
A/fl^. Brne .
Cam. E se no
jl/f7i;. Niente.
Cam. Ma che
jtfD^. Niente.
Ca/n. Che si dice?
Ma§. Niente .
Cam. Voltiam di qua.
Mag. Ohimè, questo povp
nente, e ìo con tante
li scopro, che sorbi
potran fore?
:i non ha Inogo pefmf
li muro della fame.
' ATTO PRIMO S15
et egli non fa niente, e io non iàrò tiene, perchè di
niente si fa niente, e non fa bene clù non mangia be-
ne; se posso scappar ninnle, a hisciarlo siirà bene,
che per me non TOglio niente, se Ìo non troTerò Iwntì.
SCENA QUINTA
Fbarceschf.tto , CtttHiLLO, Macacka
Fran. Signora si, statene sicura, che t' avvertirò d'ogni
cosa. In baoua fc , che se la Signora madre mi darà
sempre tpiestimostaccioli, io le farò servii] dell'altro
mondo . Mi ha detto che io debbo spiar secrelamen-
te qael che tratta il Sìg. Cammillo con Magagua per
riferirlo poi a lei . Mi disse , che erano nella strada ,
e non vi sono. Ma eccoli pnre : mi starò qui dietro.
4fam, Sappi Magagna , che non è uomo in questo mondo
tanto savio, né tanto fedele, clie/iion si ritiri al suo
comodo, ogni volta che se gli attraversa qualche pro-
prio interesse ■
Mag. E chi no 'i sa ? perchè tutti naturalmente desideria-
mo, che piò presto n'iivanKÌ la roba, che ne manchi.
Cam. Sappi ancora, che colui si deve chiamare amico, che
confida liberamente all'amico le cose, che portano
pericola di levarli la vita,
Fran, O Dio! non posso sentir molto l>rne. Magagna par-
la di roba, e Cammillo di levarli la vita, qualche
tradimento faranno alla Signora. Passerò pian piano
innanti per sentir meglio.
Uag. Eh quietatevi : perche non dite?
Cam, E perchè mi si apprcsenta occasione di accomodar-
mi per sempre, non avendo altri a cbi possa confi-
dare un secreto di tanta impoi-tanza, eccetto te , per
l'animo che ho avuto sempre di ferii piacere; di mo-
do che non da t;ervo, ma da vero amico t'ho ripula-
lo, vengo a coiilcrir teco 1* intrinseco del cnor mio.
i/flj. Troncale le cerimonie Sig. Cammillo, che con li
servidori fedeli come sono io, basta dir &, che subi-
to è fatto.
tJPam, Or intendi , Io riputato da tutti figlio del ^ig- Alci-
*
216 IISTRKIHI D'AMORE
stindro, non Sono, né fui giammai suo ffgllo, ma irr-
vo, e per dir meglio scliiaTo, riscattato dal Sig. Slt-
£u\o suo fratello^ il come, il quando, il dove, il don-
de, e chi son'jo, noi so. Ma so che si ntroT^ Kritto
in un foglio di cart» ch'egli diede serrato al Sif.
Alessandro al tompn che inoriTa, con ordine che non
s'aprisse se non passava il decimo anno dalla su» miT-
te : che già qucst' anno era l' ultimo , se morte con lj
morte del Sig. Aleswodro non fnccTa la mia ultimi
rovina, perchè se io sapessi chi sono, forse non lui
sarehhe difficile 11 tentare i\ae\ che tento adesto.
Fran. Oh, oh, oh, dmmillo è schìavd! tn non mi halle-
r^i più, poiché non mi sei fratello .
Atag. Schiavo? ah, ah! Cammillo i schiavo; rcUsm è >'
tempo della sorte mia.
Cam. Talché come fortuna, e amor Vuole, rilro«ndomi..
Mag. Come a dire innamorato.
Cam. Cosi non fosse.
Mag. E io similmente mi trovo innamorai».
Cam. Di chi?
lUag. E voi di chi ?
Cam. Di una, che mi tiene Ìl cuore.
-JUag. E io di una, che le tengo il cuore -
Cam. Beato te! poiché tenendo il san cuore, tirai qa*at'>
desideri .
Mag. Ami beato voi , che tenete il vostro cuore dentri il
suo ; e non io , che non posso tenere il cuore mia den-
tro al suo .
Cam. Ta burli, ma io voglio dire... .
Ufog. Taci , aspetta, ferma, non passar innami. GiaccW
Cnmmillo ed ie siamo tu t fu tio, procuriamo entrami»
(ài-ci bene . A me parrebbe bene , che non vi disco-
priste esser schiavo, mattarvi sotto la medesinu crr-
demti di esser figlio del Sig. Alessandro, perchè
facilmente vi potrete pigliar Ersilia sua fìgliaatra
moglie, e io copularmi con la padrona
/'rd/f. Ersilia moglie dì Cammillo? oh buono.' ma
copularmi io non V intendo .
Cam. E questo i quel che più mi tormenta : perchè
apct J
ATTO PRUIO StT
D9D mi ibopro, oon posso »Ueaere qamto desidero;
KÌo mi smpro. passerò un mare di perìcoli ; ano cote
'altro io casa. Oh sorte crudele! iter
Gerite in no medesimo tempo, e il rime-
I, che giova all'ana, nuoce all'altra. Lavinia mi ri-
~i tanto più sapendo l'indegnità mia, la quii
s' io nascondo non potrò ottener Cornelia , cnore del
mìo cuore. Che debbo dii'e? che debbo &re? che mi
consigli, Amore? Se io ho Cornelia, e non LininiQ,
morrò per Lavinia: sebo Lavinia, e non Cornelia,
morrò per Cornelia.
^ Mag- Che Cornelia? che Cornelia? che parli di Curnclia ?
I Don mi levar di graiia Cornelia, che, ha più ili tre
t ■ , anoi benedetti, che mi cosse il cuore di sorte, che sc^n
diveiitato fornace ardentissima , che non &ccio altro
che coocere carboni, cenere, e facelle.
Frati. Oh che beli' Intrigo d'Amore, di Lavinia, di Cor-
nelia , e d' Ersilia ! io non l' intendo .
Cam. Tu burli, Magagna.
Ma^. Io non hurlo per l'nninia della prima figlia di mia
suocera; e non accade di trattarne, perchè il pare
centra il pare non ha imperio .
f'iini. E questo di più! Oh! misero Cammillo, che cosa hhi
latto? Non ti venne a memoria, che l'uomo non sì
deve fidar di villani ?
/Wag. E ti dico un'altra cosa, che Cornelia mi tocca per
ragione de juris congruo.
Cam. Se valesse questa ragione, toccherebbe a me, che
son stato più congruo di nessuno.
Mag. Ed io vi dico di no; perchè quando il Sig, Alessan-
dro viveva, se era in casa, io 1' ero pi^ di nessuno
vicino ; vicino a spogliai'lo, vicino a veittirlo, vicino
a darli da mangiare; se uBciva-fuorn, Magagna ap-
presso; se fucevu questione , Magagna intorno ; e in
tutte le azioni sue io 1' era vieinoi ergo Magagna
Protomiseus .
f sogna al mio dispetto darli hnone parole. Basta,
ugna mio, che con la continua protica con li Mu-
ti sapete i termini di leggi.
ron li stu-
J
218 INTBIGHI D'AMORE
Mag. E quanti asini più di me si «on fatti dottori!
Ci7»i.Ma ecco il Napoletano. Voltiamo di qua, aoàòteo»- |
(amcnte possiamo trattare le cose nostre .
Mag. bl , voltate , e vivoltate quanto volete , che indan-
to è il cuore di Faraow ■
Fran. Andate pure, che io tì lascio. Vi ho interi n. VV
glioDo uccider la Signora; Magagna piglieli per mit-
glie Ersilia, e Lavinia Canunillo. Non mi gab!>)ti>
SCENA SESTA
GuLATsi Napoletano , Flavio sotto nome di Cotma
dal. La importanzia sta, Coscmo, cite IÌ primi motti no*
Bongo io potesld nostra, né l'ommo tene li eompiui
qnanno ha da dicere con arcuno, clia noneccnltli
tiermini. Tu botivi, cha Ìo avesse sciaccato a cliiMiS<
Don consideravi, che se io avisse acoomeosato » (h-
reli, dia l'averla sciattato eoo li togononi? ed ecco-
ma poi di zeppo, e di peso In 'ncoppa a Torre di Vo-
un. Dico 'ncoppa, pecche 'ncoppa stanno li CaTalicn
di Sieggio, come songo io.
Ftav. Padron mio caro, al duello non sì va con tajatecon-
eiderazìoni, e mentre l'uomo è provocato, si pa& li-
beramente risentire senz.-i timore della corte > Seio
fossi stato in voi non averci comportato per la vila,
che colui mi chiiimasse animale come chiamb V. o-
ma subito gli rispondeva con una mentita tosta, e
avere! anco messo mano alla spada .
Cjd/. Si'gnorante, e perzò dici accoù. Noi antri Napolita-
ni, che sapemo le regole delli duelli, non potemoM
be bolessemo errare . Hai da sapere , che la nentiU .
bisogna eh' aggio fonnamienta,
Flav. O bella', per digerir che?
Gial. Con tutto cha non sai, liaì parlato metaforica
co chella parola digerire ; pecche come h
si digerisce di lìi, cosi la 'ngiuria si digerisce d
mentita. Ma io bo fennamiento, no 'nteuto C
ATTO PRIMO ZÌO
su, ma se bene Tappuccio, a pedamcnto, come U bo-
li mo chiamare .
F/a<: Io non v'intendo.
aia/. Ora cha saccio cba ih
Ecco mo : tu me Hirrai 'i:
ra, la mentita vale ; mu
mentita novene.
Flav. Dunque è vero, che
a; cbilln
) te diraggìoV 1
sete un animale?
Gtat. Songo troppo ; ma loicamente però: pecche ognun»
di nui è anemale rationale: quanno nt'avisse ditto ani-
mule irrazionale , aUora l'averta mentito, e rutto U
denti de chiù.
Flav. Ma. non vi avendo messo né razionale, né irrazional*,
eccetto clic in colkra, vi disse animale^ pigliandosi
poi le parole secondo la volontà de) proferente, e-
non dell' intelligente, seguita di ragione, che voi aie- ,
ten
&>a/. Épossibele che quanto chiù stai co'mico, tanto man- I
I co sai ; poiché non t avvertiste de chìUo aiiefieio
Bti sato pe me, cha pe sapere in che maniera isso 1' av
P ditto, io lo provocai, dicennoli mulo cornuto?
Flav. Sì , ma non fu a tempo ; che lui s' era partito di tao- J
do olle non l'intese..
Giai. Mettimnto accossl proprio, come tu dici: ma io
convenco co quella stessa autorità eh' bai ditta poc»
nnnte , zoè che la parola se 'ntimne seconda lavolon—
tìi dello proferente, e non dello intelligente ; dico alla
proposito che la volnntate mia fu di' dircncelo ; cht>
non m' aggia intìso isso, peio pe isso.
Fiat-. Mi piace che vi tate scorgere oncont in questo, come
in tutte l'altre cose.
Giai. r4ui lassamo annare 'no poco lì duelli , e pariamo '
poco d' amore . Ma scopettami prima la cauzietta : cft^ (
cà, villino allo tallone.
Fiat: Non vi sta pure un pelo ; che volete scopettare?
dal. Scopetta pnro, cha una delle cose principali ped
accattarese amore è la policia.
Fiat: E a cbe serve la pelliccia? a scaldarvi le reni forse?
Giai. Oli coma se aseno! Folicia non significa pelliccLa ,
INTRrCHt D' AMOBE
< .m» l'andar polita, netto, candidoie perciò tluu la
Petrarca ;
• III campo Iterile un candido Mrmrllino ,
Ftav. E motto stirato qneslo verso, e panni cli« non Cn^rii
a proposito nostro.
O'al. Anzi fa :i propositissinto; pecche lo candido arnirlli-
no ilcnotH lo 'nnamorato netto e polito : lo venie li-
gnifica speranza ; ert(o lo 'niiamoraln p<)lil4) posa so-
pra la speranza d'amore, sema la quitle polìiia è nit-
ta sua speranza: come isso pure scuoto cbìtlo aiilr»
Ratta è Calla Colonna e'I verde Lauro.
Verde, eoe speranza d' amore. Che a te pare?
f/uCi Solenne, orrendo, tremendo, slupendo.
dal. Massime cliìUi poi, che se la fanno co persone m*-
(;nate, e d' iraportanzia, come &zio io, cbe me «degno
farr l'amore se non fosse quarche Preoccpes», Du-
chessa, Marchesa, o eh' avisse almanoo titolo di
Conlessa .
Plav. E che vuol dire, che vi vedo pur SJ
di Pasqatna, tàntesca di M. Alberto?
Gioì. Io pretenno chella no ped itutro cha pe rariar p
e ped averene allo qnatierno mio, ch'aperzona ■
lionarella cì scrisse 1' antro jorno.
Flav. Lo credo , perchè queste son le sue coso ordini
C'«/. Ch'hai detto mo?
Flav, Dico ) che mi fate veder cose «traordinarie ■
Gial. E Leder te ne ^raggio perai . Tu bidè mn, cba lafl
gnoruLavinia, la patrona de chilla cornutiella, scia
toria pe me ; e io chiù non la pouo patire .
Flai'.Mumil
Gial. Cita cosa liai ?
Fio'-.Mì dolgo, padrone, del torto che 5itn a cfuella p
Signora, che essendo cos'i Ixilla, virtiioui i
non ve ne dovereste sdegnare a prenderla par rt
Gial, Cha dici? cha dici? lo Segnor Gialaise Fi*rniiri|
ella sta d'ora in ora pe fnrese spnlire la cansa
entrare enSieggio, se bolo pìglinrff In figlia de'
tor^ de studio? Sfratta da cn; se no me iÒMC d'af*
ATTO PRLMO 221
fronto Ai afirontarcle 'n presenzia mia, te daria 'na
mazztata bona , azià no le scappassero chiù simile pa-
It role dalla vocca.
Wlav. lo volevo dire, clie è peccato a non limarla, aman-
dovi ella con tanto amore e affciionc.
dal. Be, de chell'autra manera bnoi dicrre tu7 A chesM' i
te responno, che essendo amore 'no desiderio de co»- 1
segnire'na cosa amata; ìo non la desiderando, issa non
tme pò conseguire .
av. Mi pare, che la conseguenza sia centra di voi ; per-
chè essendo amore nn desiderio di conseguir la cosa
amata , secondo dite, ella avendo questo desi'
deve du
ique conseguir
a amata, che sete *i
tial. Hai rascìone, a fé: aggio equivocato. Io bolevo di-
cer«, cha essendo amore 'na conformili dì volun-
tade , io non volennola, issa non me pò avere.
^av. E questo pnr v' è contro a rispetto di Pasquino; che
essendo amore una conformitii di volere , ella non vi
^L^ volendo, voi non la potrete avere contra il voler di lei.
^HB/a/.Sl, ma non sai chili' autra regola, chaVhi major'i^
^H minor cessai? essendo l'ommo maggior della lem--
^B mena, bcsogna dia la lémmena cessi , e si sottnmettif \
^^^ «H'ommo, e non volendo l'ommo, non potè la frm-
^^p mena sforzarlo. Dunque essrnno io ommo, e volen^ i
^^ noPasquìna, bisogna cha issa se sottometta a me; e pv j
^■T lo contrario poi essendo Lavinia femmena, e io notf j
^B la bolendo, non me pò sforzare. Haila 'ntesn i
conclusione, che le femmene a dispietto lorohìsogfM 1
cha stiano sotto a nni7
Flav. Oli che sensi dialiolici !
Gial. Tropoloici , buoi dicere tu , e no diabolici ; 'nipai'R}
'mpnra. Ma ecco Lavinia co chella cornutiella de Pi- j
sqnina: retiramoci ca, e spiamo cha cosa dicano.
t
SCENA SETTIMA
iniit E PASQnitÀ /i y^ortii , GriLjttse
E Flavio da parte.
i trista forluiia, che da' prira' unni i
!2a I5TRIGH! T
^el padre, quell' istf ssu n
farmi, aTendomi impresso nel petto l'amore di o
li fa oggi il peggio At pn4 I
lui che Ila il e
nsol di pìptrn.
a di (luriuiRia 1
i risoWe III iiilii
le mie pnrole dispregiale semprr da lui^ tltxiilrro
che vada a ritrovar Biaiicbetta, pregandola che von
manchi di venire a darmene certa risoluzione.
G:a/. Chessa parla de me cìerto; e se bene n' aggio pici*-
de, no pozto sopplir a tante, pe vita mia.
Fla^: OL scioccUe donne! oh donne ingrate! ohcnidelìssi-
nie donne !
Pasif. E perchè non fate) padrona mia , come *i disseBUn-
clietta laltro giorno? Ama chi l'ama, e chi non t'ama
lascia. Che ne volete lare di questo Gùlaise, pnidli
non Ti ama?
Giij/. E lo Segnore dove l'hai lassalo, male errata?
Pasf. Amate il Sig. Gimmillo, che vi ama tanto dt caoni
che, a11;t fede, min, ne ho compassione ogni volti At
mi dice: Piisaiitiia mia, prega per me , raccomaiMumi
alla Signora: io muoro per lei, ed ella non si cttn<li
me; che certo mi fii venir voglia di piangere.
Oinl, In quanti modi me prejiidica chessa latrina!
/'Vili'. Che dite di latrin»? parlate onesto.
Già!. Non è chilla ella tu pensi. Dico latrina, loèUtrapi^
Cirilla.... Mn ma sentimmo, sentimmo.
Lai-. Ahimè! non posso amar altri, essendo amor p«r
destino, enon per elezione; mi destiuò la sorto ad
amar costui, e non posso né voglio elegger altri-
J'asq. Non potete, perchè non volel«. Forse che GiaUi»
è più liello del Sig. Cammillo? Val piìt la grazia, l'«**
■ere, anzi una parola sola di Cammillo, che ceala
Gialaise.Che Giulaiso solamente? il nome Laueto*
che tiene.
Ftav. Qui caderehhe al proposito la menlitn.
Gìal. Eh no, pecche all'assente, e morti) noit si Gì 'nginri*.
Flav. E voi ci sete presente ; come dite di no .'
Gìal. Ci sono, e non ci hoglio essere ; che'mpnrla chcslo'
iac. Pnsrpiina, non è bello qnel che è Ivllo, ma (jurl clic
diletta e piace. Agli occhi miei piace , e diletta \m-
ATTO PRIMO
' \o ijnel traditore, che fuor d! lui ■
283
i bella I
■ bnilto.
n'dtni cosa, che: l'altro giorno mi disse il suo
I trMto: Mira cbi eniii la-tua padrona! una bestia, uu
ìgiliòraYitone , cbe pale di milia, ed Im l'arnia.
f4al. Oli diavolo 'nce t' ha ditto ? Tu sii stuto.
•'laf. lu, non per certo. Ab piidrDnC) io tal cosa? Dio me
ne guardi.
'rial. La borria accìdere chesta fauzaria.
■ai^ Non è Tero ; ma lo dicono artifizi osa mente per le-
Tiimr-lo dall'animo; c ftmno pregio, perchè quanto
w più si batte il sigillo, tanto più s' imprime. Credete
m- forse, che io sia cesi sciocca, che non mi avveggiadi
B ogni cosa ? Io so che più volte abbiamo ragionato in-
■ sieme, e mai il Signor Gìulaise s' è dimostroto tuie.
'a*7. E se umore tÌ ha l'atto straTedere?
•iai. La mala pasqua, che ti venga, Pasqiiina .
at^. Mi disse ancora, che ha avuto il mal francese, e
the non è più uomo .
ial, Gii-ca lo m&l fiancese è lo vero. Ma 'ntjuanto all'es-
ser ommo , songo chiù omnio ora, che mai .
av. Dimmi , chi è questo creato, che te 1' ha detto?
as^. Il Moro, che si dimanda Cosmo.
ial. Ah! traditore.
lav. No certissimo.
ai: Oh! oh! questo Cosmo È si
te mi Ila riferite mille bugie
rtifdnnu dì Cammino.
l'i/. Ab! vcgliaoco infame.
Cav. Muora disperato, se è tal et
iVi/.Machi'ncel'hadìtt»?
(ii'.Nolso.
ial. Come lo sa?
I(i>'. Nolso.
ìat. Caoosciame a me?
liiv. Conosco.
ial. Te boglio spuntare.
Mv, Spansainc.
lospetto , perchè altre vol-
li dubito che eglisia
22* INTRIGHI D' AMORE
GìaL Non te boglio spanzare mo, ma me ne boglio 'nfer'
mare meglio.
flaw Informisi V. S. che mi troverà innoceatissimo.
Pasq. Non poò stare, che Cosmo m'abb^ detto la bugia,
perchè mi tuoI bene; mi ama, mi piisica, mi givtti
la mano, mi dà mille cosette, e io TOgUo ancor boM
a lui, sa?
GiaL £ chisso de chiù? confessati, e zitto.
/Vai'. Oh Dio! che possono fare li testìmonj "blsi?
Lat^. Ancora non arriTi a dodici anni, e coek figlinola Ulti
messa nel ballo d' Amore?
Pasif. Sì, perchè roi cantate pi& Tolte qael sonetto:
S'amor non /osse , U mondo non saria ^
E gli uomini sarian com* animali.
Non TOgUo esser animale io, padrona mia •
Lav. Ma aspetta; come .sai che Cosmo ti Tnol bene ì
Pasq, Lo so, perchè me Tha detto lui, e per questo io €i
qnant' egli mi comanda.
Lav. Che cosa ti comanda ?
Pasq. Mi ha comandato, che quando io veggo Gialais6f.
^gg^9 lo scacci, e Todj come la morte.
Gial. Cha dici mo, vegliacchissimo Caosemo?
Fiav. Costoro mi han Teduto del certo; e ne Yoglione fiir
corrivi .
Giai. Appila, zitto; sentimmo, sentimmo, sentimmo, cha
poi....
Lav Dunque il Sig. Gialaise fa l'amore con te?
Pasq. E chi non lo sa? Oh! oh! non Te T ho detto ancora?
egli spasima, e muore per me.
Lui^, Sì, ah? e perciò ne dicevi male, per lerarmelo dal
cuore? tu sei da tanto? tu ardisci òpporti all' amor
mio? Tu sei causa del mio traraglio? Per te non mi
ama colui? per te m'odia? Non so chi sai tiene, die
non ti cavi gli occhi. To,to,ribaldella; to, toi^traditoca.
Pasq, Ohimè! che colpa è la mia? Rista, che io non gli
voglio bene •
Giai.Ahl cane mastino, tradetore Cuosemo ! tu m'hai
sprofonnato; tu m'hai accise; pe te me scaccia Pa-
.«tquina ; pe te mi fugge ogn'ora.
ATTO PRIMO 225
P'iav. Ecco, come si paté a torto.
£.ai'. Ah! ingrato, e Teiiwnenle sciocco OblaUe! Ingcnlo,
che paghi d' ingrulituilìne cbì ti serve, chi t'ndit^
rs . Sciocco , che (tiivamanclo me, che son pure (Iella
(jualìlà tua, unii una vii femiiiinella!
'al. Ah! pozza Pa^quinaichc lasci la rosa, e pigli la spi-
na : lasi^ì me cha te boglio, cha te pozzo tijre patro-
na ; e pigli chillo, cha non ti biiolc , e non lì piiole f^r
autro, cha lànlesca!
DI'. Sciocche noi, ch'abbiamo Rilucìa In serve, che sempre
incostanti , sem|ire infedeli sono! Ma perchè io non
mi vendico con le proprie mani? ladra, traditora ; a
questo modo, ah? ti tirerò questi capelli , n)Ì ti man-
^ajy. Ohimè, Dio! ohimè, Dio! Voglio dire ogni cosii al
padrone, e anche al padre di Flavio, che voi foste
causa della sua diaperaiione.
^av.W padrone, ah? e questo di piri?LevamItidiniin)iI, solo
— ■ perchè m'hai nominato Flavio, il cui nonif aMmrri-
sco come si abborrisce U febbre. Ami vicn qua, che
dentro la camera terrena me ne sazierò a posta mia.
fati}. Che liano maledetti quanti Gialaisi si trovano !
dal. Ecco oscurato lo mio sole, per»a è la luce; e tulio
per causa tua, ruffiano di Cammillo, traditore dc'po-
tronl tuoi . Spogliati cha mo^ spogliati chessì vcitìtì ;
Jammi ca chessa spala: priesto, non tricare chiù.
|ff7o''. Non vi accostato di graiia, che questa spada biso-
gnerà pigliarla per l;i puntu; e forse che la giusta
cagione, che ho di lamentarmi, si sfogherà sopra <U
voi ; e se pur ne volete, mettete mano .
v/d/. No ce sarta l'onore mioa mettere mano co 'no vainsso-
ne, e massime co 'no desperato comò si' tu. Avcrlmo
liempo, si: lassarne annare dallo Governatore, chu
a ìana , o liuna voglia, hìsognar't cha restituiscili la
rnbha alto patrorw.
SCESA OTTAVA
Flavio, &otlo nome di Cosmo ^ nolo
lu fina è vero quol proverbio, che un uomo rlien:i-
Ì26 INTRIGHI D- AMORE
tn è di valor dotato , e un uomo mal soflrenle Ooii irai»
esser valente. Ecco già l'espericnta delle bellr nu-
scìte di questo mio padrone posticcio, ritratta «to
della sctoccheuii e vanità del mondo. Ma «ciocco uà
io, che vado calcolnndo li fiitti uttnii, e non somnnu-
merare i miei ; ami quanto più penso dedarrc tr«»»-
glio dallasomtnu de'iniei truvugli, tanto pi& il nuuu-
1*0 si fa infinito. Io son Flavio > e non Cosmo; quel
Flavio abborrito dalla crudelLavinid, i;uiiie(i'l>W-
risce la febbre . Io sou colui , cbf avendola amaU ptr
molto tempo, in ricompensa dell'amor mio, non lin
ricevuto alti-o cbe ripulse, dispregi ed un continua
no. Intanto che, dandom.! in preda alla dìcperMiaMi
son tiiggito di casa, lasciando il mio padre vecctiio. eliti
(lou tenendo altro tìglio che me, vive dUoonteotM^
■no . Diedi nuova cbe ero andato alla guerra di Fiio-
dra; ed ò un mrse che vado vestito da serra, tinln
da Moro per non esser conosciuto, ponendomi a' kt-
TÌgj del Napolitano, con proposito cbe Lavinia, aman-
do guest' uomo cosi lit^ramente , potewi come a sui>
servoavercomoilitàdi parlarle, e vedere »e ella *fi>-
tiva dolore della mia disperata partila; e se pure b
torte mi avesse conceduto di comiBOverla ad attr
qualche pietji dì me . Ma ora veggio apertamente die
mi odia piìicbe mai, e .-ima un soggetto ctnl indegni
di sé, come è il Napoletano! e quel che è peggio»' 'i
aggiunge un altro concorrente, cornee Cammìllo. ]>'<'
cui procura Pasquina: ed Ìo misero, non ho nci'un»
che procuri per me, ami tutti mi sono cantrar|'<^'
sorte crudele, osteite inimiche! O ciel, perchè non
mi cadete sopra? O ternt, percbi non m' inghiaiti -'
O acqua, perchè non m'afloglii? Fuoco, perchè non
m'ardi? Aere, perchè non m'ammorbi? chi cbiKi
per contrari la sorte, le stelle, i cieli, il fuoco, i'arii,
l'acqua e la terra, non merita di viver pii^. Ma per-
chè mi mantenete ìn vita? per (armi sentir inag[;i<>r
pena cbe di morte? Io mi tolgo le vesti, getto b f\i^
da ; aati questa prendo per passarmi il petto. Oliimc'
Ecco mio piidre, ripiglio le restì, e iiiggo di <1"''
SCENA NONA
Albeuto, cioè Muzio , e Mahilio vecchio.
'Or. Quae de nwo emcrgunt, novo ìndigfnl ausilio. La<
sciale dunque, M. Maniliu mio, il lantn condolervi
della fuga, o vogliamo dire dclln perdita di vosti-o
figliuolo, e H questo «novo ai-cidislile porgete niiovn
rimedio: come saria in disporre nllrimenti della vi-
tu, e drlla rohn vostra ; perchè il figliuolo, elle è
viiioio, e disobbedienle al padre, deve esser privato
dell'eredità, autore Eschino Prelio in certa orazio-
ne a Bodio; anco tutte le leggi ne parlano diffuse-
ian. Il mio giustissimo dolore mi ha di sorte penetralo il
petto, che non posso fur altro, che dolermi continua-
mente, considerando che non aveva al mondo, ec-
cetto quest' unico figliuolo, cresciuto con tiinte deli-
EÌe,con tanti comodi, sotto speranza che egli dove-
va essere il bastone della mia vecchiezza ; e ora me li»
vedo tolto, non so da chi, non so cornei o non so do-
ve sia capitato.
Uù, l'rltx i/uem/aciuni aliena purìcula cuuCam ,
Casus demeiuis correciia fit sapìentìs .
Di modo che io mi risolvo , e co^ si devono risolvere
tutti i padri di lamìglia, a &rsi ciiuli con l'esempio
nostro, cioè dì non ullevare i figliuoli con tanti co-
modi, e permetter loro tutto quello che dinuuidauo;
poiché: detrriorrs ninnirn lìceittia .\uiitui; e cosi (|ue-
ste delizie, queste licerne sono le spinte, che trahoc-
rano li figliuoli, e sono le cause potissime, che dan-
no polo amaro ai poveri padri.
lUan. Perchè di me stesso? dehho dolermi della madre, la
quale da principio non mi ha lasciato riparare al dan-
no, elle io prevedeva doverne succedere, lo pur le
dicevo: vedi, moglie mia, che Flavio è troppo licen-
zioso, mira che è discorretto ; non ti opponere quan-
do io lo castigo, lascia &r a me; sappi die il mal
suo si converte in satuni,- considera che quando vor-
228
INTRIGHI D' AMORE
n potremo ritrarlo. Sì, nppunto nulla S»,u
-epHcaTa dicendo :
che questo figliuolo, e tu pensi furia luoiit-e sotto Ir
stirature; lasciamolo fHi'R, perchè quuado l'arbur.-
è buono, è metallo il frutta. A chi potrà rassomigliar-
si »e non al padre? E con simili girandole a poco a f-
co, crescendo di naie in peggio, in' \ut indollo a ipic-
sto pessimo termine.
^Ib, Agrnles . et cansenCienCes pari poena pwuunCur. Voi
BTete consentito al cavezKo di vostro figliooloi meri-
tale r istesM^ena che merita la mndre ; e certo qnel-
la che diede Solone ad un patire che ave^B nemlila
iliigliuolo, secondo mi rìcordoaTer letta nd alene-
rai istorÌadelSabellicu;cfu,che il figlio, incolpMu!»
il padre, che egli era stato causa della sua vita liee»-
EÌosa, perchè non osava castigarlo a Lerapo chr m
£glÌuolo; il padre replicando, che se bene toIcté ca-
stigarlo , egli non l 'obbedì va, Solone sententìù, che il
padre, perchè non l'aveva castigato, non lÌMse dc^
di sepoltura dopo la sua morte; e il figlio, perchè oan
l'aveva obbedito, fosse privato tlellì boni patemi : du
che il figliuolo di esso giovine succedesse poi all' r-
reditk , perche ilelictum palrii JUio nocere no*
tirbct.
Man. E provvide circa le robe, in poter di olii daftnn»
restare tra quel mezzo, clic il vecchio fosse «enuto *
ilib. Signor s\, che provvide; e fu, che le robe lijMem
depositate in mano d'un terzo degno di fede, che
desse da mangiare al padre sin che viveva , e bce^
una sepoltura al figliuolo, dopo che morii'Sc. Che li
pare di questa sentenza? Volesse Iddio, che coi'i )i
osservasse oggi, perchè tanti padri, castigando i ^
gliuoli, non sarebhono infelici, e tanti figliuoli, obbe-
dendo ai padri, riuscireblwno perfetti .
Mail. Ohimè! che queste maledette donne sono itale, «
sono causa della nostra rovina, opponendosi senipn
a qtiel che noi procuriamo alla salute de' (igliu
ATTO PMMO 229
mirando solo al presente, e non al futuro icoza di-
«crt^zionr ,
jttb. La donna non ba nessuna discreiione ; mn noi dui-
l'altro ciinto dobliiamo ovviare a questa, uontradiccn-
dola espressamentej cfaè se ben la moglie è compa-
gna nostra, notidimeno non è nostra superiora.
Alan. E vero; ma poi subito ti fanno il muso torto, ti voi'
tan la schiena , e mai ti danno pace ; e l' nomo strac-
co dagli altri pensieri , come non li*ovn la moglie al-
legrH in casa , vive in continuo interno.
rf*/i. Accade questo, perchè omnc nìmium conver/ilur in
vitium ; e però sì deve motto bene avvertire dal prin-
cipio a non assuefar la moglie in farle troppe card-
ie, e concedere a loro quanto dimandano. Percbc,
mulier est mala herba-, mala herba cito crescil. Devo-
no dunque stare accorti i mariti in tener le mogli
radrenate di sorte, che per troppa briglia non isca-
veziinn, nr per troppo sproni sballino.
Uan. Che stradai dunque sì ha da tenere?
jilb. La strada di mezro, perchè, niediam vìam (emtere
braù i voglio dire che alcnna volta si devono ammo-
nire, e alcuna volta conceder loro quanto ti par con-
venevole,
in. Ma a che giova trattar questo al presente, se il fat-
to è fotto, e io non mi posso in conto alcuno consola-
re? Figlio mio, dove sei? Figlio, come hai lasciato
discontento il tuo vecchio padre! Figlio, che non IL
vedo più! Coltello, che m'hai passato Ìl cuore! ferita
che non sanerà mai ! Ohimè ! ohimè !
Alb. Ecco il frutto che si ha dai figliuoli. Quanto sono i-
gnoranti molti uomini, che con le continue orazioni
pregano Iddio, che dia loro i figliuoli, e nescìunt
tfuid /lemnf. Dall'altro canto, messer Manilio mio,
riiHirenate le lacrime, e non mostrate al mondo, che
sete altro che quel che gli altri vi reputano; sete
prudente, e li prudenti non si han da dare cosi in
preda alla disperazione.
hinit. Come non voglio disperarmi, considerando che do-
vendo morire, il sudor della mi» vita sm^ perduto?
232 INTRICni D' ANfORE
Flam. Ob! che solenne mariolal Riposatevi sopra di nu,
Biiincbetta mia . Orsù mi sod messo in qnesto cants-
Kf . Chiamatela pure.
SCENA UNDECIMA
BiincnETT», ^\.Ktt\v\o in strada , Ekììlia alla Jt/testm.
Bi'an. Toccherò la porta. Tic, toc. Ohimè! Doasentt^nn-
Flam. Toccate più forte.
Bian. Vorn-i parlaste spagnolo , per assuefarvi .
Flam. Deagamos a honis las burlas. Battide mal foerlr.
Bian, Ohi così vi voglio. Tic, toc, toc. Io batto al vento..
Ma eccola .
Flam. Ecco par quello splendore, che alluma le tenebri)
rischiara gli abissi , e abbclla il tutto .
Ers. Chi è quel che cosi forte halle? Oli, V è nudonat
Bianchetla. Che cosa cercate? >
Siari Cerco di farvi sempre semiiio, eprocnro cosa, chi
risulti in benefizio e soddÌstiiEÌon vostra; ma pfÌDU
ch'io parli d'altro, ditemi, che lutto è quello che
tenete sopra ?
Ert. E morto Ìl Sig. Alessandro mio patrigno in GenoTi,
dove s' era conferito per ricuperare alcune eredìtadi,
e jcri appunto s'ebbero lettere per corriere, che i
pnssato all'altra vita.
£(iin. Iddio gli dia santa requie, e a noi comoda saniti, vi*
ta lunga, e denari da spendere. E perchè, Signora
Ersilia mia, se ben considero che adesso oon sarebbe
tempo di dirvi quanto ho procurato in servizio vo«troi
non però Toccasione di questa morte m" invita mag-
giormente a dtrvelo , che ìl tempo è già opportuno
di accettar il partito, ritrovandosi Licosa vostro Ko-
tà il suo capo.
Ers. Diic pure , e sia subito , perche mi vergogno a stare
in finestra, con tutto che sta Inogo rimoto, e non *■
passino genti .
Bian.Voi sapete, Signora min, quante volte con le brac-
cia aperte , e con le lagrime agli occhi mi avet« pre-
ATTO PRIMO
i miro, mi provocate al riso; ■
231
mentre vi miro, mi provocate al riso; cosi rassomi-
gliate in tutto e peE tutto al Capitan Lopes; tanto
più cbe con i|uella barba posticcia rassonugliate liit
stesso . E certo è stata buona ventura, cbe ii abbia
prestato i vestiti lìberamente con spada e cappa.
Flaat. Un che è nato nobile, è fona che sìa cortese e gen-
tile. Il Sig. Capitan Lopes è gentiluomo, e non può
degenerare dalla natura de'huoni gentiluomini.
I, Ogni cosa va bene ; e io credo certamente, che la
Signora crederà, che siate il Capitan Lopcs suo inna-
morato, per cui ella si muore; ma dubito che non vi
conosca al parlare ; però proYate un poco come riu-
scite alla lingua spagnola.
Flam. Lasciate Ìl pensiero a me, che avendo praticato di
conlinno con Spagnoli, ne parlo eccellentemente la
lingua. Pensate forse cbe bisognando non sapessi fa-
re una bravati! alla Spagnol» ?
Sìaa. Mi piace. Orsù, Signor mia, fatevi rjui dietro, cbè
io vo' chiamarla, e con bel modo vi &rù comparire:
che forse oggi otlFrretc il desiderio vostro.
J/nm.Deb, Bianchetta, in voi sta la salute e la vita mia,
e del resto mi vi turò conoscere persona gratissima.
Bian. Nou vorrei faceste come suol fare In maggior parte
di voi altri giovani, cbe sete lu-ghi di parole, iìnehè
avete l'intento, e poi dite; a Lucca mi ti parse d'
vedere.
F/am. Sapete già, cbe non son di quelli , percbè altre vol-
te J' avete turco con mano.
Bian. È vero cbe io mi lundii di voi ; ma noi dico già per
disegno di pagamento. Dio noi voglia, cbè in questo
modo sarei ruffiana ; dicolo sì Itene , acciò sappiate
che COSI sì costuiDii oggi , e cbe meco non giovano
quest' offerte .
Flam, Tanto ò quanto voi dite: e io vi ringraùo somma-
mente. Alla gioruuta vedrete che io corrispondo »
questa vostra amorcvolczia .
Minn. Non voglio niente, guarda! cbe se bene averci biso-
gno d' una gonnella di sotto, non me curo, non pre-
teodo nulla du voi .
234 ISTitlGHI D' AMORE
Lopes . Eccolo qua, Signora; ascoltatelo, solantnitc
una parola.
Flam. Baso las manos de V- M. por mil veies : sìenUendiK.
Senoora mia, lus juslissimas caiisas, clie tiene de t»
amarme, però creami por cierto, que me ■fBdo de
voluntad de corrisponder all' e^^ensivos amom, (jne
V. M. me bu querido sìeiupre; me alTido w l> dtnw>
Btracion por ver corno persislia ne la iìrineiB de nù
amores, y ja que....
Eri. Y ya que. Non bisogna passar più isnarui, chÈ fi*
oggi è stato a voi, adesso stari a me : sodate per lì
fatti TOstri.
JVa/)i. £scuchame,Scnnoramia,dos otras palabras.V..lt
non Gar^ lumada da todos la crudel Ersilia, qae ardi
y qtte ma los ombres affecionados?
j&j. Quel che si diceva dtvoì^ mentre mi lòstecrudetti
queir istes.so mi contento si dica di me oggi •
£ti^n, Eli, Signora Ersilia, lasciate questa ostinaKÌoncinal
perdete la sorte clie vi viene in casa.
Ers. Se io non considerassi , che ho hisogno di voi , ^
persuadere colui a chi novamente ho dato Ìl mio cM
re, vi darei una buona risposta. ]
fian. Dite quel che volete,, vi djr^ scjnpre eh' avete B
l!rs. U torto è stato pur suo, che non doveva dispregisn
chi con pura fede lo serviva ■
Flam. Es herdad entraimas de
corno à culpado, y fallido de rodillas, suppKco ^ V>
M. que me 1' haga ì\ perdonar , y rccebir & quien p<fl^
tido de SU9 faltes le promette una perpetua y lira»
serbi tnd .
j^rj. Giungesti tardi. Andate in buon' ora, lasciatemi slarb
^/d ni. Espetta onopoquitto, por vida soya. De nvuie)^
que V. M. quiere che yo mueru?
£rs. Muori ■
Flam. Y los desis da veras?
£«. Davero.
Flam. Y por que?
iVi. Perchè non posso più amarvi.
ATTO '^RIMO 2Ì1
Flam. Y porqne no me pnode ornar mas?
JSVi. Non posso, percliè l'iimore, die ti portavo allors, l'ho
collocato in altri.
J-'lam. Y qaien es eato liicn ave n tu rado ?
Ert. Oh! come sete importuni, toì altri Spagnoli.
r^'^m. Mi pena! que cs infinita las causa.
an. Aspettate, Signor Flaminio; clii sa, forse la ruot«
della Fortana sarà rivolta in laTorTOstro, e sarete for- \
//am. Piacesse a Dios! Digame, Scnnora mia,qni cs est* 1
affccionado di V. M? qnì sa se foesse Flaminio?
Ert. Che Flaminio , che Flaminio? La fiamma di colui
se bene è cocente, non haetcrì mai a scaldarmi, noR |
che a cuocermi .
Ftam, Ab ingrata, disleale , crudele, disamorevole Ersilìof '
Ecco che io non sono il Capitan Lopes,mo l'infelice
Flaminio, che vive tra cocentissime fiamme. Che l'ho
fatto tu, che m'odj tanto? Qual segno d'amore e dì
a affezione non l' ho io mostrato sempre? perchè go-
di delle mie fiamme ? perchè fuggi chi l'ama 7 perche
dispregi chi t' adora? Ahimè ! che non posso più di-
vinto dal profondo dolore.
ft-f. Dunque non sete il Sig. Lopcs? Dunque sete Flami-
nio? Ahimè! che io fingeva di non volerlibene per con-
fermarlo tallio più nell'amor mio; m»giE) che sono in-
gannata da voi, mi dolgo che sete il mìo bene, e voi
doppiamente odio, e dispregio. Andate in mal'ora, che
io serro .
•^lam. Che dici , Rianchclta?
Bian. Che posso dire, se non che ragionevolmente vi po-
tete dolere ? Povero giovane ! Il giusto sdegno gli ha
occupato di sorte l'animo, che sen^a poter parlar pi&
*i è partito alla disperata. Vo' girli dietro. O donne
ingrate! ohe la colpa è la vostra, per non amar chi vi
ATTO SECONDO
SCENA PRIMA
ALEsSANnitn in aitilo d'Astrologo, LeARDKO sua eraUo. J
^le. Cj vero, Leandro, che la vita ÌDqnìPta tua Ì alta
che una continua morte; nondimeno, considenodod
la Mispizionc non si toglie se non con l'esperieDUM
vedere il contro dì quel che l'uomo sospetta,
della min inquietudine, e dell! travagli in6mli cWh
potito e paio a star tanti mesi fuori di casa
varrai opgi travestito , e sotto abito d'astrologo, a
tre considero dovermi quietar la mente dal Mspe
che ho tenuto, e tengo di Cornelia mia moglie, e di
Cnmmitlo mio servitore. Che se sarU cosi, coinè con-
getturi (Inlli segni passati, farò che da Iiù prend^m
esempio tutte le mogU ad eoser caste, e da lai lutti li
servitori ad esser fcdrli. Ella conoscerà, che il nunK
che ha sale in tncca. sa cuocere li caprìcci delle niofjli;
ed egli, quanto può lo sdegno d'un padrone, che è stato
cortese verso un servitore, che se gli rende in(jrBln-
M» quando sarà il contrario, comii par che tu mi Tad)
ragionando, ella averfi da uie la corrispondenza di per-
fetto marito, ed egli di padre, non che di padrone
amorevole. Però, dimmi nn poco pili per minuto, elie
motivi fece Cornelia, quando intese la nuova della □■>■
morte, e che disse